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Autore: Danger_stay    07/03/2014    0 recensioni
Parole: 2063
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"Adesso faremo un gioco. Io penserò delle cose, e voi dovrete indovinare se sono cose tristi, divertenti o altro soltanto guardandomi. Okey?" chiese e gli altri annuirono felici. Così tutta l'attenzione della classe era su di lei.
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Adesso veniva la parte difficile,pensare a qualcosa di triste. E c'erano tante cose che avrebbe potuto pensare. Tipo quando ha partorito ma il figlio era nato morto. E l'espressione del fidanzato quando capii che non poteva avere un bambino fra le braccia, una creatura con cui giocare. Pensò a quando i genitori la buttarono fuori di casa per quel bambino, e pensò che quando gli disse che l'aveva perso loro non se ne fregarono. La rimasero in mezzo alla strada con il fidanzato, che promise di sposarla. Pensò appunto all'incidente. Quello in cui perse metà del suo cuore. Quello in cui perse l'amore. E lì cominciarono a scendere le lacrime, non voleva piangere d'avanti i suoi alunni. Ma nell'ultimo periodo le preoccupazioni erano troppe e anche i dispiaceri.
Lei non se ne accorse nemmeno ma tutti gli alunni, compresa Amanda, andarono accanto a lei e l'abbracciarono.
Genere: Generale, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Contenuti forti
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Head.
 
