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Autore: _Diane_    29/06/2008    2 recensioni
-Hi, I’m Adrian Pasdar! But you can call me only Adrian…- (Ciao, sono Adrian Pasdar! Ma puoi chiamarmi anche solo Adrian…)
Mi porse educatamente la mano, quel sorriso che tante volte era campeggiato sui cartelloni pubblicitari in Heroes con la scritta “Vote Petrelli” sotto, stampato sulle labbra. Però, sembrava più rilassato che in tv, più “persona umana”…. Per farla breve, sembrava molto simile ma al tempo stesso diverso dal politico che interpretava ultimamente in quel bellissimo telefilm.
{{Fiction con protagonista la sottoscritta, dedicata a Summer86! Leggete e commentate, mi raccomando!}}
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Adrian Pasdar
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Me and Adrian
'Couse I love Adrian Pasdar, Nathan Petrelli in Heroes! <3


♦♦♦

Il sole era alto nel cielo, splendente e radioso come in quelle magnifiche –e torride- giornate d’estate. Una brezza leggera, un venticello piacevole, passava tra i miei capelli, accarezzandoli e disordinandomeli, facendo risplendere i riflessi rosso mogano. Cercavo, sbuffando, qualcosa per legarmeli, o tenerli a bada; a volte, diventavano davvero insopportabili, specialmente quando ero seduta alla mia adorata scrivania, disegnando in santa pace.
Sotto un buono strato di carta –più che altro vecchi schizzi da buttare-, libri, fumetti e cd vari (un archeologo avrebbe il suo gran bel da fare, credetemi!), trovai un codino bianco, uno dei miei preferiti. Con un rapido gesto, raccolsi i capelli con le due mani, facendoci passare dentro il codino, e legandoli ben stretti, abbastanza in alto da evitare che mi ricadessero davanti al viso.
“Avere i capelli lunghi è bello, ma quando comincia l’estate… I tuoi migliori alleati sono i codini, le mollette e tanta pazienza quando li lavi e li asciughi.” Pensai, divertita.
Mentre finisco di farmi la coda, la matita che avevo precedentemente in mano rotola sul tavolo come se avesse vita propria, per fermarsi grazie ad una cartelletta di colore azzurro, che sta proprio davanti ai miei occhi. La osservai, per un attimo. Poi la afferrai con la mano destra e cominciai a sfogliarla distrattamente con la sinistra, mentre mi appoggiai alla mia sedia, che si sbilanciò impercettibilmente all’indietro.
Vi erano contenuti tutti i miei disegni. Bhè, non proprio tutti, oppure non sarebbero bastate trenta cartellette formato A4 per contenerli… Però gran parte delle mie ultime creazioni, le più belle e più curate, erano proprio contenute in quella cartelletta che stringeva la mia fidata mano destra. Mentre stavo per arrivare agli ultimi disegni, la voce di mia madre arrivò alle mie orecchie, facendomi quasi perdere l’equilibrio –precario- che avevo poco prima sulla sedia.
-Luana, dove sei?-
Mi cercava, ad alta voce, camminando in giro per casa. Non abitiamo certo in un castello: gli sarebbe bastato camminare un po’, per capire che mi trovavo nella mia stanza, tranquillamente seduta alla scrivania. Questo è il bello dell’essere in vacanza: nonostante ami andare a scuola –non uccidetemi, è proprio vero!- un po’ di dolce far nulla non ha mai ucciso nessuno….
-Sì, mamma, sono qui.-
Risposi io, quando lei si affacciò alla porta della camera, fissandomi. Rimase un attimo in silenzio, sulla porta. Ok, c’era sicuramente qualcosa che non andava, mia madre odia i giri di parole e il silenzio inutile: dice le cose come stanno, subito, velocemente.
-E’ successo qualcosa? Tutto bene?-
Disse la mia voce, un tono decisamente preoccupato, mentre le mie dita lasciavano quasi involontariamente la cartelletta dei disegni, portandosi automaticamente sopra il mio grembo.
