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Autore: williams    14/03/2014    0 recensioni
Avevo paura...
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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«Questa è la mia vita.. Sono nato in un paese, vicino Detroit. Ero il quarto di dieci figli, il più grande che era rimasto a casa. Simon, il primogenito, aveva incontrato la sua anima gemella, Janet. Aveva 15 anni ed era già padre. Compiuti i 18 se ne è andato, con la moglie, al Nord a cercare fortuna. Era bravo a scuola, è diventato un famoso avvocato. Il secondo, Jason, anche lui era bravo a scuola. É morto, mentre veniva a prendermi a scuola. Andavo a scuola nel ghetto. Era lì che sono nato e cresciuto. Ricordo bene quel giorno. Ero pronto come non mai. Ero uscito di scuola e l'ho visto. Mi ha fatto cenno di andargli incontro. Mentre attraversavo, una macchina scura è passata e ha fatto fuoco. Lo hanno colpito. Era cauto davanti ai miei occhi. Tornai a casa in lacrime. Anche la mamma era in lacrime, ma di Jason non ancora vaevo parlato, Papà è tornato a casa ubriaco, di nuovo. Appena mi ha visto mi ha scaraventato contro una sedia. Dritta in volto. Cinque punti, Sarebbero stati cinque punti mi ha detto Andreea, mio fratello maggiore. Ma per chi vive nel ghetto l'ospedale non esiste. Ero scoppiato in un pianto dirotto e lui inveì nuovamente su di me. "Perchè piangi, eh? Sei un uomo non devi piangere". Mi urlava contro. Non c'era Jason a proteggermi, non ci sarebbe più stato. La sua bara era dipinta di bianco, quattro assi messe insieme. Tornati a casa mio padre bevve ancora e, mentre dormivo, venne in camera mia. Mi pestò a sangue. Non andai a scuola per un pò. La polizia venne dopo un paio di giorni. "Mi hai portato la polizia a casa, figlio di puttana" mi gridava nelle orecchie mentre mi lanciava qualsiasi cosa gli capitasse a tiro. Anche Andreea se ne andò. Andò da Simon, magari l'avrebbe aiutato a trovare lavoro. Poi nacque Kayla, avevo tredici anni. Kayla, Simone, Chrystine, la mamma le portò dalla nonna, al sicuro Una notte mi svegliò. Scappammo da quel mostro. Andammo al Sud. Nuovo ghetto, nel frattempo la mamma aveva trovato un nuovo mostro. Nacquero Alex, Max e Janinne. Il nuovo mostro ogni volta se la prendeva con me. Perchè gli avevo portato la polizia a casa. Beveva fino alle due, le tre del mattino quando Henry, il suo migliore amico, lo portava a casa. E veniva nella mia stanza. Si levava la cintura e mi sbraitava addosso tutti i suoi insuccessi, le sue frustrazioni. Una notte né Henry né il mostro tornarono a casa. Il giorno dopo, a scuola, i ragazzi del ghetto parlavano di loro. Erano morti. In un incidente stradale. Tornai a casa, non trovai nessuno. Tutto era sparito, le foto, gli abiti. Tutto. Era rimasta solo quella stanzetta. La mia. Quella sera uscii, ormai potevo fare tutto quello che volevo, non avevo vincoli. Incontrai due ragazzi, dissero "Benvenuto a casa" e mi portarono da Jo-Lucas, un narcotrafficante del ghetto. Conoscevo Lucas, ma solo di fama. Si diceva che era terribile. Mi ha preso sotto la sua ala, sapevo che non dovevo frequentarlo, ma fino a quel momento era l'unico che si avvicinava al concetto di famiglia. La vita con lui era tranquilla. Non mi immischiava nei suoi affari. Diceva che non ero pronto e, sinceramente, pensavo fosse meglio così. Ormai vivevo fuori dal mondo, anzi vivevo in un mondo mio. Uno nel quale ero protetto. Era pedinato dalla polizia, quel posto non era più sicuro. Scappammo, a Detroit. Lì mi sentivo a casa, in fondo erano tutti neri, mentre i bianchi, quelli che al Sud mi guardavano sempre dall'alto in basso, manco fossi lebbroso, i bianchi ora stavano nei ghetti. Lucas mi aveva fatto conoscere un nuovo mondo, diverso anche dal mio. Iniziai a bere, a farmi, a scappare dalle retate. Una sera ero all'incrocio, dov'ero ogni sera. Un blitz della polizia. Cercai di scappare, ma mi avevano accerchiato e i miei compagni spariti. Mi sbatterono dentro. Tempo due settimane e Lucas mi fece uscire "Solo perchè sei un bravo ragazzo". Mi diede una pistola "Portala con te, potrebbe servirti". Era la prima volta che avevo in mano una pistola. Avevo paura. Lucas era immischiato in una guerra fra bande. E in mezzo c'ero capitato anch'io. Erano messicani. Avevano il sangue freddo, quello che io non avevo. Lottavano per il territorio da mesi ormai. Sempre e solo rappresaglie. Rapimenti, torture. A volte ci scappava il morto. Ma questa guerra fredda presto o tardi doveva finire. I messicano arrivarono uno dopo l'altro, con le loro auto scure, a formare una schiera di soldati che combattevano per la patria. noi eravamo meno compatti, ma di certo non male organizzati. Lucas si fece avanti. "Questo è il nostro territorio". Intendeva monopolizzare il mercato, fare milioni e scappare a Cuba, scoparsi qualche bella cubana e vivere di rendita. Un bel progetto in fondo. Martinez, il capo dei messicani, si avvicinò e gli sputò in pieno volto. Aveva lanciato il guanto si sfida e Lucas poteva non raccoglierlo, ma il dado era tratto, ormai. E iniziò una lotta sanguinolenta. Sparai colpi alla cieca, tanto per mostrare a Lucas che sapevo usare la pistola. Mi trovai davanti il più giovane dei messicani, mi puntava la pistola alla tempia. Arrivò Maka mi prese la pistola e gli sparò. Lui cadde a terra, come otto anni prima aveva fatto Jason. Ero lì immobile davanti al suo corpo. Arrivò la polizia. Mi avevano intimato di scappare, ma non ci riuscivo. Ero come paralizzato. Mi presero, un'altra volta. Ma Lucas stavolta non mi aiutò. Ormai era già scappato a Cuba a godersi il sole, mentre io lo guardavo splendere tra le sbarre. mi portarono in tribunale. Non avevo soldi per un avvocato, così me ne hanno assegnato uno. All'accusa c'era Simon. aveva coronato il suo sogno. Mi guardò. Era cambiato, anch'io lo ero. Mi guardava con disprezzo. Si era abituato ad essere un 'bianco di colore', mentre io ero solo uno sporco nero. Mi mandò in prigione. Vent'anni. Mi avvicinai a lui e gli sputai "Sei diventato come loro". Fece un cenno alle guardie che mi portarono in cella. "Sei tu ad essere cambiato". Scontai 15 anni, uscii per buona condotta. Andai a Cuba, tanto per far visita a Lucas. Dormiva beato sotto una palma. "Comodo?". "Si, grazie". E poi boom, un colpo in mezzo agli occhi. "Visto come sono bravo a usare le pistole, Lucas?" La polizia cubana ebbe una soffiata e tutti i suoi ragazzi vennero arrestati. Mentre io, io giacevo in quattro assi di legno..»
  
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