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Autore: Neko no Yume    11/03/2014    6 recensioni
Si dice che i ricordi di una persona si spingano al massimo fino al terzo anno di età; quelli di Oz Vessalius arrivavano a centinaia di anni prima.
(reincarnation au; oz/alice; elliot/leo accennata; spoilers per chi non segue le scan)
Genere: Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Shonen-ai | Personaggi: Alice, Oz Vessalius, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Per te, con un paio di secoli di ritardo.




Il guaio di Oz era che aveva sempre ricordato.
Si dice che i ricordi di una persona si spingano al massimo fino al terzo anno di età; quelli di Oz Vessalius arrivavano a centinaia di anni prima.
Erano iniziati come incubi, sprazzi sin troppo vividi di una vita che non ricordava di aver vissuto, laghi di sangue da cui si svegliava in lacrime ogni notte.
Poi erano arrivati i volti, alcuni così familiari da farlo sentire come la sua cassa toracica si stesse accartocciando su se stessa, e le voci.
Conosceva il suono della risata di sua sorella prima che lei nascesse.
I nomi erano tornati a galla per ultimi e lui li aveva accettati, come aveva accettato tutto il resto. Tentare di ignorare quanto i suoi genitori, suo zio e Ada fossero simili alle persone che vivevano nella sua mente peggiorava solo le cose.
A dieci anni aveva incontrato Gilbert e Vincent. Anche loro si ricordavano di lui.
A tredici anni Sharon gli aveva gettato le braccia al collo, seguita da un Reim decisamente commosso. Break si era limitato a rivolgergli un sorriso.
A quindici anni si era azzuffato con Lotty ed Echo era dovuta intervenire a dividerli. Questa volta Noise era sua sorella gemella e i suoi occhi brillavano come i piercing che sfoggiava sulle orecchie.
A sedici anni Elliot li aveva fatti cacciare entrambi dalla biblioteca. Leo aveva corrugato per un attimo le sopracciglia ma non l'aveva riconosciuto: aveva avuto la fortuna di non ricordare.
A diciotto anni aveva trovato lei.


Successe a una festa, una delle tante che Sharon si divertiva a organizzare (forse per compensare la mondanità che Pandora le aveva strappato).
Oz poteva vantare di essere ancora piuttosto sobrio, eppure il mondo prese a girare non appena posò gli occhi su di lei; del resto aveva il suo nome impresso a fuoco nel cranio da un'eternità.
Le stesse labbra che l'avevano battezzato e baciato, le labbra che avevano plasmato la sua coscienza e poi tenuto a galla, ora stavano mordicchiando il bordo di un bicchiere di plastica pieno di soda corretta con chissà che.
"Ciao," si ritrovò a mormorare Oz, realizzando distrattamente di aver camminato fino a lei come in trance.
Due occhi alquanto seccati si focalizzarono su di lui e per un attimo i suoi polmoni dimenticarono come funzionare.
"Ci conosciamo?" chiese la voce di cui aveva sognato per diciott'anni, senza la minima traccia di riconoscimento.
Sì, ti chiami Alice e siamo cresciuti insieme, tu ti sei uccisa per me e dopo cent'anni ci siamo ritrovati come sta succedendo adesso. Il mondo ci considerava mostri ma noi ci siamo sempre amati. A modo nostro.
"No, ma possiamo rimediare."


