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Autore: Cara_Sconosciuta    06/07/2008    6 recensioni
Questa fotografia e questa targa sono in memoria di Ryan A.Evans Prima alunno modello dell’East High School Poi attore e insegnante di danza amato da pubblico e allievi Deceduto in questo teatro , precocemente e ingiustamente Per mano di ignoti. A questo giovane straordinario vanno i nostri ricordi. Sia egli modello e aiuto per tutti i giovani attori Che varcheranno la soglia di questo magico luogo
Genere: Romantico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kelsi Nielsen, Ryan Evans
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Music of the night

 

Altra storia non proprio allegra… ultimamente mi vengono così! Ma tanto c’è Double Tent chera poco continuerà e che è allegra e tira su il morale, no? La canzone è “Music of the Night”, da “Phantom of the Opera” e io semplicemente la adoro! Se posso darvi un consiglio, ascoltatela mentre leggete! Ne ho di certo scritte di migliori… ma questa canzone mi piace troppo e dovevo assolutamente combinarci qualcosa!

Spero che anche questa storia vi piaccia e vi prego di dare un’occhiata nella sezione Tokio Hotel alla fic “Wanna Fly-well try again” di Vitto_LF scritta a 4 mani con me…che pubblicheremom a breve….c’è la cara Kelsi e prometto risate a rotoli!

Temperance

 

Music of the night

 

Kelsi Nielsen si chiuse alle spalle la porta del teatro e vi si appoggiò, chiudendo gli occhi e assaporando quell’odore che da troppo tempo non sentiva più.

Quante volte, ai tempi del liceo, si era rifugiata lì per stare da sola con il suo pianoforte? E quante altre, quando lei e Ryan Evans avevano iniziato a frequentarsi, vi si erano chiusi insieme, per sfuggire alle occhiate curiose dei compagni?

Ryan… chissà che fine aveva fatto…. Dopo il diploma, lei se n’era andata, era tornata in Germania, di dove era originaria, per studiare musica in un conservatorio del vecchio continente e, dopo qualche decina di lettere, loro due si erano totalmente persi di vista.

Non appena aveva ricevuto l’invito per il raduno degli ex alunni dell’East High i suoi pensieri erano corsi a lui: finalmente si sarebbero rivisti!

Tuttavia, era alla festa da più di un’ora e ancora non aveva notato alcuna traccia né di lui né di sua sorella.

Peccato… non lo aveva mai davvero dimenticato e la speranza di poter tornare a stare con lui era fortissima… d’altronde, era sempre stata una romantica e i sogni impossibili non erano nuovi né alla sua mente né al suo cuore.

“Ditemi che non è Kelsi Nielsen quella lì appoggiata!” Esclamò una voce poco lontana da lei, facendole spalancare gli occhi.

Conosceva quella voce..

“Ryan!” Esclamò, muovendo pochi rapidi passi in direzione del suo ex, facendo per abbracciarlo ma bloccandosi poco dopo, avendo visto l’espressione quasi terrorizzata sul viso di lui.

I lineamenti, ancora incredibilmente giovanili per un uomo di trentacinque anni, erano tesi e ogni singola fibra del suo corpo sembrava pronta a scattare per fuggire, nel caso lei si fosse avvicinata di più.

Ciao, piccola.” La salutò, sorridendo, quando fu sicuro che lei non avrebbe tentato di abbracciarlo. “È da un po’che non ci si vede, eh?”

“S…sì….da un po’ troppo, direi!” Rispose la donna, decidendo per il momento di non indagare nello strano comportamento di lui, godendosi semplicemente la gioia di potergli essere vicina, dopo diciassette anni trascorsi in un altro continente. “Cavoli, Ry, non sei cambiato di una virgola!”