 
"Con estremo piacere, mi presento ragazzi. Sono la vostra nuova professoressa di filosofia, e adesso andremo in quel bel giardino difronte la scuola e faremo lì la nostra prima lezione." disse la donna mentre sorrideva ai suoi nuovi alunni. Tutti la guardavano stranita, come se fosse un fantasma. Forse perché era diversa dalle altre che avevano avuto, o forse perché era semplicemente più giovane del solito.
                                                                 *** *** *** ***
"Ditemi che pensate di me e vi darò un voto." disse ancora la donna, mentre si sedeva comoda sul prato che avevano appena raggiunto, incrociando le gambe.
"Un voto?" chiese un alunno mentre lei lo studiava attentamente.
"Si, esatto. Ditemi come pensate che passo le mie giornate, ditemi che avete capito di me soltanto nel vedermi. Forza, niente paure. Dite qualsiasi cosa pensate di me, anche se brutta." spiegò la professoressa, mentre osservava ognuno dei suoi alunni, uno per uno. Cercava di capire che gli passava in mente. Cercava in qualche modo di studiarli. Di capire chi era che non parlava per paura della sua possibile reazione, e chi invece parlava a sproposito. Lei pensava che le persone che parlavano sempre poco, erano quelle che avevano più cose da dire di tutti. Erano quelle che più pensavano. Osservavano e pensavano. Ma non esponevano le proprie idee e opinioni.
"Io penso che lei sia strana" A questo punto, la professoressa si distrasse dai suoi pensieri. Quell'aggettivo le era sempre stato assegnato. Ovunque andasse, e da qualsiasi tipo di persona.
"Sapreste definire l'aggettivo 'strana'?" chiese allora lei. Non erano domande fatte a caso, ma avevano uno scopo. Almeno secondo la professoressa di filosofia. 
"Diversa" rispose una ragazzina bruna e dagli occhi azzurri. Secondo la professoressa era davvero una bellissima ragazza, ma magari il suo cervello non aveva la stessa bellezza del suo aspetto. 
"Diversa.. bene. Perché sono diversa secondo voi?" chiese ancora. Stava portando quei ragazzi all'esasperazione. Ogni domanda li metteva in difficoltà. Un pò per paura di dire quello che davvero pensavano e un pò per paura di non pensare con la propria testa, ma con quella degli altri. Perché a volte, quando qualcuno ci pone una domanda, se qualcuno risponde prima di noi, approviamo le sue parole. Magari non capendo nemmeno quello che ha potuto dire in realtà.
"Perché ci ha portati in giardino. In una distesa di erba verde, sulla quale crescono fiori e alberi. Sulla quale nasce vita. Ci ha portati fuori da un cimitero" disse ancora un ragazzo biondo.
"Quindi credete che quell'edificio" disse la donna mentre indicava l'istituto dalla quale provenivano i ragazzi "sia un cimitero?" chiese ancora lei, mentre tutti gli alunni annuivano.. tranne il biondo.
"Quindi sto parlando con dei defunti?" chiese ancora lei, mentre il biondo la guardava ancora.
"Non siamo noi i defunti,noi siamo soltanto i guardiani di un istituto nella quale uccidono menti e persone. E c'è differenza." rispose lui mentre abbassava lo sguardo.
"Io amo davvero le tue risposte" disse la donna mentre lo guardava con ammirazione "Posso sapere il tuo nome?" chiese continuando.
"Adam, professoressa" rispose lui un pò timido.
"Oh no vi prego, professoressa no. Mi fa sentire vecchia, davvero. Chiamatemi pure Ronnie" disse lei sorridendo. Intanto Sam la guardava con ammirazione, la credeva una donna davvero stupenda. Una donna con la mente aperta, ma non aveva il coraggio di dirlo. E poi il resto della classe l'avrebbe di sicuro giudicata.
"Come stai Ronnie?" a quella domanda la professoressa si girò verso la persona da cui proveniva la voce. E vide il ragazzo biondo di prima, Adam. Pensò che nessuno le aveva mai chiesto come stava. Quel ragazzo la colpiva sempre di più. E aveva centrato il segno.
"Non importa come sto io, ma come state voi ragazzi" disse lei abbassando lo sguardo. Mentre nella sua mente si affollavano pensieri su di lei, come stava? Bene o male? Una via di mezzo? Non lo sapeva, quelle idee la confondevano.
"Il fatto che tu sia adulta, non vuol dire che tu non possa stare male. Mia madre stava male tutti i giorni, finché non si è uccisa. Secondo lei era l'unico modo per dimenticare quello che ci aveva fatto papà. E' stato terribile vedere quando si è conficcata quel coltello nello stomaco. Ma tutto passa, e lei come sta Ronnie?" chiese il ragazzo. E ancora una volta, Ronnie rimase stupita, scioccata dai pensieri di un semplice ragazzo di sedici anni. Forse era cresciuto troppo in fretta, e già sapeva come affrontare la vita. E per lei era bello vedere che prendeva la vita come veniva, senza mai piangersi addosso.
"Vado avanti con la mia vita, quindi credo bene" disse lei sospirando.
"Credere non vuol dire essere. Non puoi dire che stai bene e allo stesso tempo cercare di convincerti di esserlo. Una bugia alla volta." disse ancora il ragazzo. 
"Le tue parole sono davvero belle" disse lei, prima di dire che la lezione era finita e andarsene.
Aveva cominciato bene quella lezione, ma quel ragazzo le aveva aperto la mente. Sembrava che davvero dicesse quelle parole con il cuore, forse lo faceva. A soli sedici anni aveva capito il senso della vita? Aveva già capito tutte quelle cose di Ronnie? Secondo lei era impossibile.
 
E mentre camminava fra gli alberi di quell'immenso giardino, cercava di capire qualcosa. Ma cosa? Lei stessa.
 