"Quindi nessuna delle due ricorda nulla?" bisbigliò Oz, lo sguardo fisso su Alice e sua sorella che ridacchiavano in salotto.
Accanto a lui Lacie si stiracchiò come un gatto, per poi rivolgergli un sorriso appena incrinato dalla stanchezza.
"Così pare, mio caro," gli rispose a voce altrettanto bassa. "E ti prego di non tentare in nessun modo di far tornare loro la memoria, le mie bambine hanno già sofferto abbastanza."
Se Oz non avesse già avuto modo di sperimentare il timore viscerale che a volte Lacie era in grado di instillare probabilmente sarebbe rimasto terrorizzato dalla vena d'acciaio che le aveva pervaso la voce, ma in fondo gli era mancato anche quello.
"Ho la bocca cucita," assicurò senza esitazione. "Se è una scelta tua e di Levi mi fido."
Alice lo chiamò dal salotto, chiedendogli quanto ancora intendesse farla aspettare con lo stesso tono irritato in cui gli parlava nei suoi sogni, e Lacie lo congedò con un cenno del capo.
"Imperdonabile, ho fatto attendere una così bella ragazza."
"Ti perdono se al cinema mi offri tu i popcorn!"
Beh, qualche sterlina di popocorn valeva bene secoli di attesa.


Di tutte le compagnie che avrebbe potuto immaginare di avere un sabato sera seduto sul cofano della proria macchina alla fine di una strada particolarmente dissestata Elliot Nightray era l'ultima che si sarebbe aspettato di avere.
Non che non andassero d'accordo (c'era stato un momento all'izio in cui Oz gli aveva rinfacciato di essersi sacrificato per qualcun'altro ed Elliot aveva rinfacciato a lui di non essere stato in grado di proteggere Leo, ma si era risolto tutto con un paio di occhi neri e parecchi pianti) ma di solito il ragazzo era inseparabile da Leo.
Non che Oz potesse biasimarlo.
"È più difficile di quanto credessi, eh?" commentò Elliot, lo sguardo perso oltre il burrone sul cui ciglio si erano fermati.
"Come ci riesci?" si azzardò a chiedere lui. "Come riesci a guardarlo negli occhi ogni giorno sapendo che lui non ricorda nulla?"
Elliot continuava a non guardarlo, ma non era difficile indovinare il modo in cui la sua fronte si era appena corrugata nella semioscurità.
"Potrebbe ricordare di nuovo se solo io parlassi," Oz lo sentì mormorare. "Stai pensando a questo, no?"
"Ci stai pensando anche tu."
"Ci penso da dieci fottuti anni, risparmiami."
"Scusa. Però davvero, come ci riesci?" Non era sicuro che insistere fosse la tattica migliore, ma era l'unica che gli veniva in mente. E nella loro vita precedente aveva funzionato, finché Elliot non era morto.
"Ripenso a quanto mi sembrasse disperato allora e a quanto sia felice adesso," fu la semplice risposta. "Ogni volta che la gola mi brucia per il bisogno di ricordargli che cos'era per me, ogni volta che canticchia Statice o si siede al pianoforte mi concentro sul modo in cui arriccia il naso quando sorride. O su come i suoi occhi brillano quando la luce li colpisce, o sul bianco dei suoi denti. Un tempo amavo il Leo orfano e scontroso che portava troppi pesi sulle spalle, ora amo il Leo che ride perché è libero da tutto ciò che io e te ci ostiniamo a non lasciare andare."
Ora Elliot lo stava guardando dritto negli occhi.
"Tu quale Alice ami?"


