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Autore: EclipseOfHeart    09/03/2014    3 recensioni
[Post Kick-Ass 2, storia basata solo sui due film] [Mindy x Dave]
Per Kick-Ass, quindi, la mancanza di Hit Girl non era stata poi così tanto traumatica.
Per Dave, invece, l’assenza di Mindy si faceva più forte ogni giorno che passava. All’inizio era stato diverso, perché Dave al momento del loro addio era convinto che l’avrebbe rivista.
Eppure, il tempo passava – ora erano tre anni che l’aveva vista andarsene con quella moto viola -, il liceo si era ormai concluso, ma di Mindy lui non aveva nessuna notizia.
E faceva male più di quanto si aspettasse.
Genere: Azione, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come back {and Hit me again}

 

 

All’inizio si era convinto che sarebbe stato semplice.

Insomma, ora aveva trovato uno scopo, una direzione da seguire, che lei aveva aiutato a tracciare e non credeva che avrebbe trovato difficoltà nel seguire, anche se da solo.

Ed, effettivamente, per Kick-Ass il tutto non si era rivelato particolarmente arduo. Smessi i panni del supereroe, allenarsi e tentare di mantenere la pace a New York per quel che poteva era stato un compito che aveva assolto con dedizione, pur con l’assenza di Hit Girl.

Aveva seguito tutti i suoi insegnamenti ed era diventato più forte ed atletico.

Per Kick-Ass, quindi, la mancanza di Hit Girl non era stata poi così tanto traumatica.

Per Dave, invece, l’assenza di Mindy si faceva più forte ogni giorno che passava. All’inizio era stato diverso, perché Dave al momento del loro addio era convinto che l’avrebbe rivista.

Eppure, il tempo passava – ora erano tre anni che l’aveva vista andarsene con quella moto viola -, il liceo si era ormai concluso, ma di Mindy lui non aveva nessuna notizia.

E faceva male più di quanto si aspettasse.

Aveva mantenuto qualche contatto con i Justice Forever, notando felicemente come nessuno di loro avesse effettivamente smesso di fare il supereroe.

Pur senza costume, tutti tentavano di aiutare il prossimo, risolvendo piccoli problemi di vita e questo li rendeva più eroi di Batman e Spiderman – o almeno si avvicinavano.

Aveva pensato più volte di contattare Marcus, per chiedergli qualche notizia, ma dubitava sapesse qualcosa e dubitava ancora di più che gli avrebbe rivolto anche solo la parola, prima di ammanettarlo.

Lavorava da qualche mese per una piccola azienda grafica, sperando sempre in qualche promozione che lo aiutasse a racimolare qualche dollaro in più.

Si allenava appena poteva e spesso usciva la sera a fare un giro per i vicoli di New York, tentando di non cacciarsi in situazioni troppo critiche.

E così passava la sua vita, molto più ordinaria di quanto avesse mai creduto – e desiderato.

E così Dave Lizewski si sentiva sempre più solo, giorno dopo giorno. Il fatto poi che tutto questo aumentasse a causa di quella ragazzina fin troppo presuntuosa e spesso troppo irruenta non faceva che deprimerlo maggiormente.

Anche perché, e Dave se ne rendeva conto sempre di più, evitava continuamente di rispondersi alla semplice domanda che la sua mente razionalmente proponeva: perché, alla fine, lei gli mancava così tanto?

Ogni elucubrazione del giovane Lizewski si concludeva con questa irrisolta domanda e così fu anche quel giorno, al termine dei suoi allenamenti.

Deciso come sempre a cenare in qualche fast food – l’intenzione che iniziasse a cucinare anche le cose basilari da buon proposito stava lentamente scemando in mera illusione -, prese la borsa e si avviò a passo deciso fuori dalla sua palestra personale.

Uscendo dall’appartamento Macready, si fermò come sempre ad osservare la foto vicino all’uscita che ritraeva Mindy in un quantomeno insolito momento in cui appariva serena e quasi sorridente. Dave gliel’aveva scattata durante uno dei loro tanti allenamenti, quando lei gli aveva concesso una pausa per “riprendere fiato, altrimenti sarebbe svenuto a terra da brava femminuccia”.

A ben pensarci, quello era l’unico ricordo che avesse di lei. C’erano altre foto e alcune pagine scritte lei, nonché le sue armi, ma quella foto era l’unica che lui le avesse mai scattato.

L’aveva appoggiata lì, incorniciandola in un semplicissimo quadretto di legno, giusto per evitare che si rovinasse o si perdesse, perché Mindy non aveva bisogno di splendenti porta-foto per essere meglio ricordata – né ammirata.

Sospirò sonoramente e uscì velocemente da lì. Doveva seriamente prendere in considerazione l’idea di allenarsi altrove, dove il passato non potesse raggiungerlo e ogni cosa ricordargli lei.

Dopo alcuni minuti di camminata, giunse in un fast-food che sembrava essere addirittura buono dall’aspetto e ci si infilò dentro, ordinando hamburger, patatine fritte e Coca-cola.

La sua linea e i suoi allenamenti glielo concedevano ampiamente.

«Sei caduto così in basso che stai tentando di scavare il fondo, Dave?» si chiese da solo, osservando il suo riflesso nello specchio e sentendosi un totale pazzo qualche secondo dopo.

Perfetto, ora parlava anche solo!

