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Autore: malecotp    18/03/2014    8 recensioni
Questa è nata come una storia originale, ma per la descrizione del personaggio maschile mi sono ispirata a Tristan Evans, componente dei The Vamps.
Entrate e ditemi cosa ne pensate!
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Scese le scale del portico quasi di corsa, fissandosi i piedi per non inciampare nella lunga gonna. In quei giorni in cui erano ospiti dei signori Cavanough era costretta ad indossare gli asfissianti corsetti, eccessivamente ricamati per i suoi gusti, e le lunghe gonne che le impedivano di camminare liberamente.
Arrivata alla fine della scalinata alzò il viso e fece scorrere gli occhi su ciò che le si stagliava di fronte. Dei tavolini erano disposti in modo ordinato sotto un tendone che faceva ombra su gran parte del giardino su cui era posto. Vasi di fiori sbocciati da poco riempivano ogni angolo vuoto e nell’aria si sentiva il loro profumo come se li avesse sotto il naso, e non a metri di distanza.
Non pochi bambini giocavano rincorrendosi intorno alla fontana, altri cercavano di toccarne l’acqua. Qualche fascio di luce penetrava dai piccoli buchi del gazebo formatisi con il passare degli anni, e giungevano fino a terra ad illuminare la verde erbetta in un gioco di luci che affascinò la ragazza a tal punto da dimenticare perché si trovasse lì.
Una figura le passò davanti e la riportò alla realtà. Era lui, era Tristan.
Il ragazzo le passò davanti senza guardarla, ma Janette sapeva che in realtà l’aveva vista. Si erano rincontrati lì dopo anni, appena arrivati come ospiti in quella casa, lui non l’aveva neanche riconosciuta, ma quando lei lo vide le mancò la terra sotto i piedi. Quanto le era mancato!
Dopo averla studiata per un po’, lui le andò vicino e le sussurrò di averla riconosciuta grazie ai suoi lunghi capelli neri.
A quel punto Janette fissò lo sguardo negli occhi famigliari di lui, sorridendo. Avevano passato il resto della giornata a scherzare e ricordare i vecchi tempi, ma dopo quello che era successo la mattina prima lui continuava ad ignorarla.
Si rendeva conto che, seppur si fosse trattato di un solo bacio, nessuno avrebbe dovuto saperlo né tantomeno sarebbe potuto succedere di nuovo, ma di certo non voleva che smettessero di rivolgersi la parola. Lo osservò allontanarsi finché non voltò l’angolo e decise che quella sera, alla festa, gli avrebbe parlato e chiesto spiegazioni.
Riportò lo sguardo sui tavoli e socchiuse gli occhi per cercare sua madre e sua sorella.
Andò verso di loro e si sedette alla sedia vuota mentre la madre e Christine finivano la loro conversazione.
-Oh tesoro, pensavamo non arrivassi più!- Disse la donna.
-Scusate il ritardo, di cosa parlavate?- Janette cercò di cambiare discorso, infatti subito Christine iniziò a parlare della festa imminente: -Non vedo l’ora di poter indossare il nuovo abito! Ci sarà tutta la contea e sono sicura che anche tu Janette, potresti fare incontri interessanti!-.
Chistine era la sorella più grande e anche quella più interessata agli eventi mondani come questo, Janette invece preferiva stare all’aria aperta, magari da sola, a leggere un libro.
Avrebbe infatti evitato volentieri il ballo, ma si era ripromessa di parlare con Tristan.

Quella sera Janette fu la prima ad arrivare nel salottino comune alle camere della madre e della sorella. Mentre andava verso il tavolino per scegliere un libro da leggere durante l’attesa, si soffermò di nuovo a guardarsi alla specchio, e di nuovo ne rimase sorpresa. Non sembrava quasi lei.
Il vestito blu notte, con le maniche fino ai gomiti, ricadeva morbido fino quasi a toccare il pavimento. Il busto la fasciava perfettamente, senza però impedirle di respirare, e la fantasia di piccoli fiori argentati che compariva sulla gonna era ripreso dai fiori che una ragazza, chiamata per aiutarla a prepararsi, le aveva sapientemente intrecciano tra i capelli, rimasti però sciolti. Non le piaceva tenerli legati, amava la sensazione che le davano toccando le spalle, ora parzialmente scoperte.
Si sedette sulla poltrona, ma non iniziò a leggere. Pensò invece a quello che avrebbe detto a Tristan, anche se non sapeva esattamente cosa.
Forse che non doveva evitarla solo perché si erano baciati?
Che non sarebbe più successo e che quindi non c’era da preoccuparsi?
O forse avrebbe dovuto dirgli che non faceva altro che ripensare al modo in cui l’aveva guardata l’attimo prima che le loro labbra si toccassero?
All’esplosione di emozioni che c’erano state dentro di lei?
Le due porte che davano sul salottino di aprirono improvvisamente, Janette con un balzo si mise in piedi e insieme le tre donne si avviarono verso la sala da ballo.