*** *** *** *** *** *** *** *** *** ***
 
"Forse dovresti provare a restare in classe. Ti ascolteranno meglio." Continuava a dire la collega di Ronnie. Jade era una delle tante professoresse che i ragazzi odiavano, proprio per questo Ronnie non le dava ascolto.
"Non voglio sopprimerli, ma grazie del mancato consiglio" disse lei prima di dirigersi verso la sua classe. Anche oggi avrebbe portato quei ragazzi in giardino. Quel posto la faceva rilassare, e riusciva a parlare liberamente senza nessun problema. Forse era l'aria pulita del luogo, forse il leggero rumore del vento che sfiorava le foglie degli alberi. O forse l'odore stupendo che emanavano quei fiori rosa che crescevano indisturbati sul prato verde. Una distesa di vita, ecco cos'era. 
"Buongiorno Ronnie, come stai?" chiese ancora Adam. E stavolta lei sapeva come rispondere, finalmente.
"Bene, grazie Adam e tu?" chiese lei gentile, mentre sorrideva.
"Benissimo prof" disse prima di tornare al suo posto, senza fare rumore. Infondo Adam aveva raggiunto il suo obiettivo. Adesso le lezioni sarebbero sicuramente andate meglio, almeno secondo lui. 
"Ragazzi si torna in giardino, forza andiamo!" disse lei, prima di alzarsi e iniziare ad incamminarsi con la classe, verso la strada che portava al grande giardino difronte l'istituto.
"Prof oggi di cosa parleremo?" chiese una ragazza dai capelli scuri, e dagli occhi del medesimo colore. Forse un pò più chiari. Aveva la pelle chiarissima, sembrava un angelo.
"Parleremo di comunicazione Madison" disse lei sorridendo dolcemente, mentre si accomodava al suo  solito posto sull'erba verde di quel prato immenso.
"Comunicazione?" chiese un alunna ridendo. Quelle domande davano tanto fastidio a Ronnie, quelle ragazze facevano tutto in modo così superficiale, forse anche troppo.
"Si Amanda, comunicazione. E credo che tu non la sappia davvero usare." disse lei sorridendo sfacciatamente, mentre l'alunna abbassava lo sguardo. 
"Cos'è secondo voi la comunicazione?" chiese lei incrociando le gambe. 
"Il modo che noi utilizziamo per esprimerci. Per parlare con qualcuno, per esternare i nostri sentimenti e le nostre idee o anche i nostri pensieri.I nostri gesti." disse timida una ragazza.
"E tu non lo fai molto spesso, vero Sam?" chiese gentilmente Ronnie. E Sam abbassò lo sguardo incapace di rispondere.
"Va bene ho capito, e invece secondo te Amanda? Cos'è la comunicazione?" chiese Ronnie alla ragazza, che poco prima era decisamente troppo impegnata a limarsi le unghia.
"Penso sia questo. Parlare" disse lei sorridendo per poi tornare alle sue unghia. La professoressa la guardava curiosa, si.. curiosa di sapere cosa aveva in quella testa al posto del cervello. Forse paglia? Si chiedeva lei.
"Ragazzi, Sam ha ragione.. la comunicazione è esprimere noi stessi, i nostri sentimenti e tutto quello che fa parte di noi. Comunicazione non vuol dire parlare Amanda. Ma si può comunicare anche soltanto con i gesti, con un semplice sguardo. Non c'è bisogno di impiegare la parola per far capire qualcosa a qualcuno. E come disse una persona 'Mi basta guardarti negli per capire come stai davvero' ed ecco. Qui non si serve della parola, ma di un semplice sguardo, di due semplici occhi." disse Ronnie sorridendo leggermente, mentre tutti gli alunni la guardavano attenti ed interessati.
"E un esempio è stato ieri, quando Adam mi ha chiesto come stavo. Aveva capito che non ero molto concentrata e allora me l'ha chiesto. Capite?" chiese lei mentre gli altri annuirono e Adam sorrideva contento. Aveva raggiunto il suo obiettivo, 'forse la professoressa aveva risolto alcuni dei problemi che la tormentavano la volta scorsa' pensava lui.
"Adesso faremo un gioco. Io penserò delle cose, e voi dovrete indovinare se sono cose tristi, divertenti o altro soltanto guardandomi. Okey?" chiese e gli altri annuirono felici. Così tutta l'attenzione della classe era su di lei.