"Ti distruggo!"
Alice non era mai stata molto femminile, ma il modo in cui stava dando fiato alle proprie corde vocali in quel momento avrebbe fatto sembrare delicato un wrestler professionista. Non che a Oz questo fosse mai dispiaciuto.
"La gente ha proprio ragione quando dice che Mario Kart fa uscire il peggio da chiunque," ridacchiò lui in risposta, per poi superare in volata il kart della ragazza.
Al suo fianco Alice fece un verso pericolosamente simile al bramito di un orso, stringendo il joypad sino a farsi sbiancare le nocche.
Oz tagliò il traguardo in preda alla ridarella, gli addominali che gridavano pietà per le troppe risate e le gomitate ricevute da Alice.
"E con questa siamo alla quinta vittoria consecutiva per me oggi pomeriggio," si concesse di sottolineare una volta riacquistata la calma, guadagnandosi un'occhiataccia. "Sul serio, Alice, sei pessima a questo gioco."
"Sei tu che sei impossibile!" ribatté lei, per poi arrampicarsi sul letto alle loro spalle e stringere al petto un enorme cuscino a stampa geometrica, segno che il tempo di Mario Kart era finito. "E poi io almeno non sembro un fenicottero ubriaco quando gioco a Just Dance."
"Questo è un colpo basso."
"Tamponarmi come hai fatto prima è un colpo basso."
Oz ridacchiò di nuovo, per poi accovacciarsi accanto a lei sul materasso.
"Tregua?" offrì nel suo tono più conciliante.
Alice annuì distrattamente e posò la testa sulla sua spalla con un sospiro rassegnato; i suoi capelli profumavano di shampoo e la luce del tardo pomeriggio li faceva brillare di riflessi caldi.
"Ehi, Oz," la sentì mormorare dopo qualche secondo.
"Dimmi."
"Io ti piaccio, vero? Cioè, ti sono piaciuta da subito, no?"
Se Oz non fosse stato troppo impegnato a tenere sotto controllo l'improvvisa fitta di panico che gli stava strangolando lo stomaco il tono con cui Alice aveva parlato lo avrebbe fatto sorridere.
"Da subito, già." Da quando ero ancora un peluche e tu una bambina.
Lei alzò gli occhi su di lui e per un singolo istante Oz si ritrovò a pensare a quanto Sharon sarebbe stata fiera della sua protégé in quel momento, poi si rese conto di stare traboccando di fierezza a sua volta e si maledisse mentalmente. Quella donna aveva una pessima influenza sui suoi amici.
"Allora dovresti smetterla di fare lo stupido e baciarmi," decretò Alice con voce quasi irritata, per poi schiarirsi la gola mentre le orecchie le diventavano rosse. "Sono così generosa da darti il permesso."
Nessuno dei due ruppe il contatto visivo, neanche quando Oz posò una mano sul collo di Alice: per lei era una questione d'onore, lui semplicemente non poteva.
Non dopo tutto ciò che avevano avuto e perso.
"Da subitò," ripeté rapito, le dita che carezzavano piano la pelle di Alice (era la pelle abbronzata di una ragazza libera di godersi il sole e i suoi diciotto anni, la pelle della Alice che amava) mentre Oz si chinava su di lei fino a sfiorarle la punta del naso col proprio.
Fu solo quando il volto di Alice divenne troppo sfocato per la vicinanza che Oz si permise di chiudere gli occhi, per poi inclinare appena il capo e baciare le labbra che gli avevano dato un nome, le labbra che sapevano di sangue quando avevano stretto il contratto che li aveva tirati fuori da Abyss, le labbra che si erano appena lasciate sfuggire un sospiro lieve come la piuma che lei gli aveva dato la sera che avevano danzato insieme per la prima volta e che ora erano calde e morbide contro le sue.
Per quanto potesse sembrargli incredibile, Alice era accanto a lui; Oz riusciva a percepire il peso del suo corpo sulle lenzuola, il suo respiro appena affannato, il profumo di shampoo.
Era come osservare l'alba dopo una notte di temporale, osservare le sfumature di rosa e di azzurro attraverso un cielo appena lavato dalla pioggia e dare il ben tornato al sole, dare il ben tornato ad Alice.







Yu's corner.
Aaaah, salve! Quanto tempo!
Vi sono mancata? Non credo, ma whatever.
Che cosa sia questa fanfic non lo so neanche io, credo sia scaturita dal mio bisogno di scrivere di Oz e il mio amore per qualsivoglia tipo di reincarnation AU.
Ciò non scusa il fatto che sia completamente prima di senso, ahah...
Comunque! Anche se è corta e sconclusionata, spero vi sia piaciuta! In caso potete linciarmi nelle recensioni.
Bye bye,
Yu.
  
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