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Autore: SavannahWalker    04/04/2014    0 recensioni
"Così comincia un nuovo anno con tanti buoni propositi che non verranno mantenuti e le stesse sfighe. Un po' tutti speriamo che una semplice data possa attuare un cambiamento nelle nostre vite ed io sono la prima. 20 anni della mia vita passati a invocare qualche strana forza suprema, come sto facendo ora, con il mio bicchiere di plastica rossa in mano, seduta in un divanetto alquanto scomodo. Devo essere abbastanza ubriaca per intraprendere questo monologo ma infondo nessuno sta ascoltando i miei pensieri."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het, Slash, FemSlash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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- ZUCCHERO -


"La bella cosa di svegliarsi e sentire il calore del sole riempirti il viso. Quello era decisamente alzarsi con il piede giusto! Prepararsi in due secondi per uscire e approffitare della bella giornata. E' uno di quei giorni in cui mi piace camminare senza una meta precisa, musica alle orecchie e fare qualche spesa. Ho la strana sensazione che oggi succederà qualcosa, il mio sesto senso non sbaglia mai... Staremo a vedere."


Era mattina presto e tutti correvano al lavoro, le strade non erano molto affollate ma si percepiva la fretta nei movimenti delle poche persone che si potevano scorgere entrare ed uscire dalle vie secondarie. Una destinazione sicura era la libreria, ci sarei passata dopo essere andata in ufficio del Bonzo. Mi aveva chiamata il giorno prima con un tono di voce abbastanza preoccupato, speravo vivamente che non riguardasse il mio nipotino. Cercai di convincermi che andava tutto bene per non rovinarmi quella giornata cominciata così bene. Incontrai alcune mie colleghe che facevano fatica a camminare a causa delle grandi scatole che gli riempivano le braccia, si fermarono qualche minuto, giusto il tempo di mandarmi a quel paese perché quando bisognava faticare io avevo sempre il giorno libero. Le salutai facendogli l'occhiolino promettendo che la prossima volta mi sarei accollata il loro carico di lavoro.
Le ore passarono in fretta e raggiunsi mio fratello al lavoro. Aprii la porta e vidi la ragazza bassa che c'era alla festa. Era seduta sulla sua scrivania, parlava a bassa voce mentre giocherellava con qualche ciocca di capelli ma appena si accorse della mia presenza mi squadrò e si avvicinò al suo orecchio, per non farsi sentire. Mi soffermai su di lui e alzai un sopracciglio, pareva ignorarla ma sicuramente stava ascoltando attentamento quello che gli diceva. Da un momento all'altro si alzò dalla sedia e la tirò per il braccio.
«Vattene!» disse, alzando la voce.
Quando la ragazza mi passò di fianco, si fermò di fianco a me guardandomi con la coda dell'occhio per dei secondi che parevano interminabili. Sbuffò e se ne andò senza dire nulla. Sentii che la mia faccia esprimeva decisamente quello che stavo pensando, non c'era modo di nasconderlo. Mister X lo notò, si diresse verso di me e mi costrinse a seguirlo.
Mi sentii sbattere contro il muro e i polsi bloccati vicino alle spalle. Il suo viso era a pochi centimetri dal mio, una goccia di sudore gli scese dalla tempia per cadere lentamente dal mento. I suoi occhi erano fissi sui miei, non capii se era terrozzato o arrabbiato, forse entrambi. La mascella serrata, le mani tremanti ma decise a non mollare la presa.
«Se dici anche solo una parola al capo su chi lei sia, non pensare di cavartela con un viaggio in un treno mezzo decadente» disse, tutto d'un fiato.
Non sapei cosa rispondere, aprii la bocca ma non ne uscì alcun suono.
«Hai capito?!» urlò, premendo il suo corpo sul mio.
D'istinto chiusi gli occhi e girai la testa. In quel momento non riuscii a trovare un modo per prendere il controllo della situazione come facevo solitamente. Sentii il suo respiro affannoso sul collo e i capelli appoggiarsi appena sulla spalla.
«E-Erin...»
«C-come d-diavolo sai il mio nome?!» chiesi, riaprendo gli occhi.
Alla mia domanda lasciò i miei polsi, questa volta aveva un'espressione smarrita. Mi stupii di come potesse cambiare umore nel giro di pochi istanti. Si ricompose passandosi una mano sul viso. Mi massaggiai i polsi sui quali c'erano i segni rossi delle sue dita. Si mosse nella mia direzione allungando un braccio verso di essi ma in quel momento la porta di fianco a noi si aprì.
«Oh, temevo non arrivassi più» disse mio fratello «Vedo che stavi solo chiaccherando» finì, con tono severo. Mi fece segno di raggiungerlo.
Guardai Mister X mentre si lasciava cadere con le spalle al muro. Non avevo idea di cosa avesse scatenato una reazione così esagerata. Fatto sta che non sbaglio mai.


