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Autore: lamialadradilibri    19/03/2014    2 recensioni
E lì dentro c’era...
Oh, non potrei mai descriverlo a parole.
Era come vedere l’inferno. Era lì, ad un passo da me.
Genere: Suspence, Thriller, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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1.
— Punto primo: non osate fiatare.
Si aggirò tra di loro. Li guardò e fissò intensamente ognuna delle sue vittime. Le apprezzò. Questa volta tra di essi non c’erano né vecchi né bambini – troppo facili e veloci d’ammazzare, noiosi –, ma soltanto ragazzi e ragazze e qualche uomo di mezz’età. Che grande idea attaccare in quel pub malfamato. Se ne rallegrò, sorridendo appena.
— Punto secondo: non provate a scappare.
Guardò una ragazza più degli altri. Bionda, zigomi alti, magra – anoressica, anzi – e ben poco vestita. Era lì per lavoro, e tutti sanno che lavoro. La cosa interessante fu che lei non abbandonò il suo sguardo, né impallidì o arrossì. Lo fissò profondamente, i suoi occhi sembravano un mare infinito e avevano un’aria maliziosa, sadica, sfacciata, superficiale.
— Vi riprenderei all’istante. E torturerei.
— Non ci uccidete? —, domandò qualcuno in fondo. La sua voce era femminile, graziosa, delicata. L’uomo alzò lo sguardo dalla ragazza davanti a sé lo posò sull’altra. Era quasi una bambina. Avrà avuto sì e no diciott’anni, portava un maglione beige e dei semplici jeans – era la ragazza più coperta di tutte, là dentro. Aveva un’aria così sincera, ingenua. Patetica.
Lui odiava quelle così. Le detestava.
Cos’avevo detto?
— Di non... fiatare. — balbettò lei. Impallidì. Oh, ecco una ragazza più normale. — Ma voglio sapere che sta succedendo. Subito.
Quel ’subito’ annullò la pazienza dell’uomo. Batté il piede a terra e ringhiò, quasi: — Vieni qua. Subito!
Odiava ricevere ordini. Tanto più se a porgerglieli erano le sue vittime.
Loro dovevano tacere, punto.
 
2.
Andare lì?
— Perché?
Sarebbe morta, procedendo così. Un uomo, vicino a lei – lo stesso che, poco prima dell’arrivo di questo pazzo, aveva provato a conquistarla con uno sciatto ’ei, pupa’ –, le toccò un gomito; il suo fu un tocco lieve, ma la disgustò comunque. Avrà avuto sì e no quarant’anni, lui, eppure era là a fumare, bere, farsi ragazze. No, non doveva essere così. Lui avrebbe dovuto lavorare, e lei... lei non sarebbe dovuta essere là. Ricordò le parole di sua madre: ’non stare troppo via. Torna all’una’. Era l’una e venti. La sua prima uscita da diciassettenne... Finita così.
Dio mio.
— Io ho detto vieni qui e. Tu. Vieni. Qui!
Lei lo guardò. Anche lui era un uomo di mezz’età, ma aveva un qualcosa d’affascinante. Occhi grigi, tratti del volto decisi, marcati, espressione corrucciata.
Ma per lei non era nessuno. L’avrebbe ammazzato seduta stante, se solo avesse potuto!
— D’accordo. Ma solo io e lei, signor... ? — cominciò, astuta. Le sembrò, lì per lì, d’essere Odisseo. Entrambi astuti, entrambi in una « situazione di merda ». Certo la sua prof. d’epica non avrebbe apprezzato quell’affermazione.
— Vieni qui o verrò io lì!
L’uomo le toccò ancora il gomito. — Vai... — sussurrò, piano. Codardo. — O s’incazzerà con tutti!
— Lo è già. Non toccarmi.
Lei avanzò. Mento alto, spalle dritte, sicura di sé. Aveva un’aria trionfante, gloriosa, era una dea.
Nonostante non apprezzasse la gente che aveva attorno a sé, li avrebbe salvati tutti. Una ragazza le afferrò una mano, quando le passò vicino. Era poco vestita, aveva un’aria stronza e sicura, ed era sicuramente una puttana. Ma la guardò così dolcemente, così preoccupata, così ansiosa... — Sta’ attenta — sussurrò. Aveva gli occhi pieni di lacrime, lacrime vere.
Una puttana dal cuore d’oro. E così la ragazza – Susan era il suo nome, era un nome così aristocratico, così sbagliato, quasi –, si ricordò d’un tratto che lì era circondata da persone. Chi più buono, chi meno. Ma tutte persone. E c’erano solo due mostri – il loro carceriere... e lei.
 
