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Autore: a_marya    07/03/2014    0 recensioni
Curt e i suoi allievi sono in viaggio tra i mondi da più di mille anni, alla ricerca della Protettrice e finalmente la trovano in Sarah, umana bella, ricca e viziata che sta per affrontare un lungo viaggio attraverso il suo Paese, per raggiungere il suo promesso sposo. I Cercatori ne approfittano e si fingono soldati mandati come scorta dal futuro sposo, con l'intento di avvicinarsi a lei e convincerla a completare il rituale.
Ma le cose non vanno come previsto e sono partiti appena da pochi giorni quando Sarah scopre il loro inganno e fugge terrorizzata. Ha così inizio una nuova ricerca disperata: devono trovare Sarah prima che la trovino i seguaci di Arganor, che muoia di fame e freddo o che raggiunga Wellsey, dove potrà farli giustiziare per eresia.
Ma non sono gli unici a cercare la ragazza e sono tante le forze in gioco che gli impediscono di raggiungerla...
Genere: Avventura, Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Sarah diede un’ultima occhiata allo specchio e sorrise soddisfatta. L’idea di vestirsi da “nuvola” era stata un colpo di genio: i toni cangianti dell’azzurro mettevano in risalto i suoi occhi chiari e il pizzo e le perle davano alla sua pelle un che di serafico.
Se solo suo padre le avesse lasciato mettere il diadema della mamma tra i capelli!
Ma in fondo non aveva bisogno del diadema. La sua maschera, che si era fatta creare appositamente da un artigiano italiano, era sufficientemente adorna di pietre preziose e l’intera mise le conferiva un aspetto regale.
Proprio quello che ci voleva per Stephen! Già immaginava i complimenti del giovane Sutterland quando l’avrebbe invitata a ballare! Per un momento sorrise deliziata, immaginando la sensazione di quando lui le avrebbe sfiorato la schiena con il braccio…
Anche se, a dirla tutta, Sarah sperava che non si sarebbero limitati a ballare quella sera. In fondo, lui le aveva chiesto il primo ballo già agli ultimi quattro ricevimenti, non poteva continuare così per molto! Magari quella sera le avrebbe chiesto di accompagnarlo a fare una passeggiata in balcone, oppure le avrebbe suonato qualcosa al pianoforte e poi… se si fosse giocata bene le sue carte, poi le avrebbe chiesto di poterle fare visita a casa sua e da lì al matrimonio il passo era brevissimo. Sarebbe stata una contessa! Persino suo padre non avrebbe potuto non essere fiero di lei. E poi Stephen era anche così carino, con quegli occhi verdi e i tratti delicati…
- Sei pronta? La carrozza ci sta aspettando da ore – la riprese Claire, entrando nella stanza con impazienza. Come Sarah, anche sua cugina aveva un appuntamento quasi certo al ballo ed erano giorni che non stava più nella pelle.
Con un sorriso di scuse, Sarah si sistemò il cappello coordinato al vestito e raggiunse la cugina, felice che lei avesse proposto di andare con la sua carrozza. Claire era figlia di un Visconte e le sue ricchezze erano di gran lunga superiori a quelle di Sarah, come dimostrava la lussuosa carrozza che la cugina aveva messo a disposizione e Sarah era convinta che si trattasse di un segno di buon auspicio, arrivare alla festa con tanto sfarzo.
Sfortunatamente, quando arrivarono all’imponente casa dei Dempsey, le carrozze erano talmente tante che solo il valletto che le aiutò a scendere ebbe modo di ammirare la splendida carrozza, prima che fosse portata via per far riposare i cavalli, ma Sarah non si lasciò scoraggiare: era decisa a rendere quella serata speciale e così sarebbe stato. D’altronde, non c’era motivo per lei di dubitarne: da quando era nata, aveva sempre ottenuto tutto quello che desiderava e il giovane conte non avrebbe certo fatto eccezione.
Sicura dei suoi progetti, quindi, Sarah si lasciò condurre insieme alla cugina nell’anticamera del palazzo, in attesa di essere annunciata all’interno della sala da ballo e si guardò subito intorno, alla ricerca di Stephen, che però mancava. Forse era già nella sala, si disse Sarah. O forse sarebbe arrivato in ritardo, facendola stare in ansia.
Nel frattempo, però, notò che invece c’era un’altra persona di sua conoscenza nella soffocante stanzetta e si avvicinò subito a Simon per salutarlo.
- Una visione celestiale, oserei dire – scherzò l’amico, ammirando il suo vestito, di cui comunque Sarah gli aveva parlato talmente a lungo che era come se l’avesse già indossato.
- Sei venuta da sola? – gli domando poi Simon, cercando qualche viso familiare tra la folla.
- Con Claire, mia cugina del Sussex. Era con noi lo scorso Natale, te la ricordi?
Simon fece un cenno affermativo ma senza troppo entusiasmo e Sarah preferì non stuzzicarlo. In realtà, sarebbe stato ben difficile che Simon potesse aver dimenticato Claire, visto che la sua pestifera cugina aveva fatto del pungolare Simon l’occupazione principale della sua vacanza a casa Vandewood.
