Anime & Manga > I cinque samurai
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Autore: SoltantoUnaFenice    11/03/2014    5 recensioni
“Ryo, lasciala uscire. Toglila, per favore.”
Di nuovo lo vide scuotere il capo.
“Avanti, lasciala uscire. Non vedi che ti sta bruciando da dentro? Lasciala andare, o ti ucciderà!”
Genere: Angst, Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Cye Mouri, Ryo Sanada
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Ok, ormai sono alla deriva nel mare dell'autoreferenziale...XD
Non paga di aver creato un universo per i miei 5 nel quale metà dei riferimenti vanno alla serie originale, e metà a viaggi mentali miei, ora mi son data anche ai Missing Moment... delle mie stesse storie!
Questa Fanfiction è ambientata quando i nostri eroi hanno ventotto anni, e hanno appena scoperto che i loro corpi non invecchiano, ed il loro aspetto è destinato a rimanere immutato. In particolare si svolge alcuni giorni dopo che si sono incontrati per discutere di questa cosa. L'episodio è citato nel primo capitolo di “Ancora una volta”, e se qualcuno fosse troppo pigro per andarselo a cercare lo riporto qui:
Tornato a casa si era guardato allo specchio, proprio come stava facendo ora, e si era reso conto della differenza incredibile tra il suo aspetto e quello della sua coetanea.
Allo stupore era seguita la consapevolezza che solo le Yoroi potevano aver prodotto una cosa simile. E la spiegazione era una sola: le armature volevano che essi vivessero a lungo, forse per sempre, per poterli vestire e portarli a combattere ancora e ancora...
Si erano incontrati, e ne avevano parlato. Tutti erano arrivati alla stessa conclusione di Touma, ma in fondo erano convinti già da tempo di non poter sfuggire a questo destino. Solo, si erano illusi che prima o poi la morte li avrebbe liberati, ed ora non sapevano neanche più se sarebbe stato così.”

In realtà, a leggere le mie storie son 3 gatti e un canarino, e sono gli stessi dall'inizio, quindi dubito che questo preambolo fosse davvero necessario... :P

 

7 Maggio 2001 – Yokohama
 

Shin quasi sobbalzò, quando la musichetta metallica prese a suonare all'improvviso.
Ormai era quasi un mese che aveva deciso di cedere a questa nuova moda dei telefoni cellulari, e ancora non si era abituato. Guardò la scritta “Touma” che passava scorrendo sul piccolo schermo verde.
Era stato proprio il suo amico a convincerlo a comprare uno di quegli apparecchietti rumorosi. Lo aveva subissato di considerazioni molto logiche sull'utilità di essere sempre rintracciabili, sul tenersi in contatto tra loro senza dover passare sempre attraverso le famiglie, sul poter chiedere aiuto anche fuori casa, o fuori città...
Tutte cose vere – niente da dire – ma Shin sospettava che alla fine il vero motivo per cui Touma era tanto entusiasta fosse il suo debole per la tecnologia e tutte le sue applicazioni più moderne.
“Pronto?”
“Ciao Shin! Come va? Sei ancora a Yokohama?”
“Sto chiudendo le valige, tra un'ora ho il treno per Hagi. E' successo qualcosa?”
“Io... ecco, mi chiedevo se tu potessi fare una piccola deviazione sulla via del ritorno.”
“Vuoi che venga ad Hirakata?”
“No, non si tratta di me. Mi chiedevo... Se non è un problema, passeresti dalle parti di Ryo? Sono un po' preoccupato.”
“Cosa è successo?”
“Non lo so. Forse è una paranoia mia, ma ho l'impressione che non stia bene. Ho provato a chiamarlo diverse volte in questi giorni, ma ogni volta era sempre più scontroso e taciturno, e oggi non risponde proprio al telefono. Ho provato già quattro o cinque volte.”
“Forse è fuori casa. Sai che quando è nervoso si nasconde tra i suoi monti...”
“Lo so, però... Accidenti, mi chiedo cosa sia servito convincerlo a comprare un cellulare, se poi non lo accende mai e non se lo porta dietro!”
Ecco. Shin si disse che, oltre alla mania per tutti i gingilli elettronici, c'era da mettere in conto anche la strana piega apprensiva che aveva preso il carattere di Touma negli ultimi anni.
“Touma, non è strano che sia nervoso. Lo siamo tutti.”
Lui lo era stato così tanto che, dopo il loro incontro a Tokyo, non se l'era sentita di tornare subito a casa, ed era rimasto per qualche giorno ospite a casa di Shu. Meglio farsi ubriacare dall'iperattività della famiglia Rei Fan, che lasciare troppo spazio libero ai brutti pensieri nella calma della sua Hagi.
Non era facile accettare quest'ultima novità nella loro vita, ma Shin in quel momento non aveva ancora voglia di pensarci.
“Ascolta, posso venire io, se tu hai fretta. Non devo lavorare fino a domani, e...”
“Touma, sei davvero così preoccupato?”
“Beh... magari è una sciocchezza, però... non lo so, mi è sembrato davvero giù.”
“D'accordo. Non c'è bisogno che tu ti muova, andrò io. Non è lontano, e a questo punto preferisco togliermi il dubbio anch'io.”
“Grazie. Scusami se ti ho fatto preoccupare, ma...”
“Lascia stare. Sono contento che tu mi abbia chiamato.”
Shin rimase a rimuginare un attimo. Solo Touma si era accorto del malessere di Ryo, e solamente perché gli aveva parlato. Questo significava che Ryo era arrivato a chiudersi in sé stesso al punto da sfuggire al loro legame. E questo era un motivo in più per andare a controllare.
Scese a piano terra, e raccontò a Shu della telefonata.
“Vuoi che venga anch'io? Giusto per sicurezza.”
“No, non devi preoccuparti. Controllo che stia bene, gli faccio una lavata di capo e torno a casa.”
“Uhm. D'accordo. Vieni, ti accompagno in stazione. Fammi sapere come l'hai trovato, d'accordo? E fammi sapere se decidi di rimanere lì fino a domani, che altrimenti mi preoccupo!”
Shin si chiese se i suoi nakama stessero facendo a gara per diventare addirittura più apprensivi di lui.
E non era una competizione da poco.

