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Autore: northernlight    19/03/2014    2 recensioni
"... sull’ampio divano di pelle nera c’era lei, lei addormentata con la luce accesa, un libro e il suo iPod ancora acceso buttati per terra. Adam si poggiò allo stipite della porta con le braccia conserte, il sorriso tirato ma sincero stampato sul volto; dormiva scomposta, a pancia in su con addosso una maglia verde a maniche lunghe e dei pantaloni a quadrettoni colorati."
Genere: Fluff, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pancakes.

(ovvero di come i pancake alla Nutella della domenica
si sono trasformati in un 
“secondo me le labbra di Adam hanno il sapore dello sciroppo d'acero”)






 
“Adam? Adam, siamo arrivati.”
Una mano lo scosse debolmente fino a fargli aprire gli occhi. Non ricordava di essersi addormentato, con la testa sulla spalla di Theo tra l’altro. Ricordava di essere salito in taxi appena atterrati ad Heathrow, di aver salutato il resto della banda e di essere salito in macchina con Theo e poi aveva poggiato un attimo la testa contro lo schienale del sedile e ora erano già arrivati a casa sua. Mentre scendeva dall’auto, Adam borbottò delle scuse per il fatto di essersi addormentato, Theo scosse la testa e scese per aiutarlo con la valigia.

