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Autore: Fake_Brit    18/03/2014    2 recensioni
[ John/Astrid. 1x15. ]
> la sua voce era bassa, determinata. Non c’era modo che lasciasse passare questa situazione come trascurata ed irrisolta. > chiese, offrendole la mano. Astrid non sa nemmeno perché l’accettò, ma la trattenne, pensando: ti prego, John, aiutami.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Spoiler!
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<> or how to fall in love

Aveva promesso a Stephen di tenere d’occhio Astrid perché l’Ultra aveva scoperto che il nipote del capo aveva confessato l’inconfessabile ad un’umana, andando contro il protocollo che John stesso aveva mandato al diavolo, ma, dannata la sua boccaccia, aveva avvisato lui e anche Cara. Di nuovo, pensò. Dannazione.

Non sapeva in cosa si sarebbe cacciato. E’ ancora così, considera. Ad essere giusti, non ha neanche una maledetta idea di cosa gli stia succedendo.

Quando la vide – in pigiama e pantofole – qualcosa sembrava sbagliato, e mentre guardava più da vicino la sua postura, – rigida e all’erta, come lui stesso era stato, quando scappò dall’Ultra per la prima volta – l’ha colpito: era spaventata.

Appena il pensiero prese forma nella sua mente, qualcosa iniziò a tremare nel suo stomaco, spazzando via la sua calma.

L’idea di Astrid che si isolava dal mondo lo turbava quasi quanto pensare a ciò che aveva fatto a Roger, se non di più. Imprecò di nuovo contro Stephen, certo che avrebbe sentito tutto e non fregandosene più di tanto per la prima volta in un po’ di tempo.

<< Non puoi continuare a farlo. >> la guardava dritta in faccia, la voce ferma come lo era quando dava ordini ai Tomorrow People nel Rifugio.

<< Lo so. >> sussurrò in risposta, la voce che si spezzava.

Perché doveva spezzarsi, come vetro che va in pezzi, come se fosse stata l’ultima parola che avrebbe detto?

John conosceva la sensazione – e sapeva quanto facesse male sentirsi in quel modo –, ma, per qualche ragione ancora senza nome, vederla sul viso di Astrid – l’unico viso felice a cui si era abituato, dalla festa di Stephen – faceva più male che provarla.

<< Posso insegnarti, sai? >> la sua voce era bassa, determinata. Non c’era modo che lasciasse passare questa situazione come trascurata ed irrisolta. << Ti fidi di me? >> chiese, offrendole la mano. Astrid non sa nemmeno perché l’accettò, ma la trattenne, pensando: ti prego, John, aiutami.

Poco dopo, erano nella metro e si stavano avvicinando alla fine della carrozza e il salto a cui conduceva.

Erano così vicini che Astrid poteva sentire il braccio di John contro il suo e la sua barba cresciuta da poco che le solleticava la guancia.

<< So che hai paura, ne ho anch’io, ma sono qui. >> disse con un bisbiglio, avvicinandosi sempre di più. Lei aveva cominciato a sentire il panico che le inondava il corpo, ma, sebbene le sue parole non fossero il massimo del conforto, gli prese la mano e saltarono non appena la parola tre gli scivolò fuori dalle labbra.

Mentre saltavano. John pensò che non sarebbe andato da nessuna parte, bersaglio dell’Ultra o meno.

Teletrasportandosi nella sua stanza, pensò che le doveva un grazie – anche se non uno di quelli che urlava scherzosamente a Russel.

Aveva estratto un proiettile dal suo corpo, dopo tutto.

Quella notte, John Young ringraziò Astrid Finch per la prima volta, con un mormorio. <<  Grazie. Per la canzone, intendo. >> la sua voce era così soffice che Astrid pensò di aver sognato quella frase per molto tempo, ma come e quando l’ha scoperto sono un’altra storia.

John ancora non lo sapeva, ma si era innamorato, quella notte – o, ancora meglio, quando

Un proiettile gli era finito nei polmoni e Astrid aveva fatto l’infermiera, cantando.

 

   
 
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