Il fatto era che a Claire, così sofisticata e sempre circondata di gente brillante, non andava proprio a genio che la cugina preferita avesse per miglior amico un uomo, per giunta uno come Simon, che per Claire era l’opposto di come deve essere un bel giovanotto e non era passato un minuto, durante quella visita, in cui Claire non l’avesse fatto notare anche a Simon.
In effetti, Sarah doveva ammettere che purtroppo al caro Simon mancavano le qualità principali per essere attraente, così magrolino e con quegli occhi troppo distanti tra loro, e il fatto che preferisse la compagnia dei libri e del violino non lo aiutava di certo a sembrare un cavaliere. Se poi si teneva conto di com’era goffo e distratto…
Ma la verità era che Simon era l’animo più gentile di tutta la contea e l’unico che avesse accettato la capricciosa amicizia di Sarah. E poi, di uomini belli e brillanti come quelli che conosceva Claire nella sua contea non esistevano, come non esistevano signorine alla sua altezza. In quel maledetto buco tra le montagne, esistevano solo capre e caproni, sia animali che umani e fare un po’ di conversazione decente era un’impresa estenuante, tranne che col simpatico Simon.
Finalmente, il valletto fece il suo nome e quello di Claire, così Sarah salutò Simon e si preparò alla sua entrata trionfante, come l’aveva preparata nella sua mente, nel caso che Stephen fosse già nella sala da ballo.
In effetti, la luce sfaccettata del lampadario di cristallo era il tocco finale che serviva al suo travestimento per essere semplicemente magnifica e Sarah fu molto felice di vedere tanti volti girati ad ammirarla. Peccato che tra quei volti non ci fosse quello che più le premeva. Che spreco di tanta bellezza!
Comunque, Sarah strinse i denti e sorrise ai visi familiari che le si avvicinavano man mano che procedeva nella sala, inchinandosi quando Claire le presentava qualche nome nuovo. Se Stephen era l’obiettivo di quella sera, non c’era comunque ragione per essere maleducata con gli altri ospiti e poi doveva fare pratica per quando sarebbe diventata contessa.
- Signorina Vanderwood, è un vero onore fare la vostra conoscenza. Sono il Duca di Wellsey, un amico di vostro padre – le disse uno degli uomini che incontrò lungo la strada.
Sarah lo salutò come si conviene a un duca, affascinata. Non aveva idea che suo padre avesse amici di rango così elevato e il duca di Wellsey non sembrava certo uno di quegli zotici amanti della caccia di cui di solito era piena la sua casa. Cosa potevano mai avere in comune Darren Vanderwood e il duca? Forse era più che altro un socio in affari…
Poi, dopo qualche altra chiacchiera di cortesia, anche il duca si allontanò e lasciò il posto ad altri conoscenti, fino a che sia Sarah che Claire poterono finalmente raggiungere delle sedie vuote e lasciarvisi cadere dentro.
- La cosa che odio di questi balli è la calca. Non si dovrebbero invitare tante persone se si dispone di una casa così modesta, non credi?
Sarah sorrise alla cugina con condiscendenza, evitando di farle notare che la casa dei Dempsey era la più sontuosa della contea ed era rinomata per il lusso e lo sfarzo della casa, che molti addirittura criticavano per essere fin troppo immensa e ostentata.
- Forse si aspettava di poter usufruire del giardino, se non avesse piovuto. Il giardino dei Dempsey è quasi più grande di tutta la casa.
Claire annuì a sua volta, evidentemente poco impressionata dal giardino e anche dal tono della festa, che non doveva assomigliare per lei nemmeno a un pranzo in famiglia, considerati i ricevimenti a cui era abituata. Ma Sarah non sapeva come rimediare, sebbene odiasse che Claire potesse notare quanto era misera la vita della cugina al confronto della sua, così si limito a scrutare ulteriormente la folla alla ricerca del viso di Stephen che ancora non era arrivato.
E se fosse mancato, quella sera? Non poteva farle una scorrettezza simile, dopo tutto il tempo che aveva impiegato a trovare l’abbigliamento adatto! Per non parlare del dolore alla testa, causato dalle mille forcine che servivano a mantenere alta e regale la sua folta chioma bionda. D’altra parte, le sembrava impossibile che lui fosse arrivato e non l’avesse cercata immediatamente, ben sapendo che non poteva rifiutare molti balli senza sembrare scortese.
Che gli fosse successo qualcosa? In fondo erano mesi che non si parlava altro che di carrozze attaccate dai banditi nei dintorni. E se i ladri avessero sorpreso la sua carrozza mentre andava al ricevimento?
Ma Sarah si costrinse a smetterla con i pensieri cupi: non poteva essergli successo niente di grave, il conte era molto protettivo nei confronti del figlio e di certo la carrozza era ben difesa molto prima che i banditi decidessero di accamparsi nelle montagne. Più probabilmente suo padre lo aveva trattenuto per affari urgenti, non era la prima volta che Stephen aiutava suo padre negli impegni…
L’annuncio che la cena sarebbe stata servita di lì a poco riportò Sarah alla realtà e le ricordò quanto fosse sconveniente starsene in disparte ad un ballo. Se Stephen aveva voglia di perdersi la sua compagnia, ebbene lei non se ne sarebbe certo stata seduta su una sedia a sprecare il suo bel vestito, con tutti i bei ragazzi mascherati che si erano invece degnati di essere presenti.