3.
La ragazza s’avvicinò a passo di danza. Altro che verginella!, pensò divertito l’uomo, osservando il suo corpo muoversi ritmicamente. Un passo dopo l’altro, e lui se ne sentì catturato. Quando quella si fermò a parlare con la ragazza dagli occhi sfacciati; si scambiarono qualche battuta e lui, contro ogni sua regola, le lasciò fare.
Poi la bambina si voltò. Lo fissò. Nel suo sguardo c’era qualcosa... Un che di malvagio, sì. Era così indifesa. Oppure no? Non lo sembrava davvero. Dentro lei c’era qualcosa... Qualcosa che non andava.
Si potrebbe dire lo stesso di me, pensò l’uomo e si dimenticò di quei pensieri velocemente. Li scartò, non li considerò degni d’importanza.
Quale errore.
— Ti muovi, stupida?
’Stupida’? Davvero non aveva saputo trovare insulto più pesante e più adatto?
Ma lei non era né pareva una stupida. Anzi.
Lei si limitò a fissarlo. Lui s’irrigidì, s’infastidì. Che aveva tanto da guardare, eh?
— Sì, ma certo. — bisbigliò lei. Così piano che lui quasi non la sentì e, in un secondo, ella tornò ad essere un’inutile bambina, una stupida, una sciocca, un’odiosa. L’uomo scordò ogni sua considerazione su di lei, si dimenticò tutto. Era bravo a farlo, ma non era certo un bene.
Quale errore.
— Sì, ecco... Hmmm, non potremmo parlare un tantino più soli? — domandò la ragazzina; s’infilò una mano tra i capelli e, con il mento, indicò le molte persone stipate nella stanza.
E lui scordò tutto. Il motivo per il quale erano lì, cos’era lui stesso, perché era diventato in tale modo ...
Nulla era importante.
Quale errore.
— Sì, vieni. Stupida — aggiunse, più per dovere che per volere.
E si voltò, la condusse con sé in un’altra stanza vuota.
Quale errore.
 