-Sai, in giardino… ci sono….-
-Chi? Mi spieghi che c’è? -
Lei non sembrava voler arrivare al dunque, per qualche motivo, a me ancora ignoto. Però, neanche io adoro tanto i giri di parole, ed i farfugliamenti inutili… D’altronde, siamo madre e figlia, no? Mi alzai velocemente, camminando a passi lunghi verso la finestra. Mi sporsi un po’, guardando il giardino.
-Non ti spaventare, sono degli uomini della tv. Stanno solo provando qualche scena per…-
-Eh? La tv a casa nostra?-
Diceva la mia voce sbalordita, mentre continuavo ad osservare le persone che si muovevano freneticamente giù, nel nostro giardino. Notai solo in quel momento, diverse telecamere che si spostavano velocemente e con precisione millimetrica su dei binari costruiti appositamente…. Da non crederci. La tv, a casa mia, o meglio… nel mio cortile.
-Useranno il nostro cortile e parte del giardino come set per girare un paio di scene…. Comunque, non sono italiani. Alcune comparse sì, ma il regista ed i principali attori, sono americani. C’è anche un attore, che conosciamo… Ha partecipato ad Heroes, e si chiama… mi sfugge il nome! Forse, Adrian qualcosa…-
Mi girai lentamente verso mia madre, guardandola in faccia. Non-poteva-essere-proprio-lui…
Se è vero, è pazzesco…. Come fa “lui” ad essere nel mio cortile?”
Prima di svenire completamente, mi imposi la calma e un respiro costante, mentre pronunciai quel nome.
-Adrian… Pasdar?-
-Sì, proprio lui! Quello che faceva il politico nella serie di Heroes.- Disse mia mamma, vedendo l’entusiasmo che cresceva sulla mia faccia e nel mio corpo. Che evidentemente, stava contagiando anche lei. Dopo essere rimasta in bambola come una scema a guardare mia mamma, costrinsi le mie gambe a muoversi: non capivo perché i miei genitori non mi avevano detto una cosa tanto importante… Ok che ultimamente non mi interessavo molto alla “vita della famiglia” –come dicono spesso loro- e che mi facevo unicamente i cavoli miei. Però una cosa come questa, non potevano, ma “dovevano” dirmela. Con un salto, afferrai nuovamente la mia cartella con i disegni, superai mia madre e mi diressi verso le scale, che portano in cortile.
-Ah, Carlo, l’amico di papà, è già passato a fare un giro, e ha conosciuto il signor Pasdar….-
Disse mia madre. “Signor Pasdar”: che nome formale….
Non le risposi neanche, non perché non volessi, ma più che altro non ci sarei riuscita, con tutta quell’adrenalina addosso, che mi faceva correre sulle scale, rischiando di rompermi l’osso del collo. Se fossi stata una certa cheerleader che conoscevo in tv, non mi sarei di certo preoccupata di qualche osso rotto… Ma in una giornata come quella, niente doveva andare storto. Avrei conosciuto uno dei miei attori preferiti, forse ci avrei potuto parlare; non posso esprimere neanche lontanamente ciò che provai in quel momento.

♦♦♦

Pochi secondi dopo, nel mio cortile. Lo spazio verde che solitamente vedevo vuoto, oppure occupato solitamente solo da alberi ed arbusti, ora era gremito di persone, macchinari per riprendere, apparecchiature troppo complesse perché io possa anche solo minimamente comprenderne un ingranaggio, e qualche oggetto di scena. Ero in piedi in un lato di questo trambusto, all’apparenza senza un minimo ordine logico, sperando di non intralciare con la mia curiosità, le riprese. Gli attori che si muovevano velocemente, sembravano vestiti normalmente, ed anche le persone che riprendevano, a cavallo delle mostruose cineprese, sembravano rilassati; forse si trattava solo di qualche prova, nulla di più.
