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Autore: slanif    18/03/2014    4 recensioni
HanaRu
Sulle note della bellissima Impossible di James Arthur, una HanaRu ambientata dieci anni dopo la fine del liceo...
Genere: Angst, Sentimentale, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Hanamichi Sakuragi, Kaede Rukawa
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Questa fan fiction è ispirata alla canzone Impossible di James Arthur.
Per le note, ci vediamo a fine fan fiction.
 
 
 
Impossible
di slanif
 
 
 

I remember years ago / Ricordo anni fa
Someone told me I should take / Qualcuno mi disse che
Caution when it comes to love / dovevo fare attenzione quando arriva l’amore
I did, I did / L’ho fatto, l’ho fatto


Quando misi piede per la prima volta in palestra, di certo non avrei mai immaginato che la mia vita avrebbe preso una piega di questo tipo.
Mi ero iscritto tanto per fare, più per conquistare il cuore di Haruko che per vero interesse. Non avevo idea di come funzionasse il basket, né di come si giocasse una partita, né di quali fossero le regole base.
Il fatto che in seguito Ayako mi ha massacrato di fondamentali ne è una prova concreta…
Però mi ero iscritto. E tutti i giorni ero lì, a lucidare il parquet con la scopa di lana o a pulire i palloni e a renderli lucidi, affinché le mani non diventassero nere mentre giocavamo. E tutti i giorni li passavo lì dentro, non andando più ad occupare i miei pomeriggi alla sala giochi con i miei amici, trascurandoli inevitabilmente. E tutti i giorni ero lì, piegato sulle ginocchia, a fare fondamentali su fondamentali, a massacrarmi di noia e rancore verso tutti, perché non potevo essere anche io lì in mezzo al campo a correre dietro alla palla e schiacciarla a canestro.
Volevo essere lì in mezzo, perché lì in mezzo c’eri tu: Kaede Rukawa.
 

And you were strong and I was not / E tu eri forte e io non lo ero
My illusion, my mistake / La mia illusione, il mio errore
I was careless, I forgot / Ero incurante, ho dimenticato
I did / L’ho fatto

 
Eri un portento. Lo eri anche all’epoca, che non giocavi ancora nell’NBA. Eri un vero mostro. Una matricola vincente. Eri tutto quello che avrei voluto disperatamente essere.
All’inizio non me ne importava un bel niente di essere come te, di essere bravo come te, perché il mio unico scopo era metterti in ridicolo per fare colpo su Haruko.
Ma poi il basket ha cominciato a scorrere anche nelle mie vene, mischiato al mio sangue, così come da sempre faceva con te, e a quel punto ho capito che dovevo essere come te.
Che dovevo raggiungerti, eguagliarti e magari superarti.
Che eri un modello da raggiungere, e non un nemico da abbattere.
Non facevo altro che darti addosso, accecato di gelosia. Non facevo altro che pensare che eri insopportabile nella tua assoluta perfezione, che eri assolutamente insopportabile e assolutamente irritante nel tuo essere così dannatamente bravo senza sforzo.
E mi rodeva il fegato, altroché! Avrei voluto seriamente staccarti la testa a suon di testate, qualche volta, da tanta era l’irritazione che sentivo nei tuoi confronti…
Eppure tu sembravi non notarmi minimamente. Eri lì, al centro della palestra, con le mani puntellate sui fianchi, a guardarmi dall’alto in basso con quell’aria di superiorità così irritante che persino il bonario Kogure trasaliva nel guardarti.
I tuoi occhi blu, con quelle ciglia lunghe e sensuali, mi guardavano con una luce di sfida negli occhi, con quel bagliore animale che ti rendeva così spietato in campo. E tu lo eri davvero.
Se al primo anno hai avuto problemi con la resistenza, nel secondo e terzo ti sei ripreso alla grande, diventando quasi più resistente di me.
Tutto quello che ti mancava, tu lo raggiungevi. Non rimanevi mai indietro, non abbassavi mai la testa, non tentennavi mai.
Non l’hai mai fatto, né lo fai ora che sei un uomo e vivi in America.
Tu eri irraggiungibile e leggiadro, micidiale e spietato, assolutamente perfetto.
Mi correvi sempre un passo avanti, e io continuavo a fissare la tua schiena.
 