“Ci sentiamo quando uscirai dal coma” borbottò il cantante tra uno sbadiglio e l’altro abbracciandolo rapidamente. Adam annuì e si fiondò ad aprire il portone dell’elegante palazzo in cui abitava. Era notte fonda, fuori si gelava ma era finalmente a casa dopo mesi, era finalmente da lei, e ancora non poteva crederci mentre si infilava nell’ascensore trascinandosi dietro il trolley e una borsa nera facendo appello a tutte le sue forze pur di non addormentarsi lì in piedi. Raggiunse il terzo piano e, provando a non fare molto rumore, infilò le chiavi nella toppa della porta di casa sua e aprì. Trascinò se stesso e tutte le sue cose all’interno dell’appartamento: tutto taceva, nel piccolo ingresso di casa. Addossò i bagagli al muro e lentamente si slacciò le scarpe, si sfilò il cappotto e sistemò tutto su una sedia lì vicino meditando che a rimettere a posto ci avrebbe pensato l’indomani. Rimase un attimo a contemplare l’oscurità attorno a lui, il calore di quelle quattro mura, l’odore e il profumo che permeavano l’aria quando lei era a casa sua. Si trascinò pigramente in camera da letto rimanendo piacevolmente stupito nel trovarla vuota anche se il letto era sfatto. Solo dopo qualche secondo di smarrimento, si accorse della luce proveniente dal piccolo soggiorno oltre la cucina. Raggiunse la fonte della luce, sorrise per la scena che aveva davanti agli occhi: sull’ampio divano di pelle nera c’era lei, lei addormentata con la luce accesa, un libro e il suo iPod ancora acceso buttati per terra. Adam si poggiò allo stipite della porta con le braccia conserte, il sorriso tirato ma sincero stampato sul volto; dormiva scomposta, a pancia in su con addosso una maglia verde a maniche lunghe e dei pantaloni a quadrettoni colorati. Sorrise guardando quel pigiama, sorrise pensando alla reazione che avrebbe avuto lei sapendo che lui l’aveva vista in quelle che lei chiamava “condizioni poco femminili
sebbene lui le avesse detto molte volte che non gli importava cosa avesse addosso e che a lui interessava ciò che c’era sotto, ma lei aveva questo strano pudore che la spingeva a rintanarsi dentro quel pigiama ogni volta che lui non c’era. Sorrise pensando a quanto sembrasse buffa con i capelli sparsi ovunque, l’espressione corrucciata e pensierosa anche mentre dormiva. Scosse la testa, si avvicinò in punta di piedi al divano: raccolse da terra il libro, “1984” di George Orwell, e l’iPod ancora acceso dalle cui cuffie riuscì a captare qualche nota di Narc degli Interpol. Sorrise  – e più che altro sospirò sollevato constatando che non erano loro – pensando anche al fatto che quei giorni lei fosse particolarmente fissata con alcune canzoni dei Radiohead. Le sfiorò una guancia con le dita della mano libera, era fredda e non calda com’era abituato a sentire. Era il caso di metterla sotto le coperte perciò posò la roba accanto ai piedi scalzi di lei e si chinò a prenderla in braccio e portarla a letto. Non si svegliò sentendo il vuoto sotto di sé mentre la sollevava, dormiva profondamente e, conoscendola, aveva resistito sveglia finché aveva potuto per poi collassare. Adam si avviò verso la camera da letto facendo attenzione a non urtare niente nel trasporto, le diede un’occhiata veloce: il suo viso sembrava essere più rilassato e tranquillo, il naso nell’incavo del collo del ragazzo, gli occhi chiusi semi coperti dai ricci scuri. Arrivato in camera la depose piano sul letto facendosi spazio tra le lenzuola bianche e profumate di pulito, doveva averle cambiate lei qualche giorno prima. Notò che, precedentemente, aveva dormito in tutto il letto e che quindi il suo odore doveva essere ovunque. Scosse la testa scacciando determinati pensieri e le rimboccò le coperte. La guardò sommersa da quella valanga di lezuole morbide, si era raggomitolata contro il piumone grigio non appena aveva toccato il materasso. Lei aveva qualche anno in meno di Adam ma era una cosa che a lui non pesava affatto anzi, gli piaceva molto viziarla e coccolarla anche se era una di quelle ragazze energiche, indipendenti e che non le mandavano a dire. La osservò ancora qualche istante, per poi correre in bagno a cambiarsi ed infilarsi sotto le coperte addormentandosi immediatamente. La mattina dopo, i raggi del sole che filtravano pigramente dalle tende chiare, solleticarono lo sguardo di lei svegliandola. Si stiracchiò stringendosi ancora di più le coperte attorno al corpo. Si chiese come e quando ci fosse arrivata, in quel letto, ma le bastò respirare a pieni polmoni per capire e sorridere: l’odore di Adam le invase le narici. Lei stava dormendo su un fianco, raggomitolata su se stessa con la fronte poggiata contro qualcosa di morbido e caldo: la spalla sinistra di Adam. Il ragazzo dormiva ancora profondamente con il braccio destro dietro la nuca e l'altro poggiato liberamente sul petto che si alzava e abbassava lentamente, coperto solo da un candido lenzuolo bianco. Lo osservò dormire, il bellissimo viso finalmente calmo e disteso, beato tra le calde braccia di Morfeo. Voleva toccarlo, abbracciarlo, baciarlo e recuperare tutto il tempo passato lontani ma aveva paura di svegliarlo nonostante fosse abbastanza sicura che non si sarebbe mosso di un centimetro visto il sonno che aveva, tuttavia si limitò solo a guardarlo. Poco dopo, lei, si costrinse ad alzarsi per preparare la colazione. A malincuore scese dal letto, alzò la temperatura all’interno della casa e diede un’occhiata fuori dall’enorme finestra della camera di Adam: Londra coperta di neve aveva sempre il suo fascino, anche alle dieci di mattina e col cielo completamente grigio. In cucina, il più silenziosamente possibile, preparò la colazione per due – tranne il caffè per lui che avrebbe preparato una volta sveglio – come sapeva piacere ad Adam. Tornò in camera da letto, in punta di piedi, reggendo saldamente il vassoio su cui aveva messo il caffè americano latte e cannella per se stessa, delle fragole e dei pancake ricoperti di sciroppo d’acero. Posò il tutto sul comodino accanto al suo lato del letto e tornò sotto il piumone. Adam dormiva ancora, stessa posizione e stessa espressione di quando lei aveva lasciato le coperte. Con lo sguardo percorse lentamente le dita poggiate sul petto, quelle dita che amavano attorcigliarsi attorno ai suoi capelli ricci mentre erano abbracciati. Salì su, lungo il braccio, le spalle ed il collo così pallidi da risaltare appena contro le lenzuola che lo circondavano. Il suo viso, i capelli in disordine, le palpebre chiuse su quell’oceano in tempesta che erano i suoi occhi, il naso dritto e imperfetto, le labbra socchiuse. Avrebbe voluto soffermarsi meno sulle sue labbra ma non ci riuscì: erano la sua dipendenza, la sua droga e solo guardarle le provocava brividi lungo la schiena. Allungò una mano verso di lui come a volerlo toccare ma si fermò a metà strada ritraendosi e voltandosi sorridendo verso la sua colazione ancora bollente. Intinse l’indice della mano destra nello sciroppo d’acero attorno ai pancake e, facendo attenzione a non sporcare le lenzuola, si stese a pancia in giù col viso in direzione e ad altezza di quello di Adam. Lei si prese qualche secondo per bearsi del respiro fresco e rilassato del ragazzo, poi – molto, molto, molto delicatamente – passò il dito ricoperto di sciroppo sulle labbra di Adam macchiandole di quel nettare color ambra di cui lei andava pazza. Lui non si svegliò né si mosse al leggero tocco della ragazza che sorrise soddisfatta della riuscita di parte del suo piano. Leccò via quello che rimaneva sul suo dito poi, tendendosi poco più avanti, posò le sue labbra su quelle di Adam. Era un bacio strano visto che, le sue, erano le uniche labbra a muoversi. Gli lasciò una scia di minuscoli baci fermandosi ogni tanto per controllare che dormisse ancora. Il bacio si fece poi più profondo ormai intenzionata a svegliarlo in quel modo: Adam si mosse appena quando la lingua di lei iniziò a seguire il profilo delle sue labbra. Il sapore dello sciroppo misto all’odore di buono e pulito di Adam, misto alla strana morbidezza di quelle labbra troppo sottili – e segnate dal suo mordersele nervosamente – per essere considerate canonicamente belle. Lei percepì il respiro del ragazzo cambiare: si era svegliato ma la lasciava fare tranquillamente restando immobile e con gli occhi chiusi. Sorrise contro le sue labbra quando sentì Adam iniziare a rispondere goffamente al suo bacio; la ragazza sapeva che lui aveva bisogno di un po’ di tempo per ingranare appena sveglio e non lo stava aiutando affatto continuando a baciarlo lentamente.

