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Autore: young_blood    10/03/2014    3 recensioni
- Ci dica che possiamo tornare indietro- disse Paper, seria.
- Vi dico solo che potete andare avanti.-
La vecchia signora scomparve e la casa si scompose come un fiore fatto della stessa sostanza di un castello di carte.
Genere: Avventura | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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PROLOGO - NELLA CAVERNA

 

Paper stava camminando da ore. Aveva percorso il pavimento di quella stanza già trenta o quaranta volte. Teneva le mani dietro la schiena e continuava a premere con il tallone la mattonella che sporgeva dal lucido parquet. Era nervosa e l’agitazione che le metteva quella stanza chiusa, non faceva altro che accrescere le sue paure. Erin era stata presa o no? Sarebbero andate a fare quell’adorata gita nel bosco che sognavano da mesi o avrebbe dovuto subirsi le lamentele dell’amica sul fatto che i giudici erano stati corrotti per tutto l’ultimo mese delle vacanze estive? La sua migliore amica Erin era una bravissima cantante ed era straordinaria, perché era una sua dote di natura. Aveva preso lezioni da un insegnante privato per un paio di mesi, ma era già molto dotata. Dopo aver vinto un paio di concorsi canori, dato che ormai aveva compiuto la maggiore età, aveva deciso di tentare la sorte per entrare a far parte di un noto programma televisivo in Inghilterra, X Factor. Suo padre conosceva un uomo che era il fratello di un altro che aveva un amico che faceva il giudice del programma. Così, quel pomeriggio del 2 agosto 2008, Paper stava aspettando la sua amica nella stanza appena fuori quella in cui si stava svolgendo il provino. Aveva sentito la voce di Erin, acuta ed apparentemente sicura, presentarsi e parlare come se avesse di fronte una platea di amici, ma c’era dentro una lieve nota di timore che poteva avvertire solo lei. Si stropicciò le mani più volte, sbuffando e continuando a camminare avanti ed indietro. Drizzò le orecchie, fermandosi al centro della stanza, facendo sbattere i tacchi delle scarpe contro il pavimento di legno. Erin aveva appena cominciato a cantare. La sua voce era indescrivibile, somigliava tanto a quella di un usignolo con una tonalità più umana. Spesso le piaceva vantarsi di questo suo dono, non perché fosse particolarmente egocentrica, ma solo perché non amava molto se stessa. Sentì un breve applauso, così tornò a tormentarsi le dita, saltellando sul posto per cercare di mantenersi calma. Si fermò appena sentì Erin salutare i giudici con una risatina nervosa.

La porta si aprì con uno scatto secco. Paper si voltò e rimase immobile, in attesa del responso. Erin, la ragazza bassina che le stava di fronte, aveva la frangetta dei lunghi capelli castani che le copriva il viso. Paper capì subito che probabilmente era andata male.

<< Erin, mi dispiace così tanto… Vedrai che la prossima volta andrà meglio. >> disse, muovendo una mano verso di lei, ma ritraendola subito dopo. Le spalle di Erin si muovevano su e giù e sembrava che stesse sorridendo. << Erin? >>

<< Mi hanno presa! Ho passato il provino! Sarò una cantante! >> esultò, improvvisando un balletto della vittoria. Gli enormi occhi verdi brillavano alla luce del sole.

<< Mi hai fatta preoccupare! >> esclamò Paper, cominciando a ridere anche lei.

<< Scusa, ma dovevo farti assolutamente uno scherzo! Sembravi più preoccupata di me! >>

<< Perché ti voglio bene! >>

<< Lo so, >> replicò, mettendole un braccio attorno alle spalle, << lo so. >>

<< Immagino che domani… >> cominciò Paper, con uno scintillio negli occhi azzurri.

<< …andremo nel bosco! >> finì Erin, scompigliandole i capelli biondi.

 

***

 

<< Hai preso tutto? >> chiese sua madre, cercando qualche crema contro le zanzare o le scottature.

<< Sì, mamma. >> rispose Paper, spazzolandosi i capelli. Un paio di occhi azzurri ricambiarono il suo sguardo allo specchio.

<< La crema contro le zanzare? >>

<< Sì. >>

<< Il cellulare? >>

<< Sì. >>

<< La torcia? >>

<< Sì. >>

<< La testa? >>

Paper si girò e le andò incontro sorridendo, accarezzandole le braccia.

<< Vedrai che andrà tutto bene. >> la rassicurò.

<< Non hai risposto alla mia domanda. Hai preso la testa? >>

<< Mamma, quella l’ho persa quando ero in quinta elementare, non ricordi? >> chiese, ricordandosi di quando era tornata a casa da sola e si era dimenticata le chiavi dentro.

La donna le fece la linguaccia, prima di abbracciarla.

