Flavour. Parte 1.


Allen appoggiò le labbra fredde sulla sua pelle. Lo faceva sempre. Nascondeva il viso contro il suo collo e lo sfiorava con le labbra. Allora Lavi, cercando di resistere, lo stringeva un po’ di più e quasi ridendo gli chiedeva di non farlo.
Inizialmente provava con la scusa che gli faceva il sollettico, e che era freddo e gli dava i brividi. Ma non funzionava più -nonostante le prime volte il più piccolo si fosse precipitato ad allontanarsi imbarazzato, scusandosi, non capendo perché poi Lavi scoppiava a ridere e lo stringeva di nuovo tra le braccia.
Ora Allen sorrideva leggermente e si premeva di più contro il corpo dell’altro, sfiorandolo con il respiro tranquillo che, in effetti, gli faceva un po’ il solletico. Però non staccava la bocca dalla sua pelle.
Almeno finché Lavi alla fine confessava, e gli chiedeva di allontanarsi o non avrebbe resistito alla tentazione. E l’inglese, per tutta risposta, faceva uscire la punta della lingua e gli sfiorava il collo, cercando di non ridere.
Sapeva già che l’altro avrebbe fatto finta di lamentarsi un po’ del suo comportamento, e intanto l’avrebbe spinto piano verso il letto.
Allen allora gli circondava il collo con le braccia, sperando che si abbassasse sul suo viso per baciarlo seriamente.
E quasi istantaneamente Lavi ubbidiva, come se seguisse una parte che avevano già provato mille volte. Premeva le labbra contro le sue più morbide e non le lasciava finché non lo aveva schiacciato contro il materasso.
Appena poteva, Allen sorrideva di nuovo leggermente, con il respiro un po’ affannato. Poi, stringendosi all’altro, appoggiava di nuovo le labbra sul collo.
Con una mano stringeva il tessuto della sua maglia, e tirava leggermente per spogliarlo di più.
Lavi lo lasciava fare, aspettando.
E il piccolo inglese si sporgeva di nuovo verso l’altro, imprimendo il segno rosso del suo passaggio. Passava la lingua sulla spalla ormai scoperta, calda, lenta come se volesse afferrare un sapore vago.
Un sapore familiare ma troppo lontano nei ricordi. Qualcosa che era certo di aver incontrato ma non sapeva quando l’aveva conosciuto.
E non importava che lo mordesse piano piano ogni volta per assaggiarlo, ormai da tante volte. Non riusciva mai ad afferrare quel ricordo.
-Lavi…- mormorò socchiudendo gli occhi, rapito da una momentanea nebbiolina che gli intorpidiva la mente. Era sicuro, quel nome che gli sfuggiva, ce l’aveva sulla punta della lingua.
Ma non riusciva a capirlo.
Qualche vaga immagine sfocata si affacciava dalla sua memoria, ma non riusciva mai a tornare nitida.
-Lavi…- disse ancora, più piano, mentre si abbassava su di lui.
-Dimmi…- mormorò in risposta, appoggiandosi di nuovo alle sue labbra, e rubando con la propria lingua il nome che all’inglese proprio non tornava in mente.
Chiuse gli occhi, stringendosi a Lavi, e anche lui lo abbracciava più stretto.
-Hai un buon sapore…-