Lasciato metà panino sul tavolo, tentò di concentrare l’attenzione sul notiziario che stavano trasmettendo, scoprendo che tra qualche sera ci sarebbe stata un’importante serata di gala per celebrare le elezioni del nuovo sindaco della città, seguito da un suo discorso.

Non trovando interesse neanche in quelle politiche novità, Dave si alzò e si incamminò verso casa sua, notando come tutto fosse estremamente tranquillo per le strade.

Quasi troppo.

Scosse la testa, dandosi del paranoico e arrivando velocemente alla sua abitazione. Il programma prevedeva una sistemata alla casa e un altro ampio giro della città, ma il secondo punto della lista non si realizzò, se non nell’ampio giro che Dave fece nei suoi sogni, addormentatosi profondamente sul divano.

Sarebbe continuata forse tutta così la sua vita per almeno i prossimi anni, se una telefonata di Marty non avesse mescolato le carte in tavola che il destino aveva lasciato in pace, con fin troppa inerzia, per quei tre anni.

«Ehi Dave, sei ancora vivo vero?»

«A meno che non ti stia rispondendo il mio fantasma, credo non sia ancora giunta la mia ora.»

«Ottimo, perché tra due sere abbiamo un impegno molto importante.»

«Abbiamo

«Non puoi continuare a vegetare, mio caro amico. Ho lasciato correre fin troppo, devi riprendere i contatti con quella cosa normale che hanno tutti i ventunenni: la vita sociale!»

«Ora non è proprio un gran momento…»

«So che è una stronzata, perché se ti ascoltassi non sarebbe mai un “gran” momento.» disse Marty, alzando la voce istintivamente. «Comunque non c’è ragione di discutere: dopodomani andremo alla cena per festeggiare il nuovo sindaco. Ho procurato gli inviti tramite mio padre.»

«Cosa?»

«Dave, non sai neanche che abbiamo un nuovo sindaco?»

«Certo che lo so!» si difese stizzito, benché l’avesse scoperto solo quella sera al fast-food.

«Grandioso.» concluse Marty, con voce melliflua. «Allora converrai che non c’è da polemizzare. Passerò a prenderti io, indossa lo smoking migliore che hai.»

Marty mise giù, senza poter dare possibilità a Dave di controbattere, anche se era ben sicuro che non sarebbe riuscito a dissuaderlo – sapeva essere così testardo! -.

Mettendo giù la cornetta, Dave si concentrò sugli aspetti positivi che quell’evento avrebbe potuto portare ma, non trovandone, decise che era meglio alzarsi ed andare verso il suo letto, riprendendo da dove era stato interrotto.

 

La puntualità di Marty era sempre stata sconcertante e questo Dave se lo ricordava fin troppo bene, mentre si faceva la doccia e si preparava per il super evento.

Era tardi. Assurdamente tardi. Tra dieci minuti – forse dodici se il traffico lo aiutava – Marty avrebbe suonato il campanello fino a farlo cadere se non gli avesse aperto la porta, pronto e vestito per andare.

Dopo soli otto minuti – mai che la fortuna girasse dalla sua parte – un inconfondibile tintinnio si diffuse per casa Lizewski.

Dave si precipitò ad aprire, inaspettatamente quasi pronto.

«Sì, prima che tu inizi a lamentarti, ho finito!» disse veloce, sistemandosi la cravatta e la giacca.

«Hey, amico, calma. Non siamo mica in ritardo.» replicò Marty rilassato, in un’espressione che Dave avrebbe definito leggermente sadica.

«Ma tu avevi detto che lo saremmo stati.»

«Oh sì. Mentivo, ovviamente. Se ti avessi detto che abbiamo ancora tempo, sicuramente avresti trovato il modo di sprecarlo comunque tutto.»

«Ho un’insana voglia di darti un pugno.»

«Quando vedrai le favolose bellezze da cui ti sto portando, ti passerà sicuramente!» dichiarò Marty ridendo.

«Favolose bellezze?»

«Sì, amico, le donne. Sai, gli essere umani che Dio ha creato al fianco degli uomini, quelle con le…»

«Sì Marty,» lo interruppe Dave prima che si lanciasse in imitazioni improbabili. «So come sono fatte le donne.»

«Certo, ma solo perché continui a guardare porno, non perché ne frequenti una.»

«Questa è una cattiveria. Che sai essere falsa, tra l’altro.»

«Ma se la tua ultima fidanzata è stata Katie. Che tra l’altro ti ha lasciato perché te la facevi con quella matricola… come si chiamava…

«Mindy. Anche se ti ho detto non so quante volte che noi non stavamo insieme.» rispose Dave, quasi tremando nel pronunciare il suo nome ad alta voce dopo tutto il tempo che era passato.

«E io continuo a non crederci. Comunque il punto, amico, non è questo. Stai scegliendo di rimanere da solo.» esclamò Marty, tentando di imprimere quanta più saggezza possibile.

«Non sono solo.»

«Forse non tutte le notti, Dave. Ma non vuol dire lo stesso che tu non sia solo.»

Dave restò in silenzio, turbato dall’ascolto di ciò che sapeva anche lui essere vero. Marty sospirò piano, ma sorrise e decretò che fosse tempo di andare o avrebbero davvero fatto tardi.

La festa, come aveva spiegato Marty con gli occhi accesi dalla letizia, era all’ultimo piano dell’Empire State Building. Ovviamente, per una celebrazione così importante era stato scelto un luogo simbolo di New York.