And now when all is done / E ora che tutto è fatto
There is nothing to say / Non c’è niente da dire
You have gone and so effortlessly / Te ne sei andato e così senza fatica
You have won / Hai vinto
You can go ahead tell them / Puoi andare avanti, diglielo

 
Credevo stupidamente di poterti raggiungere.
Credevo seriamente di poter diventare un giorno eccezionale come te.
Credevo che anche tu pensavi che ce l’avrei potuta fare, che un giorno avrei battuto tutte le frontiere e sarei salito sul piedistallo vicino a te.
Ma non avevo considerato una cosa… oh, no, non l’avevo fatto…
Tu non pensavi a niente e nessuno se non a te stesso.
Nel tuo Mondo, c’era spazio solo per te. Per la tua bravura, per il tuo talento, per il tuo futuro.
Un futuro che hai spianato giorno dopo giorno, settimana dopo settimana, mese dopo mese, anno dopo anno, sotto la supervisione del signor Anzai.
Tu sapevi già dove volevi andare, chi volevi essere, dove volevi arrivare, che persona dovevi diventare.
L’hai sempre saputo.
E perciò adesso vivi così lontano da me, in un altro continente, dall’altra parte del Mondo.
 

Tell them all I know now / Dì loro tutto ciò che so ora
Shout it from the roof tops / Gridalo dall’alto del tetto
Write it on the sky line / Scrivilo sulla linea di cielo
All we had is gone now / Tutto ciò che avevamo è andato ora

 
Quando finalmente cominciai a capire che tutto quell’odio che sbandieravo verso di te in realtà era solo pura e cocente invidia, ho cominciato anche a guardarti con occhi diversi.
Non eri più la dannata volpe da massacrare di insulti e pallonate. Adesso eri Kaede Rukawa, sempre con l’aspetto da volpe, ma qualcuno da cui prendere esempio.
Me ne sono reso conto un giorno, in terrazzo, durante il nostro secondo anno di liceo, mentre ero sdraiato a pancia in su a osservare il cielo. Un aereo stava solcando l’azzurro terso di quella giornata di primavera, lasciando una scia bianca e lattiginosa dietro di se. Avevo la testa appoggiata sulle braccia incrociate dietro la nuca e mi beavo del calore del sole. Il pavimento era freddo e duro, ma non mi importava.
Perso nei miei pensieri, con l’iPod infilato nelle orecchie che mandava chissà quale canzone, improvvisamente me ne resi conto.
Capii che non c’entrava Haruko, o il basket, o la squadra. Che non era solo per l’eccitazione della palla ruvida sulle mani, dell’emozione di librarsi in aria fino al canestro e fare uno slam dunk.
Io giocavo a basket perché c’eri tu.
Tu, con quell’aria saccente. Tu, con quell’espressione sempre imbronciata. Tu, che con la musica alle orecchie e Morfeo che ti cullava, che arrivavi a tutta velocità in bicicletta a scuola investendo cose e persone come se corressi tra le nuvole. Tu, che continuavi a dormire imperterrito per tutte le lezioni facendo saltare i nervi a tutti i professori e al preside. Tu, che andavi bene solo in inglese. Tu, che eri sveglissimo solo in campo. Tu, che con assoluta non-calanche, mettevi dentro un canestro dopo l’altro come se la palla fosse un proseguimento naturale del tuo braccio e della tua mano.
Tu.
Solo tu.
E quella dannata faccia da schiaffi.
 

Tell them I was happy / Dì loro che io ero felice
And my heart is broken / E il mio cuore si è spezzato
All my scars are open / Tutte le mie cicatrici sono aperte
Tell them what I hoped would be / Dì loro ciò che speravo potesse essere
Impossible, impossible / Impossibile, impossibile
Impossible, impossible / Impossibile, impossibile

