Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance
Ricorda la storia  |      
Autore: thedevilsmile    22/03/2014    1 recensioni
Mi volto in tempo per vedere il ragazzo che si spinge piano verso il mio volto sorridendomi e pulendomi la faccia da una macchiolina di sangue ormai secca. Poi si avvicina fino a far combaciare nostre labbra secche e distrutte e tutto in quella notte grigia ritrova il proprio colore.
Quel bacio caldo e secco che sapeva di mare e di frutti esotici, ma anche di tristezza e delusione, di paura e di gioia, quel bacio che portava tutte le emozioni della vita fino ai miei occhi per gustarle, forse, un’ultima volta. Qualcosa in me ricomincia a vivere.
[Questo è per lo scioglimento, questo è per loro.]
Genere: Azione, Introspettivo, Mistero | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Frank Iero, Gerard Way | Coppie: Frank/Gerard
Note: Lime, Missing Moments, What if? | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Disclaimer; i personaggi di cui scrivo non mi appartengono e non scrivo a scopo di lucro.

Note; ci sono delle parti un po' cruente, non ci sono scene di sesso ma il raiting è principalmente per qualcosina di macabro. Se avete lo stomaco debole non so se vi convenga leggerla, ma comunque non mi sembra di averci messo molte parti. 


Skyline and Turnstiles

 


Solo.

Non mi sono mai sentito così solo. Anche se siamo in molti, qui, appoggiati stancamente a un muro grigio di una strada troppo vuota per essere davvero quella principale della metropoli.

Tremo, ma non di freddo, non tremo nemmeno per la paura. Io non ho paura. Io credo di essere abbastanza morto, ora come ora.

No, è improbabile. Sento la gamba pulsarmi, ma proprio oggi doveva decidere di esplodere una vetrina? Veramente la domanda dovrebbe essere, proprio oggi ho deciso di prendere un appuntamento per un colloquio di lavoro? Avrei potuto starmene a casa. Adesso sarei con Mikey e avrei un’idea di dove potrebbe essere il mio cellulare. Già, l’ho perso.

In realtà nemmeno io so dove sono, la mia mente è annebbiata completamente, sto in piedi per miracolo, o per lo spavento, credo che sia quello a tenere le mie gambe rigide. Ci sono altri qui, ma non possono aiutarmi, ne avrebbero bisogno più loro, di un aiuto. Come ci sono arrivato qui? Davvero non lo sapete? Oh, beh, non è stata lunga a dire il vero. Ero uscito per un colloquio di lavoro quando hanno fermato la mia macchina,  mi hanno portato via  a forza prima che un pezzo di metallo sfasciasse completamente la parte anteriore di quel catorcio che dovrebbe essere da rottamare ormai, lanciandola indietro e facendola praticamente esplodere, e con lei anche la vetrina vicino a me, facendomi schizzare un pezzo enorme di vetro sulla gamba.

Ora sapete perché sanguino, beh,  è comunque tutto collegato al perché io sia contro un muro, tremante, allo stremo delle forze e con in mente solo una cosa; la morte.

Già, brutta cosa, vero? Io oggi l’ho vista, la sto vedendo anche adesso, quel ragazzo.. quel ragazzo vicino al marciapiede si è appena accasciato vicino a una signora, lei strilla con il volto insanguinato, vorrebbe aiutarlo ma ha capito che non c’è più niente da fare. Era ridotto così male. Non riesco a piangere, tutto in me è seccato, anche le lacrime, come la saliva. Avrà avuto l’età di Mikey, non so se capite, era così fottutamente giovane. Spero che stia bene, Mikey, io non so se tornerò a casa, le gambe non ne vogliono sapere e io non posso tornare da quel lato di New York, lo hanno bloccato, hanno messo tutti in allerta, ma tardi, troppo tardi.

Comunque, dicevo, casa mia si trova dall’altra parte della zona ‘bloccata’ e io non ci posso tornare fino a quando non avranno sistemato tutto. Beh, prima che sistemino questo disastro invecchierò contro a questo muro.

Oddio, no.