«È un evento così importante che mio padre ha faticato nell’ottenere i biglietti! Sono state prese altissime misure di sicurezza e credo non mancherà nessuna delle persone più in vista della città.»

«Di cui noi facciamo parte sicuramente.» commentò Dave ironicamente.

«Non essere sciocco. Ci sarà parecchio da divertirsi e tante, davvero tante, bellissime fanciulle vestite nei loro abiti migliori!»

«Poi quello che guarda continuamente i porno sono io…»

Marty rise, non replicando e informando l’amico che erano giunti a destinazione.

Inutile mettersi a calcolare la quantità di dollari che fossero stati spesi per quell’evento, data l’immensità del lusso che vi regnava.

Ogni sala era piena di tavolini cui erano serviti svariati cibi, dai più tipici ai più esotici. Giravano camerieri a non finire, portando tartine, caviale e champagne su ogni vassoio, circondati dalle persone che ammiravano lo splendore scintillante delle singole sale.

La più grande, quella dove il sindaco avrebbe tenuto il discorso, era al centro del piano e al suo centro vi era un’immensa fontana, di stile ricercato e dal carattere barocco, da cui scendeva acqua cristallina. Risplendeva dell’enorme candelabro che si ergeva sul tetto, accompagnato dagli altri lungo la sala che facevano rilucere tutto l’ambiente, armonizzando gli animi e, quasi, riscaldando perfino i cuori.

«Wow…» fu l’unico commento dei due amici, quasi abbagliati da tutto ciò che vedevano.

«Direi di gettarci nella mischia, amico.» dichiarò Marty, facendo finalmente sorridere Dave sinceramente.

I due iniziarono a viaggiare di sala in sala, gentilmente scomodando tutte le giovani donzelle che riuscivano ad individuare, ballando anche se accompagnati dai ritmi un po’ lenti che la festa offriva e probabilmente bevendo più di quanto dovessero.

«Marty, ma perché alcune donne indossano una maschera?»

«Oh, è un semplice vezzo, credo sia per sembrare, sai, più misteriose!»

Dave rise, colpevole più l’alcool che la battuta, ed urtò per sbaglio una ragazza accanto a sé, versandole a terra tutto lo champagne nel suo bicchiere e mancando per poco il suo vestito azzurro.

«Oddio, mi scusi, la prego! Mi scusi tantissimo!»

«Non puoi stare più attento, razza di cretino?» disse lei, veemente ma mantenendo bassa la voce.

Dave alzò lo sguardo scosso, colpito da quell’insulto così familiare e si focalizzò sul viso della giovane, incorniciato da lunghi capelli biondi e protetto da una maschera bianca e azzurrina.

«Mindy?» domandò, in un sussurro incerto.

«E chi sarebbe Mindy?» chiese lei, aspra.

Dave scosse la testa, osservandola meglio. Non era lei.

«Scusa, ti avevo scambiato per una persona che conosco.»

«E mi hai anche versato tutto lo champagne, carino. Ora, per rimediare, andrai a prendermene dell’altro.» concluse lei, sorridendo in modo affabile.

«Oh, certo. Vado.» rispose, allontanandosi seguito da Marty.

«Amico, hai fatto colpo!»

«In effetti, per averla colpita, l’ho colpita anche troppo forte.» disse, prendendo uno dei bicchieri dei camerieri.

«Ehi, non penserai di gettare quest’occasione così, vero

«Ma quale occasione?»

«Oh, Dave, andiamo! Se te la lavori un po’, hai la serata fatta!»

«Non voglio lavorarmi nessuno!» rispose lui, infastidito.

«Ecco, questo è il tuo problema. Perché non vuoi?»

«Non lo so, d’accordo? Non. Lo. So. Non ne ho idea! E non ho voglia di scoprirlo stasera, okay Marty?» gridò lui, attirando l’attenzione dei presenti vicino a loro e facendo arretrare istintivamente l’amico.

Se ne accorse e, sospirando, gli spiegò che era confuso e l’alcool non faceva che aumentare il cerchio che aveva alla testa.

Si girò, dirigendosi verso la ragazza, darle il bicchiere e osservare il suo sguardo sconcertato nel notare che lui non aveva voglia di proseguire la conoscenza.

Si diede dell’idiota e si rifugiò in uno dei tanti bagni, per darsi una sciacquata e rinfrescarsi le idee.

Cosa c’era di sbagliato in lui? Cosa era cambiato nella sua vita da impedirgli di voler iniziare una relazione seria?, si chiedeva rimirando il suo riflesso in quel bagno così grande e lussuoso che era strano perfino starci dentro.

Sospirò e si chiuse in una delle cabine, per ormai impellenti necessità fisiologiche.

Ma, come avrebbe dovuto imparare Dave anni fa, quando non ricercava guai, erano loro ad andare da lui.

Per cui, non si sarebbe dovuto stupire troppo nel momento in cui aveva sentito aprire e sbattere violentemente la porta della toilette, seguita da voci rabbiose benché sommesse e da rumori che non erano altro che pugni e calci su qualche malcapitato.

Dave si ricompose e indossò mentalmente la sua maschera di Kick Ass, perché il male non riposa mai, neanche dentro a un bagno dell’Empire State Building.

Uscì, aprendo la porta della cabina con un calcio, per fare una non modesta entrata di scena e trovò due uomini grossi come armadi – uno dai capelli bruni e uno dai capelli assurdamente verdi -, entrambi con occhiali da sole e vestiti da tipici uomini della sicurezza che stavano picchiando un uomo, riverso a terra e sanguinante.