E infatti, come se il destino avesse voluto premiarla per la sua risolutezza, a tavola si trovò seduta di fronte ad un affascinante pirata dagli occhi nocciola, unico particolare evidente sotto la maschera oltre alla mascella marcata, e dal curioso accento. Un baronetto, a quanto aveva raccontato al suo vicino, che era in visita nella zona per concludere un affare per conto del suo signore, molto più a sud del paese. Ecco perché aveva quell’accento così particolare, cadenzato e leggermente strascicato. O forse era la maschera ad impedirgli di parlare normalmente, visto come gli aderiva al viso fino a coprire anche le labbra.
Certo, un baronetto non era esattamente il tipo di compagnia che Sarah desiderava attrarre quella sera, ma il ragazzo di fronte a lei era abbastanza bello da aver già attirato numerose occhiate di Claire, che aveva cercato di introdursi nella conversazione con osservazioni che dovevano mettere in risalto la sua cultura. E poi da quando aveva preso posto, il ragazzo non aveva fatto altro che raccontare dei suoi viaggi e Sarah adorava sentire i racconti di viaggio, visto che non le era permesso viaggiare nemmeno per la sua contea.
- Sono desolato che la nostra umile contea non abbia nulla di nuovo da offrirvi allora – commentò alla fine del racconto il signore alla destra del pirata, un grassone evidentemente già piuttosto brillo – deve essere tremendamente noioso per voi passare il tempo tra rocce e capre.
Per quanto Sarah disapprovasse l’evidente poco patriottismo del grassone, non poteva non essere d’accordo con lui. Perciò si meravigliò non poco quando il giovane gli rispose, con quel suo accento del sud.
- La bellezza sta dove la si cerca, signore. Persino in questo momento i miei occhi ammirano meraviglie celestiali.
Nel dirlo, il ragazzo lanciò un’occhiata in direzione di Sarah e di sua cugina, facendole arrossire entrambe di piacere.
- Signorina Vanderwood, ho un messaggio per voi – disse all’improvviso un valletto, sfiorandole il braccio.
Stephen! Cercando di non far notare quanto fosse felice del biglietto, lo aprì con calma e ne lesse le poche righe, soffocando un sorriso. Come aveva immaginato, era Stephen che si scusava del ritardo e le chiedeva di incontrarlo nella sala da musica, perché era poco presentabile.
Si scusò, dunque, mormorando qualcosa sul bisogno di prendere aria e si diresse al suo appuntamento, soffermandosi prima a controllare che il suo aspetto non si fosse sciupato nell’attesa. Solo quando fu soddisfatta di ogni ricciolo si decise ad entrare nella stanza, dove Stephen la aspettava seduto sul divano.
Vedendolo, Sarah capì subito perché non era venuto a cercarla personalmente. Col cravattino allacciato alla bell’e meglio, il panciotto scomposto sul ventre magro come se non avesse avuto modo di sistemarlo a dovere e i capelli scompigliati, sembrava più un cameriere che il figlio di un conte.
- Mia cara, dovete perdonare la mia sfrontatezza ma avevo bisogno di vedervi immediatamente – le disse lui andandole incontro, con gli occhi spiritati e il respiro affannoso, come se fosse arrivato di corsa.
- C’è una questione di cui devo parlarvi e non posso aspettare di tornare a casa e presentarmi a dovere. Volete accomodarvi accanto a me e accordarmi il piacere di starmi a sentire?
Incuriosita dall’aspetto quasi indemoniato del suo ammiratore e lusingata dall’urgenza che lui sembrava avere di vederla, Sarah prese posto sul divano e lasciò che il giovane gli prendesse una mano tra le sue.
- Dolce Sarah, so che potrà sembrarvi prematuro ma… vorrei sapere se i sentimenti profondi e sinceri che provo per voi sono ricambiati.
Per tutta risposta Sarah emise un verso strozzato. Certo, aveva capito che lui provava qualcosa per lei e sarebbe stata felice se in futuro le avesse fatto una dichiarazione esplicita. Ma dirlo adesso, così, senza nessun rispetto dell’etichetta, come se fossero due amanti pronti a fuggire…
- Mi rendo conto di quanto sia fuori luogo questa domanda ora ma… è successa una cosa questa sera, una cosa che potrebbe essere terribile o splendida, a seconda della vostra risposta.
Confusa e allarmata, Sarah balbettò una qualche parvenza di risposta, colta alla sprovvista. E cosa voleva dire che la sua risposta poteva rendere terribile o meravigliosa la cosa? Di cosa si trattava?
Non dovette passare molto prima che Stephen glielo spiegasse.
- C’è stato un incidente in una delle proprietà più lontane della mia famiglia, nel Somerset, e mio padre mi ha imposto di recarmi subito lì e diventarne l’amministratore. È una grande tenuta sul confine ed è una grossa opportunità per mostrare il mio valore ma non posso sopportare di esservi lontano per chissà quanti anni.
Mentre parlava, il suo tono diventava se possibile ancora più concitato e le stringeva le mani in quella che era ormai una morsa.
- Fatemi l’onore di diventare mia moglie, ve ne prego, e mettete fine ai miei tormenti!
Per alcuni minuti, Sarah non riuscì a proferire parola, né tantomeno ascoltare quello che Stephen continuava a blaterare, per convincerla ad accettare.
