Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: frances bruise    07/03/2014    2 recensioni
Sono passati dieci anni da quando Elsa, per colpa dei suoi poteri, è stata costretta ad allontanarsi definitivamente da Anna, sua sorella minore.
A riunirle, un evento doloroso per entrambe: la morte dei loro genitori, il re e la regina di Arendelle, avvenuta nel corso di un naufragio.
- Questa one-shot dal punto di vista di Elsa stravolge un po' la trama originale del film, però penso che sia abbastanza toccante e... E' la prima volta che scrivo una ff su Frozen, spero di aver fatto un buon lavoro!
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Anna, Elsa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Stalattiti sul soffitto.


❝ Lastre di spessa stalattite pendevano pericolosamente dal soffitto della stanza della principessa Elsa di Arendelle.
L'interno, ormai completamente congelato, riluceva di un pallido azzurro, dovuto al ghiaccio che si era formato sul pavimento e sulle pareti. Perfino sui mobili, in particolare sulla scrivania affianco alla finestra, sulla quale giaceva una lettera aperta da poco. Su quel foglio di pergamena, nero su bianco, stava scritto l'annuncio della morte del re e della regina di Arendelle. I due sovrani si erano imbarcati giusto qualche giorno precedente per raggiungere un regno vicino, con cui avrebbero dovuto instaurare dei rapporti di amicizia e fiducia; ma non vi arrivarono mai. Infatti, mentre erano ancora per mare, una tempesta si era abbattuta sulla loro nave e le loro anime erano state strappate via dalla Terra. Per sempre.
La notizia aveva scosso tutti, in particolare le due principesse di Arendelle. Elsa, la maggiore, se ne stava seduta sul pavimento ghiacciato, con la testa nascosta tra le ginocchia. 
Non aveva avuto la forza di andare al funerale dei suoi genitori, e non ne aveva neanche avuto modo: il ghiaccio, lo spesso ghiaccio presente nella stanza era opera sua. La principessa, infatti, possedeva lo strano potere di controllare il ghiaccio e il gelo, fin dalla nascita. Senza alcuna spiegazione razionale.
Ed era appunto questo suo potere la causa principale per cui non aveva preso parte al funerale dei suoi genitori, perché - in caso vi fosse andata - sarebbe stata di un umore così triste, che avrebbe sicuramente congelato tutto l'ambiente circostante. E, allo stesso modo, quello spesso ghiaccio era il motivo per cui non parlava più con sua sorella.
Quando Elsa aveva otto anni, per sbaglio aveva colpito sua sorella con i suoi poteri, procurandole uno svenimento. Per sua fortuna, a detta del capo dei troll che vivevano nella foresta, la piccola principessa dai capelli rossi non era stata colpita al cuore, ma il colpo che Elsa le aveva dato aveva semplicemente lasciato un'unica ciocca di capelli bianchi proprio nel punto in cui Elsa l'aveva colpita. Questo e nient'altro. Però, in compenso, la principessa non aveva alcun ricordo dei poteri magici di sua sorella.
E suo padre, il re, aveva insistito affinché non ne venisse mai a conoscenza, ragione per cui ad Elsa era stata affidata una stanza tutta sua; e per cui non poteva vedere sua sorella, non poteva giocare con lei. Non poteva nemmeno darle qualche segno d'affetto. 