Poi, proprio mentre stavo rinunciando a capire che scena stessero girando, e di quale film o telefilm –nella fretta, mi ero dimenticata di chiedere questo piccolo particolare a mia madre-, una figura molto conosciuta apparve, dietro alle miriadi di persone che affollavano la scena. I suoi lineamenti così definiti, il suo fisico alto e muscoloso e ben proporzionato, fecero mancare l’aria nei miei polmoni per un intervallo di tempo, che non saprei misurarvi. So soltanto che, mentre lo contemplavo da lontano, mi sembrò di vedere meglio la sua figura… Scoprii poco dopo il perché: si stava avvicinando a dove mi trovavo in quel momento. Un uomo sulla cinquantina, che non avevo visto di fianco a me, stava urlando a gran voce attraverso un megafono, per farsi sentire da tutti. Era vestito quasi totalmente di nero, indossava un paio di occhiali da vista tondeggianti, ed aveva il pizzetto sotto al mento.
-Stooop! Very well. Good job, my friends!- (Fermi! Molto bene. Bel lavoro, amici miei! )
Mentre tutti gli altri attori e comparse si disperdevano per il set, probabilmente per una pausa, l’uomo che avevo di fianco –il regista- si incamminò lentamente verso la figura che gli stava venendo in contro, e che avevo precedentemente ammirato da lontano.
-Adrian! You are… wonderful! This scene is perfect!- (Adrian! Tu sei… Magnifico! Questa scena è perfetta! )
-Oh, please! You don’t tell this, I only do my job.- (Oh, per piacere… Non dire così, faccio solo il mio lavoro. )
I due stavano parlando insieme. Sentii solo questo, prima che arrivassero vicini, e prendessero a parlare a voce più bassa.
Oh-oh. Mi resi conto solo in quel momento, di un problema abbastanza importante, che probabilmente avrebbe reso difficile la mia probabile conoscenza di Adrian, ovvero: lui è americano, ed io parlo pochissimo inglese! Non è che non capissi l’inglese… Il problema maggiore era parlarlo; a volte mi bloccavo, non sapendo bene cosa dire. Se poi avessi dovuto farlo con l’attore che sognavo di conoscere da più di un anno…. Come sarebbe andata a finire? Nella mia mente si delineava l’immagine di Adrian che scoppiava a ridere dopo la mia prima frase in inglese; dopo una figura del genere, avrei dovuto trasferirmi il più lontano possibile, cambiare nome, identità…
-Ehy, Who are you? You’re… Luana?- (Ehi, chi sei? Sei… Luana?)
Aveva alzato la voce, mi stava osservando con i suoi bellissimi e perfetti occhi scuri, nei quali mi sarei potuta perdere con una facilità a dir poco impressionante. Ora, stava continuando a camminare, seguito a ruota dal regista, che continuava a dirgli qualcosa in un americano molto stretto, per me arabo antico.
Vederlo camminare verso di me, guardandomi, mi causò un certo imbarazzo: non ero abituata ad essere osservata dalla gente, mi piaceva osservarla senza essere osservata. Diedi un occhio a come ero vestita, e per poco non mi spaventai; una maglietta verde a maniche corte lavata troppe volte, nella quale si vedeva ancora una grande rana verde, la scritta “frog” sotto, un paio di pantaloni alla pescatora color verde militare e… E un paio di infradito verdi, che solitamente usavo solo in casa ed al mare in agosto. Per non parlare dei capelli: ancora raccolti in quell’ignobile coda alta, dalla quale ora uscivano varie ciocche che ricadevano sulle mie spalle con dei boccoli molto naturali.
Non sapevo se desiderare di essere invisibile, o di saper fermare il tempo. Forse sarei riuscita a darmi una sistemata…
Ma non ne ebbi il tempo. Quando rialzai lo sguardo, feci fatica a non sobbalzare per la sorpresa; Adrian era proprio ad un metro da me, e si era fermato, guardandomi. Aveva i capelli scuri leggermente in disordine, come sapevo piacevano a lui (e a me!), invece del solito completo elegante con tanto di cravatta, sfoggiava una camicia a maniche corte bianca, un paio di pantaloni lunghi ma leggeri, di colore blu scuro.
“Stupida, ti ha fatto una domanda! Rispondi, no?” Diceva una vocina stridula nella mia testa.
