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Autore: Alexis Cage    02/04/2014    6 recensioni
Ho riscritto la realtà. Anzi, così sminuisco quello che ho fatto: ho salvato il culo a tutto il mondo.
Ora penso di poter tranquillizzarmi, no? Insomma, ho degli amici, dei veri amici, una famiglia che mi vuole bene e, soprattutto, ho ritrovato quel rincoglionito di Evan.
Ma c'è di meglio: i poteri non esistono più. Posso fare la mia tranquillissima vita di merda, finalmente.
E invece...no. Perchè, a quanto pare, ci sono persone capaci di rovinarmi la vita all'infinito, anche dopo la morte...o anche da luoghi molto, molto lontani.
Del resto, non ci sono confini alla mia sfiga. Ormai l'ho capito.
E stavolta non riesco a non chiedermelo: sarò capace di rimettere tutto a posto...di nuovo?
PS AUTRICE: questa è la continuazione della storia (conclusa) "Il diario di una reclusa"...quindi consiglio ai pochi folli che pensano di leggere questa storia di farsi prima un giro nell'altra, o capirete ben poco
Genere: Avventura, Commedia, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Diari di gente altamente normale'
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Accade velocemente, come in un flash.

Papà è completamente concentrato su di me. Non si è accorto del qualcuno che gli è strisciato alle spalle...e che gli ha appena rubato la pistola dalle mani.

Dopo qualche istante di fragore sono tutti per terra. Sanguinanti o morti, tanto non fa molta differenza.

Resta solo papà, ma per poco: dopo un bel discorsetto si spara in testa. Magari voleva far uscire i cattivi pensieri che aveva, magari voleva semplicemente smetterla di fare cazzate. Poco m'importa, tanto...si sarà ammazzato, sì, ma non me ne frega un cazzo. Lui non è mai stato mio padre.

Eccole lì, quelle tre parole. Semplici da pronunciare.

La mia voce suona strana mentre le dico. Il silenzio che segue fa quasi male alle orecchie.

Il silenzio che segue...e che resta.

Perchè non è cambiato nulla. La formula non funziona.

Non funziona.

Sono ancora tutti morti, anche io.

Ho fallito.

E ora...ora cosa cazzo devo fare?


Sono un fantasma, un cazzutissimo fantasma. Che figo.

Fossi un maschio, penserei di andare nelle docce femminili...ma sono una femmina, e non abbastanza depravata da fare una capatina negli spogliatoi maschili di qualche squadra di rugby (anche perchè non è che il naso smette di sentire la puzza, quando si muore). Così, non mi resta altro da fare che girare senza alcuna meta per la città.

Come sempre. Mi mancano solo i roller.

E anche tutti gli altri. Sì, diciamocelo, mi mancano. E sicuramente aumenta la mancanza il fatto che ho creduto sul serio di poter rimettere a posto le cose.

Ma evidentemente non sono stata abbastanza potente.

E ora, che mi resta? Un cazzo, ecco cosa.

Un tuono scuote il cielo. Alzo gli occhi verso le nuvole, chiedendomi distrattamente se un fantasma possa prendersi la polmonite, poi li riporto sulla lastra di marmo che ho davanti.


"Evelyn Sullivan

morta a 17 anni

amata figlia e sorella

non verrà dimenticata"


Non ci hanno messo nemmeno dei fiori, quei porci bastardi. Schifosi figli di puttana.

Beh, almeno a me è andata meglio che agli altri: io una tomba ce l'ho (vuota, ma ce l'ho), e un qualcosa che testimoni la mia esistenza in questo mondo. A loro cosa resta, non contando i corpi che si decomporanno in quella merda di casa di metallo?

Niente, ecco cosa resta. E pure a me.

Fanculo.

Non so perchè, ma appena mi chiedo che ora sia so esattamente che sono le tre e mezza del pomeriggio. Tra poco arriverà Mary, come ha sempre fatto in questa prima settimana di lutto. Magari anche questa volta ci sarà Alice, forse con loro verrà Brian. Sono stati gli unici a farlo...ma dire che non mi importa niente del basso numero di visitatori è poco: dio, è vero che ci si accorge di cosa si aveva quando è troppo tardi.