I due si erano girati, attirati dal rumore e lo fissavano stupefatti.

«Vi sembra modo di comportarsi ad una festa? Siete solo dei bestioni, lasciate in pace quel poveretto.»

«Ragazzo, ti suggerisco di uscire da qui e dimenticare ciò che hai visto, ora.» disse minaccioso uno dei due, nel tono più sgradevole che potesse usare.

«Non ci penso nemmeno. Preparatevi a combattere se non volete fare quello che vi dico.»

Non si presero neanche cura di rispondergli, che già avevano iniziato ad attaccarlo da entrambi i lati. Tuttavia, gli intensi allenamenti di Dave non erano stati solo un passatempo e i benefici si sentirono chiaramente nei colpi che sferrava e nel dolore che i suoi muscoli riuscivano a sopportare; riuscì in pochi minuti – distruggendo una porta e rompendo un lavandino – a mettere fuori uso entrambi, rimettendoci soltanto il labbro, che sanguinava, lacerato da un tiro non evitato.

Si avvicinò all’uomo, ancora steso a terra, quando questo lo sorprese e si alzò, volgendo gli occhi per tutta la stanza, come se la stesse analizzando.

Dave lo osservò stupefatto, esclamando titubante: «Signor sindaco?»

Questi lo fissò, alzando un pugno e colpendolo al naso così velocemente che il ragazzo, colto di sorpresa, non poté scostarsi né contrattaccare.

Ma non è possibile! Salvo il sindaco e, nonostante questo, le prendo anche dal sindaco!, fu l’affranto pensiero di un Dave che temeva rotto il suo setto nasale.

L’uomo, impassibile ai lamenti del giovane, prese una pistola dalla tasca e il silenziatore dall’altra e li unì con estrema precisione e velocità, per poi puntarli alla fronte di Dave, che impallidì e alzò istintivamente le mani.

«Ma è impazzito? Che diavolo ha nella testa?! Io l’ho appena salvata!»

«Tu hai semplicemente visto troppo. Questa è la tua colpa e questo il tuo destino.» decretò il sindaco, glaciale e pronto a premere il grilletto.

Forse Dave Lizewski avrebbe fatto in tempo a spostarsi per evitare il proiettile, oppure non avrebbe avuto scampo, bagnando quel lindo bagno di molto più sangue che quello del suo naso; tuttavia queste sono ipotesi possibili solo per i credenti delle teorie sui mondi paralleli, perché, in quel momento nessun colpo partì e nelle pareti risuonò solo un’aspra e totalmente inattesa minaccia.

«Metti giù quella pistola, inutile testa di cazzo. Altrimenti sarò costretta a infilarti una pallottola in testa e poi, non contenta, ti infilerò l’intera pistola da qualche altra parte.»

Dave osservò con sempre più crescente stupore l’evolversi degli eventi, mentre la persona che aveva espresso quella minaccia aveva la pistola puntata alla testa del sindaco, dietro di lui e vicino alla porta da cui era entrata.

«E tu ammazzeresti il novello sindaco?»

«Un’anima in meno sulla mia coscienza non m’impedirà di finire all’inferno, per cui ti farei saltare la testa molto volentieri se tu non abbassassi subito la tua dannata pistola.»

Il sindaco, valutando la serietà di quelle parole, si girò e si affrettò ad uscire da lì, consapevole che se avesse lasciato stare quel ragazzo, non sarebbe stata una scelta saggia ucciderlo e, senza un valido – e solitamente personale – motivo che la giustifichi, una scelta saggia è quella che viene abitualmente fatta.

Di fatto, il sindaco non venne ucciso in quel momento e quella persona si volse verso Dave, aiutandolo a rialzarsi.

«Come ti senti?» gli domandò, vedendolo decisamente stordito. «Rinfrescati e lava via il sangue.»

Dave eseguì gli ordini, confuso e indeciso su cosa dire, cosa pensare, cosa provare.

«Mindy?»

Era la seconda volta che faceva quella domanda quella sera, eppure, se possibile, tremava ora più che mai.

Perché stavolta non c’erano bisogno di domande, era lei.

Così bella da togliergli il fiato, così vicina che temeva di essere solo in un sogno.

Indossava un vestito lungo, totalmente bianco, che splendeva ancora di più quando incontrava i suoi capelli lunghi e biondi sulle spalle e si perdeva nel suo viso, nei suoi occhi e nelle sue labbra rosee.

Era davvero cresciuta.

«Femminuccia.» rispose lei, arricciando le labbra e dispiegandole in un sorriso.

Dave rise e si voltò, abbracciandola e tirandola a sé, beandosi di quella sensazione perduta.

«Ehi, ehi, calma. Così mi soffochi!» disse lei, senza però realmente staccarsi.

«La Mindy che conosco non si sarebbe sopraffare così facilmente.»

«Ti posso concedere che, in questi anni, hai messo su giusto qualche muscolo in più.» replicò lei, arrossendo mentalmente per le verità non celate che esprimeva quel pensiero. «Ma rimani sempre una femminuccia, sia chiaro.»

«Questo è ovvio.» rispose lui, sorridendo e allontanandosi da lei.

«Sei…» - bellissima, sorprendente, sono senza parole - «Hai un aspetto…» - fantastico, super!, stupendo. «Ti trovo in gran forma, Mindy.» disse Dave, beccandosi un paio di occhiatacce per il continuo cambio di frase.