Un bambino sta camminando, si tiene il braccio, deve essergli imploso qualcosa addosso anche a lui. Solo che il braccio non è intero, la parte sopra la mano è tranciata e lembi di pelle insanguinati scendono come le frange di un’orridissima felpa. No, i bambini no, vi prego. La donna strilla, ancora, accorgendosi di quel dettaglio, credo che stia impazzendo. Non la biasimo, anche io faccio fatica a rimanere lucido, vorrei solo dormire, ma in questi casi sarebbe un errore gravissimo; potrebbero credermi morto. Io sono vivo, e voglio tornare da mio fratello.

Il cielo, sopra di me, è grigio e nuvoloso, c’è polvere ovunque, per un momento penso che ci sia polvere su tutta l’America.

In un negozio di elettronica c’è una televisione rimasta accesa, mi perdo guardando il disastro e le torri che cadono davanti ai miei occhi. C’è il panico, e le fiamme, e il fumo. Lì dentro c’era un mucchio di gente, cazzo, ci saranno milioni di morti!

Io sono vivo.

Sul serio, è difficilissimo per me crederci.

Le riprese si spostano, vedo gente a terra insanguinata, con parti del corpo mancanti, addirittura fatta letteralmente a pezzi. Ho un nodo alla gola che non riesco a sciogliere. Sento qualcuno che vomita rumorosamente vicino a me, sì, sono ancora contro al mio muro ma sono riuscito a rivedere tutto, ho una bellissima vista. Quel qualcuno è deciso a espellere l’anima, dio santissimo, nemmeno prova a smettere. Mi volto e lo vedo; anche lui è giovane, avrà la stessa età di mio fratello, e anche lui è vivo. Certo, ridotto parecchio male, come tutti, ma vivo. Come me. Tra vivi ci si dovrebbe aiutare, no?

Mi avvicino piano e gli poggio una mano sulla schiena, si irrigidisce ma le forze gli mancano e cade. E’ riuscito a farmi muovere, la gamba non mi fa nemmeno male. Cerco di spingerlo contro al muro per fare in modo che possa sedersi e riposare, sento che oppone resistenza ma mi lascia fare, sta abbastanza bene a parte i conati.

Spalanca gli occhi e rivedo me stesso negli occhi nocciola, sono lucidi per lo sforzo di spingere fuori un polmone vomitando. La mia faccia è uno schifo, è anche peggio del solito, ma non credo sia un problema ora, anche perché nessuno è messo meglio. Cerco di asciugargli un rivolo di sangue che scende dalla testa ma lui si schiaccia contro al muro, non posso fare a meno di sorridere; << Tranquillo, l’era degli zombie è ancora lontana, sono umano e intenzionato a diventare vegetariano dopo tutto questo. >>

Tento sempre di rendere un po’ più leggera la situazione, non voglio che perda la testa come la tipa vicino al marciapiede, che tra l’altro ora non urla nemmeno più, si tiene solo la testa scuotendola tragicamente a destra e a sinistra. Lo so, ma è terribile per tutti.

Intanto finisco di prendermi cura del ragazzo, poi mi siedo vicino a lui, chissà per quanto rimarremo qui.

<< Grazie. >>

Scuoto una mano nella sua direzione, davvero, non mi importa. Non sono un generoso e nemmeno un santo, ma quando vedi persone morte e gente senza più un braccio qualche pensiero sulla tua misera esistenza è normale che ti venga.

<< Sono Frank. >> si presenta, senza allungare la mano, e lo ringrazio molto per questo; non voglio venire ancora a contatto con il sangue, non lo sopporterei.

<< Gerard. >>

Come mai il mio nome sembra non avere il minimo senso, adesso? Mi sento come un robot, avrebbe senso avere un nome quando tutto ti sta crollando in testa?

Arriva una specie di poliziotto, non lo saprei dire, lo vedo solo gesticolare davanti alla donna che non lo guarda nemmeno, forse ha paura che anche a lui manchi qualche parte del corpo. Sembra che voglia farla muovere perché la tocca, e lei si alza, ma poi ricade tenendosi le mani sugli occhi e lui, momentaneamente, rinuncia. Penso che adesso andrà dal bambino, dovrebbe decisamente disinfettare il tutto e sperare che non debbano amputargli tutto il braccio, invece lui guarda il ragazzino e fa una specie di espressione schifata. ‘Cazzo,’ mi viene subito da pensare ‘fa schifo a tutti ma sei un ufficiale, non lo puoi lasciare lì!’. Ma lui non fa nulla e il bambino rimane appoggiato al muro, seduto, mentre si tiene quello che rimane del suo braccio.

