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Autore: Sery400    16/03/2014    1 recensioni
Due adolescenti innamorati durante un pomeriggio all'aperto.
Dal testo: «In quel momento mi sentii così incredibilmente libera.»
Genere: Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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Finally free.



«Andiamo?» chiesi dopo essere uscita a prendere il pallone. Era tutto pronto: zaino con dentro un paio di lenzuola, auricolari, carte; pallone; papà vestito e pronto ad accompagnarci. Annuì e mi lasciò un bacio veloce. «Andiamo.»
Passammo il viaggio in macchina da casa mia a villa Borghese a scherzare e prenderci in giro, fingerci arrabbiati per poi lasciarci cullare dall’altro. Mio padre era discreto, non faceva commenti e non era invadente. Ci lasciò davanti all’entrata della villa e ripartì. Lui aveva lo zaino in spalla, io tenevo il pallone. Quando trovammo uno spiazzo d’erba in cui stare, tirammo fuori le lenzuola e le stendemmo sul prato, dopodiché ci sdraiammo su di esse, io con la testa sul suo petto, a sentire il suo cuore battere e a farmi invadere dal suo profumo, lui con il braccio intorno a me che mi stringeva forte e senza farmi male. Chiusi gli occhi e mi lasciai trasportare dal momento. Ogni tanto passava la mano tra i miei capelli o mi lasciava semplici baci sulla testa. Dopo una mezz’oretta tirai su la testa e lo guardai, rendendomi conto che mi stava fissando. I nostri sguardi si incrociarono e capii il senso della frase “sarà che m’hai guardato come nessuno m’ha guardato mai”. Chi mai al mondo mi guarderebbe nel modo in cui stava facendo lui allora? E quello sguardo mi fece sentire così amata, così… giusta. Restammo qualche secondo occhi negli occhi, poi mi sporsi quel poco che bastava per sfiorare le sue labbra. Le palpebre si chiusero e gli permisi di approfondire il bacio così a quelle che erano labbra si aggiunsero lingue e morsi. E il suo sapore si unì al mio e il mio al suo. Dicono che gli occhi azzurri assomiglino al mare, ma quel giorno, dopo quel bacio, guardai i suoi occhi marroni e affogai in essi. Altro che mare, erano oceano. Oceano infinito. Mi sollevò e si alzò. Prese il pallone e iniziò a fare qualche palleggio, vantandosi quando riusciva a fare mosse particolari. Io ridevo della sua presunzione. Mi alzai e gli tolsi il pallone, lasciandolo a bocca aperta. Iniziai a correre vedendolo rincorrermi. Ma lui è più veloce di me, così mi raggiunse e mi levò il pallone. Così iniziò la guerra. Lui che non mi permetteva di vedere la palla e io che cercavo in ogni modo di levargliela. Finimmo per terra uno sopra l’altro a baciarci, il pallone lontano, dimenticato. Quando ci tirammo su tornammo ai nostri lenzuoli con pallone sottobraccio e iniziammo a fare qualche passaggio.

Noi giocavamo e ridevamo e il tempo scorreva. Forse troppo velocemente. Ma da quel momento non rimpiansi più tutti i pianti a causa sua, tutte le volte che ci eravamo mandati a ‘fanculo, le litigate; l’ignorarci davanti ai nostri compagni e il disperarci poi separatamente in case diverse, ognuno desiderando le labbra dell’altro. Tutto lo schifo che avevamo vissuto non importò più, tutte le volte che lo ritenni “sbagliato”. Non importò più nulla se non il fatto che in quel momento mi sentii così incredibilmente libera.
  
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