<< Mamma, stasera sarò di nuovo qui. >>

<< Troppo presto, per i miei gusti! >> esclamò una voce maschile, affacciandosi alla porta. Paper lanciò un’occhiataccia al fratello maggiore.

<< Sai che ti mancherò, Steve. >>

<< Per una giornata? Non credo proprio. Papà ti saluta, era in ritardo per il lavoro. Ha detto di stare attenta. >>

<< Va bene. >>

Il clacson di un’automobile suonò. La madre di Paper si affacciò alla finestra e vide Erin alla guida della sua Mini, senza tettuccio, con la bandiera della Gran Bretagna sopra. La ragazza stava tamburellando le dita sullo specchietto a lato dell’automobile.

<< Dev’essere Erin! A stasera! >> disse Paper, prendendo la borsa e dando alla madre un bacio sulla guancia.

Scese di fretta le scale, aprì la porta ed uscì fuori. Erin le sorrise, raggiante.

<< Sali sfigata, andiamo nel bosco. >> disse, facendo specchiare Paper nelle lenti dei suoi occhiali da sole neri.

<< Hai appena citato Mean Girls. >> replicò, prima di prendere posto accanto all’amica.

<< Eccome. >> rispose Erin, ingranando.

 

Lasciarono l’automobile con il finestrino alzato a pochi metri dalla radura, così che fosse riparata ma allo stesso tempo non troppo esposta alle fauci degli animali selvatici. Suo padre l’avrebbe messa in punizione a vita, se fosse tornata con l’auto ammaccata. Erano benestanti, certo, ma non significava che poteva sperperare tutti i soldi come le pareva.

<< Mia madre ha detto che stasera prepara il tortino di spinaci. Vieni da me? >> chiese Erin, mentre si incamminavano verso il bosco.

<< Non posso, mia madre deve vedermi sana e salva. >> rispose Paper, aggiustandosi la tracolla. Erin rise.

<< Allora, cosa credi che troveremo? >>

<< Un sacco di frutti di bosco e fragole! >>

<< A me piacerebbe trovare un bel ragazzo smarrito. >>

<< Lo immagino già: capelli ricci, occhi chiari, non troppo alto, figo… >> la prese in giro. Erin le diede una spallata.

<< Non sfottermi! >>

Ridendo e scherzando, le due ragazze erano arrivate al confine tra la foresta e la campagna. Dietro di loro c’era Londra, un sole cocente e tante case dai tetti scuri. Di fronte, invece, un bosco pieno di alberi altissimi e di cui non si vedeva la fine. Paper prese un bel respiro.

<< Hai paura? Vuoi tornare indietro? >> le chiese Erin, preoccupata.

<< No. Andiamo. >> rispose determinata, sorridendole.

Dentro, i raggi del sole s’infilavano a stento tra le fessure delle foglie. Non si vedeva niente, oltre la fitta boscaglia che si stagliava di fronte a loro. Erin si era portata un cestino per raccogliere le fragole, di cui suo padre era ghiotto, così, mentre lei era intenta a mangiarne un po’, Paper scattava foto su foto. Era bello poter stare all’aria aperta, dimenticarsi di tutti i problemi e sentire solo il calore del sole sulla pelle o l’erba che le solleticava le caviglie. Si soffermò a cerare di immortalare un coniglietto bianco che vagava accanto a loro. Si inginocchiò dietro ad un tronco a terra e stette per fargli una fotografia, ma, per un attimo solo, credette di aver intravisto un paio di occhi straordinariamente chiari che la stavano fissando. Cacciò un urlo acuto, scivolando e sbattendo con la schiena contro il terreno. Si rialzò subito e vide solo il coniglio che scappava via.

<< Paper! Stai bene?! Hai visto un lupo? Il sindaco aveva detto che non ce n’erano più! >>

<< Io… credevo solo… Non importa. >>

Erin l’aiutò ad alzarsi ed a pulirsi. Ripresero le borse e continuarono nel loro cammino. Paper continuò a guardarsi intorno, agitata. Una mano le sfiorò la spalla.

<< Erin! Ma sei impazzita?! >>

<< Paper, cos’hai visto, prima? >>

<< Ma niente, era solo uno scoiattolo… >>

<< Paper. >>

<< Ho creduto di aver visto qualcuno che mi stava fissando, ma non è possibile. Me lo sarò immaginato. >> disse, frettolosa.

<< Se lo dici tu. >> disse l’amica, non convinta.

Il crepuscolo arrivò entro poco tempo. Il bosco si estendeva per chilometri e ne avevano visto solo una piccola parte. La giornata era trascorsa velocemente, sembrava che fossero lì da pochissimo tempo. Avrebbero preferito rimanervi un altro po’, ma in realtà c’era ben poco da vedere, se non alberi e cespugli pieni di fragole rosse.

