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Autore: sometimesithurts    17/03/2014    1 recensioni
Queste sono le memorie di Bellatrix Lestrange, e di com'è diventata poi, per amore.
Infatuazione non possiede niente di vero che potrebbe incrementare la trama dei sette romanzi di Harry Potter, scritti da J.K. Rowling.
Genere: Fantasy, Generale, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Rodolphus Lestrange | Coppie: Rodolphus/Bellatrix
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Note dell'Autore: Le scrivo ad inizio capitolo perché sarà un miracoo se già arrivaste alla fine di questo primo capitolo!
Allora, non è la prima cosa che scrivo (ne ho pubblicate tante e cancellato altrettante sottoforma di altri profili che poi ho dovuto eliminare ed in altri Social Network), però mi sembra un idea a dir poco geniale (è arrivato il modesto!). Insomma, leggete la storia per capire e fatemi sapere cosa ne pensate tramite una recensione.
Vi avviso già da ora che non aggiornerò periodicamente, ma appena un capitolo sarà pronto allora pubblicherò, perché non voglio avere vincoli né pressioni, in modo da cercare di non forzare troppo la storia. Voglio che sia, comunque, una storia di un senso compiuto.
Ci ho messo l'anima in questo primo capitolo, ho dovuto fare ricerche su ricerche su questo mondo magico di cui - adesso lo ammetto - sapevo poco, anche se credevo di sapere tutto, ma la Rowling non si smentisce mai.. e niente, forse già vi sto annoiando, meglio lasciarvi al capitolo.

 
Infatuazione
Capitolo 1 - 1 Settembre 1962
Arrivammo alla stazione di Hogsmeade alle 19.36 in punto. Almeno così segnava il grande, rosso e sporco orologio avvitato ad un’enorme trave. Più in basso giaceva, su una targhetta, la seguente data:
1 Settembre 1962
Attraversammo il lago nero. Accanto a me, nella mia stessa barca, c’erano due ragazzi. Quello dietro di me – che ora si era spostato alla mia sinistra – aveva i capelli biondi e gli occhi color cenere. Quello alla mia destra, invece, aveva i capelli neri come i miei e gli occhi grigi. Entrambi guardavano il Castello con le bocche aperte, stupiti. Non erano grassi né avevano spalle larghe, ma mi sentivo piccola tra loro due (e stavo anche scomoda), così mi spinsi un po’ più dietro e finalmente ebbi un po’ di spazio. Mi godetti il viaggio in barca finché non arrivammo ai piedi del Castello. Solo allora mi accorsi di quella struttura immensa che si ergeva di fronte a me.
«Forza ragazzi! Forza, dentro» gridava una professoressa. Aveva un mantello grigio ed un cappello in tinta. In mano aveva una pergamena con, probabilmente, i nomi di tutti gli studenti del primo anno. Intanto una figura curiosa – probabilmente il custode – ci contava man mano che attraversavamo il grande portone. Toccandomi la testa di sfuggita, mentre mi addentravo, sussurrò un «53» e passò al ragazzo successivo. Altri due passi ed ero dentro.
Hogwarts ho pensato con stupore. Lo spettacolo che avevo dinanzi agli occhi era indescrivibile. Il Salone d’ingresso era illuminato da tante torce che pendevano ai muri e ai pilastri. Senza nemmeno rendermene conto, con un sorriso, mi trovavo in cima alle scale. Di fronte a me la professoressa di qualche istante prima e una porta enorme.
C’erano cinquantatre persone prima di me, come ho fatto ad essere la prima della fila?
Ma non era importante, perché subito dopo che la professoressa aveva farfugliato qualcosa di cui io non capii un bel niente, mi trovavo già in una nuova sala. Ancora più enorme della precedente. Ci accolsero tutti con degli applausi. Chi parlava dei fatti propri, dell’estate trascorsa, e chi invece faceva scommesse su chi sarebbe entrato in quale casa.