«Grazie, anche tu non sei male.» rispose lei, dandogli un leggero – non a detta di Dave – pugno sul braccio.

«Stiamo conversando in un bagno dove stavo per essere ucciso e ci sono due uomini stesi per terra. Forse dovremmo uscire da qui.»

«Li hai stesi tu per terra.» replicò lei, aprendo la porta e lasciando quel piccolo angolo di mondo.

«Già, con delle mosse niente male per giunta!» disse lui pavoneggiandosi e sistemandosi la cravatta.

«Tieni in serbo le tue mosse, dobbiamo andarcene e presumo che saremo seguiti a dovere. Il sindaco non avrà intenzione di lasciarci uscire vivi da qui.» dichiarò Mindy, estraendo un’altra pistola dalla borsetta.

«A proposito! Mi devi spiegare un centinaio di cose Mindy! Che ci fai qui? Come mi hai salvato? Perché il sindaco è pazzo?»

«Oh, non è affatto pazzo. Solo corrotto. Lo tenevo d’occhio da giorni e stasera ho avuto la conferma di quanto sia viscido e schifoso. Pensa che stava solo fingendo quella scena, quelli che lo picchiavano erano suoi uomini! Era tutto un tentativo di sembrare più umano e meritevole di compassione di fronte alla città: “nuovo sindaco, già colpito ma non piegato dalle forze criminali!” Che testa di cazzo…»

«Giorni?» chiese Dave, fermandosi in mezzo alle scale che stavano percorrendo. Mindy aveva deciso di uscire dalle porte laterali, per attirare meno l’attenzione.

«Cosa?»

«Hai detto che lo tieni d’occhio da giorni! Da quanto sei in città?»

«Non mi sembra il momento adatto per parlare delle mie questioni personali…»

«Mindy!» gridò lui, tirandola per un braccio e costringendola a voltarsi. «Da quanto tempo sei tornata?»

E, forse per quel richiamo così stranamente furioso o per quel dolore che si vedeva chiaramente nei suoi occhi, occhi che sembravano gridare di essere stati traditi, Mindy si fermò e girò lo sguardo mentre formulava la sua risposta.

«Un mese.»

«Un… mese?! E non mi hai detto un cazzo! Quando avevi intenzione di farti viva?!»

«Te lo avrei detto… »

«Stronzate! Probabilmente se non mi fossi trovato per caso in quel bagno, avrei continuato a credere che eri chissà dove!»

«Cazzo Dave! Stavo seguendo un’indagine pericolosa e pensavo di ripartire subito quando sono arrivata qui!»

«Questa è un’altra menzogna! Sai che del pericolo me ne sbatto e sono sempre stato disposto ad aiutarti! Qual è il vero motivo, Mindy?»

Lei stava per rispondere, quando un proiettile le sfilò accanto alla guancia, mancandola per pochi millimetri.

«Cazzo, cazzo! Scappiamo!» urlò Mindy, rispondendo al colpo e riprendendo a correre le scale di fretta, seguita da Dave. Uscirono nel cortile sul retro, dove era posteggiata la moto di Hit Girl e vi montarono su, fuggendo e scampando agli uomini della sicurezza, che erano esponenzialmente aumentati.

«Potevamo restare e combatterli.»

«Certo Dave, per finire uccisi è un’idea brillante la tua.» gridò lei, con la sua voce che si disperdeva nel vento della notte.

Lui non rispose, limitando a stringere leggermente la presa sul suo corpo, inconsciamente felice che lei fosse lì.

Mindy si fermò di fronte al portone di Dave, facendolo scendere e spegnendo la moto.

«Serata movimentata…!» commentò lui, stranamente nervoso.

«Parecchio. Ti conviene mettere del ghiaccio sul naso e riposarti.»

«Sì… seguirò il tuo consiglio.»

«Bene. Meglio che vada ora.» concluse lei velocemente, risalendo sulla moto.

«Mindy!» disse lui, alzando un braccio per afferrare il suo. «Dove vai? Dove dormi?»

«In un vecchio appartamento sfitto. È una postazione abbastanza sicura.»

«Puoi stare qui se vuoi.»

«No.» rispose lei sorridendo, «Meglio di no. Sono pur sempre una ricercata.»

«Ormai non lo sei più!»

«È comunque più sicuro. Per quanto riguarda il sindaco… ti farò avere notizie tra qualche giorno.»

«Va bene…» rispose Dave, desideroso di non farla andare via.

Mindy si mise il casco e accese la moto, pronta per sgommare via.

«Non ti rivedrò tra tre anni, vero?» chiese Dave, incapace di contenere il suo dubbio maggiore e che più gli piegava lo stomaco.

«Certo che no, sciocco.» rispose lei e lui fu sicuro di vedere un sorriso brillare sotto al casco.

Poi partì, mentre Dave la seguì con lo sguardo finché non diventò un puntino bianco, ormai impercettibile nell’oscurità.

 

Effettivamente non passarono tre mesi, ma trascorse due settimane Dave iniziò seriamente a dubitare della veridicità della promessa di Mindy. Per ignorare quella sensazione di preoccupazione e di inutilità totale, preferiva credere che lei gli avesse mentito piuttosto che pensare che fosse in grave pericolo.

Sicuramente tutto ciò non diminuì quando, quella sera, andò ad aprire al suono della sua porta e si trovò davanti una Mindy barcollante, che perdeva sangue dalla testa e in procinto di svenire.

