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Autore: Light Clary    15/03/2014    0 recensioni
Le bombette sono tornate e sono tutte intenzionate a conquistare il mondo e vendicarsi di Lewis.
Il ragazzo dovrà contare solo sulle sue forze, aiutato ovviamente dall'amico\figlio Wilbur e ad una bambina proveniente dal passato, per ritrovare la sua famiglia, catturata dai perfidi cappelli e salvare nuovamente il futuro.
!|*Crossover con la bambina di Trilli e il Grande Salvatagglio*|!
Genere: Fantasy | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Violenza
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Poco dopo ci fu una lunga serie d’abbracci. Cornelio, dopo essersi ripreso e aver sentito per filo e per segno tutta la storia raccontata in breve, non poté fare a meno di gioire e stringere i familiari.
Poi Lewis aveva avuto la brillante idea di eliminare le altre bombette rimaste, in un modo molto astuto. Il sé del futuro, doveva rimettersi la prima bombetta, ormai morta, sulla testa, e fingere d’essere ancora sotto il suo controllo, in modo da ordinare alle altre di raggiungere la stanza ancora in fiamme dove aveva avuto sede il primo duello, così sarebbero finite bruciate insieme alle altre.
E, mentre i grandi eseguivano alla perfezione questo piano, i tre ragazzini rimasero sul terrazzo con Orlandino che li sorvegliava.
Dopo una breve chiacchierata con l’amico, Wilbur sapeva cosa doveva fare. Tossicchiò e si avvicinò alla bambina, incuriosita.
“Allora” iniziò un po’ in imbarazzo “noi” Lewis gli diede una pacca sulla spalla “io” si corresse imbronciato “volevo … ehm … ringraziarti … per tutto ciò che hai fatto” Lizzy spalancò gli occhi, sorpresa e fu lì che l’amico buttò tutto ciò che voleva dirle prima di venire catturato “siamo stati molto fortunati ad incontrarti, perché senza di te non ce la saremo cavata in molti modi. Tre è meglio di due, dice il proverbio. E io e Lewis da soli, naturalmente, non ce la saremmo cavata per nulla al mondo. Se non fosse stato per il tuo intervento, io sarei ancora una marionetta umana e Lewis sarebbe pappa per pescecani. So di essere stato parecchio duro con te, durante il viaggio, il fatto è che non sono abituato ad avere fra i piedi una ragazzina tutta fiori e arcobaleni che pensa solo a divertirsi. Inoltre ero preoccupato per la mia famiglia, ma ora che siamo tutti salvi, chiedo venia e ti ringrazio ancora per tutto ciò che hai fatto. Sei stata fantastica” infine trasse un profondo respiro e cadde a terra. Strano ma vero, aveva fatto quel discorso tutto d’un fiato. Si rialzò e attese la risposta dell’amica.
Lei sorrise, un tantino arrossita da tutti quei complimenti. Infine si decise a parlare: “Ho fatto solo quello che voi avete fatto con me: salvato la vita” non resistette alla tentazione e li stritolò entrambi in un abbraccio. Loro non poterono fare a meno che scambiarsi uno sguardo rassegnato e ricambiare. Restarono a chiacchierare, commentando le loro gesta, finché il resto dei Robinsons non li raggiunse mezz’ora dopo, annunciando che dovevano abbandonare la fortezza al più presto se non volevano saltare in aria. In fretta raggiunsero il portone proprio, mentre un fuoco un po’ azzurrognolo avvolgeva ogni cosa. Il dinosauro li fece salire sulla testa e sulla parte schienale del corpo, poi iniziò a addentrarsi nella foresta, lontano dal castello di Tiaré Conner, che ora era solo un mucchio di rovine e la tomba eterna delle bombette malvagie.
“Beh” pensò Lizzy, mentre la visuale dell’esplosione diventava sempre più lontana “immagino che ora dovrò tornare a casa” non era triste, anzi, vedendo come Cornelio stringeva il figlio, non poteva fare a meno di esultare perché avrebbe presto rivisto suo padre.