<< Torniamo indietro. >> propose Paper.

<< Sì. Da che parte? >>

<< Credo… ehm… a sinistra? >> chiese, insicura. Erin la guardò, i suoi occhi sembravano sporgere da sotto le palpebre.

<< Ci siamo perse?! Sai che soffro di claustrofobia! No, no, no, no… non può esserci successo per davvero… >> continuava a dire Erin, ormai nel panico più totale.

<< Calmati, andrà tutto bene. Torniamo sui nostri passi. >>

Tornarono indietro. Paper sorrideva incoraggiante, ma ogni volta che Erin si voltava, la paura prendeva il sopravvento e la portava a pensare al peggio. E se fossero rimaste lì? E se i cellulari si fossero scaricati? E se quegli occhi di ghiaccio fossero stati quelli di un assassino? Un brivido freddo le percorse la spina dorsale e si bloccò all’istante, in mezzo alla radura.

<< Che c’è? Cos’è successo? >> chiese Erin, agitata.

<< Niente, niente... Ehi, ma quella caverna? Non l’abbiamo vista, prima. >>

<< No. Paper, sta piovendo. Andiamo dentro! >>

<< Cosa?! >>

<< Paper! >>

<< D’accordo, d’accordo… >>

Si addentrarono nella caverna oscura. Paper prese la torcia dalla borsa, ma non funzionò: si era dimenticata di metterci dentro le pile. Il cuore le sprofondò sotto i piedi. Che sbadata! Era tutta colpa sua. Adesso sarebbe stato più difficile tornare indietro. Erin le diede un pizzicotto.

<< Qui è buio pesto! Mi sento male… >>

<< No, stai tranquilla, ce la caveremo. Prendi il telefono. >>

Erin non fece in tempo a prendere l’iPhone dalla borsa, che la luce del sole illuminò tutto. Si trovarono di fronte ad una casupola consumata dal tempo, ingiallita. Paper si avvicinò tremante alla porta ed afferrò il pomello. Erin prese un ombrellino dalla borsa, come difesa. Paper aprì la porta ed un’anziana signora rivolse loro un sorriso, con i capelli legati sulla nuca in uno chignon grigio chiaro. Era uno di quei sorrisi strani, falsi, che nascondevano qualcosa di terribile o di fantastico. Paper si soffermò a lungo sui dettagli di quel viso, un tempo affascinante, ma ora deturpato dalle rughe e dai tanti denti mancanti.

<< Benvenute. >> disse, con voce roca.

<< Dove siamo? >> domandò Erin.

<< Lo scoprirete presto. Per entrare, però, dovete bere questo filtro e fidarvi di me. >> disse, alzandosi piano e prendendo una boccetta contenente del liquido rosa. << Vi servirà. Voi non parlate la nostra lingua. >>

<< Ma lei parla la nostra. >> osservò Paper.

<< Perché io posso farlo. Bevete, così potrete parlare e capirete. >>

<< Non mi fido. >> sussurrò Erin a Paper.

<< Non avete altra scelta, perché non vi farò tornare indietro. >>

Erin si voltò e vide che un grosso cane, simile ad un lupo, la stava fissando. Ringhiò, i denti affilati come quelli di uno squalo, in grado di squarciare in un attimo la carne più tenera. Deglutì piano, girandosi. La donna la guardò intensamente.

<< Come avete detto di chiamarvi? >>

<< Non l’abbiamo detto. Io sono Paper, lei è Erin. >>

Un lampo, uno di quelli impercettibili, trapassò gli occhi grigi della donna, riportando un po’ di colore nelle iridi. Paper deglutì, impaurita, mentre Erin stringeva le dita ai jeans, cercando di allentare in quel modo la tensione.

<< Bevete. >> ordinò, dura.

Paper buttò giù per prima e poi Erin. Le due si guardarono e non videro nessun cambiamento fisico in loro.

<< Mi brucia la gola. >> disse Paper.

<< Vecchia fattucchiera! Ci hai ingannate! Cosa ci hai fatto?! >>

<< Vuol dire che sta facendo effetto. Tu non senti niente? >>

<< Io? No… >> rispose Erin, confusa.

<< Farà effetto dopo. Appena uscite, andate dritto e non voltatevi. >>

<< Ci dica che possiamo tornare indietro. >> disse Paper, seria.