«Oddio!»

La prese in braccio, prima che crollasse, e la portò fino al divano, adagiandola delicatamente e cercando di capire in che condizioni fosse.

Esaminò la testa e vide che aveva un taglio lungo, ma non profondo, che si estendeva per alcuni centimetri sull’attaccatura della fronte e un altro taglio lungo la gamba. Non sembravano esserci segni di spari, per cui Dave iniziò subito a medicare quelle ferite, notando come sarebbero serviti dei punti in entrambe.

Ma, conoscendo bene la sua amica, sapeva che avrebbe potuto danneggiarla se l’avesse portata in ospedale, per cui decise di aspettare che si risvegliasse e, se questo non fosse avvenuto in tempi rapidi, sarebbe filato al primo pronto soccorso.

Fortunatamente, Mindy riaprì gli occhi e, dopo un’iniziale smarrimento, vide il viso di Dave accanto a lei e si rassicurò, sospirando e tentando subito di alzarsi in piedi.

«Ehi, Wonder Woman, devi riposarti

«Potrei prendere questo nome come un insulto per Hit Girl. Wonder Woman è una pappamolle.»

«Indubbiamente.» convenne lui ridendo e aiutandola, ovviamente, a farla stare seduta.

«Come ti senti?»

«Meglio...» disse lei, facendo grossi respiri e riordinando le idee. «Ho un feroce mal di testa e mi fa male la gamba, ma per il resto è tutto okay.»

«Ora riposati, poi mi dovrai delle lunghe spiegazioni.»

Lei non rispose, annuendo semplicemente. Entrambi poi notarono come l’improvvisata fasciatura che Dave aveva messo sulla sua testa fosse tutta sporca di sangue, necessitando di essere cambiata.

«Ferma.» disse lui, bloccando Mindy che stava già tentando di medicarsi da sola. «Faccio io.»

Andò nella cucina, alla ricerca di un altro pezzo di stoffa, ma scoprì con stupore di non averne – oscuri i motivi di tale mancanza -.

Concentrandosi su come potesse ovviare questo problema, si illuminò di colpo e si tolse la maglietta velocemente.

«Che cosa stai facendo?!?» domandò Mindy, arrossendo e distanziandosi da lui. Non che quella visione l’avesse dimenticata, ma nei tre anni che era stata via aveva limitato i contatti umani – specialmente maschili – proprio per evitare di risentire il cuore che le pulsava e la faccia che arrossiva.

Le vipere della scuola che frequentavamo l’avevano chiamata “eccitazione sessuale”, ma per Mindy era qualcosa che le sconvolgeva il corpo e le annebbiava la mente, dato quanto era piacevole.

Specie se la persona in questione era Dave Lizweski.

«Strappo la mia maglietta così posso fasciarti la testa, non è sudata o sporca.» rispose lui, ignaro del vero motivo del turbamento della giovane, provvedendo a sistemarla la “fascia” in testa.

Dopo averlo fatto, si risedette, mentre lo sguardo di Mindy non lo abbandonava.

«Non puoi rivestirti adesso?!?» chiese, bollendo dal rossore e quasi girando il viso.

«Oddio, hai ragione, scusa.» disse lui, ridendo e infilandosi un’altra maglietta, mentre Mindy tirava un grosso sospiro di sollievo.

 

Trascorse alcune ore, Mindy spiegò a Dave che, nel tentativo di trovare le prove definitive che avrebbero incastrato il sindaco, si era introdotta in uno dei loro covi segreti.

Era riuscita a procurarsi un video che lo avrebbe sicuramente incastrato, ma l’avevano scoperta ed era fuggita dopo aver strenuamente lottato.

Stanca, provata e sanguinante, il primo posto dove aveva pensato come a un rifugio sicuro era stata casa di Dave.

«È una faccenda troppo grossa perché possa occuparmene da sola, ho bisogno d’aiuto da parte della polizia e della stampa e per questo ho bisogno di prove concrete.»

«E chiedermi di aiutarti è un’idea che neanche ti ha sfiorata.» commentò Dave con un sospiro.

«Sei diventato davvero egocentrico. Cazzo, da quando ci siamo rivisti non fai altro che chiedermi perché non venga da te, perché non mi sia fatta sentire con te e qualsiasi altra cosa riguardi solo te!» gridò lei irata, alzandosi in piedi. «Non ti viene in mente che forse l’ho fatto per proteggerti?! Dalla situazione pericolosa e anche da me? Stai tornando a una vita normale, non avevi necessità che io tornassi ad incasinartela! Ma no, tu da coglione quale sei, devi darmi tutta la colpa, come se io non avessi voglia di vederti o di stare con te! Sei un cretino!»

Senza neanche aspettare una risposta da uno sconcertato Dave, Mindy prese la sua borsa e se ne andò dalla casa, correndo lungo il viale e trattenendo le lacrime di frustrazione che le premevano sugli occhi.

Da bravo maschio ventunenne, Dave ci mise qualche minuto ad analizzare le parole dell’amica e poi, come colto da una provvidenziale folgore, comprese che si era comportato da totale coglione. Prese al volo un giubbotto ed uscì di casa, per poi realizzare che non aveva idea di fosse andata Mindy.

Imprecò, pensando poi che poteva fare un tentativo all’appartamento Macready. Con un po’ di fortuna, forse, si sarebbe rifugiata lì.