Ed era vero: il Ryan Evans che stava in piedi davanti a lei dimostrava non più di vent’anni. Indossava un completo nero gessato in rosa pallido e sui morbidi capelli biondi portava un cappello da gangster negli stessi colori. La camicia, che si intravedeva sotto la giacca, era decorata con una fantasia floreale sui toni del fucsia, colore che su chiunque altro sarebbe stato troppo appariscente e che solo addosso a lui poteva risultare elegante.

Unica differenza con il Ryan adolescente era la leggera barba che gli copriva il viso, dandogli un’aria più matura, più saggia… più affascinante, se possibile.

“Nemmeno tu. Sei sempre la più bella della scuola. Sorrise lui, esibendosi in un giocoso inchino.

“Non lo sono mai stata… e poi dai, potrei essere tua madre! Ma come fai! Voglio dire, sembri un ragazzino!”

Gli occhi di Ryan si abbassarono sulla moquette che ricopriva il pavimento del teatro e il sorriso scomparve dal suo volto.

“Mi credi se ti dico che darei qualunque cosa per dimostrare l’età che ho?”

Kelsi lo guardò, stupita e provò a prendere tra le mani una delle sue, che però si ritrasse prima che lei riuscisse anche solo a toccarla.

Era strano… non era il Ryan che conosceva lei… quel Ryan era dolce, spensierato e soprattutto non rifiutava mai un abbraccio. Non esisteva al mondo un ragazzo amante delle coccole più di quanto lo fosse Ryan Evans, pensò  con tenerezza.

Ma allora che cosa gli era successo? Perché si comportava in quel modo, così innaturale, per lui?

“Che cos’hai?”

“Niente.. niente” Sdrammatizzò lui, alzando il viso, di nuovo illuminato dal suo sorriso. “Ti diverti alla festa?”

“È carina… perché non vieni di là? Tra dieci minuti apriremo la capsula del tempo!”

“La capsula!” Esclamò Ryan, colpendosi la fronte con una mano. “Me n’ero totalmente dimenticato! Tu che ci hai messo?”

Ora sì che lo riconosceva… curioso come sempre!

“Non te lo posso dire! Lo vedrai insieme agli altri.”

“E dai… non mi fermo per altri dieci minuti…devo scappare, ho…ho un impegno urgente.

Perché aveva esitato? Qualcosa in lui non lo convinceva affatto….

“Senti, prima di andare dovrei fare una cosa… vieni con me?” Chiese Ryan, senza darle il tempo di dire nulla, per poi correre verso il palco e salirvi con un salto, mentre Kelsi lo seguiva dubbiosa.

“Che fai?” Chiese la donna, mentre lui si sedeva davanti al pianoforte nero che, dai tempi in cui loro studiavano alla East High, non era mai stato spostato.

“C’è una canzone speciale… l’ho preparata parecchio tempo fa… se avessi potuto, sarei venuto a Berlino a suonartela ma sono stato… impossibilitato a lasciare Albuquerque… a lasciare il teatro, a dire il vero.” Aggiunse, sottovoce. Kelsi lo sentì comunque ma decise di non fare domande. “La musica non è mia… ho scritto solo le parole…e le ho scritte per te, per dirti addio.

“Ryan, io…”

“No, ascoltami. Io devo fare questa cosa… per forza o bloccato qui ci rimarrò per sempre. E non intendo per tutta la vita…intendo proprio per sempre… un tempo che nemmeno riesco ad immaginare e non voglio che sia così.  Non farmi domande, Kelsi, per favore, perché non ti saprei rispondere e non sono nemmeno sicuro di volerlo. Ok?”

“Ok…” Biascicò lei, stupita e spaventata dal discorso. Che cosa intendeva con quel per sempre?

Cos’era successo all’uomo che amava?

“Suona, allora… ti ascolto.”

Ryan fece un cenno di ringraziamento con il capo e posò le dita sui tasti del pianoforte, iniziando a suonare e aggiungendo, poco dopo, la voce alle note.