 
Quando lo capii, mi crollò il mondo addosso.
Da una parte, nel mio petto scoppiava la felicità della consapevolezza che quello che sentivo per te era vero amore, non quelle infatuazioni o quelle cotte stupide che avevo avuto per tutte e cinquantuno quelle ragazze prima di te, Haruko compresa. Il mio cuore era colmo di gioia alla consapevolezza che finalmente si era innamorato davvero, e che immediatamente mi aveva trasmesso la differenza, facendomi ben intendere che l’amore è qualcosa di totale e unico, che va ben oltre i difetti e le incazzature, che non nota solo le cose brutte, ma che anzi le nota e non gli da la rilevanza giusta, perché in fondo, della persona amata, anche i difetti sono pregi.
E fu forse quella consapevolezza che mi costrinse a farmi coraggio.
Okay, ero innamorato del perfido Kaede Rukawa, dell’algida volpe senza sentimenti, ma mi ero mai preoccupato di avvicinarmi davvero a te? L’avevo mai fatto? O qualcuno l’aveva mai fatto? La risposta era semplice per tutte e tre e domande, nonché uguale: no. Nessuno, nemmeno io, si era mai avvicinato a te. Nessuno aveva mai indagato su chi tu fossi veramente. Su cosa battesse nella tua cassa toracica, se avevi qualche volta le palpitazioni, se sentivi a volte stringere lo stomaco, se ti emozionavi o ti sentivi triste. E’ vero, la tua faccia non faceva trapelare niente, e anche a distanza di dieci anni le cose non sono minimamente cambiate, ma nel tuo petto batteva pur sempre un cuore e per quanto freddo e irrigidito dalla vita, qualunque cuore prova dei sentimenti, anche contro la nostra volontà.
Per questo in fondo pensavo che anche tu potessi sentire qualcosa battere in quel petto magro, sotto quella pelle incredibilmente bianca, di quel battito un po’ accelerato e farfallone che contraddistingue l’amore da tutti gli altri battiti del nostro cuore.
Eppure mi ripetevo che era impossibile, un amore del genere.
Che era impossibile sotto tutti i punti di vista.
Il mio buon senso mi metteva in guardia, ma a me non importava un bel niente.
Non sono mai stato uno che ragiona troppo con la testa, ma bensì si fa guidare dal cuore.
Ed è proprio quello che feci con te, Kaede. Seguì il mio istinto.
Per questo cominciai ad aspettarti al cancello della scuola, poggiato sui mattoni rossi con la schiena e la sacca sportiva a tracolla su una spalla.
La prima volta mi passasti di fronte senza degnarmi neanche di uno sguardo, ma io ti corsi subito dietro urlando: “Mi ignori, stupida volpe?”.
Ti girasti a guardarmi con un sopracciglio alzato: “Ce l’hai con me?” domandasti, con quel sopracciglio alzato che era l’unico muscolo della tua faccia che qualche volta prendeva vita.
“Vedi qualcun altro, stupida volpe?”. Ricordo che le mie labbra ridacchiarono, e che tu sbuffasti spazientito: “Non hai nessun altro da importunare?”. Le tue stoccate hanno sempre colto nel segno.
“Stasera ho deciso che voglio importunare te!” dissi solennemente, battendomi un pugno sul petto come fossi un orango tango. Tu sbuffasti ancora, ma non dicesti altro. Quindi rimasi lì ad aspettarmi con le mani in tasca fino a quando io mi avvicinai a te e cominciammo a camminare vicini fino alla fermata della metropolitana, che distava qualche centinaio di metri.
Tu ovviamente non spiccicasti parola, a parte per lanciarmi qualche insulto o per sbuffare scocciato dalle mie scemenze, ma in compenso c’ero io a parlare per entrambi e a riempire il silenzio.
Dopo quella sera, divenne un’abitudine. Tutti i giorni io ti aspettavo, o se tu facevi prima di me, mi aspettavi tu.
La prima volta che successe ne fui davvero sorpreso. Il freddo Kaede Rukawa che mi aspettava? Sul serio? Allora non gli dava fastidio fare la strada con me…
Mi sentii terribilmente rincuorato, e perciò, dopo più di un mese di quella tiritera, mi decisi.
Col cuore in gola e molte poche speranze di successo, ti dissi la verità: “Sono innamorato di te, Rukawa”.
Le parole mi sono uscite talmente fluide dalla bocca, che ancora me ne stupisco.
Non sembravo nemmeno io, così serio e convinto, così deciso.
Ma la cosa che più di tutti mi ha lasciato sconcertato è stata la tua reazione in risposta a quelle mia parole.
 