E cosa avrebbe potuto dire, comunque, per convincerla a vivere per sempre in una terra ancora più desolata e barbara della sua contea, da cui aveva invece sognato di fuggire per andare a vivere nella grande città di Yorgis, dove lui viveva col padre?
Aveva puntato tutto su quella relazione solo per sfuggire alla solitudine e alla rozzezza della campagna e ora lui pretendeva di portarla ancora più lontano dalla civiltà e da ogni minimo comfort che si addicesse a una signora, in mezzo ai selvaggi… Ne aveva sentite tante di storie sul confine ed erano tutte storie orribili, di violenza e inciviltà. Cosa avrebbe dovuto fare lei in un posto simile tutto il giorno?
- So di avervi turbata con la mia sfacciataggine, mia cara. Ma vi prego di considerare la mia offerta, prima che mio padre decida al posto mio.
Sarah si limitò a fare una smorfia e distogliere lo sguardo. Non poteva, non poteva assolutamente accettare una simile scelleratezza. E come avrebbe detto al padre che si sposava così, senza rispettare nessuna delle regole dell’alta società? Praticamente con uno sconosciuto. Gli altri avrebbero sicuramente pensato che lei fosse stata troppo debole per resistere alle tentazioni della carne e che volevano nascondere una gravidanza e non poteva dare questo disonore alla sua famiglia!
- Stephen io… - cominciò, ma non sapeva come dirlo.
Come spiegare a quegli occhi che la guardavano speranzosi, come quelli di un cucciolo che aspetta il suo cibo?
- Siete certo che vostro padre non potrebbe ragionare? – gli domandò, più che altro per prendere tempo e pensare una risposta adeguata.
- Spero davvero di no. È un’occasione unica per me, per imparare ad amministrare una grande tenuta prima di ereditare tutto e se voi sarete al mio fianco…
Di nuovo Sarah non riuscì a trattenere una smorfia, ma questa volta anche il ragazzo di fronte a lei se ne accorse e cambiò subito espressione.
- So che non è molto convenzionale ma… - cercò di insistere il poveretto ma Sarah lo fermò.
- Non lo è affatto, signor Sutterland, non è per niente convenzionale. E il mio onore verrebbe duramente compromesso se accettassi la vostra proposta, ve ne rendete sicuramente conto – sentenziò lei, senza dover fingere molto lo sdegno, sebbene avesse ragioni diverse per essere sdegnata. Come si permetteva quel piccolo ometto di rovinare i suoi sogni da contessa? Che diritto aveva di rovinare tutto a quella maniera?
- Me ne rendo conto, infatti, ma credevo che il nostro amore potesse superare ogni cosa! – esclamò il ragazzo, così melenso da farle venire male ai denti.
- Allora deve aver frainteso, signor Sutterland – tagliò corto, già stanca di quella conversazione. Una serata che era cominciata così bene, era finita in un disastro spossante…
- Non chiamarmi signor Sutterland, come se non avessi conosciuto nulla di me. E che ne è stato dei baci allora? Delle carezze e delle tenerezze che mi avete donato nell’ombra? Ho frainteso anche quelle?
Sarah si rese conto di trovarsi in una difficile situazione e di avere poche probabilità di uscirne con facilità. Eppure era evidente che non era lei ad avere problemi, se lui aveva scambiato qualche innocente bacio nascosto per una promessa di matrimonio.
- Statemi a sentire, signor Sutterland, ve ne prego. Sono certa che è nell’interesse di entrambi non scambiarci una promessa di tale importanza sulla base un capriccio passeggero.
- Come potete definirlo passeggero? Sono mesi che il mio cuore aspetta di poter condividere con voi le gioie della vita!
Sarah non poté trattenersi dall’emettere un verso strozzato.
- Ma vi state ascoltando? “Condividere le gioie della vita”, nemmeno fossimo in qualche romanzetto da donne. Eppure siete abbastanza grande da sapere che…
- Sono abbastanza grande da sapere che vi amo e che mi state spezzando il cuore, con le vostre parole fredde. Ditemi, c’è un rivale da battere a duello?
- Per l’amore del cielo, non dite assurdità! Non sfiderete proprio nessuno, dovete solo mettervi l’anima in pace e rendervi conto dell’assurdità di quello che dite.
La discussione continuò ancora per un po’, fino a quando Sarah, esasperata dall’insistenza del ragazzo, dovette essere più dura di quanto avrebbe voluto e dirgli chiaro e tondo che non provava nulla per lui e che non avrebbe mai acconsentito a dedicargli del tempo se avesse saputo che si sarebbe messo in testa quelle idee.
Poi, si limitò ad uscire dalla stanza e tornare nella sala da ballo, lasciando il giovane futuro conte a disperarsi per conto suo.
- Si può sapere dove eri finita? Un sacco di gente chiede di te – le domandò la cugina non appena ebbe raggiunto il tavolo.
- E’ una lunga storia, te lo spiego in carrozza. Chi chiedeva di me?
Claire le indicò due o tre giovanotti che avrebbero voluto ballare con lei e Sarah si inorgoglì non poco nel vedere che tra questi c’era anche l’affascinante baronetto vestito da pirata.
Comunque, sia per correttezza che per consumata strategia, decise di lasciarlo per ultimo e concedere il ballo prima agli altri due, che già conosceva e che non le interessavano minimamente ma servivano a far capire al pirata che era una danzatrice molto richiesta.