 

Nighttime sharpens, heightens each sensation
Darkness stirs and wakes imagination
Silently the senses abandon their defenses

Helpless, too, against the notes I wrigh

For I compose the music of the night

Kelsi trasalì, sentendo I suoni che uscivano dal pianoforte.

Quella musica… era quella che aveva messo nella capsula del tempo, quasi vent’anni prima… come aveva fatto Ryan ad averla?

E le parole… misteriose….come lui….

La donna si ritrovò a desiderare di non essere mai entrata in quel teatro, di essere rimasta alla festa insieme a tutti gli altri… quello che stava suonando non era Ryan… qualcosa lo aveva cambiato e quel cambiamento le faceva davvero paura.

 

 

 

Slowly, gently, night unfurls its splendor
Grasp it, sense it, tremulous and tender
Hearing is believing

Music is the siring

There you trust the music of the night

 

“Io me ne vado.” Mormorò Kelsi, ma Ryan alzò gli occhi azzurrissimi nei suoi, ed erano così pieni di disperata supplica che lei non ebbe il cuore di muovere nemmeno un passo.

Gli aveva promesso che lo avrebbe ascoltato… E anche se quello non era il vero Ryan, lei di certo non era una che le promesse le rimangiava.

 

Close you eyes for your eyes

Will only tell the truth

And the truth isn’t what you want to see

In the darkness is easy to pretend

That the truth is what it ought to be

 

Non sapeva perché le sue dita potessero toccare i tasti del pianoforte e non tutte le altre cose che lo circondavano. Forse semplicemente perché, altrimenti, la sua pena non avrebbe mai potuto avere fine.

Mentre continuava a suonare, sentendosi vivo come non gli capitava.. beh, dal giorno in cui era morto, lanciava occhiate furtive alla ragazza ora donna che era stato il suo unico amore e che ora era il suo biglietto d’ingresso per qualsiasi cosa ci fosse fuori da quel teatro. Avrebbe voluto raccontarle tante cose e, soprattutto, avrebbe voluto scusarsi per l’improvvisa interruzione della loro corrispondenza.

Non era mancanza d’affetto…

Ma non era ancora tempo per lei di conoscere la verità.

Prima doveva finire la canzone.

 

Softly deftly music shall caress you

Hear it, feel it secretly posses you

Open up your mind

Let your fantasies unwind

In this darkness that you know you cannot fight

The darkness of the music of the night

 

Piano piano, la musica dolcissima e forte che lei stessa aveva scritto iniziò a penetrare nel corpo e nell’anima di Kelsi, ricordandole il motivo che l’aveva spinta a crearla.

Era stato per lui, perché, se non si fossero mai rivisti, quelle note sarebbero state ciò che li avrebbe uniti nel tempo e nello spazio.

E fu allora che capì che era proprio questo che stava facendo.

 

Close your eyes, start a journey for a strange new world

Leave all thoughts of the world you knew before

Close your eyes and let music set you free

Only then can you belong to me

 

Seguendo ciò che le parole e l’istinto le dicevano, chiuse gli occhi e si sedette sullo sgabello accanto a Ryan, desiderando con tutta la forza di cui disponeva che lui si lasciasse toccare.

E fu un attimo, il calore del corpo di lui prese improvvisamente ad esistere accanto al suo, reale come lo era stato diciassette anni prima.

Con un movimento lento e delicato, timoroso di poter distruggere quel concretissimo nulla che si era creato, la pianista alzò una mano a cercare quella di Ryan e ve la posò sopra, suonando con lui.

Gli occhi azzurri e vivaci dell’eterno ragazzo balzarono per un istante sui lineamenti delicati di lei, stupiti e poi tremendamente, dolorosamente innamorati.

Lei era sua… lo sarebbe sempre stata.

 

Floating, falling, sweet intoxhication

Touch me, trust me, savour each  sensation

Let the dream begin

Let your darkness side give in

To the power of the music of the night

 

Il breve pezzo strumentale che seguiva servì ai due per riuscire finalmente a guardarsi negli occhi.