Corse fino a perdere il fiato, forse consapevole che stavolta l’avrebbe persa per sempre se non fosse riuscito a ritrovarla.

Arrivò davanti al portone e si piegò su se stesso per riprendere il respiro, alzò lo sguardo per prendere le chiavi ed aprire, ma si girò e vide la figura di Mindy che si avvicinava, tenendo lo sguardo basso e camminando lentamente.

Non l’aveva visto.

«Mindy!»

Lei, infatti, alzò il viso stupita e, dopo averlo riconosciuto, arrossì e si girò, pronta per andarsene.

«Non scappare. Per favore.» disse Dave con un tono che bloccò quasi istintivamente le gambe di Mindy e fece rimproverare la ragazza da sola.

«Che vuoi?»

«Scusarmi. Sono un cretino.»

«Questo è certo. Non c’era bisogno che corressi qui per dirmelo, tra l’altro come facevi a sapere che sarei venuta qui?!» disse lei, girandosi e lasciando cadere le braccia lungo i fianchi.

«Ho tirato ad indovinare.» rispose lui, avvicinandosi e sistemandosi gli occhiali. «Ti prego, scusami. È che a me non importa di essere in pericolo o di avere la mia vita sconvolta, se questo vuol dire avere te nella mia vita. Quindi non ce la faccio a non arrabbiarmi quando mi ignori e ti lanci in missioni suicide da sola.»

«Io non voglio causarti problemi, Dave. La tua vita è preziosa.»

«Anche la tua, maledizione! E preferisco vivere tutti i pericoli di questo mondo con te, che stare al sicuro da solo, dovendomi chiedere ogni giorno se stai bene, in quale continente ti trovi e che diamine di nemico stai combattendo. Sono stanco di vivere così.»

Mindy si avvicinò ancora di più a lui e, ormai, i due erano a pochi centimetri e lei alzò una mano sul suo petto.

Arrossì e sentì il cuore che batteva all’impazzita, ma questa volta l’eccitazione non c’entrava niente.

«Mi sei mancato.»

Dave sorrise, in quel modo che avrebbe fatto sciogliere qualsiasi cosa, e stava per rispondere quando la sua espressione si tramutò in puro spavento.

Urlò il nome di Mindy e la spinse, mettendosi davanti a lei per proteggerla e il proiettile che era destinato a lei gli colpì la spalla, facendolo piegare sulle ginocchia. Per poco non perse conoscenza, mentre Mindy, lucida come sempre, aveva estratto la pistola dal suo zaino e aveva colpito il killer.

Si diresse al centro della strada, circumnavigandola con lo sguardo scoprì e colpì altri due uomini, mentre altri tre la attaccarono da dietro il muro.

Dave si appoggiò al portone, pressando la ferita con la mano ed incapace di aiutare Mindy in quelle condizioni. Tuttavia c’era una cosa che era perfettamente in grado di fare.

Mindy affrontò i tre con rabbia, preoccupata per Dave ed irata che si fosse ferito a causa sua – si era distratta, scioccamente distratta  - ma la colpa era delle loro maledette pistole. Li ferì e riuscì ad avere la meglio in pochi minuti, tuttavia spuntarono altri malfattori, tra cui c’era proprio il sindaco.

«Andiamo. Credevi davvero che ti avremmo fatto scappare e vivere, soprattutto, dopo quello che hai visto? Ti sei cacciata in guai più grossi di te, ragazzina.» disse lui, puntando una pistola nella sua direzione.

Altri uomini accerchiarono Mindy, ma lei dopo aver rivolto uno sguardo a Dave che era ormai quasi svenuto, alzò lo sguardo decisa e fronteggiò il sindaco.

«Non sono una ragazzina.» rispose, sferrando un calcio contro i due avanti a lei e volteggiando all’indietro per colpire gli altri. Estrasse la sua pistola e ferì quelli accanto al sindaco, che sorpreso dalla reazione si spostò, continuando a tenerla sotto tiro.

«Io sono Hit Girl e tu hai appena ferito la persona a cui tengo di più al mondo.»

Mindy si scagliò contro l’uomo, disarmandolo in pochi colpi e intraprendendo una lotta fisica con lui.

Continuarono per qualche minuto, ricevendo e dandosi colpi in quasi perfetta equità, ma alla fine Mindy prevalse, mandandolo a terra e premendo la pistola sulla sua fronte.

«Dovrei ucciderti. I tuoi crimini sono incalcolabili.»

Lui non rispose, deciso a non chiedere pietà, quando il flebile sussurro di Dave le arrivò chiaro nelle orecchie.

«Mindy! Ti prego, non farlo.»

«Perché?! Guarda cosa ti ha fatto!»

«Lo so, ma non è compito tuo ucciderlo…»

Dave, dopo aver pronunciato quella frase, svenne e si accasciò sentendosi completamente senza forze.

Hit Girl legò il sindaco, lanciandogli altre parole minacciose, ma poi corse verso Dave, costatando che avesse urgente bisogno di andare in ospedale.

Sentì in lontananza il suono di molte sirene della polizia e, con una rapida occhiata al cellulare di Kick Ass capì che era stato lui a chiamare le forze dell’ordine. Con un sorriso, decise cosa fare.

Lasciò le prove che aveva raccolto sopra l’ormai inerme sindaco, con allegato un biglietto di spiegazioni firmato H.G. e dopo, per evitare di restare coinvolta, entrò con Dave nell’appartamento, facendolo distendere sul divano.