Infine, quando l’orchestra attacco un lento valzer, lasciò finalmente che il ragazzo le prendesse la mano e la conducesse al centro della sala.
- Non ho potuto fare a meno di notare l’originalità del vostro costume, signorina. Devo farvi i miei complimenti, tra tutte queste finte dame francesi e personaggi dell’opera, voi spiccate in maniera sublime – le disse, mentre risuonavano le prime note.
- Gentile da parte vostra, grazie. Ma anche il vostro costume è originale. La maggior parte dei pirati in sala si è accontentata di una benda sull’occhio, mentre voi avete preferito il mistero del viso coperto. Devo temere che vogliate fare qualcosa di sconveniente e non volete essere riconosciuto?
Il ragazzo rise divertito, senza perdere un solo passo. Danzava benissimo, per uno straniero non abituato a quei balli, come aveva sostenuto a cena.
Chiacchierarono ancora un po’ dei presenti in sala, poi lui le indicò col mento il ciondolo che portava al collo.
- E’ un gioiello meraviglioso. Posso chiedere chi l’ha fabbricato?
- Desolata ma non saprei. È un regalo di mia madre, o meglio, era suo prima che morisse e mio padre me l’ha regalato quando ho compiuto sedici anni.
Curiosamente, Sarah vide lo sguardo del ragazzo adombrarsi a quella sua risposta, come se gli premesse davvero sapere chi aveva creato il gioiello. Ma poi il ragazzo le fece le condoglianze e lei si diede della stupida: era per quello che si era incupito, ovviamente, non per il gioiello. Chissà, magari anche lui aveva perso un genitore…
Fece per chiederglielo, ma prima che lui potesse rispondere, la musica era finita e si dovettero allontanare. Poi Sarah lo perse di vista tra la folla e decise di tornare al tavolo dalla cugina, che si massaggiava un piede con una smorfia.
- Quello zoticone mi ha pestato un piede! – inveì contro un ragazzotto che si allontanava goffamente dal tavolo. Evidentemente aveva capito che era meglio sparire dalla vista di Claire dopo averle fatto un dispetto simile.
- Anche il pirata era così goffo? – le domandò poi Claire, acida.
In realtà la domanda voleva essere posta con tono casuale ma Sarah conosceva sua cugina e sapeva cosa stava pensando il suo cervellino egocentrico. Claire era evidentemente gelosa che l’affascinante straniero avesse chiesto a Sarah di ballare e non a lei e la sola idea di poter far ingelosire Claire, una volta tanto, rese Sarah al settimo cielo.
Forse la serata non era poi così terribile, nonostante le morbose attenzioni di Stephen.
Quasi che l’avesse chiamato, il ragazzo comparve all’improvviso tra i volti vicino alla scalinata, evidentemente intenzionato a raggiungerla per continuare la discussione.
Ma Sarah non aveva nessuna intenzione di discutere con lui, tantomeno davanti a Claire, perciò invitò la cugina ad accompagnarla sul balcone, in cerca di aria fresca.
- Non riesco a muovermi per quanto male mi fa il piede. Va tu, ti raggiungo quando starò meglio – rispose però quella, ancora immusonita con lei, come se fosse stata Sarah a chiedere allo straniero di invitare solo lei a ballare.
Ma Sarah sapeva anche che il broncio sarebbe scivolato presto dal viso della cugina, così uscì da sola nel balcone e fece qualche passo, sperando di nascondersi alla vista di Stephen.
- Dove hai lasciato quell’orribile vipera? – le domandò all’improvviso la voce di Simon, mentre il ragazzo sbucava dalla portafinestra.
- Non essere cattivo con lei, è mia cugina – lo rimproverò lei, ridendo. Anche il fatto che non stravedeva per Claire come tutti gli altri glielo faceva risultare più simpatico.
- Be’, io sono tuo amico e non mi sembra che lei si sia presa la briga di tenerlo a mente – replicò lui, indispettito, ma avvicinandosi a lei ora che era certo che Claire non era nei paraggi.
- Ti ho vista ballare con uno sconosciuto. Che fine ha fatto il povero Occhi-di-cane?
Sarah rise di gusto al nomignolo che Simon aveva affibbiato a Stephen, adducendo che il futuro conte aveva eternamente l’aria di un cucciolo di cane bisognoso di attenzioni, cosa su cui Sarah non se la sentiva di dargli del tutto torto.
- Non mi far pensare a lui, per poco non mi rovinava la serata. Non sai che idee si era messo in testa!
Questa volta fu Simon a ridere, ben conoscendo Sarah e quindi consapevole che il ragazzo era innocente contro la malizia della ragazza. Non era certo la prima volta che Sarah respingeva qualche pretendente, eppure questa volta sembrava davvero determinata ad accalappiare il poveretto.
- Cos’è successo per farti scappare un conte? – le domandò e Sarah gli raccontò sommariamente quello che era successo nella sala da musica.
- Ti rendi conto? Io che vivo tra i selvaggi di confine. Ma chi credeva di aver incontrato?
Simon ebbe la furbizia di non rispondere alla domanda. Voleva bene a Sarah ma sapeva anche riconoscerne i difetti e di certo la superficialità rientrava tra quelli. E comunque non avrebbe scommesso uno scellino sul matrimonio tra i due, Stephen non era assolutamente adatto a fare felice la sua amica.