Il tempo passò, per Elsa, che teneva ancora la testa tra le ginocchia. Erano passati dieci anni da quando aveva colpito Anna e le aveva lasciato quel segno indelebile.
La principessa non piangeva, se ne stava in silenzio, con la fronte premuta sulle ginocchia. Però, piangeva dentro: dentro provava un dolore immenso, ben più grande di quanto ne avesse mai provato fino ad allora. E non aveva neanche avuto modo di essere più affettuosa nei confronti dei suoi genitori, di essere una figlia migliore per loro... Mai. E mai lo sarebbe stata, ora che erano deceduti per un crudele scherzo del destino. 
Ad un tratto, udì un rumore secco, come di qualcosa che era appena caduto sul pavimento. Sollevò il capo e si mise in ascolto, per poi sentire il passi goffi di sua sorella Anna, che si stava pericolosamente avvicinando alla porta della sua stanza, a lei perennemente preclusa.
«Elsa, apri questa porta», si sentì rivolgere dall'altro lato, ma - in tutta risposta - continuò a tacere. Anna, che in altri casi aveva semplicemente chinato il capo e se n'era andata con la coda tra le gambe, non sembrava intenzionata a cedere. 
«Elsa, apri questa porta, so che sei lì», insistette, «Tu sei sempre lì dietro, ed io sono sempre dalla parte a te opposta. Ti prego di aprire questa porta.»
Elsa non rispose, ma sentì i suoi occhi gonfiarsi di lacrime. Inutile dirle che le dispiaceva molto, ma non poteva permettere a sua sorella di vederla in quello stato: la sua stanza era congelata dal pavimento fino al soffitto, come avrebbe potuto spiegarle un simile fenomeno senza accennare ai suoi poteri.
«Elsa...», continuò imperterrita Anna, «Elsa, sappi che questa volta non ti permetterò di rimanere chiusa lì dietro e di ignorare la realtà. Elsa, i nostri genitori sono morti e tu non ti sei neanche fatta viva al loro funerale. Elsa! Aprimi questa porta, almeno una volta in questa vita! Ma non capisci che ho bisogno di te, ora che non mi è rimasto più nulla?»
In tutta risposta, Elsa cominciò a piangere, intristita al pensiero di non poter essere affatto d'aiuto a sua sorella. Avrebbe voluto alzarsi, spalancare la porta ed abbracciare Anna, per poi versare lacrime sulla sua spalla. Lo avrebbe tanto voluto, se solo non fosse stata cosciente del fatto che l'avrebbe sicuramente congelata. Accostò una mano al proprio viso ed asciugò le lacrime col dorso della mano, nel tentativo di ricacciarne indietro delle altre. Tutta la faccenda la rendeva sempre più rancorosa verso se stessa. Si odiava.
«Elsa, apri!», esclamò Anna con un tono talmente serio e carico d'ira, che Elsa stentò a riconoscere sua sorella. «E va bene, Elsa...», mormorò poi Anna. E silenzio.
Elsa si alzò lentamente in piedi, convinta di essere riuscita a convincere sua sorella ad andarsene e a lasciarla in pace una volta per tutte. Non che lo desiderasse perché non voleva stare con lei, ma perché temeva di farle ancora del male. 
Si appoggiò alla porta per un istante, poi fece per andare a sedersi sul proprio letto, quando accadde qualcosa che - fino ad allora - non era mai accaduto. 
Anna, per tutto quel tempo, si era limitata a bussare alla sua porta e a chiederle di fare un pupazzo di neve insieme a lei. Questa volta, Anna se ne infischiò altamente delle buone maniere, ed abbassò la maniglia della porta per entrare. 
Elsa aveva dimenticato di rigirare la chiave nella toppa, così fu costretta ad appoggiarsi alla porta e a cercare di impedire a sua sorella di entrare. Ma la forza di Anna sembrava maggiore rispetto a quella di Elsa, per quanto strano potrebbe sembrare. 
Infatti, in quattro e quattr'otto, la principessa dai capelli fulvi spalancò la porta e rimase a bocca aperta. 
Elsa, forse ancor più atterrita di lei, fece qualche passo all'indietro per allontanarsi il più possibile. Anna non le prestò molta attenzione, i suoi occhi erano incollati alle pareti ricoperte di ghiaccio. «Elsa, ma cosa...?», mormorò. 
«Devi andare via di qui», esclamò Elsa, ritrovando finalmente la voce, «Via!»
Afferrò sua sorella per gli avambracci e la spinse perché uscisse dalla stanza, ma Anna non glielo permise. Rimase immobile a fissare le stalattiti che pendevano dal soffitto. 
«Tutto questo è così... familiare», mormorò. Elsa avrebbe voluto avere il potere di cancellarle nuovamente la memoria.
«Elsa, perché tutto questo?», le chiese Anna, voltandosi a guardarla. Elsa, con le braccia strette al petto, non seppe darle una risposta precisa. «Io... Io...», farfugliò. Era da tanto tempo che non si ritrovava faccia a faccia con Anna, e che non conversava con lei. Ora, a distanza di dieci anni, doveva parlarle e - addirittura - spiegarle il motivo per cui delle spesse stalattiti pendevano dal soffitto. 
«Anna, io...», stava perdendo la voce, non gliene rimaneva che un filo. «E' solo... Ghiaccio.»
«Sì, ma com'è possibile che ci sia tutto questo ghiaccio nella tua stanza?», domandò Anna. Elsa si strinse ulteriormente le braccia al petto e, senza guardare sua sorella negli occhi, cominciò a farfugliare: «Beh, perché... Perché... Anna, senti, io...»
Prese un respiro profondo. 
«Tu non lo ricordi, ma - quando eravamo molto piccole - facevamo dei pupazzi di neve nella sala da ballo del palazzo», spiegò, arrendendosi di fronte all'evidenza, «Questo perché, fin dalla nascita, ho sempre avuto il potere di generare il ghiaccio, o la neve, o il semplice gelo... Insomma, dal nulla. Non ti ricordi di Olaf, il pupazzo di neve?»
Anna storse il naso ed aggrottò le sopracciglia. Per qualche istante, Elsa pregò che ricordasse, altrimenti non avrebbe avuto molte alternative. Avrebbe dovuto fare ritorno dal re dei troll per supplicarlo di cancellare la memoria di Anna, ma Anna - detto sinceramente - si sarebbe mai fatta scortare fino alla radura dei troll senza fare proteste? Mmh, no.
«Ciao, sono Olaf, e mi piacciono i caldi abbracci!», esclamò Anna, ad un certo punto. Gli occhi di Elsa si spalancarono, così come le sue labbra. ❞
   
 
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