-Ehm… Yes, I am!- (Ehm… Sì, sono io! )
-Hi, I’m Adrian Pasdar! But you can call me only Adrian…- (Ciao, sono Adrian Pasdar! Ma puoi chiamarmi anche solo Adrian…)
Mi porse educatamente la mano, quel sorriso che tante volte era campeggiato sui cartelloni pubblicitari in Heroes con la scritta “Vote Petrelli” sotto, stampato sulle labbra. Però, sembrava più rilassato che in tv, più “persona umana”…. Per farla breve, sembrava molto simile ma al tempo stesso diverso dal politico che interpretava ultimamente in quel bellissimo telefilm.
Gli tesi dubito la mia mano, stringendola alla mia. Che modo formale per salutare le persone… Ma d’altronde, nella vita lussuosa ed “adulta” che viveva quotidianamente, penso che avesse dovuto per amore o per forza comportarsi così….
-O…ok Adrian! Nice to meet you! I’m so happy to be here with you!- (O…ok Adrian! Felice di conoscerti! Sono davvero felice di essere qui con te!)
Dissi, trattenendo a stento l’entusiasmo che anche lui aveva sicuramente colto. Ridevo da sola del mio inglese, ma non mi importava per niente, in quel momento; non l’avrei sprecato perché ero un’incapace a parlare le lingue, ci avrei provato, a costo di venire derisa da tutto il mondo.
-I’m so happy, too! Well, come with me. I’ll meet you the rest of the staff!- (Sono felice anch’io! Dai, vieni com me. Ti faccio conoscere il resto dello staff! )
Notai solo allora che il regista si era allontanato in direzione di un grande tavolo, sotto una tettoia, all’ombra. Adrian mi fece un cenno con la mano, ed io non esitai a seguirlo, completamente fuori di testa. Camminava a passo svelto e preciso, però diminuì un po’ l’andatura, per arrivare insieme a me sotto la tettoia, intorno al tavolo. Arrivò di fianco al regista, dandogli una pacca sulla spalla e parlando con delle persone che erano davanti a lui, delle ingombranti telecamere ancora in mano.
-Come sono andate le riprese? Tutto a posto?-
-Benissimo, mister Pasdar.-
Non connessi subito il cervello. Non capii immediatamente che aveva parlato a quel cameraman italiano, usando un fluente quanto chiarissimo… italiano. Parlava italiano? Adrian Pasdar, parlava anche l’italiano? Così bene?! Non riuscii a trattenere la mia crescente curiosità.
-You speak italian very well! Where… Where and how did you learn italian?- (Parli italiano molto bene! Dove… Dove e come hai imparato l’italiano? )
-Uhm… Quando vengo in Italia, come questa volta, capita che… I watch some italian’s films, and speak italian with the people who i meet. I saw “Aldo, Giovanni e Giacomo” yesterday. They’re so funny! – (Lo guardo molti film italiani, e parlo italiano con le persone che incontro. Ho visto “Aldo, Giovanni e Giacomo” ieri. Sono così divertenti! )
Senza che potessi controbattere, si mise a fare una divertente imitazione di Aldo; davvero formidabile! Se dopo neanche un giorno che aveva visto qualcosa su quel trio italiano, sapeva recitare in quella maniera…. Non ci voleva tanta fantasia per capire quanto fosse bravo nella recitazione.
Così, mi portai una mano al viso, prima sorridendo, e poi mettendomi a ridere di gusto. Risata che contagiò anche lui, mentre riuscii a percepire tutto il resto dello staff che ci guardava in modo strano, probabilmente chiedendosi se stavamo bene. Quando entrambi finimmo di ridere, Adrian si sedette al tavolo al quale sedevano una decina l’altre persone, e mi invitò a fare lo stesso, spostando leggermente la sedia al suo fianco destro; alla sua sinistra, il regista di quello che stavano girando, qualsiasi cosa fosse. Non mi azzardai a chiedere nulla su ciò che stavano girando, per paura che quell’incanto potesse avere fine. Restai volentieri nella mia beata ignoranza, al fianco di Adrian, che aveva cominciato a parlare con le persone che gli stavano attorno, in merito a qualche scena che avrebbero dovuto girare nel pomeriggio. Poi, una ragazza italiana poco più che ventenne, che sedeva a capo tavola, chiese ad Adrian qualcosa riguardo me:
-Ma chi è quella ragazza, signor Pasdar?-
Per la seconda volta nel giro di neanche un’ora, desiderai sprofondare. In effetti, cosa ci faceva una diciassettenne come me, che sapeva due parole spiaccicate di inglese, non conosceva neanche un termine di regia e recitazione, ad un tavolo dove si discuteva di una serie o film che non sapevo?
