Eleonora
– La Grande
Bellezza di Roma dal basso.
A
Febbraio del 2013 il mio bellissimo paese, l'Italia, si era recato a
votare.
Non che fosse una novità, è tipo uno sport
nazionale, ma
simpatico era constatare che a quelle elezioni – per altro
non
vinte da nessuno – si erano classificati a pari merito tre
partiti
che nel giro di un anno si erano, ufficialmente o ufficiosamente,
minimo minimo spezzati in due.
Un anno e pochi giorni dopo il
film Italiano di Paolo Sorrentino “La grande
bellezza” aveva
vinto l'Oscar ed era stato passato in televisione.
Indovinate cosa
aveva fatto l'opinione pubblica commentandolo? Si era spezzata in
due.
Io non l'avevo visto e non ero intenzionata a farlo, mi
avevano invitato a guardarlo con amici ma avevo declinato l'invito
molto gentilmente.
Perché? Oh, beh, io quella Grande Bellezza la
vivevo quotidianamente.
****
Di positivo mia madre non
aveva fatto molto, lo devo ammettere; prima mi aveva messa al mondo,
poi aveva avuto la grande idea di lasciarmi sola, di morire quando
avevo tre anni.
Sola con un padre imprenditore. Un ricco,
impegnato e facoltoso imprenditore.
Avevo vent'anni e facevo
ancora quinta superiore perché per due anni di fila, tra i
quindici
e i diciassette, mio padre mi aveva visto mangiare poco, aveva
pensato che stessi diventando anoressica per attirare la sua
attenzione e mi aveva detto “fai quello che vuoi ma torna ad
essere
felice”.
Mi ero presa una pausa, forse troppo lunga, ma alla
fine credevo di essere tornata felice davvero, tanto che la voglia di
riprendere gli studi mi era venuta e anche forte.
Ma la felicità,
quando la routine è quella di una ricca ragazza Romana molto
più
incline al seguire il padre che gli altri giovani borghesi
capitolini, è vana.
Quindi, alla fine, avevo semplicemente
ripreso libri e cibo e al diavolo.
Potevo
non farlo, ma continuavo a seguire mio padre in quelle serate,
precise a quelle del film di Sorrentino, solo e soltanto
perché era
quello, la mia routine.
****
La sera dopo la messa in onda
di quel film da Oscar e, forse, da vergogna, io ero immersa in una di
quelle serate.
Borsa Armani, lungo abito, tacchi alti.
I miei
capelli corti a caschetto erano l'unica cosa non firmata che mi si
poteva vedere addosso, e solo perché avevo lasciato perdere
un
cerchietto preso da “Camomilla” in Via del Corso
due giorni
prima.
Avevo un cocktail in mano ed ero appoggiata al balcone
della casa di quella festa a fissare Roma, il cielo e le vite normali
che correvano in macchine da poco ma con dietro mutui minimo
quinquennali.
- Sogno o son desto? Tu devi avere meno di
quarant'anni! Penso sia l'unica oltre a me!-
Mi aveva disturbato
la voce di un ragazzo.
Con poca voglia mi ero voltata e avevo
visto che, sì, davanti a me c'era un altro essere umano
giovane.
-
Lo vedi questo?- Gli avevo indicato il bicchiere. - Se fossimo in
America starei per fare una cosa illegale.- Dissi svuotandone il
contenuto in un sorso solo.
- Ma siamo in Italia, te lo puoi
permettere. Oddio, di là ho visto polvere bianca che non
pareva
farina, forse te lo saresti potuta permettere anche se fosse stato
illegale, ma dettagli.-
Gli sorrisi perché era carino e sembrava
anche simpatico.
Allungai la mano (smalto di Mac e bracciale
Accessorize, tanto per gradire).
- Sono Eleonora.-
-
Patrizio.-
Scoppiai a ridere fragorosamente.
- Allora non
sono l'unica predestinata già nel nome!-
Ovviamente ebbi come
risposta uno sguardo confuso.
- Ti chiami Patrizio e sei ricco,
no? Io mi chiamo Eleonora. È il titolo di una canzone di
Venditti
che descrive, a suo modo, l'alta società e tutti i suoi
problemi.
Tipo il film di Sorrentino ma in tre minuti e nessun
fotogramma.-
Rise pure lui, e parve una risata sincera.
- Ne
parlano di là, del film di Sorrentino.
L'ho visto ma non mi ha
fatto impazzire, per me non era niente di nuovo.-
- Per questo io
non ho neanche acceso il televisore.- Risposi quasi annoiata.