Vedo il poliziotto venire verso di noi, qualcuno qui vicino si alza e gli va incontro, io decido di non muovermi per nulla al mondo e Frank sembra essere della mia stessa idea.

<< Coraggio ragazzi, tutti in fila. >> dice, non sembra crudele, o spietato, o cattivo. Sembra molto rilassato, come uno abituato a vedere tragedie del genere ogni giorno, deve vivere vicino al set di qualche film horror, probabilmente.

<< Perché? >> chiedo.

Sembrerebbe stupido, e infatti l’uomo di colore mi sta guardando come se lo fossi effettivamente, ma non lo sono. Ho appena rischiato di morire e non sono del tutto sicuro di essere fuori pericolo, senza spiegazioni non muoverò un muscolo.

<< Sentitemi, io ho altre persone da portare via, in salvo, non rendetemi il lavoro difficile. Se riuscite a camminare avviatevi verso l’automobile e formate una fila. >> ci spiega.

Eh no, vaffanculo.

<< Ah, così lei avrebbe altre vite da salvare. >> sibilo.

Il poliziotto mi guarda come se fossi diventato improvvisamente la Madonna; << Mi sembra abbastanza ovvio. >> risponde alla fine.

<< Benone, cominci allora da quel bambino laggiù. >> dico indicando con la testa quella povera anima.

<< Non può essere salvato, non è compito mio. >> replica fermamente.

No, un attimo, l’ha davvero detto?

<< Molto bene, allora anche io non sono compito tuo. >> dichiaro rimanendo fermo nella mia posizione.

<< Dal tuo aspetto devi avere superato i diciotto da qualche anno, sei abbastanza grande per decidere da solo se e di che morte morire. >> spiega sibillino.

Senti, coso, mi è quasi esplosa una macchina addosso e sono ancora qua, sanguinante ma vivo, quindi va’ un po’ a farti fottere.

<< Ragazzo, forza, andiamo. >> continua poi addolcendo di molto il tono e rivolgendosi a Frank.

Mi accorgo troppo tardi del ringhio che sta uscendo dai miei denti stretti, sembro un cane randagio.

Lui guarda spaesato il poliziotto e me, come se fossimo a un’interrogazione e potessi suggerirgli la risposta. L’uomo, vedendo la sua esitazione e le occhiate che continua a lanciarmi ci guarda entrambi; << Siete parenti? O amici? O comunque, vi conoscete? >> chiede un po’ spaesato. Come pensavo Frank non dice nulla, quindi toccherà a me, sto cominciando a odiare il suo silenzio continuo; << Sì, ci conosciamo. >> dico fermamente.

<< Da tanto? >> chiede ancora. Ma che importanza ha?

<< Beh, sarà dalle elementari. >> bluffo con convinzione.

<< Quindi siete.. amici? >> domanda.

Ma cosa cazzo gliene frega, a lui?

<< Non proprio, >> comincio prendendo un bel respiro, potrebbe essere la scena conclusiva se lui sta al gioco e se io sono abbastanza bravo, ma deve partecipare anche lui; << veramente io e Frank siamo fidanzati. >> finisco di dire.

Okay, gli occhi del ragazzo ora sono larghi quasi come due palline da tennis, ma dovreste vedere quelli del poliziotto! Ragazzi, vorrei che i miei occhi potessero diventare gli obbiettivi di una macchina fotografica, vi giuro che morireste dal ridere!

<< Ah.. oh.. mh, bene. >> balbetta passandosi una mano sulla testa e facendo cadere il capello per poi raccoglierlo imbarazzato; << Ma.. davvero non vuoi.. beh, ecco.. >>

Guardo il ragazzo, stavolta tocca a lui decidere, non posso impedirgli di andare se vorrà salvarsi, ma qualcosa in me, diciamo una piccolissima parte in qualche buco dimenticato della mia anima vorrebbe che restasse. Sorrido pensando che una volta era molto più semplice e spontaneo fare questi pensieri e mi perdo in quei tempi.