“Ssssh” sussurrò lei in un respiro roco. Gli posò una mano sul collo accarezzandolo con le dita e percependo la pelle d’oca sul corpo di Adam che, lo sentiva, non riusciva più a stare fermo. Infatti, poco dopo, la mano che lui teneva dietro la testa, si perse tra i ricci di lei stringendola contro il suo petto nudo. Adam prese a baciarla con più foga, senza dolcezza, solo con la voglia di sentire le sue labbra e la sua lingua e – in quel momento – anche lo sciroppo d’acero che ormai era stato baciato via. Con un movimento repentino ma sempre aggraziato ed elegante com’era nella natura di Adam, lei si trovò improvvisamente sotto di lui, sotto il suo leggero peso mentre continuava a baciarla senza staccarsi un attimo, gli occhi ancora chiusi. La mando di Adam ora vagava lungo il braccio della ragazza, sul seno, sul ventre, giù lungo la coscia ed il polpaccio. Risalì fino alla base della nuca dove disegnava dei piccoli cerchi invisibili con le dita che, poi, si serrarono delicatamente in un gesto estremamente possessivo attorno al collo di lei alzandole il viso e scoprendo quella sensibilissima porzione di pelle sotto l’orecchio. Adam vi si avventò senza pensarci due volte, i loro respiri scoordinati sempre più pesanti e accelerati. Improvvisamente il bacio si interruppe, nessun rumore, nessun movimento. Lei si costrinse ad aprire gli occhi, prima uno e poi l’altro e spalancò la bocca in un’espressione di pura sorpresa guardando la scena davanti a sé: senza che lei se ne accorgesse, Adam aveva recuperato una fragola dal vassoio e ora la mangiava beatamente poggiato contro la testiera del letto – era il ritratto della pace assoluta in quel momento – osservandola divertito.

“Buongiorno, tesoro” esordì lui ridendo e mordendo nuovamente la fragola che reggeva tra le dita. Sospirando rassegnata, afferrò un cuscino e glielo sbatté addosso ridendo e si unì a lui per fare colazione.


 
  
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