 

Shin scese dall'autobus che dalla stazione lo aveva portato ai piedi della stradina che saliva a casa di Ryo e alle altre tre o quattro villette isolate tra gli alberi. Si buttò il borsone in spalla, e cominciò a salire. Doveva ammettere che cominciava a sentirsi un po' inquieto, anche perché durante il viaggio in treno aveva provato un paio di volte a chiamare Ryo sia sul cellulare che a casa, ma non lo aveva trovato.
Accelerò il passo, e arrivò in cima alla salita con appena un po' di fiatone. Suonò il campanello. Come si aspettava, non rispose nessuno.
Il padre di Ryo era all'estero – come sempre – e forse Ryo era in giro da qualche parte attorno al lago.
Shin girò attorno alla casa. Buttò un'occhiata dalla finestra della cucina. Non c'era nessuno.
Si girò e vide il grande albero che si affacciava sulla camera di Ryo, e che il suo nakama usava spesso per entrare ed uscire senza passare dalla porta. Con un paio di salti salì sui rami, e da lì scese nel balcone. Si avvicinò alla grande portafinestra, e rimase piuttosto perplesso nel vedere i vetri completamente appannati. Era davvero strano: a maggio la temperatura era praticamente uguale dentro e fuori casa, e nessuno aveva più il riscaldamento acceso.
Sentì l'inquietudine crescere velocemente.
La finestra era chiusa, e Shin sentì di dover assolutamente entrare.
Tornò a piano terra, corse di nuovo attorno alla casa, finchè non trovò la finestra della lavanderia socchiusa. Balzò dentro, e quasi si lanciò su per le scale, un pessimo presentimento che gli aleggiava ormai nel petto. Spalancò la porta della camera da letto e venne investito da un muro di aria caldissima e soffocante.
“Ma che cavolo...” boccheggiò, correndo a spalancare la portafinestra che poco prima aveva trovato chiusa. Si girò, cercando di capire cosa stesse succedendo.
In un angolo, accucciato a terra e immobile, vide Ryo. Aveva addosso una maglietta bianca e un paio di pantaloni della tuta. I piedi scalzi, le mani raccolte in grembo.
Il viso era arrossato, sembrava febbricitante. Il respiro era corto e poco profondo, e non dava segno di essersi accorto di lui.
I capelli erano appiccicati al viso, ma non erano bagnati. Sembrava piuttosto che si fossero intrisi di sudore, e che poi il calore li avesse fatti asciugare così, attaccandoli alla pelle in piccole ciocche disordinate. Anche la maglietta dava la stessa impressione.
Shin gli corse accanto, e quando lo sfiorò ritrasse la mano come se si fosse scottato. Ryo era caldissimo, molto più caldo di una febbre alta. Bruciava. Shin capì subito che doveva in qualche modo abbassare la sua temperatura.
Per un attimo valutò l'eventualità di immergerlo nell'acqua, ma pensò che lo shock termico sarebbe stato troppo forte.
Così lo prese in braccio, – Diamine, quanto bruciava! - e lo portò in balcone. Gli sfilò la maglietta, e lo tenne un po' sollevato, sperando che l'aria fresca facesse un po' di effetto. Gli sollevò il viso e lo osservò: la pelle era tesa, le labbra spellate. Doveva essere completamente disidratato. Lo poggiò al parapetto in legno del balcone, e scese in cucina a cercare un po' d'acqua.