Certo, sembravano essercene pochi adatti a quel compito, pensò con una stretta al cuore. Lui stesso, che la conosceva così bene e l’amava così tanto, nonostante i suoi difetti, non era abbastanza per lei e non lo sarebbe mai stato, a meno che un miracolo non gli avesse assegnato il titolo di duca. Anche se forse, col tempo, magari Sarah avrebbe rinunciato ai sogni infantili e si sarebbe guardata meglio attorno…
Ma vedendola in quel momento, col meraviglioso abito che le fasciava il corpo snello, i capelli raccolti a lasciarle scoperto il lungo collo e gli occhi luminosi sotto la maschera, si rendeva conto che la sua era una speranza impossibile. Sarah era così bella, che avrebbe presto avverato ogni suo desiderio e a lui sarebbe rimasto soltanto il ricordo dei momenti passati con lei.
- Spero che ricordi il nostro appuntamento di domani. Senza di te non so proprio come farei – le ricordò alla fine, tanto per distogliere la mente da quei pensieri tristi.
- Ma certo, non dimentico mai un pomeriggio di compere. E le porcellane poi! Vedrai che sarà il regalo migliore – lo rassicurò lei con un sorriso meraviglioso.
Avrebbe mai smesso di sentirsi mancare il respiro ogni volta che lei sorrideva? Doveva, lo sapeva, perché era assurdo continuare a insistere su quella vana speranza quando Ella si era dimostrata una tanto cara ragazza e auspicabile moglie. Sua madre certo sarebbe stata felice di vederlo con Ella e lui era piuttosto certo che la ragazza avrebbe potuto benissimo far felice qualunque marito, col suo carattere mite e posato, perfetto per chi doveva gestire la responsabilità di un’eredità come la sua. Ma finché Sarah fosse rimasta così vicina…
- Simon, caro, la signorina Crawley è da sola da ore ormai! – strillò appunto la voce di sua madre da dentro la sala, come se i suoi pensieri l’avessero evocata.
Fu perciò costretto, a malincuore, a lasciare la compagnia di Sarah per offrire la sua mano alla docile Ella, prima che sua madre venisse a cercarlo di persona per farlo ballare con la sua probabile futura sposa.
D’altra parte, Sarah non ne fu particolarmente dispiaciuta, perché sentiva il bisogno di avere qualche minuto di solitudine mentre si godeva l’aria fresca.
Aveva smesso di piovere da poco e il vento profumava di terra bagnata e fiori freschi, un odore che lei aveva sempre amato. Come l’aveva amato sua madre, le aveva raccontato il padre, ma lei non poteva saperlo perché era troppo piccola quando la madre era morta, cercando di mettere al mondo una sua sorellina con Sarah cui avrebbe potuto giocare.
Invece, non solo non aveva avuto una compagna di giochi ma non aveva avuto nemmeno più la madre e, tristemente, nemmeno un padre.
Non che fosse molto amabile prima del lutto, secondo quanto dicevano tutti. A detta loro, non era mai stato un uomo affettuoso o divertente ma di certo la perdita della moglie aveva indurito ulteriormente il suo caratteraccio, così che di sua figlia gli era importato ben poco negli anni a venire e si preoccupava solo se la ragazza desse in qualche modo scandalo.
Il che, per la verità, succedeva piuttosto spesso a sua detta, ragion per cui i rapporti con la figlia sembravano essere addirittura peggiorati negli ultimi tre o quattro anni, cioè da quando Sarah aveva cominciato a muovere i suoi passi da sola nel mondo. Passi falsi secondo il padre, che non sopportava che la figlia fosse così sfrontata o che fosse così frivola e si interessasse solo di spendere i suoi soldi.
Chissà se sua madre l’avrebbe disapprovata così tanto, si chiedeva di tanto in tanto Sarah, specialmente dopo qualche discussione col padre. Almeno lei, avrebbe capito la sofferenza della figlia, il suo bisogno di attirare l’attenzione in qualche modo? Avrebbe capito quanto le costasse non poter essere la figlia che suo padre desiderava?
- Con un’espressione tanto triste, mi fate temere un altro temporale – le disse una voce alle spalle, facendola sussultare.
Non ebbe bisogno di voltarsi per capire a chi apparteneva, il suo accento era inconfondibile, ma si girò lo stesso per sorridergli, cercando di nascondere il malumore.
- Non temete, non sopporto la pioggia perciò non farei mai piovere di mia volontà – lo rassicurò. Sarebbe mai riuscita ad avere un momento per sé quella sera?
- Sono felice di sentirlo, perché devo rimettermi presto in viaggio e vorrei farlo col bel tempo – le disse lui, mentre le si avvicinava.
Aveva una camminata fluida ed elegante e Sarah si meravigliò che fosse solo un baronetto. A vederne il portamento e la ricchezza delle stoffe del suo abito, si sarebbe detto un principe.
- Come mai una bella nuvola come voi è qui fuori a intristirsi? Non dovreste godervi il ballo? – le domandò infine, appoggiandosi alla balaustra e volgendo il capo di lato per guardarla.
- La sala era diventata soffocante – spiegò, incuriosita da quel personaggio.