Occhi di donna desiderosa di tornare bambina.

Occhi di un uomo che uomo non sarebbe stato mai.

Kelsi, l’affermata pianista Kelsi Nielsen, per tutta la vita aveva avuto un unico grande sogno: tornare da lui. Un sogno che ora sapeva, per qualche motivo ancora senza nome, non potersi mai realizzare al di fuori dei suoi sogni.

Quell’incontro, unico nel suo genere, era unicamente dovuto, come diceva la canzone, alla magia che quella musica aveva il potere di creare. Era un sogno. Un bellissimo sogno ingannatore che al risveglio non le avrebbe lasciato altro che il gusto dolceamaro  che solo i bei sogni sanno lasciare.

Proprio per questo Kelsi Nielsen non voleva svegliarsi.

“Non ci provare nemmeno.” Sussurrò Ryan, continuando a suonare.

“Provare a fare cosa.

“A desiderare di non svegliarti mai più.”

“Come hai…”

La domanda fu interrotta dall’ultimo verso della canzone, che Ryan intonò con una voce di cui mai lei lo avrebbe creduto capace, spiegandole con quelle poche parole tutto ciò che doveva sapere.

 

You alone can make my soul take flight

 

“Cosa…” Ryan la zittì, posandole una mano incredibilmente tangibile sulle labbra semiaperte

 

Help me make the music of the night

 

Mentre le sue mani ancora si muovevano leggere sulla tastiera, potando alla luce quella melodia che per troppo tempo aveva provato solo per le mura di quella che, da quando la sua vita vi aveva trovato fine, era la sua casa, quello che era stato Ryan Evans si chinò verso Kelsi e depose un delicato, evanescente bacio sulle sue labbra, sussurrando un debole grazie.

Poi la musica cessò e una sbalordita Kelsi aprì gli occhi in un teatro improvvisamente deserto.

Decise che uscire e tornare alla festa sarebbe stata la scelta migliore per riprendere per lo meno un minimo contatto con la realtà reale.

Fu proprio attraversando il portone che notò ciò che prima era sfuggito ai suoi occhi.

Una foto piuttosto grande stava appesa dietro all’ultima fila di poltroncine e da dietro il vetro della cornice un paio di vivaci occhi azzurri che lei conosceva bene controllavano tutto ciò che accadeva all’interno del teatro.

Ryan era lì, sorridente e giovane come lo aveva visto poco prima, seduto sul palcoscenico e circondato da bambini che sembravano per lo meno altrettanto allegri.

Sotto alla foto, una targa d’ottone confermava ciò che la donna, in fondo, aveva capito dalle prime note della canzone ma che non aveva voluto o potuto credere. Le parole erano poche e semplici, scritte in un carattere pieno di svolazzi che faceva molto Darbus e molto poco Ryan, ma il loro senso era assolutamente inequivocabile.

 

Questa fotografia e questa targa sono in memoria di Ryan A.Evans

Prima alunno modello dell’East High School

Poi attore e insegnante di danza amato da pubblico e allievi

Deceduto in questo teatro , precocemente e ingiustamente

Per mano di ignoti.

A questo giovane straordinario vanno i nostri ricordi.

Sia egli modello e aiuto per tutti i giovani attori

Che varcheranno la soglia di questo magico luogo.

 

La capsula era stata aperta, gli oggetti recuperati dai legittimi proprietari e ora Kelsi sedeva ad uno dei tavoli della mensa, guardando senza vederlo il foglio che teneva davanti agli occhi.

Ricordava la musica, ricordava di averle dato lei il titolo di “Music of the night”… ma quelle parole non erano sue, così come non era sua quella calligrafia elegante e leggermente storta.

“Si è fatto vedere?” Sharpay Evans si sedette accanto a lei con il tintinnio di braccialetti che era solito accompagnarla fin dai tempi del liceo.