 
Tutto il resto di quel giorno, fu passato in estrema tranquillità. I Robinsons poterono tornare alla loro vita di sempre, svolgendo ognuno il suo passatempo preferito. Cornelio, non solo, progettò di costruire una nuova seconda macchina del tempo, ma mise da parte il disegno di un’invenzione uscitali dalla sua mente geniale, che prevedeva la difesa immediata alla testa, nel caso, molto improbabilmente, le bombette sarebbero tornate. Nel frattempo, Wilbur avrebbe usato la seconda copia della macchina temporale per riportare Lewis e Lizzy a casa nel loro tempo.
Dopo che questi furono medicati da Lucilla sulle ferite rievocate dalla battaglia, era tutto pronto per la partenza.
La ragazzina era stata salutata da tutti con grande affetto e riconoscenza. Franny non aveva intenzione di lasciarla andare dal suo abbraccio, ma dopo un po’ si era decisa a farla salire sul veicolo.
“Grazie di tutto, Lizzy” disse Cornelio stringendole la mano e accarezzandole i capelli “senza di te, non ce l’avremmo mai fatta”
”E’ stato un onore” arrossì la piccola notando solo in quel momento che il Lewis da grande nascondeva un certo fascino “anche se è impossibile” disse infine “voglio dirvi arrivederci” tutti la guardarono sorridendo “quindi, arrivederci”
“Arrivederci” fu la risposta.
“E arrivederci anche a te, Lewis” disse Franny accarezzando il piccolo marito “e grazie per averci salvato … di nuovo”
Lui divenne paonazzo ancora incredulo, che quella fantastica donna diventerà la sua consorte: “Non c’è di che!” e dopo aver dato un ultimo saluto alla sua futura famiglia, salì sulla macchina del tempo e agitò la mano, finché questa non scomparve fra le nuvole.
In meno di qualche minuto, si ritrovarono nel 1820.
 
La macchina color menta, atterrò sulla collina dove la sua coetanea era atterrata la prima volta. A Lizzy venne da piangere alla vista della sua amata casa sulla collina. Le veniva voglia di scendere immediatamente e correre lungo il sentiero che la separava di pochi metri alla sua stanza, con le sue bambole, i suoi libri e la sua felicità. Ciononostante non si mosse.
“Beh” disse Wilbur aprendo il tettuccio della nave spaziale “ci siamo” si rivolse alla ragazzina “è giunto il momento che tu torna alla tua vita”
“Ecco … io …” balbettò la ragazzina guardando i suoi amici. N’avevano passate d’avventure da quando si erano incontrati. Erano riusciti ad affrontare mille pericoli e a vincerli. Questo era l’ultimo da battere.
“Grazie di tutto” iniziò socchiudendo gli occhi “è stata un’esperienza che ricorderò per sempre. La racconterò ai miei figli, non come un fatto accaduto, ma come una fiaba, che verrà trasmessa di generazione in generazione, almeno spero” alzò le palpebre. Erano colme di lacrime “è stato bello … vedere il futuro” singhiozzò “non avrei mai immaginato di poterlo fare e … quando andrò a letto, stasera, sono sicura che mi sarà parso tutto un sogno. È così strano tornare alla normalità, dopo tutto quello che è successo” continuò a gemere in silenzio e coprendosi la faccia.
Gli amici si scambiarono un’occhiata immalinconita e avvicinandosi alla bambina, cercarono di rasserenarla, abbracciandola. Erano certi che se non fossero nati dei maschi coraggiosi, tosti e  poco consueti, si sarebbero messi a piangere pure loro. Ma visto che lo erano, si basarono a tenere il broncio, finché Lizzy si preparò ad abbandonarli. Prima però baciò sulla guancia tutti e due, che assunsero un colorito imbarazzante “Grazie di tutto ragazzi. Non vi dimenticherò”
Si sporse dalla macchina del tempo e scavalcando, atterrò sull’erba fresca dell’aurora. Si asciugò le lacrime e guardò un’ultima volta i due ragazzi con gli occhi rosso fuoco.