Gli tolse la maglietta preoccupata, notando come il proiettile fosse fuoriuscito fortunatamente. Improvvisò una benda per fermare l’emorragia, sostituendola a quella che aveva tentato di fare Dave e che era già sporca e piena di sangue.

Dalla finestra seguì i movimenti della polizia, finché non sentì la voce di Dave irrompere nella stanza.

«Mindy…»

«Dave! Come ti senti? Ora andiamo subito in ospedale, usciremo dal retro!»

«No…»

«Ma che dici!» gridò lei, trattenendosi dal tirargli un pugno.

«Non pensi che all’ospedale si farebbero due domande, se arrivassi conciato in questo stato?»

Hit Girl convenne che non sarebbe stata una mossa astuta; tuttavia Dave non poteva rimanere in quello stato. Chiamò Marty e, dall’uscita posteriore, lo caricò sull’auto dell’amico e disse loro di inventarsi una storia credibile all’ospedale, mentre lei li avrebbe raggiunti in tarda notte.

 

Il piano riuscì alla perfezione e, alle quattro del mattino, Dave dormiva sedato in una delle stanze dell’ospedale. Marty se ne era andato quando era arrivata Mindy che si era seduta accanto al suo letto, rimanendo a vegliarlo fino all’alba.

Prima di andarsene, alle sette quando sarebbero iniziati i giri ospedalieri, gli strinse la mano imbarazzata.

«Non fare mai più una cosa del genere…» sussurrò, con voce tremula, intrisa più di disperazione che di minaccia.

 

Per non farsi scoprire, Mindy andava sempre negli orari più improbabili, ma non mancava mai di restargli vicino il più possibile e, in poche settimane, Dave si ristabilì e tornò a casa.

«Grazie per avermi aiutato Mindy… ora devo rimettermi per bene ad allenarmi se non voglio che questo braccio ne risenta!»

«Buona idea.»

«E tu mi aiuterai. Mi mancano i nostri vecchi allenamenti, pensavo che potremmo iniziare anche la prossima settimana…»

«No Dave, io domani lascio la città. Ho aspettato finché non ti fossi ripreso completamente.» disse lei, voltando le spalle – sostenere il suo sguardo sarebbe stato impossibile -.

«Scherzi.» rispose lui ridendo nervosamente.

«No.»

«Ma perché?»

«Il motivo è proprio quello che ti è successo!» gridò lei, girandosi di scatto. «Non posso metterti in pericolo, non voglio! Pensa se fossi morto, come cazzo avrei dovuto continuare a vivere io?!»

Lui restò colpito da quella frase, ma non le avrebbe permesso di andarsene.

«Potrei morire lo stesso domani. Per un qualsiasi motivo. Per cui, preferirei vivere la mia vita con te, che nella tua assenza.»

«Io… non sono sicura…»

Dave si avvicinò, prendendole una mano e intrecciandola nella sua.

«Anche tu mi sei mancata. Tantissimo. Non voglio che tu mi manchi ancora.»

«Sempre egoista… allora è diventato un vizio il tuo.» rispose lei ridendo e sentendo le insolite “farfalle nello stomaco”.

«Se non vuoi restare in questa città, andremo dove vuoi. Robin ha bisogno di Batman, come Kick-Ass ha bisogno di Hit Girl.»

«Non dobbiamo per forza continuare ad essere supereroi.»

«Non è importante. Dave Lizweski ha bisogno di Mindy Macready e quindi… ti seguirò dovunque vorrai.»

Mindy si morse un labbro, emozionata e incapace di protestare o articolare una risposta.

Dave la precedette, imitando il suo grande coraggio e resosi conto di quanto fosse forte il suo sentimento, si abbassò e la baciò, scontrandosi con l’incertezza del loro futuro e la certezza del loro stare insieme.

«E questo cos’era?» chiese lei, dopo essersi staccata, con il cuore a mille e rossa più che mai. Lo disse, replicando le parole che aveva usato lui, quando gli aveva donato il suo primo bacio.

Quando, in un tempo in cui ancora non lo realizzava bene, lo aveva dato al ragazzo di cui si era innamorata.

«Il nostro secondo bacio   

E Mindy sorrise, considerando quanto New York le avesse tolto con la morte di suo padre, ma quanto le avesse regalato facendole incontrare Kick-Ass.

«Te ne andrai?» chiese Dave, sistemandosi gli occhiali.

Lei rimase zitta per qualche secondo, facendo crescere l’attesa e instillando piccoli dubbi in lui.

«No.» sussurrò infine, vedendo il sollievo farsi strada nel suo viso. «Del resto, come potresti vivere senza di me?»

E Dave non trovò nulla da dire in contrario, perché non c’era niente di più vero in quel sorriso e in quelle parole.

 

 

 

 

Fine.

Salve a tutti!

Come già detto, questa storia si basa esclusivamente su due film prodotti su Kick-Ass (dato che io il fumetto non ho ancora avuto il piacere di leggerlo :D).

Che dire, volevo dare un seguito agli splendidi Mindy e Dave, in un post Kick-Ass 2, e spero di avervi divertito e coinvolto.

Ho tentato di mantenere entrambi IC e compito vostro è dirmi se ci sono riuscita :D

Spero vi sia piaciuta e mi farebbe molto piacere se mi lasciaste un commento *_*

Baci.

 

 

EclipseOfHeart

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

   
 
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