A parte la scelta della maschera, che molti uomini avrebbero giudicato poco educata visto che non permetteva a nessuno di riconoscerne il volto, il ragazzo aveva un modo di parlare così diretto e scarno, senza tutti i fronzoli di quelli che conosceva, che le dava l’impressione di parlare un’altra lingua.
- Partite così presto? – gli domandò, avvicinandosi alla balaustra a sua volta.
- Sfortunatamente. Ci sono questioni che richiedono la mia presenza, nel mio mondo.
Disse proprio “mondo”, non contea o regno e la cosa suonò buffa alle orecchie di Sarah, che però era come ipnotizzata dalla sua voce e dal suo accento.
- E’ un mondo bello? – gli chiese, più per farlo parlare che per interesse.
Lui sembrò pensarci un po’ su, con lo sguardo perso oltre il balcone.
- Lo sarebbe, se ci fossero meno guerre e meno povertà – rispose alla fine, in tono mesto.
- E se ci fossero più fanciulle incantevoli come voi – aggiunse poi con un sorriso smagliante, smorzando la tristezza della sua affermazione precedente.
Sarah gli sorrise, stringendosi le braccia intorno al corpo, leggermente infreddolita. Che peccato che fosse solo un baronetto! Con quegli occhi splendidi, il portamento elegante e quel suo modo di parlare stranamente diretto e confidenziale, sentiva che sarebbe stato molto interessante fare la sua conoscenza. E poi la sua abitudine a viaggiare avrebbe probabilmente portato anche sua moglie a spostarsi insieme a lui e a lei era sempre piaciuta l’idea di poter vedere le meraviglie del mondo, o almeno della grande isola su cui viveva.
Certo, non poteva essere assolutamente certa che non fosse sposato, ma il fatto che fosse da solo a quel ricevimento e che non avesse mai accennato alla sposa durante i suoi racconti, le facevano intuire che doveva essere ancora scapolo. Come sarebbe stata fortunata la donna che avrebbe potuto condividere i suoi giorni!
Ma era inutile pensarci su, tanto l’eredità di un baronetto non era nemmeno lontanamente vicina a quella di cui aveva bisogno per realizzare tutti i suoi sogni.
- Vostra madre doveva essere una donna molto bella, se vi somigliava anche un po’ – disse ad un certo punto il ragazzo, strappandola ai suoi pensieri.
Ecco un altro esempio di quella schiettezza che tanto sconcertava Sarah. Nessuno di quelli che conosceva si sarebbe sognato di domandarle della madre, dopo aver saputo che era morta, ma Sarah si sforzò di essere cortese.
- Sì, era molto bella e tutti dicono che sono la sua copia esatta, anche se io sono di un altro parere.
Era la verità. Nei numerosi ritratti sparsi per tutta la casa, la donna che l’aveva lasciata così presto era semplicemente bellissima, col lungo collo aristocratico, il viso magro e senza imperfezioni, le lunghe ciglia che scurivano gli occhi, verdi come quelli della figlia. Nei dipinti, inoltre, sua madre aveva un sorriso dolce e un’aria vivace, folti capelli biondissimi che le scendevano su una spalla e nei quadri dove era ritratta tutta intera si intuiva che fosse anche piuttosto alta.
Era così bella, la sua mamma! E il fatto che tutti ripetessero spesso quanto lei le somigliasse la riempiva di orgoglio. Così, nei momenti di sconforto, Sarah si era seduta sul bordo del grande letto a baldacchino, e aveva fissato alternativamente il ritratto della madre e lo specchio che teneva sollevato all’altezza del viso, per scorgere dei tratti di somiglianza.
Sfortunatamente, nonostante avesse ereditato gli stessi occhi, con le stesse ciglia scure e folte, e lo stesso sorriso largo e candido, per il resto trovava ben poche somiglianze: dove la madre aveva il viso perfettamente ovale, il suo era più rotondo, con gli zigomi pronunciati e pieni e la fronte alta che aveva preso dal padre. Se la madre aveva un bel naso piccolo e leggermente all’insù, lei lo aveva diritto e un po’ a punta, un naso che altri chiamavano “aquilino”. I capelli, seppur biondi, erano molto più scuri di quelli della madre, che erano così chiari che sembravano brillare di luce propria. E infine, lei era molto più bassa di come doveva essere sua madre, altra caratteristica che aveva ereditato da suo padre, insieme al carattere capriccioso e orgoglioso, come le ripeteva sempre la sua istitutrice.
- Non l’avete mai conosciuta? – insistette l’altro.
Sarah fu sul punto di fargli notare quanto fossero indelicate le sue domande a riguardo della madre, ma probabilmente dalle sue parti avevano un diverso senso del decoro e non voleva mortificarlo. Inoltre, era bello starsene lì fuori a parlare con lui, nonostante il freddo e le gocce di pioggia che ricominciavano a cadere a sprazzi.
- Non esattamente, ma avevo pochi anni quando è morta, perciò non la ricordo quasi per niente.
In effetti, di sua madre ricordava solo un dettaglio con assoluta certezza, il suo profumo: era un odore dolce, fiorito, simile a quello dei gigli che crescevano vicino al patio di casa sua ma più delicato… era l’odore che ogni madre avrebbe dovuto avere, a suo parere, e che fino a quel momento solo sua madre aveva avuto. Ma forse la verità era che i ricordi l’avevano distorto nella sua mente al punto da essere unico e irripetibile, non sapeva.