“Dai, non fare così” disse il tredicenne, che a differenza dell’amico aveva messo subito da parte l’imbarazzo “ora che sai quanto è bello avere degli amici, te ne farai a scuola”
“Oh, naturalmente” sorrise lei “e anche questo lo devo a voi” iniziò ad indietreggiare, ma prima d’imboccare la discesa che l’avrebbe condotta a casa, dedicò ai due un piccolo commento “Wilbur, nonostante tutti i rimproveri che mi hai fatto durante il viaggio … beh, li ho considerati come delle sgridate da fratello maggiore. So che sotto, sotto, non ce l’avevi con me ed eri solo preoccupato per la tua famiglia. Ma … voglio dirti grazie. Se non era per te, non avrei vissuto niente di tutto questo”
“Oh, beh, modestamente” commentò il ragazzo “sono stato io a precipitare e a prendermi una bella botta, nel tuo tempo” s’indicò la fronte che gli era stata bendata dalla madre, qualche ora prima.
“E in quanto a te Lewis” terminò la bambina “non potrò mai dirti grazie mille volte, per … tutto! Grazie di aver convinto Wilbur a portarmi con voi, grazie di avermi difeso dai suoi rimproveri, grazie per aver creduto in me e non essere stato sempre troppo rigido, malgrado i miei pasticci, grazie di esserti preoccupato per me e di averne passate tante a costo di difendermi, grazie di aver mentito per tenermi al sicuro. Grazie … d’essere mio amico” il biondo si sporse, come se avesse le intenzioni di raggiungerla e abbracciarla ancora.
“Grazie a te, d’essere la mia” ricambiò sorridendo.
“Grazie anche a te, per essere mio amico” disse lei rivolgendosi all’altro.
“Sono felice di avere un’amica come te” rispose guardando in alto.
Lizzy sorrise ancora e sentì le lacrime tornare indietro. Ora la sua felicità era quasi completa: “Addio amici”
“No” la corressero loro “arrivederci”
“Già” ricordò lei “arrivederci” e voltandosi iniziò a correre verso casa.
“Lo sai” disse Wilbur guardandola allontanarsi “dopotutto … non è così male come credevo”
“Ei” ghignò l’amico inarcando le sopracciglia.
“D’accordo” si arrese l’altro “è molto, speciale. Almeno, ora non precipiteremo più da una scogliera” cercò di cambiare argomento.
“Falla finita” disse Lewis “so che ti mancherà”
Il futuro figlio mise il broncio, stufo di dargli sempre ragione: “Sarà meglio che ora anche tu faccia ritorno alla base” e rimettendosi al posto di guida, iniziò a digitare i pulsanti per impostare il tempo dov’erano diretti.
Intanto la bambina, si era fermata a pochi metri dalla strada che la dimezzava dalla porticina di legno che dava accesso al suo giardino.
Aveva sentito uno strano rumore, familiare. Guardò a destra, assicurandosi di non aver sbagliato. Il cuore le batteva a mille.
Una macchina senza tetto, con le ruote enormi e il motore a catena, stava risalendo la discesa che portava alla strada per Londra. A guidarla era un uomo. Capelli stirati all’indietro, farfallino marrone come la giacca che gli copriva la camicia, pantaloni castani e scarpe nere.
Parcheggiò a metà strada dalla villa e quando scese, la ragazzina non ebbe più dubbi. Suo padre era tornato a casa: “PAPA’” gridò correndogli incontro. Durante i tanti rischi di non rivederlo mai più, ritrovarselo davanti le sembrava un miracolo.
L’uomo la guardò e sorrise: “Lizzy, che bello rivederti” si chinò per accogliere la figlia tra le braccia, che, fin troppo emozionate, lo spinse nell’erba. Delle gocce le rigavano la faccia.
“Mi sei mancato tantissimo” frignò strangolandolo.