Tutti gli studenti che andavano dal secondo al settimo anno erano già seduti ognuno al tavolo della propria casa d’appartenenza, a partire da sinistra: Serpeverde, Corvonero, Tassorosso e Grifondoro. Notai che gli studenti di Tassorosso e gran parte di Grifondoro guardavano in alto, mentre quelli delle altre due case erano troppo presi a parlare fra di loro. «Guarda quante lanterne!» urlava qualcuno dei Grifondoro, un Oh di stupore seguì l’ultima frase. Alzai il capo anch’io, scostandomi i capelli ricci dietro un orecchio. Sopra la mia testa fluttuavano centinaia di lanterne. Così, sospese nell’aria. Ne ero affascinata e non potei fare altro che sorridere. Mi ricomposi, siccome ero alla prima fila di ragazzi di una fila ancora più lunga.
Di fronte a me un tavolo lungo e rialzato padroneggiava tutta la sala. Il tavolo dei professori. Al centro c’era il mago più potente nonché preside della Scuola. Albus Silente.
La professoressa, che si era identificata come professoressa Minerva McGranitt, invitò il professor Silente a fare un discorso.
«Benvenuti» cominciò con voce calma, alzandosi dal suo ‘trono’, «studenti del primo anno, e benvenuti studenti del secondo, del terzo e così via» continuò. Non so perché, ma nella sua voce c’era qualcosa di rassicurante. Come la voce di un padre che ti stringe al petto quando hai un incubo. «Sono preside della scuola da ben sei anni, ormai, eppure nutro ancora la speranza in voi, studenti del primo anno. Adesso: non importa in quale casa verrete smistati, no. L’importante è che facciate sempre la scelta giusta, ma se per voi la scelta giusta è in qualche modo facile da seguire, allora prestate attenzione. Perché non sempre la via giusta è liscia, bensì presenta difficoltà, ostacoli. Quindi, quando sarete di fronte ad una scelta, prendetevi un attimo di discernimento e domandate a voi stessi se è la cosa giusta da fare. Ma attenzione ragazzi miei il discernimento non è una cosa semplice, eh no. Dovete essere forti, saggi, decisi. Non lasciatevi prendere dalla scelta più facile, quindi. Ahimè, forse ho parlato troppo e voi siete abbondanti», poi si è rivolto alla McGranitt: «Procedi pure, Minerva».
«Bene, ragazzi» trillò lei. «Adesso vi chiamerò uno alla volta. Voi vi sederete sullo sgabello e il Cappello Parlante decreterà in quale casa sarete smistati» disse.
Cappello Parlante, lanterne fluttuanti, case, smistamenti, MAGIA. Ovvio, sapevo della magia, ma insomma, non ne ero mai stata così a contatto, non l’avevo mai vista così.. da vicino, ecco. Da vicino.
La professoressa McGranitt chiamò i primi ragazzi che si fecero strada spingendo me e gli altri che avevo affianco. «Rodolphus Lestrange» chiamò. Lui mi sfiorò appena e mi rivolse un sorriso quando si sedette sullo sgabello. Era il ragazzo seduto alla mia destra sulla barca che ha attraversato il lago nero per portarci al Castello. Per diamine! Non l’avevo visto in faccia, era davvero carino.. e mi aveva sorriso. Sentii le guance che si facevano calde, così abbassai la testa, sperando che non si notasse il mio rossore improvviso.
«Bene.. si. Allora, vediamo. Vedo molto coraggio in te, ragazzo mio, ma c’è anche un accento di saggezza e di creatività. Corvonero? Grifondoro?» Mentre il cappello si contorceva in smorfie incomprensibili Rodolphus sorrideva eccitato. «Che sia Corvonero!» strillò il Cappello. Mi voltai verso il tavolo in questione, applaudivano e si dimenavano per accoglierlo.
