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Autore: _Whatever_    17/03/2014    3 recensioni
Questa storia è la continuazione di Crying Lightning, quindi, se non l'avete fatto, vi consiglio di leggere prima quella per capire meglio i personaggi di questa storia.
Dal primo capitolo: "Ogni tanto beveva un sorso del suo tè verde e la mattinata sembrava procedere tranquillamente, almeno fin quando non sentì quel nome.
Si guardò attorno sperando di riconoscere qualcosa, di vedere un particolare noto, ma poi sorrise, pensando a quanto risultasse patetico. Non poteva essere lei."
Genere: Commedia, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Alex Turner, Altri, Matt Helders, Miles Kane, Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Don't Forget Whose Legs You're On'
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15 luglio 2009

 

 

I need to be myself

I can’t be no one else

I’m feeling supersonic

Give me a gin and tonic..

 

La voce graffiante del più piccolo dei fratelli Gallagher la fece svegliare. Non si mosse subito, perché doveva rendersi conto di dove si trovasse. Dal solletico contro la guancia e il caldo sulla spalla sinistra intuì che qualcuno stava dormendo accanto a lei.

Si tolse le cuffie e mise a tacere quella canzone maledetta e per fortuna Mark non si svegliò nonostante i suoi momenti bruschi e nervosi.

Dopo sette ore di viaggio sfidava chiunque ad essere rilassata e poi faceva caldo, terribilmente caldo e il suo ipod si prendeva gioco di lei.

Doveva sopportare ancora un’ora di viaggio e non voleva pensare a quello che le aveva attraversato la mente nel momento in cui era partita quella canzone.

Mark finalmente sollevò la testa. Aveva gli occhi gonfi e prima di sorriderle fece uno sbadiglio enorme.

“Quanto manca?” chiese.

“Un’altra ora.” Rispose freddamente la ragazza.

“Tutto bene?” Mark era preoccupato.

“Sì Mark, tutto bene. Sono solo stufa di stare seduta.”

Mark era premuroso con lei, forse troppo, ma Margaret non aveva voglia di apparire acida e scocciata, anche perché non era colpa del fotografo. Si diede qualche secondo per scacciare il malumore poi si girò verso il ragazzo biondo che intanto aveva appoggiato la testa contro il poggia testa e fissava un punto davanti a sé.

“Allora, sei carico per domani?”

Impostò la conversazione sul motivo del loro viaggio a New York: il primo servizio importante per Vogue.

“Abbastanza, sì, diciamo di sì!” Rispose Mark facendo il finto rilassato.

“Smetti di comportarti come se non fosse importante! E’ Vogue!” Margaret gli infilò una mano tra i capelli biondi e glieli scompigliò per bene.

“Però prometti che domani mi porti in giro!”

“Assolutamente!”

“E domani, mio caro, vengo anche io con te!”

“Ma devo lavorare!”

“Lo so. Devi lavorare con modelle bellissime e gentilissime e io sarò lì. Zitta e immobile a ricordarti che sono pericolosa.”

“Lo so bene che sei pericolosa.” Rispose Mark prima di allungarsi a posarle un bacio leggero sulle labbra.

Trascorsero l’ultima ora del viaggio a progettare e proporre visite per quei quattro giorni a New York e il tempo sembrò volare.

 

Atterrarono a pomeriggio inoltrato e andarono subito in hotel a sistemare le valigie.

Era un posto molto carino e comodo, così si fecero una doccia per poi uscire per un aperitivo.

Erano troppo stanchi anche solo per passeggiare per la città, la notte prima avevano fatto after per riuscire ad essere abbastanza stremati quella sera e ci erano riusciti.

Si addormentarono quasi immediatamente dopo essersi stesi. Margaret come sempre era su un fianco, di spalle a lui. Era già capitato loro di dormire insieme, ma Mark non aveva mai avuto l’ardire di abbracciarla, perché notava quanto a lei desse fastidio dormire appiccicata a un’altra persona, ma quella sera gli sembrava la cosa più naturale del mondo e si stese di fianco a lei, cingendole la vita con un braccio.

Margaret non si spostò e non sbuffò, ma intrecciò le dita con quelle dell’uomo. Ogni tanto poteva anche lasciarsi andare.

La mattina dopo si svegliarono molto presto, ma riposati e eccitati.

 Erano a New York per una sottospecie di vacanza. Si prepararono in fretta e raggiunsero lo studio in anticipo, quindi restarono in strada a fumare una sigaretta in pace.

Faceva caldo e il traffico di certo non rendeva la situazione più sopportabile, quindi entrarono dopo poco sperando che ci fosse l'aria condizionata. Lo studio era al secondo piano di un edificio moderno ed elegante.

 Furono accolti da un signore brizzolato e gentile, che li portò in una stanza enorme e con le pareti completamente bianche. C'erano altre due porte oltre a quella da cui erano entrati, ma erano chiuse.

Mark iniziò a tirare fuori tutta la strumentazioni, mentre parlava con altri addetti ai lavori. Margaret si sedette su una delle poche sedie e prese una rivista da sfogliare.

Non voleva disturbare Mark, era una giornata piuttosto importante per lui. Da una delle porte a un certo punto iniziarono a uscire delle ragazze: le simpatiche modelle da cui sarebbe stato circondato Mark tutta la mattina. In realtà, ad un primo sguardo a Margaret non parvero poi così simpatiche: non sorridevano e poche sembravano felici di quello che stavano facendo; le altre sembravano piuttosto annoiate e scocciate, proprio come Margaret.

Quest'ultima infatti dopo nemmeno dieci minuti in quella stanza, raggiunse Mark per comunicargli che sarebbe andata a farsi un giretto della zona e a prendersi un caffè.

Girovagò per l'isolato in cerca di un bar, una caffetteria, qualsiasi cosa e si ritrovò in uno starbucks imballato di gente. Fece una fila lunga chilometri e dovette aspettare almeno un quarto d'ora prima di sentire il suo nome pronunciato all'altoparlante.

Qualcun'altro era entrato molto tempo prima nella caffetteria e sussultò a sentire il nome della ragazza. Si era già interrotto una volta perché due ragazze sedute al tavolo di fianco al suo stavano facendo casino. Le guardò male da sotto i lunghi capelli castani e poi riprese a leggere "L'idiota".

Ogni tanto beveva un sorso del suo tè verde e la mattinata sembrava procedere tranquillamente, almeno fin quando non sentì quel nome.

 Si guardò attorno sperando di riconoscere qualcosa, di vedere un particolare noto, ma poi sorrise, pensando a quanto risultasse patetico. Non poteva essere lei. Tornò a concentrarsi sul tomo, mentre proprio quella Margaret usciva dalla caffetteria per tornare verso lo studio.

  
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