L'ultima volta che li ho visti avevano gli occhi rossi. Tutti e tre. Sono certi che li abbia abbandonati per sempre, e sono disperati per questo.

Ma io non li abbandonerò. Sarà una strana bontà caratteristica dei fantasmi, ma voglio restare con loro e difenderli, per quel che posso.

Chissà, magari un futuro ce l'ho ancora. Posso aiutarli. Posso cercare June. Posso far finta che non sia successo niente. Posso...

-Evelyn Faber, giusto?-

No.

Non è possibile.

Questa voce.

Non riesco nemmeno a voltarmi, tanto sono esterfatta. Perchè...perchè non è possibile.

L'ho visto morire. Ho aspettato accanto al suo cadavere, pregando che diventasse un fantasma...ma non è successo.

È morto.

-Ultime parole?-

No, un attimo. Ok, sono leggermente shoccata...ma qui c'è qualcosa che non va.

Questa non è esattamente la sua voce. Ha qualcosa...di strano.

Di diverso.

Infine, mi volto. Non posso dire che prima le mie gambe fossero pietrificate, visto che le gambe non ce le ho più...diciamo che mi sono leggermente paralizzata nel cervello.

Perchè è impossibile.

Eccolo qua. Esattamente davanti a me.

Ma...è diverso.

A parte i vestiti neri che mi ricordano assurdamente quelli che indossano le spie nei film. A parte il pallore quasi spettrale e le occhiaie. A parte il fisico più asciutto e atletico, come se si fosse allenato per anni. A parte la cicatrice che gli attraversa l'occhio sinistro (che è ancora al suo posto, grazie al cielo).

Quello che mi lascia senza fiato è il suo sguardo. Gli stessi occhi, sì...sempre di quel colore assurdo, indimenticabile...ma lo sguardo, quello sguardo.

Non è il suo.

Ha uno strano dispositivo in mano. Una parte della mia mente si chiede cosa diavolo sia, ma la situazione assurda riprende tutta la mia attenzione.

Perchè è lì, davanti a me. Ma non è lui.

-E...Evan?-

Il suo volto impassibile non fa una piega. È una maschera bianca, vuota, senza emozioni.

No, questo non può essere lui.

-Beh, non sono molto originali come ultime parole. Buona parte delle altre ha detto la stessa cosa. Comunque...addio.-

Attiva il dispositivo. Quasi non me ne accorgo.

Perchè non so proprio cosa dovrei fare.

Il dispositivo si illumina.

E dopo, semplicemente, smetto di esistere.


Evan spegne il dispositivo quasi distrattamente, la mente già rivolta alla prossima meta.

Ormai gliene manca solo una, poi potrà tornare a casa.

Ma lui gli ha detto di stare attento, alla diciannovesima, all'ultima: è lei quella che ha creato la realtà senza poteri. Tutto quel casino l'ha fatto lei...e chi è, quello che ne pulisce la merda?

Lui. Ovviamente.

Ma non è il momento di perdersi in pensieri del genere. Lui gliel'avrà detto mille volte, ogni volta che si distraeva...chissà come faceva a scoprirlo sempre, poi. Di certo non leggendogli nella mente, visto che nessuno può farlo.

Bene, è ora di andare.

Evan getta un'occhiata veloce alla lapide, come ha già fatto altre undici volte. Sfigata, questa Evelyn: su diciotto che ne ha incontrate, solo sei erano ancora vive; le altre erano o già morte, o fantasmi. Beh, tanto meglio: meno lavoro per lui.

Rimette il dispositivo nella cintura, poi ne prende in mano un altro. Schiaccia un piccolo tasto rosso.

Un secondo dopo, nel cimitero non c'è più nessuno. Nè vivo nè morto.

E, ironia della sorte...comincia a piovere.

  
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