Coup de théâtre

Appena notò il verde del semaforo morire sotto l’arancio, Allen accelerò immediatamente il passo per affrettarsi e così attraversare la strada, ma prima di poter solo raggiungere le strisce pedonali vide il carminio del segnale d’arresto brillare dispettosamente, rendendo vano ogni suo sforzo; rallentò piano fino a fermarsi al bordo del marciapiede con un leggero fiatone, in attesa di poter riprendere il tragitto.
Premette il pulsante rosso sul palo e fissò il semaforo.
Arricciò un angolo della bocca e guardò l’orario sul display del cellulare. Sbuffò: mancava poco all’incontro, qualche minuto, e agli altri aveva promesso che sarebbe arrivato in anticipo, così da rivedere il tutto insieme.
Sbuffò nuovamente, maledicendo quel semaforo che, come i precedenti, sembrava prediligere lo scorrimento dei mezzi.
Un breve tintinnio lo avvisò del messaggio appena ricevuto e, pigiato il tasto di conferma, trovò Lavi come mittente di quelle poche righe in cui chiedeva la sua posizione, se si fosse perso ancora nonostante i mesi trascorsi a fare quella strada e il motivo di tale ritardo.
Allen rimise il cellulare in tasca e non si preoccupò di rispondere al messaggio, incurante dell’apprensione o delle possibili sollecitazioni del fulvo; quello dinanzi a lui era, nella cartina della sua memoria, l’ultimo semaforo del percorso e con passo svelto sarebbe arrivato a destinazione in circa cinque minuti.
Un fischio annunciò lo scambio dei colori e, quindi, delle circolazioni, e il diciassettenne superò le strisce pedonali in poche falcate.
Passò per vie affollate ricche di piccoli negozi, dove il transito delle automobili era sporadico; oltrepassò la grande e silenziosa cattedrale, le due librerie e l’edicola; ignorò la gelateria, dove solitamente amava comprare una dolcezza insieme a Lavi o con gli altri.
Imboccò la piccola stradina di fronte al parco e la percorse velocemente, una mano sulla pesante borsa traboccante di libri.
Udì la melodia di un incerto violino accoglierlo dal conservatorio vicino. Sorrise e superò le due macchie d’erba che adornavano l’entrata; salì i gradini, aprì l’ingresso ed entrò, accompagnando poi la porta per attutirne il rumore nonostante la fretta.
Salutò con gentilezza i responsabili dell’edificio ed entrò, finalmente, nella grande sala.
Aggirò la tribuna con passi lievi, silenziosi, osservando i compagni immersi nell’interpretazioni dei ruoli o nell’allestimento delle prove.
Avanzò ancora con titubanza, svelandosi a Lavi che, testo in mano, si voltò verso di lui, seguito da Linalee, anche da Kanda. E insieme sgranarono gli occhi.
Allen accennò un sorriso dispiaciuto e strinse fra le dita la sciarpa color crema – che tutti si imposero diligentemente di portare, in quel mese che li allontanava dal debutto – . «Scusate…»
Kanda grugnì a quel tono di voce, la ragazza gli diede una pacca sul braccio.
Il rosso sorrise e si avvicinò al giovane. «Mal di gola e raffreddore, eh?» valutò, notando il rossore al naso e alle guance.
«Mi rimetterò subito…» promise il diciassettenne con tono mesto mentre si liberava del peso della tracolla.
Lavi sorrise di nuovo; gli cinse allegramente le spalle e accennò una risata. «Sai…» cominciò, guardandolo negli occhi grigi e lucidi. «Nel teatro ci sono sempre degli imprevisti. La bravura di un attore è nel saper camuffare e trasformare queste situazioni» .
Il rosso lo fissò e gli diede un’affettuosa pacca sulla spalla, guidandolo verso gli altri due. «”Vendere un errore come sublime arte”, ricordi?» .
Allen annuì con un debole cenno del capo.
«Impasticcati moyashi, così risolviamo tutto» fu il commento sprizzante di Kanda.
La diciassettenne lo ammonì con un pizzico sul braccio – il medesimo - e Lavi tentò di placare l’ira del giovane.
«Forza ragazzi, proviamo!» informò a gran voce la direttrice battendo forte le mani. «E senza copione!» aggiunse, avvicinandosi poi verso il boccascena.
Tutti annuirono e si diressero alle loro posizioni.
Lavi si avvicinò alle tribune e lasciò il copione sul primo gradino, affiancato da Allen che si sfilò la giacca, abbandonandola lì vicino.
«Non toglierti la sciarpa» consigliò il più grande, e lui obbedì.
Il ragazzo sorrise e gli colpì scherzosamente la punta del naso con l’indice, facendolo trasalire di sorpresa. «Rimettiti, hm? Non mi piace vederti ammalato» e corse ad unirsi ai compagni.
Allen si coprì il naso con le mani e mugolò contrariato, le gote di un improvviso e più intenso rossore.
«Stupido Lavi!» .