4.
Le persone, lì dentro, si stavano già agitando. C’era chi ipotizzava di scappare, chi piangeva o pregava. Tutti sembravano essersi scordati cos’erano stati fino a mezz’ora prima.
Ma io no. Kate Ross. Una ragazza di poco conto, di strada. E sì, vivevo con pochi soldi e mal guadagnati.
Me ne ricordai per ogni secondo. Non pregai – non avevo un dio.
Non piansi e gemetti – non avevo persone care a cui pensare, a cui sarei mancata.
Non pensai di scappare – la mia attenzione era catturata da qualcos’altro.
Mi avvicinai alla porta da dov’erano spariti i due. Nessuno mi guardò e neppure qualcuno mi fermò, nessuno si accorse di ciò che facevo.
Poggiai l’orecchio sul legno e... Sì, avevo sentito bene.
Gemiti.
Non felici, no... gemiti di dolore. Urla trattenute.
D’un uomo.
Che stava accadendo là dentro?
Per un secondo ipotizzai d’entrare. Magari la ragazza aveva bisogno d’aiuto, eppure... All’inizio mi era sembrata una normale diciottenne. Ma no, non lo era... Non era né maggiorenne, né normale.
In lei c’era qualcosa di marcio.
Ma era un marcio buono – esiste un marcio buono? – e subito avevo provato affetto nei confronti dell’altra.
Sta’ attenta!
Gliel’avevo infine detto.
Senza pentimento.
Kate Ross. Non ero solo una puttana.
Ero innanzitutto una persona.
— Ti prego, basta... — sussurrò una voce, da lì dentro. Così piano che  faticai sentirla, tra i lamenti e i pianti e le preghiere e le voci. — Vi libererò!
— Per uccidere altri poi? No, grazie.
Mi ucciderai? Qui? Così? Tu?
— Oh, sì.
Il mio cuore cominciò a battere fortissimo. Mi assordò quasi.
Oddio.
La ragazzina stava avendo la meglio; incredibile, ma vero.
Mi massaggiai le tempie. Più cercavo di sentire, meno ci riuscivo.
— Oh, padre nostro... Te che nei cieli sei ...
Non sentivo nulla.
— Proteggimi!...
mi voltai
Un uomo pregava.
Un sudicio, un truffatore.
— Perché giuro, sarò buono ...
Sta’ zitto!
Nello stesso momento nel quale lo dissi, adirata – avrei solo voluto vederlo morto! – la porta s’aprì e sbattè contro la mia spalla. Caddi, dolorante.
Dalla stanza uscì la ragazza. Era macchiata di sangue e sorrideva.
Subito pensai: è bellissima.
E lo era.
Era l’angelo vendicatore, era la nostra salvezza.
Mi guardò, sorridendo. — Scusa — sussurrò, con un sorriso compiaciuto.
Non mi aiutò a tirarmi su. In qualche modo, seppi che lei sapeva ch’ero in grado di rialzarmi sola.
Ero forte, io.
Come lei.
— Andiamo via, su — c’invitò; con un calcio forzò la porta d’accesso all’inferno e l’aprì. La luce entrò e ci abbracciò e lei uscì, senza dire una parola.
Sapevo che non l’avrei mai più rivista, così urlai: — Grazie! — e fui l’unica.
Lei non replicò.
Mi voltai verso l’altra stanza. Metà delle persone erano già fuori, poi c’era chi, scioccato, non si muoveva più.
E lì dentro c’era...
Oh, non potrei mai descriverlo a parole.
Era come vedere l’inferno. Era lì, ad un passo da me. bruciava, il sangue colava, la bocca era aperta – un invito ad entrare, a cedere al male –. Sembrava urlasse, sì, un urlo infinito e morto.
L’uomo se ne stava ancora in piedi, sì. Ma non per forze sue.
L’aveva impalato, ma non era questa la parte peggiore...
Ed io so che non dimenticherò mai quell’ immagine.
L’ immagine di ciò che un angelo è in grado di fare, pur d’avere libertà. Pur di poter spiegare le sue ali.
Gli aveva cavato gli occhi.
Indescrivibile.
Stupendo.
Corsi fuori di lì. Non per orrore, né paura.
Volevo vederla, dirle ch’era fantastica.
Che l’amavo. Sì, l’amavo.
Lei era dall’altra parte della strada.
Per un momento pensai di vederla librarsi in aria grazie ad enormi ali nere.
Invece si limitò a salutarmi col capo e se ne andò, camminando. Ora aveva un’aria quasi trasandata, sicura di sé, fiera.
Gloriosa, sì.
Era gloriosa.

Saaalve. Sì, sono ancora qua. Questa storia è un po' diversa dall'altra ( Brad Norton ), in primo luogo perché il titolo, a confronto, è chilometrico. Poi perché non è raccontata in 3a persona, ma in 1a ( ha comunque più personaggi, però ). Spero sia accettabile ..Non so, "leggibile" andrebbe bene. Ok, forse miro troppo in alto, pazienza. ç.ç Fatemi sapere com'è. Se vi è, o non è, piaciuta..Perché .. Se ne volete altre o volete che smetta di scrivere (cosa che, ahah, non farò mai ). Eccetera.
A presto,
meme1
  
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