-La figlia del proprietario della casa dove stiamo girando. Mi ha chiesto suo padre di fargli fare un giro… Starà con me, per oggi.-
Mentre rispondeva alla domanda di quella ragazza, aveva leggermente girato lo sguardo verso di me, accennando un occhiolino.
“Adoro mio padre!” Pensai, arrossendo lievemente. La cosa strana stava nel fatto che Adrian aveva l’età di mio padre….
-How old are you?- (Quanti anni hai?)
Chiese un ragazzo sulla trentina, seduto al fianco della donna che aveva parlato prima. Non feci in tempo a rispondere, che una signora, dalla parte opposta del tavolo, cercò di capire la mia età.
-Uhm… Vai in seconda liceo?- Chiese, aggiustandosi gli occhiali da sole che portava sugli occhi. -Ma no, avrà 19 anni!- Tirò ad indovinare il suo vicino, un uomo abbastanza anziano con i capelli brizzolati, scrutandomi serio, per cercare di indovinare la mia effettiva età.
-I’m seventeen years old… Ho diciassette anni, e frequento la terza liceo. Quasi la quarta, praticamente!-
-What type of school?- (Quale tipo di scuola?) Mi chiese ancora il ragazzo sulla trentina, passandosi una mano tra i capelli, poggiando un gomito sul tavolo. Fortunatamente la tensione si era sciolta, e tutti chiacchieravano tranquillamente e di cose che potessi comprendere, senza l’ausilio costante di un dizionario di inglese e di uno di italiano.
-An art’s school. Un liceo artistico qui vicino…-
Risposi, arrotolando distrattamente con l’indice della mano destra, una ciocca di capelli, come se fosse il filo della cornetta del telefono. Notai solo dopo, che Adrian osservava divertito il mio dito che annodava e poi scioglieva quella povera ciocca dei miei capelli, martoriata ingiustamente.
-Cosa tieni sotto braccio? Sono dei disegni?-
Chiese improvvisamente Adrian, spostando il suo sguardo sulla cartelletta che stringevo ancora a me. Da quando l’avevo presa dalla mia scrivania, non l’avevo lasciata per un momento e non mi ero resa conto di avercela ancora tra le mani. Dopo uno sguardo alle persone attorno al tavolo, mi accorsi che erano tutti abbastanza curiosi… Era calato il silenzio. Cercai di non impappinare la lingua e di muovere lentamente le mani per aprire la cartelletta, onde evitare disastri, che riuscivo a creare con una facilità a dir poco sorprendente. -Have a look!- (Dacci un occhio! )
Dissi, rivolta principalmente ad Adrian, ma anche alle persone che si stavano alzando, e stavano venendo dietro di noi, per sbirciare i miei disegni contenuti nella cartelletta. Adrian sfogliò molto delicatamente tutte le pagine, dalla prima all’ultima, accompagnato da tanti “Oh!” e tanti bisbiglii dei presenti dietro di noi, sia in italiano, che in inglese. Però lui, non disse niente. Evidentemente, l’arte non gli interessava più di tanto…. E invece, si fermò proprio sull’ultimo disegno, una copia di diversi personaggi di Heroes, in cui figurava anche la sua immagine. Pensavo mi avesse detto che l’avevo fatto troppo grasso, o cose del genere; incredibilmente, si girò verso di me, mettendomi una mano sulla spalla. Non so per quale motivo, ma mi sembrò una di quelle scene di Heroes, dove Nathan mette la mano sulla spalla di Peter; con l’unica differenza che qui, ci trovavamo nella realtà, mentre là, era tutta finzione.
-Hai un grande talento, Luana! Non sprecarlo, mi raccomando!-
-Oh, grazie! Sono solo scarabocchi…-
-Non fare la modesta…. Un giorno, potresti farmi anche un… portrait!- (un ritratto)
Io non sono modesta –anche se tante persone lo dicono-, sono solo realista: mi piace migliorarmi in ciò che faccio, arrivandoci pian-piano… Odio le persone che riescono nelle cose facilmente, proprio perché la bellezza di qualcosa, è proprio nella fatica che provi per ottenerla.