Due uomini della servitù aprirono le gradi porte della sala che pullulava di persone che ballavo e chiacchieravano. Subito Christine si unì a delle ragazze che aveva conosciuto durante quei giorni, e la madre la lasciò per fare i complimenti ai proprietari del palazzo.
Dopo essersi ritrovata sola, Janette diede un’occhiata alla sala cercando lui, e lo trovò, ad alcuni passi da lei, seduto da solo ad uno dei ricchi tavoli. Alcune ragazzine nell’angolo della sala bisbigliavano e lo indicavano ma lui non ci fece caso. Gli andò incontro.
Non appena la vide, lui si alzò, le prese una mano, e sorridendo le chiese di ballare. Janette, colta alla sprovvista, non rispose e si lasciò trascinare tra gli altri.

Durante tutto il ballo, lei gli lanciò sguardi curiosi che lui sembrava ricambiare come se niente fosse successo, ogni volta che lui la guardava e sorrideva, il cuore della ragazza faceva una capriola.
Solo alla fine del ballo, lui la portò lontano dalla confusione e le disse:- Jane, ho qualcosa da dirti- amava quando la chiamava così. La ragazza sorrise, ma poi si accorse della sua espressione cupa.
Lui continuò:- A casa, c’è una ragazza, una ragazza che mi aspetta-.
-Che ti aspetta? Non capisco Tris- iniziava a sentirsi ridicola.
-La mia e la sua famiglia si conoscono da quando ci trasferimmo in città e a breve sarà annunciato il nostro fidanzamento. I nostri genitori sono già d’accordo-.
A Janette mancò il fiato, e non disse niente.
Lui continuò:- Io non ti ho mai dimenticata, ho solo imparato a vivere senza di te, e quando ci siamo rivisti ho finto di non conoscerti perché sapevo che sarebbe finita così-.
-Così come? Con io che rimando sola, di nuovo, e tu che te ne vai, di nuovo?- sussurrai, gli occhi lucidi.
-Mi sarei ricordato come era amarti- concluse lui.
A quel punto Janette non resistette. Se avesse provato qualcosa per lei non sarebbe tornato a casa a sposare una qualunque, neanche se gliel’avessero imposto i suoi genitori. Senza guardarlo si incamminò verso il giardino con le lacrime che le scendevano lungo le guance.
Una bambina le andò a sbattere mentre correva e la vide piangere così:- perché piangi?- chiese.
-Oh non è niente piccola- disse guardandola.
-Come ti chiami?- continuò la bambina.
-Jane, e tu?- rispose allora abbassandosi alla sua altezza.
-Clare. Sei triste Jane?- chiese la bimba, ora curiosa.
-Si.. ma ora mi passa- non poté fare a meno di rispondere.
-Anche io ero triste prima ma poi sono andata a giocare con loro, vieni anche tu Jane?- La ragazza non sapeva cosa rispondere ma poi la bambina la prese per mano e la portò dai sui amici.
Jane li fece sedere in cerchio e iniziò a raccontare una storia.
Una storia di magia e di fate, che si nascondevano nei vasi di fiori intorno a loro.
Una storia di magia e di folletti, che vivevano sugli alberi che circondavano la grande casa.
Una storia di magia, principi e principesse che li guardavano incuriositi dalle loro carrozze invisibili.

Alla fine della storia si alzarono e iniziarono a cercare le fate, i folletti e le principesse lungo tutto il giardino. Jane li osservava sorridendo quando qualcuno la chiamò.
Si voltò e vide Tris a pochi passi di distanza da lei, lo osservò avvicinarsi. Avanzava lentamente nel suo abito della festa, il corpo asciutto e slanciato.
Finalmente la raggiunse e le prese le mani, Jane non riuscì a sottrarsi da qual contatto.
Voleva chiedergli di non andare e di restare con lei ancora un po’.
Voleva digli di non riuscire a pensarlo con qualcun’altra e di voler essere abbracciata da lui per giorni. Voleva convincerlo che non ce l’avrebbe fatta a tornare a casa sapendo di non rivederlo mai più e di avere bisogno di stare con lui per sempre.
Alzò lo sguardo e osservò ogni angolo del suo viso, i capelli risplendevano grazie alla tenue luce emanata dalle candele, le mani della ragazza fremevano pur di toccarli. Le sopracciglia che gli conferivano un’espressione dolce, gli occhi chiari luminosi, preoccupati ma rassicuranti. Il naso perfetto, le labbra piene e la mascella pronunciata. Non aveva niente da dire.
Sentì le sue braccia che la avvolgevano, riscaldandola dentro. Per un attimo tutto si fermò, era come se niente ci sarebbe stato dopo quell’abbraccio o almeno tutto ciò che sarebbe venuto dopo non avrebbe potuto reggere il confronto.
Dimenticò che di lì a poco si sarebbero separati, forse per sempre. Si perse tra quelle braccia forti ascoltando il ritmo del suo respiro diventato un tutt’uno con il proprio. Rimasero così per qualche minuto, o forse per ore.
L’aria della notte iniziava a farsi più fredda così lui la prese per mano e la guidò sotto un grande albero, si sedettero e lui la strinse più forte di prima. Chiusero gli occhi e si addormentarono immobili finché il sole non fece capolino all’orizzonte.
Fu Janette ad aprire gli occhi per prima. Guardò Tristan per qualche secondo ancora, forse pronta a vederlo andare via.
-Ti amo anch’io- sussurrò prima che il ragazzo aprisse gli occhi.














 
ANGOLO AUTRICE:
Ho iniziato a scriverla qualcosa come tre settimane fa ma ce l'ho fatta!
Se vi piace lasciate un commento grazie :)

 
  
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