Quattordici alunni dopo – sì, li ho contati tutti – la professoressa McGranitt ha chiamato «Bellatrix Black» con un accenno di eccitazione. Timidamente calai il capo e salii il gradino che mi divideva dallo sgabello. Mi sedetti e portai anche l’altra ciocca dietro l’orecchio, constatando che quell’altra fosse al suo posto. Sentii un piccolo tonfo, siccome avevo i capelli ricci.. e ne avevo tanti. Così al contatto del cappello trasalii e mi fece il solletico. «Bellatrix Black. Si, si.. vedo molta tolleranza in te. Sei una ragazza abbastanza paziente.. so dove metterti» feci un sorriso mentre l’ansia mi rodeva lo stomaco, poi il Cappello Parlante esclamò: «Tassorosso!», e anche quel tavolo, il mio tavolo da quel momento, esplose in un applauso.
Ma perché mi applaudivano? Non ero nessuno, non mi conoscevano. Ero in imbarazzo dai piedi fino all’ultimo capello, ma mi feci forza, mi alza, strinsi la mano alla professoressa McGranitt e al Preside – come di prassi – e mi andai a sedere in un posto vuoto a quel tavolo. Mi presentai timidamente agli altri e poi rivolsi uno sguardo al tavolo dietro di me, quello dei Corvonero. Cercai Rodolphus con gli occhi, nascondendomi dietro la mia chioma ribelle. Quando mi accorsi che anche lui mi stava cercando – e mi trovò – distolsi subito lo sguardo dall’imbarazzo.
Una voce squillante mi fece sussultare e mi girai di scatto. «Ciao Bellatrix! Io sono Delphine, prefetto di Tassorosso!» La ragazza in questione, Delphine, (tra l’altro come tutti gli altri studenti dal secondo anno in poi) vestiva di un uniforme composta da un mantello nero, aperto sul davanti, con lo stemma della sua nostra Casa. All’interno, la fodera e i risvolti erano di colore giallo. Al di sotto un maglione grigio con i righini gialli, ancora più sotto una camicia bianca e infine una cravatta dei colori giallo e nero. Indossava, poi, una gonna nera e delle calze della stessa tinta. Oh, notai dopo che al disopra dello stemma di Tassorosso, c’era una spilla. Un distintivo viola con una P argentata, maiuscola, che sarebbe stata a significare ‘Prefetto’, probabilmente. Tutti gli altri non l’avevano.
Mentre io indossavo solamente abito nero e liscio con un targhetta che contrassegnava il mio nome e un cappello altrettanto nero e liscio.
«Io..» ero veramente timida, oddio.
«Bellatrix Black» mi ha preceduta lei. «Sì, ho sentito il tuo nome prima.»
Le sorrisi e poi le strinsi la mano. La mia era un po’ sudaticcia così mi arrossii di nuovo per l’imbarazzo.
Il Preside si alzò, ci zittì gentilmente e disse: «Che abbia inizio il banchetto!», due battiti di mani e apparvero dal nulla zuppe di brodo bollenti, cosce di pollo fritte, legumi, carne, insalate a quantità. Era un ben di Dio fin troppo esagerato, secondo me, ma comunque m’ingozzai mangiando un po’ di tutto. Alla fine arrivò il dolce e quante più caramelle e biscotti possibile. Il dolce era una torta alla glassa di vaniglia, una porzione per ognuno, mentre al centro del tavolo apparvero – al posto dei primi e dei secondi – caramelle e biscotti, giusto per citarne qualcuna: Ananas canditi, bacchette di Liquirizia, Zenzerotti, Gelatine Tuttigusti+1, rospi alla Menta e Zuccotti di Zucca e anche un calice di Burrobirra.
Il Preside concluse con un ultimo discorso (avremmo trovato i nostri bagagli accanto ai nostri letti) e ci mandò nei nostri dormitori.
«Seguitemi, Tassorosso!» aveva detto Delphine.
Sfinita dal cibo e dal sonno mi alzai dal tavolo, e piccola com’ero quasi scomparivo tra tutti quei ragazzi. Riconobbi subito il ragazzino che era seduto accanto a me durante la cena, Augustus Light mi pare, boh. Ero così frastornata che lo seguii a tentoni. Mi accorsi, però, che il nostro dormitorio era nel seminterrato, proprio accanto alle cucine. Tutto sommato stavamo tranquilli, lì. Delphine ci mostrò il modo per entrare nel nostro dormitorio: colpire la seconda botte dal basso al ritmo di “Tosca Tassorosso”. La prima cosa che notai, una volta entrata dal breve cunicolo dietro la botte, fu la forma rotonda che ricordava, appunto, la tana di un tasso. Il ritratto di, probabilmente, Tosca Tassorosso, brindava per noi e dalle finestrelle rotonde riuscivo a vedere le stelle luccicare nel cielo.