Ero tornato alla realtà quando la voce, un po’ roca per la recente vomitata, ma comunque chiara e cristallina del ragazzo mi aveva sfiorato i timpani; << Dove ci vorreste portare? >> aveva chiesto ingenuamente.

<< Abbiamo allestito un campo in una vecchia fabbrica a circa un’ora e mezza da qui, senza traffico anche meno, poi sarete riportati a casa quando la situazione si sarà stabilizzata, >> aveva cominciato a dire, per poi aprire le labbra in un ghigno; << certo, se vuoi tu puoi stare anche in camera mia. >>

Il ringhio di prima era tornato sulle mie labbra, ma adesso sapevo di poter dire qualcosa.

<< Senta, io e Frank stiamo qui e lei farebbe meglio ad andare a aiutare quel bambino invece che provarci con il mio ragazzo, altrimenti le potrebbe accidentalmente saltare la testa e nessuno crederebbe che sia stato io perché qui, la testa, è saltata a almeno un centinaio di persone! >> gli urlo praticamente in faccia alzandomi, e anche se è più alto di quasi quindici centimetri so di averlo spaventato.

<< Potrei denunciarti per questo, sai? Non si scherza su queste cose. >> mi ammonisce.

<< Oh beh, certo, è reato minacciarla di una cosa alquanto fattibile ma non è reato lasciare che un bambino muoia perché dissanguato! >> replico, con la voce ancora troppo alta per essere normale.

<< Smettila di usare questo tono con me o giuro che ti faccio saltare il cervello! >> minaccia il poliziotto estraendo la pistola per rendere credibile il tutto.

<< Allora fallo. >> dico sibilando.

Istintivamente l’uomo alza la pistola ma non spara, gli occhi sono fissi sulla mano testa di Frank che arriva proprio alla canna della pistola, è pallido e molto stanco, si regge a fatica in piedi, ma ha usato le sue poche forze per impedire a me di morire.

<< Agente, non fa nulla, io e.. il mio ragazzo rimarremo qui, stiamo bene, magari controlleremo che non ci siano feriti gravi a cui prestare qualche soccorso immediato. Mi farebbe davvero un grande favore, però, se portasse quel bambino in un’infermeria, ne ha bisogno. >> spiega con voce calma.

L’altro diventa buono come i bambini quando arriva l’ora della storia prima di andare a nanna, gli sorride e gli promette che lo aiuterà, salutandolo e dirigendosi subito verso il piccolo. Con mia sorpresa se lo carica in spalla e cerca anche di farlo ridere! Credo di avere la bocca spalancata, adesso, e non rimarrei sorpreso se adesso dovessi sentire la mia mascella toccare il terreno.

<< Basta essere gentili e non sclerare addosso a un poliziotto armato. >> risponde lui alla mia domanda implicita.

<< Ma l’hai sentito? Ti avrebbe stuprato se non ci fossi stato io. >> cerco di difendermi, in effetti allo stupro quello ci aveva pensato, e bene.

<< Non sei tenuto a difendermi, e comunque sarebbero bastate due paroline dolci e quello mi avrebbe lasciato andare per poi punirsi a frustate per quello che aveva pensato di fare. Era ovvio, pendeva dalle mie labbra. >> spiega come se sapesse la psicologia umana a memoria.

Alzo le spalle e poi mi appoggio di nuovo al muro. Sento dei rumori in lontananza, come delle macchine, e poi degli altoparlanti che gracchiano;

Attenzione, si prega di raggrupparsi tutti in fila indiana in mezzo alla strada per essere portati al sicuro. Ripeto; tutti in mezzo alla strada per essere portati al sicuro. Attenzione.

Lo ripete due o tre volte, e il suono si fa sempre più vicino, guardo la strada davanti a me e vedo due uomini vestiti molto più scuri del poliziotto di prima caricare di peso una donna e sbatterla su un camion, come se fosse un sacco di farina.

Questi col cazzo che ci lasceranno in pace.

<< Frank, dobbiamo andarcene. >> gli dico senza accorgermi che lui, già in piedi, mi ha appena afferrato il polso e si sta guardando intorno.

<< Andiamo di qua, la voce viene dalla strada a destra, se entriamo in questo vicolo prenderemo una di quelle secondarie e forse raggiungeremo l’altra parte della zona bloccata senza che qualcuno ci fermi. >> dice, ma le sue parole sembrano cercare una sicurezza in me; << Sì, circondiamo la zona, le Torri sono quasi al centro, possiamo passare in periferia. >>

Prima che un carro passi e ci carichi noi attraversiamo la strada sparendo nel buio del vicolo.