Così Ronnie si posizionò meglio e cominciò dal pensare a quando si era fidanzata la prima volta. Il nervosismo, l'ansia e la gelosia che provava. Tutti quei sentimenti che la facevano impazzire da un giorno all'altro. Il primo bacio, le prime cotte e le prime figure. E un sorriso le scappò sul volto. Forse quest'espressione era troppo facile da indovinare.
"E' un pensiero felice, sta sorridendo" disse Jake, un altro alunno. E Ronnie annuii per poi continuare il gioco. Adesso pensava a cosa sarebbe successo se sarebbe andato tutto male con questi ragazzi. Se non sarebbe riuscita a farli ridere in modo permanente, senza fargli scendere più una lacrima. 
"E' preoccupata.. vero?" chiese Adam. E Ronnie annuii abbassando lo sguardo. Adesso veniva la parte difficile,pensare a qualcosa di triste. E c'erano tante cose che avrebbe potuto pensare. Tipo quando ha partorito ma il figlio era nato morto. E l'espressione del fidanzato quando capii che non poteva avere un bambino fra le braccia, una creatura con cui giocare. Pensò a quando i genitori la buttarono fuori di casa per quel bambino, e pensò che quando gli disse che l'aveva perso loro non se ne fregarono. La rimasero in mezzo alla strada con il fidanzato, che promise di sposarla. Pensò appunto all'incidente. Quello in cui perse metà del suo cuore. Quello in cui perse l'amore. E lì cominciarono a scendere le lacrime, non voleva piangere d'avanti i suoi alunni. Ma nell'ultimo periodo le preoccupazioni erano troppe e anche i dispiaceri. 
Lei non se ne accorse nemmeno ma tutti gli alunni, compresa Amanda, andarono accanto a lei e l'abbracciarono. Per darle conforto, per darle un aiuto, un sostegno. Qualcosa su cui tenersi, su cui poggiarsi per non cadere. 
"La preferiamo quando ride" disse appunto Amanda mentre l'abbracciava.
"Anche io ragazzi" disse lei prima di stringere a se ognuno di quei ragazzi. Lei li credeva speciali, ed infatti lo erano. Ognuno aveva qualche specialità, ognuno aveva un carattere, ognuno aveva le proprie idee, i propri pensieri, i propri passati, i propri incubi, i propri sogni, le proprie paure, erano tutti diversi fra loro. E non erano tanti soldatini che seguivano un solo modello. Ognuno era se stesso, non volevano cambiare.. ed era questo che Ronnie amava di quei ragazzi. Magari suo figlio sarebbe stato come uno di loro. Lo sperava. Quei ragazzi, con tutti i loro problemi, con le loro tensioni, con i loro sentimenti feriti, erano riusciti ad aiutare qualcun'altro. Ma non loro stessi. Ed era questo l'obiettivo di Ronnie: aiutarli ad aiutarsi da soli, senza il bisogno di nessuno al loro fianco. Ma forse già erano abituati essendo stati abbandonati dalle loro famiglie in quell'istituto che Ronnie tanto odiava, forse perché c'era stata e capiva il trattamento che subivano quei ragazzi. Ma loro erano già pronti ad aiutare a soli sedici anni, mentre lei ci aveva messo ventiquattro anni della sua vita. Ma almeno sapeva che i suoi alunni sarebbero cresciuti meglio di lei, sarebbero state persone migliori e magari avrebbero aiutato anche loro qualcun'altro in futuro. Proprio come stavano facendo adesso con Ronnie. Lei lo sperava con tutto il cuore, sperava in ragazzi che potevano cambiare il mondo rendendolo migliore.. ma non poteva avere certezze dalla vita quando nemmeno lei ne aveva.

 
ANGOLO AUTRICE.
Ragazze o ragazzi, ho pubblicato questa nuova one-shot. Ci ho pensato molto, e beh.. semplicemente scrivere questa one-shot mi ha fatta pensare e basta. Non so perchè, credo di avere dei problemi. Ora vado, spero vi piaccia e fatemi sapere cosa ne pensate e se ho fatto qualche errore (orrore). Un bacio!
-Sweetie
 
 
  
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