-Uhm… senti, probabilmente è una cosa banale e poco originale, ma mi faresti un autografo? Ci terrei tanto!-
Dissi, prendendo tutto il coraggio che avevo, mentre il resto del cast sembrava ancora interessato a sfogliare i miei preziosi disegni. Non lo guardai in faccia, finché lui non rispose.
-An autograph? Yep, certainly!- (Un autografo? Sì, certamente! )
Ci alziamo entrambi, insieme. Dopo aver oltrepassato tutte le persone che si erano accalcate alle nostre spalle per “ammirare” i miei disegni, e ci incamminammo per il cortile, fianco a fianco, per entrare in casa mia, a cercare un bel foglio bianco, e qualche penna. Lì fuori, con quel trambusto, sarebbe stato impossibile fare qualsiasi cosa.
-Sai, è da tanto che mi sarebbe piaciuto dirti una cosa, ma ho l’impressione di farti ridere… E’ una cosa stupida, ma che ho sempre sognato di fare!-
Dissi, osservando le persone che mettevano e toglievano varie parti della loro costosa e delicata apparecchiatura elettronica dal mio giardino.
-Vai, prova a dire!-
Rispose lui, tranquillamente. Era davvero una cosa stupida che volevo dire, però… Volevo farlo. Mi fermai un attimo, lo fece anche lui, osservandomi. Presi un respiro profondo, ripassando mentalmente quelle due parole che di lì a poco avrei urlato…. Alzai le mani in alto, chiuse in due pugni.
-Flying man!- (Uomo volante! )
Urlai, senza contenermi. Spero tanto che nessuno che fosse nelle vicinanze avesse sentito…
Rimasi un attimo con i pugni in alto, trattenendo a stento la voglia di mettermi a rotolare per terra dal ridere. Aveva fatto la stessa espressione sbalordita che faceva quando recitava in Heroes, Hiro Nakamura (alias Masi Oka) davanti a lui.
-Se ti dicessi che mio figlio mi ha chiesto di fare un giro intorno all’Empire State Bulding, ovviamente senza aereo, cosa diresti?-
-Probabilmente mi metterei a ridere!-
-No, io gli ho risposto di chiedere allo zio Milo, che si diverte a buttarsi dai grattacieli.-
Non riuscii più a trattenere il riso, e tirai già le braccia, portandomele alla pancia. Anche Adrian si era unito alla risata, forse in maniera ancora meno contenuta della mia. Era davvero una persona fantastica…. Fuori dal set, sebbene mantenesse in qualche modo il suo fascino da candidato al congresso, aveva un carattere pressoché magnifico, tutt’altro che freddo e cinico. Non avevo mai sentito una persona ridere più di gusto!
Prima che potessi ricompormi del tutto, mi prese sotto braccio e continuammo ad incamminarci verso l’ingresso di casa mia.

♦♦♦

-Ecco, ti prendo un foglio bianco ed una penna…-
Dissi io, mentre cercavo tra i miei fogli da disegno, uno utilizzabile e non rovinato. Adrian nel frattempo, si era accomodato sul tavolo che avevo di fianco al computer, che era spento. Nella cartella dei fogli da disegno buoni, ce ne erano tanti che erano stati già scarabocchiati dalla sottoscritta… Per trovarne uno pulito, li appoggiai sul tavolo, dove non sfuggirono certamente alla vista dell’attento attore.
-Oh, this is Donald Duck!- (Oh, questo è Paperino!)
-Yes, I love Donald!- (Sì, adoro Paperino! )
Risposi, poggiando i fogli bianchi che avevo finalmente trovato sul tavolo e passandoli ad Adrian, che stava ancora osservando quel vecchio disegno di Paperino.