Dopo poco sentiamo la donna che era sul marciapiede con la testa tra le mani urlare, dice che siamo scappati, che siamo andati in un vicolo e che devono prenderci. Istintivamente strattono il mio polso per farmi mollare, ma non appena capisco che Frank non ha la forza necessaria per correre gli afferro saldamente la mano e cerco di trascinarlo con me, non ci mettiamo molto a seminare i nostri inseguitori.

Stiamo ansimando appoggiati al muro di quella che era una villetta stile vintage, davvero molto carina e ben pitturata per essere in una periferia del genere. Mi accorgo che le mie gambe si sentono ancora agili, e vorrebbero tanto correre fino a casa, fino da Mikey, per abbracciarlo e raccontargli tutta la mia avventura. Il problema sono le gambe di quello che ho spacciato per il mio ragazzo, le sue non vedono l’ora di scavarsi una fossa e di morire indisturbate e sole.

<< Ce la faccio, andiamo. >> cerca di convincermi Frank come se mi avesse letto nel pensiero, ma non appena prova a muovere un passo cade in avanti e si sarebbe rotto il naso se io non lo avessi afferrato.

<< No, non ce la fai, dobbiamo trovare un posto per riposare. >> spiego con un tono che non ammette repliche, e i miei occhi puntano subito l’abitazione che avevo adocchiato prima.

Mi avvicino alla porta e la trovo, comprensibilmente, aperta. Spingo piano e faccio entrare Frank non appena mi accerto che non c’è nessun pericolo che ci crolli sulla testa. Dentro è come fuori, molto semplice e antica, con uno stile comunque fantastico e morbido, non c’è uno straccio di polvere quindi i suoi padroni devono essersene andati davvero da poco. Ovviamente la corrente elettrica è saltata e non ho idea di dove sia il contatore, quindi accendo qualche candela e benedico chiunque abbia deciso di lasciare in mezzo al salotto una stufa decorativa. Controllo nel frigorifero e cucino qualcosa di veloce, la fame in me comincia a farsi sentire, mi dispiace molto per i proprietari della casa e mentalmente mi appunto di lasciare almeno qualche dollaro e un biglietto di scuse. Frank mangia e poi si appoggia stancamente al divano prendendo una coperta di un disgustoso color giallino e se la tira fino al collo. Io, invece, mi perdo a osservare la mobilia così antica ma allo stesso tempo moderna, quel comodino in legno scuro con un piccolo dipinto alla base.

Rimango lì fermo a fissare il nulla, pensando che forse il mondo voleva farmi capire che stavo seguendo la strada sbagliata, che in realtà sono nato per altro. Vedo un foglio, subito lo afferro e cerco una matita, mi metto a scribacchiare tutto quello che è successo, sono parole anche un po’ inventate, sto buttando tutto quello che il mio cuore mi sta dettando. Forse potrei ricavarne qualcosa da questo, sembra quasi una poesia, il mondo mi sta dicendo che devo diventare un poeta? Immediatamente sento Frank fischiettare qualcosa e accennare un ritornello di una canzone, dev’essere vecchia ma la musica accompagna bene anche ciò che c’è scritto sul foglio. Una parola mi balena in mente;

Canzone.

Le mie illuminazioni vengono interrotte da un rumoraccio, una specie di scossa di terremoto, e la casa comincia a penzolare pericolosamente.

In un attimo balzo sul divano, afferro Frank e lo trascino quasi di peso in strada, poi ci allontaniamo sempre tenendoci per mano mentre i muri dove poco prima avevamo deposto le nostre speranze crollano davanti ai nostri occhi. Poco dopo altre due case fanno la stessa fine convincendoci a proseguire.

Ho lasciato il foglio in casa, ma ho le parole in testa, stanno faticando a scomparire. Allora è questo quello che devo fare? Non avevo finito il testo, mi manca la parte finale ma ho tempo per pensare, o forse no? Forse morirò lasciando incompleta quella schifezza.