- Un vero peccato, ma l’importante è che ne onoriate la memoria. Anche io ho perso i genitori quando ero molto giovane – le confessò lo straniero, facendosi più vicino ancora.
A quel punto i pantaloni di lui sfioravano la gonna di lei e se Sarah non fosse stata così rapita da quegli occhi magnetici e da quella voce avvolgente, avrebbe sicuramente cercato di mettere qualche altro centimetro di distanza tra loro, per evitare che qualcuno li vedesse in una vicinanza così intima e sconveniente.
- Sta cominciando a piovere, forse è meglio rientrare – le disse poi il ragazzo e solo allora Sarah si accorse che era vero.
I pochi goccioloni sporadici di prima si erano intensificati e diventavano rapidamente una vera e propria pioggia battente, bagnandoli entrambi prima che potessero rientrare al riparo della sala.
Sfortunatamente, per Sarah sarebbe stato certo meglio restare fuori a inzupparsi di pioggia che rientrare insieme al pirata straniero, visto che lo sguardo infuocato di Stephen li fissava a pochi passi di distanza.
- Dunque avevo ragione, è per questo che non potete accettare la mia proposta. Chi è il mio rivale? Si tolga la maschera, se è un gentiluomo, e mi affronti come l’etichetta… - li aggredì il ragazzo ma Sarah lo interruppe subito, con un’occhiataccia adirata che fece impallidire quella di Stephen, al confronto.
- Come vi ho già detto, cocciuto villano che non siete altro, non ci sono rivali da sfidare, tranne voi stesso. È stata la vostra sfrontatezza e arroganza ad allontanarci, non certo un povero ospite della nostra contea!
Quelle parole sembrarono congelare Stephen per qualche secondo, mentre gli occhi curiosi dello straniero andavano da Sarah a Stephen all’intera sala da ballo.
Erano molti infatti coloro abbastanza vicini da rendersi conto del battibecco e nessun nobile che si rispetti si sarebbe mai lasciato sfuggire un pettegolezzo simile. Perciò, c’erano almeno una decina di volti che fissavano Sarah e i due ragazzi vicino a lei, cercando di capire le ragioni della discussione, e tra quelli c’era anche la cara cugina Claire, finalmente soddisfatta della piega presa dalla serata.
- E il vostro aggredirmi così spudoratamente in pubblico è la dimostrazione che ho ragione a pensare che siete voi a non essere un gentiluomo. E ora, lasciatemi passare, di grazia, e trovatevi qualcun altro da importunare.
- Ti sbagli se credi che mi arrenderò così facilmente, Sarah. Non posso credere che quei baci e quelle parole d’affetto fossero una finzione! Cosa ti spaventa, amore mio? Dimmelo e cercherò di porvi rimedio!
Ma ormai Sarah non lo ascoltava più mentre fissava inorridita i volti scandalizzati di tutti quelli che stavano ascoltando intorno a loro, che sembravano essere addirittura aumentati.
Come gli era saltato in mente di dire una cosa del genere davanti a tutti? Ora ogni persona presente al ricevimento, e come aveva fatto notare Claire erano davvero tante, sapeva che lei aveva permesso a Stephen di baciarla senza essere nemmeno un corteggiatore ufficiale. Suo padre l’avrebbe uccisa, questa volta!
Ma ormai il danno era fatto e Stephen non si era nemmeno accorto del guaio in cui l’aveva cacciata, dunque c’era solo una cosa che Sarah poteva fare per attenuare il misfatto e fu esattamente quello che fece: si avvicinò a Stephen e lo schiaffeggiò, forte, davanti a tutti.
- Non vi permetto di calunniarmi a questa maniera, signor Sutterland. Qualsiasi cosa crediate possa essere avvenuta tra noi, vi assicuro che è solo frutto della vostra fantasia!
Detto questo, si girò di nuovo verso il balcone e, incurante della pioggia ormai battente, si allontanò dalla sala da ballo e dai volti scioccati dei presenti, tra cui Stephen se ne stava ritto e sperduto come se non sapesse come si fosse arrivati a tanto.
E infatti, come aveva potuto permettere che si arrivasse a tanto? Ora suo padre sarebbe stato furioso e l’avrebbe certamente richiusa da qualche parte per mesi, come punizione! Era stata una sciocca a credere che Stephen Sutterland potesse rivelarsi essere qualcosa in più del bamboccio viziato che in effetti era. Eppure era stata chiara nella sala della musica! Con quale diritto l’aveva messa in imbarazzo davanti a tutti?
Ora poteva solo sperare che la sua sceneggiata di donna oltraggiata servisse a mettere in dubbio le parole di Stephen così da evitarle il disprezzo degli altri ragazzi, se non la punizione di suo padre. E se quello stupido le avesse impedito di partecipare al ballo di fine estate? Sarebbe stato un abominio! In fondo lei non aveva fatto nulla di male, era lui ad essersi riempito la testa di favole!
Questi e altri pensieri le affollavano la testa mentre raggiungeva la carrozza e si accomodava all’interno, infreddolita e fradicia dalla testa ai piedi, in attesa che anche Claire tornasse per tornare a casa e dimenticare quella orribile serata.
  
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