Trovai in poco tempo la mia stanza. Ero in camera con altre due ragazze del mio anno: Astoria Greengrass e Daphne Nott. Misi il pigiama e mi infilai sotto le coperte, il giorno dopo sarebbero iniziate le lezioni. Ed avevo paura che qualcosa andasse storto, che mi sarei svegliata e mi sarei ritrovata nel letto a una piazza e mezzo di casa mia.
Questa è casa mia, mi dissi. Qualche istante prima di cadere nel sonno più profondo concessi il mio ultimo ricordo del giorno a Rodolphus Lestrange.
 
Mi svegliai prestissimo. Dall’alta finestra rotonda riuscivo a vedere una parte dell’alba che stava bagnando Hogwarts. Mi accorsi solo allora della magnificenza di quella camera. Essendo sotterranea – come il resto della Sala Comune – sembrava proprio la tana di un tasso. Ma non era oppressiva né faceva mancare l’aria o cose del genere, era accogliente, carina. Mi alzai dal letto e cercai i miei bagagli, siccome partii da King’s Cross con una valigia e un borsone. Mi accorsi presto che tutto il contenuto dei bagagli (le tre uniformi, i libri di testo ed altri accessori e aggeggi vari) erano in un baule di legno. Al disopra del baule giaceva, pulita e stirata, la mia nuova uniforme di Tassorosso, proprio come quella di Delphine – mancava il distintivo da Prefetto, però. Constatai che Astoria Greengrass e Daphne Nott stessero ancora dormendo, così mi spogliai e provai l’uniforme. Mi andava a pennello, anche se sembravo più piena a causa dei doppi strati formati da camicia e maglioncino. Il maglioncino con i righini gialli, pensai entusiasta. Era il mio capo preferito. Notai un altro oggetto sul baule: la mia bacchetta. La bacchetta era in legno di noce, misura 12 ¾, inflessibile – così descritta da Gervaise Olivander, almeno – aveva come nucleo Corda di Cuore di Drago. Era leggermente ricurva e tozza. Ma era la mia bacchetta. Per me non aveva imperfezioni.
Uscii dal dormitorio femminile e mi addentrai nel centro della Sala comune. Il caminetto – posto sotto al ritratto di Tosca Tassorosso – era spento siccome eravamo proprio agli inizi di settembre e non faceva freddo, era fiancheggiato da poltrone e pouf dei colori della casata. Con la luce del sole era un luogo ancora più accogliente e caldo da come si era presentato la notte precedente. Sulla porta giaceva una pergamena con gli orari delle lezioni:
Gli orari delle lezioni per gli studenti del primo anno appartenenti alla Casa di Tassorosso sono i seguenti:
Dalle 9.15 alle 10.30 Trasfigurazione, professoressa Minerva McGranitt insieme ai Serpeverde
Dalle 10.45 alle 11.55 Pozioni, professore Horace Lumacorno insieme ai Grifondoro
Dalle 12.50 alle 13.45 Storia della Magia, professore Cuthbert Rüf insieme ai Corvonero
Dalle 13.45 gli allievi potranno iniziare a recarsi presso la Sala Grande per eseguire le mansioni date dai professori e prepararsi per il pranzo.
Dio, già aspettavo con ansia l’ultima ora di lezione. Tassorosso. Corvonero. Storia della Magia. Corvonero. Rodolphus. Bellatrix. Io. E. Rodolphus.
Era la domenica mattina del 2 settembre, il sole splendeva alto. Il mio primo giorno effettivo ad Hogwarts era cominciato, e non sentivo la mancanza di casa. E inoltre ero sicura che sarebbe stata la miglior giornata di sempre. Avrei visto Rodolphus di lì a poco.
  
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