- E
se te la mostrassi io la grande bellezza?-
- Come prego?-
-
Sì. Usciamo di qui e ti mostro la grande bellezza, quella
vera.
La
predestinazione nel nome è una stronzata, ma quella canzone
la
conosco pure io.
Eleonora, andiamo via.-
****
Mezzora
dopo eravamo davanti al Colosseo, ma in basso, non dall'alto dei
tetti e dei balconi che ci accoglievano di solito.
Avevo cambiato
i tacchi con un paio di paperine e Patrizio aveva riso.
- Sai,
sembri una turista! Però ci sta, loro questa bellezza la
vedono
davvero!-
Il Colosseo, Via dei Fori Imperiali, Piazza Venezia.
E
poi ancora, Largo Argentina, Piazza Navona.
Vedere certi luoghi
dal basso – proprio come una turista – faceva un
altro effetto.
Questa è davvero grande bellezza.
Patrizio
Roma la conosceva bene, lo si vedeva dal modo sicuro in cui si
muoveva, agile, nei vicoletti stretti della capitale.
- Un gelato
da Giolitti è troppo nobiliare, signorina?-
Mi chiese mentre ci
trovavamo al Pantheon.
- Un gelato da Giolitti ci sta sempre,
giovanotto.-
Gli risposi.
****
- Prima su parlavano del
film, una palla assurda quei discorsi.- Attaccò a parlare di
quello
appena usciti dalla gelateria.
- E lo commentano loro che 'ste
situazioni le vivono, pensa gli altri.-
Avevo sospirato.
Per
mia scelta frequentavo un liceo pubblico, e i commenti sull'opera
quella mattina si erano sprecati.
- Che poi non lo capisco come
facciano, alcuni, ad invidiare l'alta società.
Questa penso sia
la prima sera felice della mia vita, cavolo.
No ma dico ti rendi
conto della fortuna che ha chi la sera può stare a casa
seduto sul
divano a giocare coi figli, a scegliere un programma in televisione
senza dover uscire.
E sarà pure vero che nessuno è mai contento
di quello che ha, ma forse per una volta permetti che io sia nel
giusto ad invidiare loro!
Quante volte possono quelli che ci
guardano dal basso aspirando a raggiungerci girare senza meta per
Roma di notte? E quante volte lo possiamo noi?-
Avevo attaccato a
parlare senza sosta, ma Patrizio non sembrava offendersi.
Mi
conduceva ancora, ridendo, lungo quei vicoli che offrivano ancora
altra bellezza ai miei occhi insaziabili di quello splendore che
avevo vicino da che ero al mondo.
Leggeri aliti di vento di
inizio Marzo, e Roma già aveva capito che la primavera era
vicina,
facevano ballare i miei capelli finalmente sciolti e liberi dopo anni
di costrizione in complesse e stimate pettinature.
Neanche mi
accorsi quando arrivammo in Piazza del Popolo, e allo stesso modo fu
improvviso il mio desiderio di salire su uno dei leoni – sono
leoni, vero?- della fontana.
- Sono la regina del mondo!-
Urlai.
Urlai.
Io,
che neanche da bambina potevo farlo.
Io, che non potevo farlo
perché ero nell'alta società.
Io, che per quello ero
invidiata.
Io, dopo anni, finalmente urlai.
Io, dopo anni, mi
sentii bambina vera.
Anche se erano già due decenni che vagavo su
questo mondo.
Urlai.
Patrizio
tirò fuori il cellulare.
- Ferma, stai ferma lì!-
- Ma che
fai?-
- Fotografo un Oscar!-
- Ma sei deficiente, scusa?-
-
No.
Guardati, è piena notte e sei seduta sulla fontana in Piazza
del Popolo,
incurante di sporcare vestiti di marca.
Hai appena
urlato “sono la regina del mondo” e ti sei
emozionata lungo
vicoli che non conoscevi, dichiarando apertamente l'odio per la tua
vita e l'invidia per le classi inferiori.
Guardati, e dimmi
cos'altro sei ora tu, se non la vera
Grande Bellezza.-
---- NdA---
Ok, ho appena
rovinato un Oscar, lo so .__.
Non vogliatemi male, ma ieri il film
e oggi nell'iPod la canzone di Venditti, Eleonora, l'ispirazione
è
stata improvvisa, ho anche mollato a metà filosofia.
Spero
davvero che vi possa piacere, io ci ho provato a farla venire fuori
decente, ma il giudizio spetta sempre alla critica.
In ogni caso
grazie di essere giunti fino a qui, davvero.
Anche solo per il
lancio dei pomodori.
Un abbraccio.