***



La giornata di sole si tramutò in piovosa nel pomeriggio, arrivai a casa in tempo prima di ritrovarmi bagnata fradicia. Come il tempo, il mio umore era cambiato. La casa vuota immersa nel silenzio lasciava spazio ai miei pensieri che erano forti come delle urla. Le sue parole, la sua faccia, la forza con cui riuscì a tenermi incatenate. Non solo fisicamente ma anche mentalmente. Difficilmente mi faccio prendere alla sprovvista ma questo era proprio il caso in cui non riuscivo a percepire una possibile reazione e la sua conseguenza. Fortunatamente non ho avuto un colpo di testa, sennò rischiavo seriamente di farmi male.
L'unica conclusione che fui in grado di trarre e che, quando si trattava della ragazza pappagallo, l'aria diventava pesante e insopportabile, qualsiasi fosse l'argomento della conversazione. Era una persona che ti urta l'animo solo a guardarla. Il suo modo di fare altezzoso, il modo in cui si porgeva in avanti per mettere in mostra il fisico esile, il tono di voce che cerca di richiamare l'attenzione. Quel tipo di persona che dentro hanno solo il vuoto. Non la sopportavo perché io ero tutto l'opposto. Non ero certo Miss Universo ma per lo meno io avevo dei principi che non si basavano solo sulle apparenze. La cosa era reciproca, ma non mi toccava minimamente.
Forse a Mister x  urtava quanto a me, se si conoscevano c'era un motivo. Da quel poco che vidi, si assomigliavano, forse con la sola differenza che lui aveva una parte consapevole di come era la sua vita. L'atteggiamento schivo, prepotente ma quasi sempre sulla difensiva. Mentre lei prendeva i rapporti interpersonali con leggerezza, lui non riusciva proprio a gestirli se non con i pochi amici stretti con cui lo vidi alla mia festa di compleanno.
Non fu difficile capire le basi del carattere di entrambi ma riflettendo ulteriormente su quello che era accaduto, lui aveva la capacità di costruirsi una muraglia invaricabile che l'altra invece non si poneva affatto. L'atteggiamento nei confronti di lei era uguale a quello che teneva con tutti gli altri ma decisamente più marcato, che vedesse una specie di specchio di se stesso?
Mi venne un forte mal di testa a forza di trovare un nesso logico a tutti quei pensieri, così presi due cuscini e una coperta accasciandomi sul divano. Chiusi gli occhi cercando di rilassare un po' alla volta tutti i muscoli, distendendo le braccia lungo i fianchi. Inutile dire che mi addormentai dopo pochi minuti. Sfortunatamente la mia dormita non durò quanto sperai. Quando decisi di alzarmi ed uscire di nuovo era quasi sera. Non pioveva più ma tirava un forte vento, mi strinsi nel mio giubbotto mentre cercavo di arrivare al bar dove mi recavo spesso e volentieri a quell'ora.