<< Vi dico solo che potete andare avanti. >>

La vecchia signora scomparve e la casa si scompose come un fiore fatto della stessa sostanza di un castello di carte. Erin e Paper camminarono lentamente, con le orecchie ben aperte. Il bosco che avevano attraversato fino a poco prima, si mostrò di nuovo a loro e sembrava ancora più immenso. Si addentrarono ancora, mentre Erin stringeva forte la mano di Paper. Vagarono per ore ed erano sicure che fosse tardi. Qualche goccia cominciò a farsi largo tra le fronde degli alberi, come piccole lacrime. Gli occhi di Erin, stanchi e lucidi, cominciarono a cedere.

<< Ho sonno, Paper. >>

<< Ho un giubbotto. Possiamo coprirci e ripararci sotto quell’albero grande, che ne dici? >> propose, indicando un punto lontano.

<< Neanche per sogno! E se ci trova quel cane? No, arrampichiamoci su di un albero e facciamola finita. >>

<< Cosa?! Non lo farò mai! >>

<< Non lamentarti con me se verrai sbranata da un orso! >>

<< Erin! >>

Un rumore sinistro fece rizzare i capelli ad entrambe. Paper si voltò, ma non vide nulla. La pioggia diventò più forte e cominciò a battere incessantemente sulle sue spalle. Erin rabbrividì.

<< Hai freddo? >> chiese Paper, mettendo da parte la piccola arrabbiatura di prima.

<< No. >> mentì l’amica.

<< Tieni. >> disse, porgendole il giubbotto, appena preso dalla borsa. << Indossalo. >>

<< E tu? >>

<< Sto bene. Sai che non soffro il freddo. >>

<< Non è vero. >> ribatté Erin. Paper alzò le spalle. << Grazie. Scusami, per prima. >>

<< Non è vero, sono stato io ad essere orribile. Facciamo così: tu dormi sul ramo di quell’albero enorme ed io ai piedi, così saremo più sicure. Ed io non avrò il torcicollo. >> disse. Erin sorrise.

<< Ne sei sicura? >> chiese.

<< Sì. >>

Fecero come avevano detto e la mattina arrivò fortunatamente in anticipo. Paper si svegliò per prima, alzandosi piano e stropicciandosi gli occhi. Poggiò la schiena contro il tronco dell’albero, ma la ritrasse subito. Sembrava che fosse stata appena punta da uno spillo affilato. Toccò la maglietta a fatica, dietro, ma non sentì nulla.

<< Paper! Sei sveglia? >> urlò al voce di Erin, dalla cima dell’albero.

<< Sì! Scendi! >>

<< Arrivo! >>

Erin scese di sotto piano, a fatica, strofinando i palmi delle mani contro la corteccia per evitare di cadere. Quando i suoi piedi toccarono il suolo, per poco non baciò la terra sotto ai suoi piedi. Paper prese le borse e s’incamminarono di nuovo nella foresta non più buia.

<< Mia madre avrà già allertato la polizia. >> disse Erin, mordendo una fragola.

<< La mia di sicuro! >> esclamò Paper, rifiutando l’offerta di un mirtillo da parte di Erin.

<< Devi pur mangiare qualcosa, Paper! >>

<< Non mi piace quella roba. Aspetterò. >>

<< Cosa? Che ci vengano a prendere? La nostra morte? >>

<< Non dire così! >>

<< Ma è vero! È la cruda realtà! Potremmo rimetterci la pelle, qui dentro! >> esclamò Erin, infuriandosi. << E ci siamo perse di nuovo! >>

<< Non… >> stava per dire Paper, ma quando vide che in effetti, il bosco sembrava tutto uguale, si bloccò, << Hai ragione. >>

<< Lo so. Maledizione! Voglio tornare a casa. Quella vecchia megera…! Me la pagherà cara! >> urlò.

<< Abbassa il tono, E… >> stava dicendo Paper, ma la voce le morì in gola. Il cuore prese a battere freneticamente.

<< Paper. Paper! >>

<< Quel ragazzo… quel ragazzo, l’ho già visto. >>

<< Di chi stai parlando? Paper, aspettami! >>

Paper corse nella boscaglia, inseguendo il ragazzo dagli occhi chiari, ma lo perse di vista e riuscì solo cadere con le ginocchia a terra come una bambina che insegue una farfalla troppo veloce. Guardò in avanti, con gli occhi lucidi, desiderando solo di tornare a casa.

<< Stavi cercando me? >> chiese una voce maschile, soffiandole sul collo. Il corpo s’irrigidì.

Paper si voltò di scatto ed il ragazzo di prima sogghignò. Erin, da lontano, non poteva credere ai suoi occhi.






Salve gente!
Ebbene sì, questa è la nostra prima storia, nata dalle menti malate di due sedicenni classiciste troppo sognatrici per la realtà in cui sono costrette.
Speriamo che questa storia possa emozionarvi, commuovervi e appassionarvi almeno quanto lo ha fatto con noi mentre la scrivevamo.
Enjoy!

E. & B.



 

   
 
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