-Vuoi… che te lo regali? Così lo porti ai tuoi figli?-
-Oh, grazie! Saranno felicissimi. Però, in cambio…-
In effetti, Adrian era sposato felicemente con una famosa rock star americana, ed aveva avuto due bellissimi figli maschi, ancora abbastanza piccoli. Però cosa intendeva con “però, in cambio”? Non riuscii a chiederlo, perché cominciò a tracciare alcune linee sul foglio bianco, con una penna che aveva nel taschino della camicia. In poco tempo, un Paperino un po’ sghembo ma dall’aria simpatica, di formò tra le linee blu che c’erano sul foglio. Poi ne prese un altro, cercando di rifarlo migliore…
-Non sarò bravo come te, almeno ci provo!-
Mi disse, mentre cominciava a scrivere qualcosa, probabilmente una dedica. Stavo per ringraziarlo di cuore, quando irruppe a casa mia un gruppo di ragazze sui venticinque anni, che restarono almeno sulla porta, recando un po’ di confusione.
-Adrian, anche noi vogliamo un tuo autografo!- Strillavano.
-Ok, se volete vi darò le “brutte” di quello di Luana!-
Rispose lui ironicamente, guardandomi e sorridendo. Quel sorriso grazie al quale, mi sarei potuta sciogliere lentamente… Ma non ne ebbi il tempo, perché l’orda di ragazze venne arginata dal regista, che arrivò quasi di corsa, entrando nella stanza dove ci trovavamo.
-Adrian, come on! Dobbiamo finire le riprese…- (Adrian, andiamo!)
-Ok, I’m coming!- (Ok, arrivo! )
Però, non si alzò dalla sedia, preoccupato forse di non riuscire a finire il disegno in tempo. Era davvero una persona fantastica….
-Adrian! C’è una cosa che vorrei tanto sapere, riguardo il telefilm di Heroes, la terza serie che uscirà tra poco in America…-
Lui, senza lasciare la penna, mosse di poco la testa verso di me, per rispondere.
-Dai, prova a chiedere.-
-Il personaggio che interpreti, Nathan Petrelli, lo rivedremo ancora?-
Mosse totalmente la testa, osservandomi serio. Probabilmente non avrebbe potuto dirmelo, c’era il “segreto” attorno ad alcuni particolari della tanto attesa terza serie di Heroes, Villans….
-Un piccolo spoiler, so tenere la bocca chiusa!-
Dissi, facendo due occhioni grandi, ed indicando con la mano qualcosa di piccolo. Mi sarebbe bastato sapere che fosse ancora vivo… Avrei passato le notti che rimanevano fino a settembre, in maniera decisamente più tranquilla.
Stava per aprire la bocca, rispondere qualcosa, quando all’improvviso sentii qualcosa che mi tirava le gambe, la vista mi si annebbiava sempre di più. Forse urlai, forse caddi silenziosamente nell’oblio; non so dirlo. L’unica cosa che so, è che cercai di districarmi da quel qualcosa che mi si era avvinghiato addosso.
-Eh? Lenzuolo?-
Una luce più pallida filtrava dalla finestra, mentre mi accorsi di stare combattendo una battaglia contro il leggero lenzuolo azzurro che ricopriva il mio letto.
Chiusi gli occhi.
Li riaprii, lentamente.
Non ci potevo credere…. Si trattava di un sogno. Solo di uno stupidissimo sogno.
Dopo aver appurato che le mie palpebre non volessero più richiudersi –capita spesso che appena svegli, ci si riaddormenti per proseguire il sogno fatto-, mi alzaii velocemente, per costatare che fosse stato tutto e solo un sogno.
Dopo aver constatato che il mio giardino non era invaso dalle telecamere, mi precipitai nella stanza dove c’era il tavolo al quale si era seduto Adrian, mentre realizzava il mio autografo. Il tavolo era vuoto; cosa mi aspettavo? Non sapevo neanche io.
Delusa, ma felice per il bel sogno, mi stavo avviando al bagno per darmi una bella rinfrescata, quando…. Un foglio a terra attirò la mia attenzione, nonostante fossi ancora mezza addormentata.
Lo raccolsi da terra, chinandomi e poi rialzandomi lentamente. Le mani tremavano per l’emozione…. Sul foglio, c’era un disegno di un simpatico Paperino tracciato con precisione con una penna blu, sotto una dedica accompagnata da una vistosa firma.