Tornò con una brocca piena ed un bicchiere. Di nuovo lo sollevò, e dopo qualche tentativo riuscì a farlo bere. All'inizio non cambiò molto, ma poi Ryo riprese un po' di lucidità e con un gesto chiese altra acqua. Pian piano a Shin sembrò che la temperatura stesse calando. Lo lasciò per un attimo, cercò in camera una maglia pulita e gliela fece indossare. Ryo si lasciava muovere senza opporre resistenza, sembrava quasi altrove. Shin gli accarezzò piano il capo, liberando la fronte dai capelli.
“Ryo, come stai? - Cercò di essere più rassicurante possibile. - Cosa succede?”
Lo vide scuotere il capo ed abbassare lo sguardo.
“Non la voglio... - Mormorò Ryo. - Deve andarsene, non la voglio!” Il viso era abbandonato di lato, sul braccio di Shin, gli occhi guardavano lontano, ed erano carichi di disperazione.
Shin lo abbracciò, avvicinandoselo al petto. Stava per chiedere di cosa parlasse, ma prima di aprir bocca, la risposta gli fu chiara. Era la Yoroi che Ryo voleva scacciare, la stessa cosa che aveva di nuovo sconvolto tutti loro – semplicemente lasciando che si rendessero conto che nulla sarebbe cambiato, forse per sempre – e forse anche l'artefice dello stato del suo nakama.
Gli sfiorò la fronte, e sentì che di nuovo la temperatura stava salendo. La rabbia di Ryo stava annullando quel poco che era riuscito ad ottenere portandolo fuori, e se continuava a bruciare così, non sapeva cosa sarebbe potuto succedere. Persino per uno come lui, che era tutt'uno con Rekka, un calore come quello poteva finire con l'essere letale.
“Ryo... Cerca di calmarti, per favore...” Si chiese perchè la Yoroi si stesse manifestando in quel modo. Lui non aveva sentito nulla del genere, e nemmeno gli altri. Guardò di nuovo il viso dell'amico, e capì.
Ryo si era opposto. Si era richiuso a rimuginare, si era dannato in solitudine – Quante altre cose sarebbero dovute succedere prima che si convincesse che non doveva affrontare tutto da solo? - e chissà come, aveva rotto l'armonia con il proprio elemento. In qualche modo si era ribellato a Rekka, e Rekka aveva risposto nell'unico modo che conosceva: bruciando.
“Ryo, lasciala uscire. Toglila, per favore.”
Di nuovo lo vide scuotere il capo.
“Avanti, lasciala uscire. Non vedi che ti sta bruciando da dentro? Lasciala andare, o ti ucciderà!”
“L'ha già fatto, Shin... Lo fa... ogni giorno. Ogni giorno da quindici anni, e io...”
“Smettila! Richiama la sfera, adesso!”
Ryo sussultò. Si sollevò appena, per poi ripiegarsi in avanti. Shin vide la sfera della Yoroi emergere lentamente dal suo petto. Istintivamente allungò una mano per accoglierla, ma Ryo gliela scostò con un gesto secco. La sfera cadde a terra, e Shin trattenne il respiro quando la vide rotolare via lungo il balcone, lasciando una piccola scia nera nel legno dell'assito che si carbonizzava al suo passaggio.
Si fermò nella terra umida delle fioriere, sfrigolando e fumando. Poi si acquietò.
Shin guardò la sfera, immobile. Poi guardò la propria mano, pensando a quello che avrebbe fatto Rekka se Ryo non gli avesse impedito di toccarla. Infine guardò l'amico, che si era abbandonato di nuovo contro di lui, e respirava piano.
“Non se ne andranno mai, Shin. Non ci lasceranno mai...”
Shin lo strinse un po' di più.
“Lo so. Lo so, Ryo. Ma neanche io... neanche noi ce ne andremo. Neanche noi ti lasceremo. Mai.”

 

  
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