Falling out of love is hard / Cadere dall’amore è dura
Falling for betrayal is worst / Cadere per tradimento è peggiore
Broken trust and broken hearts / Fiducia spezzata e cuori spezzati
I know, I know / Lo so, lo so

 
Senza neanche quasi darmi il tempo di completare la frase, le tue labbra erano già incollate alle mie.
E come in quel momento, in cui tutto mi apparve impossibile e magico, da quel preciso istante in poi le nostre labbra si incollarono le une alle altre ogni giorno. Ogni momento libero. Ogni istante disponibile. Ogni volta che ne sentivamo il bisogno. Ogni volta che potevamo, ma pure quando non potevamo ed eravamo incoscienti, rischiando di farci beccare.
Ero così felice e pieno di te, che divenni accecato.
Divenni così ebbro di te che quando arrivammo a quota sei mesi di relazione, ti regalai un braccialetto.
Ero terribilmente imbarazzato nel dartelo, soprattutto perché tu eri rimasto lo stesso Kaede Rukawa di sempre. Adoravi baciarmi, questo lo avevo capito, pure un sasso lo avrebbe percepito dalla passione dei tuoi baci, ma dalla tua bocca non era mai uscito niente. Io ti avevo detto che ero innamorato di te, ma tu non mi dicesti mai nemmeno che ti piacevo. E d’altronde dalla mia bocca, dopo quella dichiarazione, non uscì più niente lo stesso. Con che coraggio? Mi ero esposto già, di fronte a te, ma tu non ti eri esposto mai con me.
Però quel braccialetto lo accettasti, e te lo facesti chiudere al polso sinistro. Era semplice, di maglia bianca, piuttosto fino e delicato. Era una scemenza, a pensarci adesso, perché non è di certo un oggetto che ci lega a qualcun altro, ma in quel momento volevo assolutamente regalarti qualcosa che, guardandola, ti ricordasse sempre che io c’ero e che tenevo a te.
Tuttavia, anche se quel braccialetto fu stretto al tuo polso per altri sei mesi, alla fine successe lo stesso.
Il nostro rapporto si era evoluto in campo fisico, e il tuo corpo mi era stato donato con assoluta fiducia.
Quel gesto, quel trasporto, quell’arrendevolezza, quel permettermi sempre di entrare dentro di te, mi avevano illuso che il tuo cuore mi appartenesse. Che anche tu, come me, vedevi un futuro insieme.
Per questo mi piovve addosso con la freddezza di una cascata ghiacciata, completamente nudo ad aspettarne il getto impreparato.
Perché è così che ero.
Impreparato.
Totalmente.
E quando le tue parole fredde me lo dissero, la stilettata che mi tagliò in due il cuore fu peggiore di qualsiasi altra emozione mai provata. Fu doloroso quasi quanto morì mio padre e io non riuscì a salvarlo.
 

Thinking all you need is there / Penso che tutto ciò di cui hai bisogno è lì
Building faith on love and words / Costruisci fedeltà sull’amore e sulle parole
Empty promises will wear / Indosserai promesse vuote
I know, I know / Lo so, lo so

 
“Dimmi che non è vero…”. Quel tono supplichevole non era neanche riconducibile a me. Non riuscivo neanche a riconoscermi.
“Hai capito benissimo”. Il tono freddo con cui mi rispondesti era lo stesso di quando ancora eravamo Hanamichi e Kaede, due nemici naturali.
E in quel preciso momento mi passarono alla mente milioni di immagini di me e di te.
Di te, che col sudore che ti imperlava la fronte, scattavi e smarcavi il tuo avversario, con quella luce folle negli occhi che solo in campo avevi.
Di tutti gli one-on-one che ho perso contro di te e che mi hanno fatto sentire ancora di più un fallito.
Di me e di te, uno di fronte all’altro sotto la neve, con me che ti sistemavo la sciarpa intorno al collo affinché non prendessi freddo a causa della nevicata improvvisa.
Dei tuoi occhi belli e sensuali che mi fissavano profondi e lucidi durante il sesso.
Del tuo polso e le mie mani che ti allacciavano il bracciale in quel giorno lontano d’autunno.
Delle nostre mani, una stretta all’altra, le dita intrecciate, e i braccialetti pendenti sui loro dorsi.
E fu proprio col braccialetto che me la presi, strappandomelo con forza dal polso, in un gesto di stizza e odio che non credevo di poter mai compiere.
Ma come biasimarmi?
“COME HAI POTUTO?” urlai, mentre sentivo affiorare agli occhi le lacrime e cominciavano a bruciarmi così forte e così intensamente che caddero anche se io li strinsi forte. Caddero copiose e bollenti, feroci e cattive sulla mia pelle, indelicate e vere, fin troppo vere…
 