“To Luana;
believe in you, always.
Ehy, I’ll wait my portrait!
Adrian Pasdar.”
(Per Luana; credi in te, sempre. Ehy, aspetto il mio ritratto! Adrian Pasdar.)

♦♦♦

Qualche ora in avanti, in America (sapete, c'è il fuso orario!).
Sono le otto di mattina, ma a casa Pasdar, i due bambini sono già svegli ed attivi per la gioia dei genitori, che invece erano ancora a letto, tranquilli.
Il più grande, Jack, andò dal padre a svegliarlo, tenendo in mano un foglio disegnato.
-Wake up dad! I found this on my desk… Who’s Luana?- (Papà, svegliati! Ho trovato questo sulla mia scrivania… Chi è Luana? )
-Oh… what?- (Oh… cosa? )
Disse Adrian, sbadigliando sonoramente, cercando di connettere il cervello, dopo lo strano sogno che aveva fatto quella notte, ambientato in Italia. Luana; sembrava impossibile, ma era proprio il nome di quella ragazza che aveva conosciuto, sognando. Per quanto la sua parte che rimaneva in lui del personaggio di “Nathan Petrelli” gli dicesse che cose del genere sono impossibili, l’altra parte gli suggeriva di dare un occhiata a quel foglio che teneva suo figlio maggiore. Il bambino intuì la curiosità del padre, e salì sul lettone, porgendoglielo. Adrian, appena diede un occhio al foglio, sorrise. Con una matita dal tratto leggero e pulito, vi era raffigurato quel Paperino che aveva chiesto a quella Luana nel sogno in regalo, per i suoi figli… Nell’angolo in basso a destra, figurava una piccola firma, molto tondeggiante: Luana.
-What’s appening Adrian?- (Che succede, Adrian? )
Gli chiese la moglie, girandosi nel letto, e guardandolo, assonnata anche lei.
-I don’t really know, Natalie.- (Io veramente non lo so, Natalie.)
Adrian si alzò, andando verso la finestra, dalla quale entrava una luce abbastanza forte, mentre suo figlio più piccolo, Beckett, faceva il suo ingresso nella camera dei genitori, in mano un album di figurine di Heroes.
-Can you fly, Dad?- (Sai volare, papà? )
Disse, portandosi un dito in bocca, mentre con l’altra mano continuava a stringere l’album.
-Chi lo sa….-
Disse Adrian in italiano, alzando il figlio da terra, facendolo roteare in aria.

Forse delle persone “speciali” esistono davvero.




Commenti dell'autrice:

L'ho davvero scritta questa fiction?!? °O°
Eh sì, l'ho davvero scritta! Non ci posso credere neanche io, ma alla fine questa fiction, descrizione quasi totale di un sogno che ho realmente fatto due notti fa, è nero su bianco, sui vostri monitor del pc. Non so spiegarvi come e quando è cominciato a piacermi questo attore, ma c'è di sicuro che lo conobbi quasi un anno fa, perchè interpretava Nathan Petrelli, un freddo e cinico politico con l'insolita quanto bellissima capacità di volare, nel telefilm americano Heroes. Sta di fatto che ora.. Bhè, l'avete letto anche voi nella fiction, quindi non stò qui a dilungarmi!
Comunque il mio vero nome è Luana, quindi se non si fosse capito, la protagonista si questa fiction sono proprio io! E scusatemi se l'inglese è davvero terribile, ma come raccontato nella fiction, non sono proprio bravissima, nonostante ci provi lo stesso a scrivere/parlare in inglese!
Ultima cosa, prima di lasciarvi in pace; dedico questa fiction alla mia carissima amica e sorellona (mancata!), conosciuta su EFP con il nick di Summer86!! Ti voglio davvero bene, visto che ho inserito alcune cose che mi hai suggerito? (Lo zio Milo e la modestia di cui parla Adrian! XD)
Per ultimissima cosa, mi scuso per la lunghezza della fiction, ma non potevo/volevo dividerla, è bella letta tutta insieme!

Lasciate un commentuccio se passate (e leggete), mi fareste davvero felice, sappiatelo!
   
 
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