Arriviamo a un ponte, un ponte non troppo grande, un ponte troppo vuoto per essere normale. La notte è calata e la città è immersa nel buio, non c’è differenza tra barboni e uomini ricchi quella notte, sono tutti sotto a un cielo stellato che pregano perché non gli crolli addosso anche quello.

<< Grazie. >>

Mi volto in tempo per vedere il ragazzo che si spinge piano verso il mio volto sorridendomi e pulendomi la faccia da una macchiolina di sangue ormai secca. Poi si avvicina fino a far combaciare nostre labbra secche e distrutte e tutto in quella notte grigia ritrova il proprio colore.

Quel bacio caldo e secco che sapeva di mare e di frutti esotici, ma anche di tristezza e delusione, di paura e di gioia, quel bacio che portava tutte le emozioni della vita fino ai miei occhi per gustarle, forse, un’ultima volta. Qualcosa in me ricomincia a vivere.

<< Moriremo, vero? >> mi chiede il giovane appoggiandomi la testa sulla spalla.

<< E’ probabile. >> rispondo prendendo atto di quello che potrebbe succedere da un momento all’altro.

<< Forse tutto questo succede perché il mondo vuole qualcosa di migliore. >> sospira Frank e mentre lo dice e si abbandona al sonno su quel prato umido e sulla mia spalla.

Il mio cervello fa comparire l’immagine della lettera e l’ultimo pezzo si compone quasi da solo mentre sorrido sinceramente per la prima volta dopo mesi e la mia voce, la mia voce conferma tutta la mia nuova vita.

<< Allora diamogli un altro motivo. >> 

 

buonsalve a tutti c:

sono tornata molto prima di quello che pensavate, uh? Ammettetelo che vi mancavo.

 Comunque, sono tornata, ma non con una fanfiction, questa è una One Shot - mi sento tanto il Capitan Ovvio della situazione - e l’ho scritta un po’ di tempo fa in verità, però non riuscivo a trovare il finale giusto e questo mi è venuto in mente in seguito quindi non l’ho mai pubblicata.

Allora, qualche informazione, uh? Bene; la prima è che questa storia (?) è stata scritta basandosi su una canzone dei MCR, Skylines and Turnstiles da qui, appunto, il titolo. Ci sono espliciti riferimenti alla traduzione della canzone che non vi metto perché, beh, se volete leggerla si trova facilmente :3 ebbene, poi ho deciso di parlare dell’11 settembre perché è qui che TUTTO EBBE INIZIO. *parte musica tragica*

Lo so, lo so, vi capisco. Comunque, questo è un omaggio Frerard alla mia band preferita, l’idea iniziale era di mettere tutti i membri, ma poi con la traduzione non riuscivo ad accordare, quindi alla fine è andata così. Sono sicura comunque che ci sarà qualcuno che farà qualcosa di generale, e se non ci sarà comunque tutti noi lo faremo nel nostro cuore, perché quei ragazzi fanno parte del nostro cuore. Nel mio caso lo hanno formato, davvero, sarei diversa se non li avessi scoperti. La devo smettere se non voglio mettermi a piangere come l’anno scorso, quindi bando alle ciance inutili, solo una cosa, io li avrei voluti vedere.

Puntoestop, bene bene bene, direi che, non lo so, come tributo ai My Chem volevo fare qualcosa di migliore di.. questo. Davvero, mi sembra mediocre come cosa, se non uno schifo totale, nonostante tutto è qualcosa che veniva da me quindi l’ho pubblicata comunque, in caso mi prenderò gli insulti di vuoi buone anime :’)

Ebbene, io credo di aver finito, non so quando mi rivedrete, ma dopotutto sono sempre in circolazione quindi credo presto, anche perché ci sarebbe un lavoretto che.. no, la smetto di spoilerare, giuro, vi basti sapere che io ci sono e vi osservo (sì, era una minaccia).

Haha, me ne vado per davvero adesso.

A presto dolcezze, continuate a correre, mi raccomando.

Love,

thedevilsmile.

 

P.S adoro questa foto, non potevo non metterla.

p.p.s l'originale era - ovviamente - senza Bob, ma mi sono rifiutata. Bob DEVE esserci. Apprezzate la mia idiozia <3

  
Leggi le 1 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > My Chemical Romance / Vai alla pagina dell'autore: thedevilsmile