***



Mi sedetti su un tavolo vicino al finestrone. Salutai la cameriera, una signora di mezza età moglie del proprietario e ovviamente dava una mano nel gestire il locale. Ormai avevo parecchia confidenza con entrambi e non c'era nemmeno bisogno di ordinare, gli bastava guardarmi un secondo per capire il mio umore e cosa era adatto in quel momento. Non era di sicuro uno dei locali più rinomati della città ma era un posto dove ti facevano sentire a casa. Offrivano cose semplici ma sempre adatte a qualsiasi situazione.
«Mmm... Ti vedo scossa, che è successo?» chiese la donna.
«Uh, ho solo un forte mal di testa...» risposi, evasiva.
I campanellini appesi alla porta suonarono.
«Credo che ti stiano cercando» disse, indicando la figura appena entrata.
Spostai la testa verso di essa ed eccola lì la fonte del mio mal di testa. Sospirai mentre la cameriera mi diede una pacca sulla spalla.
Inutile dire che a quanto pare era veramente lì per me. Fece per sedersi ma si fermò in attesa di una mia conferma, mossi la mano e lui si sedette.
Il silenzio regnò sovrano per dieci minuti buoni. Cominciai ad innervosirmi, non si aspettava mica che io parlassi per prima?
«I-io» balbettò «N-non so c-cosa dire di preciso».
Sul mio viso si dipinse un'espressione incredula quando mi resi conto di come si stava svolgendo la situazione. Avevo davanti un ragazzo, che normalmente mi avrebbe coperta di insulti, in totale imbarazzo incapace di formulare una frase di scuse. Mi divertii alquanto a vederlo in difficoltà, così che potesse capire come ci si sente.
«Magari puoi dire che ti dispiace avermi trattato male in un momento di rabbia senza motivo» feci una pausa «Visto che io non centravo nulla in quel preciso istante».
«M-mi...» deglutì «S-spiace. Mi dispiace».
Un sorriso di soddisfazione mi comparì in volto ma dentro di me mi sentivo alquanto strana. Non ero del tutto sicura che le sue scuse fossero sincere, ma gli era costato un grande sforzo ammettere di aver sbagliato.
«Vedo che avete sistemato» disse il proprietario alle mie spalle «Perché non festeggiate con un gelato?»
Lo guardammo entrambi con sguardo interrogativo. Gli dissi che era propriamente il tempo migliore per un gelato ma lui scrollò le spalle, farneticando qualcosa sul fatto che un certo tipo di gelato gli ricordava il primo appuntamento sulla spiaggia con l'amore della sua vita. Non riuscimmo a convincerlo che non era affatto una buona idea e di tutta rispostà ci forzò ad entrare nella cucina.
«Scommetto che ti è costato caro ammettere il tuo errore, vero ragazzo?» lui lo ignorò «La cosa più difficile è convincere una donna che le tue scuse sono sincere. La mia l'ho conquistata con un gelato, sapete?»
«Seriamente, non c'è bisogno di tutto questo! Io e lui siamo solo conoscenti, nulla di più!» dissi, alzando il tono della voce. Mi girai verso Mister X cercando la conferma nella mia affermazione ma il suo sguardo era focalizzato sulle vaschette di gelato artigianale, pareva che gli brillassero gli occhi.
«Qui ci sono tutti i gusti che volete! Ah, offre la casa!» disse l'uomo, ritornando nella sala.
Rimasi lì, sbigottita, a guardarlo andare via. Quando mi rivoltai vidi che si era già servito.
«M-ma te ne freghi di quello che ci ha detto?» chiesi.
«A dir la verità sto facendo proprio quello che vuole. Poi è gratis».
Spalancai gli occhi quando mi porse una coppa di gelato guarnita con panna e una ciliegia.
«M-ma che d-diam...»
«Se ti serve una conferma sulla mia sincerità, eccola qua. Proprio come ha suggerito!»
«C-come fai a sapere d-delle ciliegie?» chiesi. Tutti sapevano che le adoro, ma non mi capivo come potesse esserne a conoscenza lui.
«E' ovvio. Le porti dappertutto. Non sembra ma io li noto i dettagli» rispose, schivo.
«Non so che dire... Grazie». Mangiai la ciliegia e presi una cucchiaiata di panna.
Sentii le guance diventare calde, non mi aspettavo un gesto del genere, anche se non c'era minimamente della dolcezza.
Prese la panna spray e se ne spruzzò un po' sul palmo della mano e me la spalmò in viso.
«Questo è per la ghigna di soddisfazione che ti sei permessa di fare, prendendomi in giro» disse serio.
Presi il contenitore e glielo lanciai dritto in fronte «Questo è per voler avere sempre l'ultima parola!»
Cadde all'indietro tenendosi al mio braccio e mi ritrovai sopra di lui con la faccia ancora sporca. Lo fissai mentre si teneva la testa tra le mani, io cercai di pulirmi alla meno peggio. Aveva uno sguardo duro, probabilmente l'avevo fatto arrabbiare dopo aver constatato che aveva una botta viola dove l'avevo colpito. Mi alzai per cercare del ghiaccio che chiusi dentro una tovaglietta di stoffa.
«Scusami, non volevo farti male...» dissi, sentendomi in colpa.
Avvicinò la mano al mio viso e mi spostai convinta che volesse colpirmi, ma sentii il suo pollice appoggiarsi sulla mia guancia mentre toglieva un residuo di panna. I nostri sguardi si incrociarono, il suo ancora serio mentre il mio sorpreso.
Continuò ad accarezzarmi delicatamente la guancia, avvicinandosi a me. Appoggiò il ghiaccio sul tavolo senza staccare gli occhi da me, mi tenne il viso e mi baciò. Successe improvvisamente, con uno scatto inaspettato.
Non sapevo cosa fare, di nuovo. Sentii il petto bruciare e il cuore battere a ritmo frenetico.
Chiusi gli occhi sperando che quando li avrei riaperti fosse stato solo un sogno. Invece era reale.
Con un braccio mi cinse la vita e mi attirò verso di se. Era un bacio dolce ma deciso.
Il mio corpo non era in grado di sostenermi, le gambe non avevano più forza e le braccia erano appoggiate al suo petto. Nella mia testa frullarono mille domande a cui non sapevo dar risposta. Fui intrappolata nuovamente, senza controllo.
«Zucchero...» sussurrò, appena lasciò andare le mie labbra.



«Te l'avevo detto che il gelato è la soluzione a tutti i problemi cara!»
«Sì, ma chi ha scommesso su quei due quando li ha visti sul pontile? Tu non gli davi credito!»
«Tsk.»

   
 
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