“Ei, che ti succede?” domandò suo padre lisciandole la testa. Era partito per lavoro tante altre volte, ma solo quel giorno la piccola aveva dimostrato quanta nostalgia provasse in sua assenza. La prese in braccio: “Non piangere” le asciugò le lacrime “sono qui”
“Ti voglio tanto bene” lo riabbracciò lei, portando la guancia sulla sua spalla, bagnandogliela.
Il dispiacere che il papà provava in quel momento, gli fece dimenticare la gioia di quando, in consiglio, era stato selezionato per svolgere una conferenza a Manchester. Ora desiderava solo e soltanto restare con la sua bambina e ripagare il tempo in cui l’aveva lasciata da sola. Avrebbe scritto una lettera ai ministri, dicendo loro che si sarebbe preso una meritata pausa, magari per un mese o due. Non potevano licenziarlo. Era stato il loro miglior ricercatore di specie da mostre permanenti per anni.
“Resterò” annunciò alla figlia, ricambiando affettuosamente l’abbraccio “passeremo delle settimane bellissime prima della mia prossima partenza. Te lo prometto” a lei non interessava quanto tempo sarebbe rimasto, prima di ricominciare a lavorare. Le bastava trovarselo legato in quel momento.
Mentre teneva la faccia premuta contro la schiena dell’uomo, alzò gli occhi verso la collina doveva aveva lasciato i suoi amici. La macchina del tempo si stava sollevando dal suolo, per poi planare verso il cielo. Ad un tratto si fermò. Lizzy riuscì a scorgere due teste che si affacciavano attraverso il vetro della cupola e la salutavano. Sorrise ad anche lei sventolò la mano nella loro direzione. Poi tornò ad abbracciare il padre.
Dalla porta di casa, uscì una signora paffuta, con gli occhi assonnati e la vestaglia stropicciata: “Ma cos’è tutto questo fracasso?” esclamò guardandosi in giro. Quando vide, il signor Griffin, che stringeva la figlia in un abbraccio commovente, non poté fare a meno di dire: “Oh, ma che carini” ma lo disse solo a metà, perché i suoi occhi videro un qualcosa di grosso, sollevarsi alle spalle dei due. Aveva grosse ali e del fuoco che usciva dal retro e volando a velocità impressionante, si librò nel cielo, finché non fu avvolto da una sfera multicolore e svanì.
“D … d … DRAGOOOO!” strillò la donna, prima di svenire sullo zerbino.
Lizzy e il papà, accorsero a vedere le sue condizioni.
“Signora Perkins!” esclamò lui “Si … si sente bene?”  
“Un drago …” si lamentò la donna indicando il cielo “un grosso … drago volante” imitò le ali con le mani.
Alla ragazzina, scappò un sorriso. Aveva capito tutto.
“No, si sbaglia. Non ci sono draghi” sorrise aiutandola a rialzarsi.
“Venga dentro” le propose il signor Griffin “le preparo un tè bollente”
“Oh, sì! Quello alla pianta peperita. Mi farebbe proprio bene” ondeggiò la signora Perkins, toccandosi la fronte.
La bambina rise ancora e prima di entrare e chiudere la porta, rivolse uno sguardo al cielo. Non s’intravedeva più nulla del ‘drago’. Quindi ora poteva del tutto biasimare che era stato tutto frutto della sua fantasia. Ma, toccandosi il braccio, avvertì che non solo il vestito si era fatto più largo ed era sporco e un po’ insanguinato, ma aveva alcuni cerotti e fasce su varie parti delle braccia e delle gambe, mentre sul viso era ancora presente la freschezza della crema che Franny le aveva spalmato per medicare i tanti graffi. Ora era sicura, che era reale fin dall’inizio.
“Grazie” disse per l’ennesima volta “ragazzi”
Il padre la richiamò nella cucina, per tenere sotto controllo la tata, mentre lui riempiva il pentolino d’acqua.
Lizzy chiuse la porta. Ora poteva dichiararsi felice al cento per cento.

 
  
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