“Chi?” Domandò Kelsi, distratta.

“Mio fratello. Ti ha visto e ti ha cantato la canzone. Lo vedo dal tuo sguardo.”

“E com’è il mio sguardo?”

Sharpay sorrise, conciliante come la pianista non l’aveva mai vista.

“Più o meno come quello di chi ha visto un fantasma.

“Allora non sono pazza.”

“Se lo sei tu lo sono anche io.” Replicò la bionda, stringendosi nelle spalle. “Ma lui ora è libero e nessuna delle due lo vedrà più.

“Libero?”

“Andiamo, Kelsi, non hai mai visto Casper? I fantasmi sono tali perché hanno faccende in sospeso. La sua era cantare per te, dio solo sa perché. Questi sono gli oggetti che ha lasciato nella capsula. È giusto che li abbia tu. Ciao, playmaker.

Posando due oggetti sul tavolo, Sharpay si alzò e si allontanò con la sua camminata elegante, nobile, quasi…

Kelsi avrebbe avuto mille domande da porle, ma capiva che era giusto così.
Dopotutto, aveva una vita davanti per chiederle tutto…

La donna rivolse la propria attenzione a ciò che giaceva tranquillo sul tavolo, aspettando di essere preso in esame.

Una coppola azzurra a strisce lilla e una fotografia.

Kelsi spostò il cappello e prese in mano il rettangolino di carta spessa e lucida: qualcosa le diceva che quello era ciò che Ryan aveva voluto lasciarle.

Sulla foto erano ritratti due ragazzi alla festa del diploma, avvolti nella tradizionale toga blu da mini laureati con tanto di tocco in testa. Lui, più alto, stringeva forte lei, che sorrideva, felice, con un paio di grossi occhiali storti sul naso.

Da tempo quegli occhiali erano stati sostituiti da più pratiche lenti a contatto…

Sul bordo bianco erano impressi in inchiostro nero due nomi e una data. Poche semplici parole che portarono i suoi occhi ad inumidirsi di lacrime.

 

Ryan A. Evans e Kelsi E. Nielsen

15 luglio 1997

 

Asciugando dalla guancia una goccia ribelle, Kelsi voltò la foto e lesse, con nel cuore un misto di amore mai morto, novella tristezza e feroce nostalgia, ciò che il signor Ryan A. Evans aveva scritto per lei diciassette anni prima.

 

Kelsi,

non so perché, ma queste cerimonie mi mettono malinconia e mi sembra giusto, oggi, nel giorno del nostro diploma, condividere le mie emozioni con la persona che nella mia vita conta di più.

Cinque anni di liceo sono passati, cinque anni che mi hanno dato tutto ma che, soprattutto, mi hanno dato te. Sapere che a settembre non saremo più insieme, sapere che sarai ad un oceano di distanza da me mi fa venire in mente tante cose, ma non tutte possono essere scritte qui. Ora tu vai, studia la tua musica e io, pensando a te, diventerò il miglior attore che l’America abbia mai visto, puoi starne certa. J

Mi raccomando, piccola Beethoven, tra diciassette anni io sarò qui ad aspettarti, qualsiasi cosa nel frattempo sia successa. Magari  per allora potrò chiamarti signora Evans, o magari le nostre strade si divideranno, ma io sarò qui perché ora ti amo e non importa se allora non sarà più così.

Ora ti amo.

Per sempre ti amo.

Per sempre tuo.

Ryan

 

Alzandosi da quel tavolo troppo piccolo e troppo rosso, Kelsi Nielsen sorrise, pensando che Ryan, il suo Ryan, aveva mantenuto la sua promessa.

Aveva giurato di esserci, qualsiasi cosa fosse successa e, in quel giorno, in quel quindici di luglio dell’anno 2014, lui c’era.

 

 

Fine

   
 
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