And now when all is gone / E ora che tutto è andato
There is nothing to say / Non c’è niente da dire
And if you’re done with embarrassing me / E se tu hai finito di imbarazzarmi
On your own you can go ahead tell them / Puoi andare avanti per conto tuo diglielo

 
Poggiasti la fronte contro la mia, chiedendomi scusa lentamente, con quel tono calmo e profondo che avevi nei momenti seri.
La tua fronte era calda contro la mia. La tua mano bollente sul mio collo.
E bollenti erano le mie lacrime, e mi dolevano i denti stretti e tutti i muscoli della faccia dallo sforzo di piangere lacrime dolorose come quelle.
“Non volevo farti soffrire…” dicesti.
Eppure lo avevi fatto.
Eri andato a letto con un altro, vendendo il tuo corpo come una puttana al miglior offerente, solo per il piacere di qualcosa di diverso. Solo perché eravamo arrivati a un punto in cui tutto era troppo perfetto e tu dovevi spezzarlo in qualche modo.
Perché nella tua vita di perfetto c’era solo il basket, e nessuno poteva prendere il suo posto.
Le tue braccia erano calde intorno alle mie spalle, e io piansi folli lacrime amare mentre tu rimasi lì, con la fronte poggiata contro la mia, ad occhi chiusi a ripetere che ti dispiaceva.
Alla fine mi alzai e me ne andai, lasciandoti lì, su quello stesso terrazzo dove avevo capito di amarti, voltandoti le spalle per sempre.
Ormai eravamo al terzo anno e due mesi dopo, tu montasti su un volo diretto in America e non hai più fatto ritorno.
Sono passati dieci anni, eppure io ancora penso a te.
Tutti dicono che il primo amore non si scorda mai, anche se ci fa soffrire, e forse è davvero così… forse, sarei dovuto stare più attento a te, a quel tuo aspetto seducente, a quel mutismo forzato e voluto verso le parole importanti.
Avrei dovuto dare più peso al fatto che non dicesti mai di amarmi.
Eppure io ti amavo.
Quel braccialetto non era solo un oggetto inutile, per me. E fu per questo che lo strappai con tanta stizza, facendolo andare in pezzi.
Cadde a terra in tanti piccoli frammenti, a pezzetti minuscoli come avevi fatto il mio cuore…
 

Tell them I was happy / Dì loro che io ero felice
And my heart is broken / E il mio cuore si è spezzato
All my scars are open / Tutte le mie cicatrici sono aperte
Tell them what I hoped would be / Dì loro ciò che speravo potesse essere
Impossible, impossible / Impossibile, impossibile
Impossible, impossible / Impossibile, impossibile
Impossible, impossible / Impossibile, impossibile
Impossible, impossible! / Impossibile, impossibile

Impossible  / Impossibile
 
I remember years ago / Ricordo anni fa
Someone told me I should take / Qualcuno mi disse che
Caution when it comes to love / dovevo fare attenzione quando arriva l’amore
I did… / L’ho fatto…

 
Ricordo ancora la tua schiena, sempre davanti a me, con il mio braccio allungato, che mai è riuscito a raggiungerti.
Ricordo ancora il giorno in cui ti diedi quel bracciale, al riparo sotto l’albero in giardino.
Era una calda giornata d’autunno e tu eri bello da morire, con quel venticello leggero che ti muoveva appena i capelli.
Ricordo…
L’amore per te.
Lo stupore nei tuoi occhi.
E l’illusione che tutto fosse possibile.
Che il mio amore per te fosse ricambiato e che noi saremmo stati insieme per sempre.
Impossibile…
 
 
 
**FINE**
 
Dalla prima volta che ho sentito questa canzone, ho desiderato scrivere questa fan fiction.
Mi dispiace moltissimo per la tristezza di questa fan ficiton, e per il fatto che Rukawa esca così male… io sono la prima che ama vederli insieme, e che pensa che Rukawa sia la persona più onesta del mondo, e so con assoluta certezza che hikaru83 adesso mi ucciderà, ma ho voluto comunque scrivere anche una storia così, che non va a finire bene. D’altronde, nella vita è più spesso le volte che va male che quelle in cui va bene…
Se vorrete farmi sapere che ve n’è parso, ve ne sarò infintamente grata!
Un saluto!

   
 
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