Film > I fantastici quattro
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Autore: Artemis Black    04/04/2014    0 recensioni
"Io sono figlia del ghiaccio: pelle candida, capelli corvini e occhi di ghiaccio.
Il mio tocco può congelare la vita, preservarla o ucciderla.
Era un giorno qualsiasi della mia vita, quando tutto cambiò. Quando tutto si fece freddo e azzurro. [...]
Dicono che la vendetta non serve a niente. Si sbagliano, o almeno chi lo dice non ha mai passato un inferno come il mio. Non sanno che quando ti viene portato via tutto, la rabbia dentro di te cresce fino ad esplodere. Non sanno che quando si vede la paura, che si ha provato, riflettere negli occhi del vostro aguzzino, un brivido di euforia percorre il tuo corpo e ne nutre l’anima, lacerandola.
La vendetta serve a far capire chi ha vinto veramente."
Genere: Azione, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: Cross-over, Otherverse | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Feel like a monster.

But I will fight until the day the world stops turning
And they will fall to ashes, I will just keep burning

But tonight I need you to save me
I'm too close to breaking, I see the light
I am standing on the edge of my life


 


“Signorina Smith, lei mi assicura di… aver elaborato il lutto?” mi chiese per l’ennesima volta Fury.

“Si, signore.” Risposi.

“Può darmi la sua parola, o la devo far controllare dai medici dello SHIELD?” mi chiese.

“Sto bene, signore.”

Mi guardò socchiudendo l’unico occhio visibile, mentre chiudeva il mio fascicolo.

“Voglio fidarmi.” Disse e lo ripose in un cassetto della scrivania.

“Non la deluderò signore.” Affermai.

“Sarà meglio così. La prossima volta che se ne va in vacanza per qualche giorno, vorrei esserne informato prima.” Concluse.

“Le chiedo ancora scusa per il mio comportamento irrispettoso.” Dissi, alzandomi della sedia.

“Ora vada! Tornerà operativa domani, ma nel frattempo c’è il dottor Richards che la vuole vedere nella stanza 21B.” mi disse.

Mi congedai con un cenno e uscii dal suo studio.

Prima di andare da Reed, passai in camera e mi cambiai i vestiti: l’uniforme dello SHIELD era stata leggermente cambiata dall’ultima volta che l’avevo indossata, infatti era molto più aderente e rivestita con un materiale molto più resistente ai proiettili.

Quando mi diressi nella stanza 21B, vi ci trovai Clint che parlava con Reed.

“Evelyn! Come stai?” mi chiese il dottore.

“Meglio, grazie.” Risposi distaccata “Fury mi ha detto che volevi vedermi.”

“Ah, si! Certo!” disse allontanandosi per prendere qualcosa.

“Come stai?” mi chiese Clint serio.

“Come vuoi che stia?! Fresca come un fiore.” gli risposi.

“Evelyn…” disse.

“No Clint, non voglio parlarne.” Dissi alzando una mano.

Il dottore tornò con una tuta tra le mani e la stesa sulla scrivania: era azzurro scuro, con dei bordi neri e argento sulle spalle, le maniche lunghe e un rivestimenti nero lungo i fianchi.

“E’ ancora da perfezionare e bisogna anche metterci il logo dello SHIELD, ma questa è la tuta che ti permetterà di usare i tuoi poteri al massimo: ho pensato di usare un tessuto speciale intriso di piccoli frammenti del meteorite che colpì il nostro shuttle. Noi ne abbiamo delle simili, stilisticamente diverse ma il tessuto è lo stesso.” Disse.

“E quando dovrei indossarla?” chiesi.

“Quando lo SHIELD ti affiderà missioni pericolose: pedinare un terrorista, arrestare una banda di trafficanti d’armi, carpire informazioni segrete etc. Sarà la tua uniforme a tutti gli effetti.” disse Natasha entrando nella stanza.

Mi rivolse un accenno di sorriso e poi chiamò Clint da parte.

“Cosa mi permette effettivamente di fare?” chiesi a Reed.

“Per prima cosa e molto resistente: difficilmente si rompere. Inoltre se userai i tuoi poteri a pieno, sono sicuro che diventeresti come Johnny, quindi diciamo che questa tuta ti permetterà anche di scoprire quali sono i tuoi limiti.” Mi rispose.

“Grandioso.” Dissi.

“Già…” disse. Poi si rivolse a me, tentando di chiedermi qualcosa.

“Cosa vuoi dirmi Reed?” gli chiesi direttamente.

“Puoi tornare a stare a casa nostra se vuoi, la porta è sempre aperta per te.” Mi disse, guardandomi con rammarico.

Scossi la testa.

“Non lo so… mi serve tempo Reed.” Dissi.

“Va bene, ma non c’è bisogno che tu rimanga da sola, perché non lo sei.” Disse, poggiando una mano sulla mia spalla.

Abbassai lo sguardo e pensai dentro di me che era tutta una farsa.

“Ci penserò.” Risposi infine.


 

“Hai chiesto di vedermi?” dissi, entrando nella palestra.

“Si, ti va di allenarti un po’? Sei stata via parecchio…” disse Clint.

“Perché devi costringermi a batterti.” Dissi sbuffando.

“Oh, la modestia è uno dei tuoi pregi.” Mi rispose, lanciandomi un paio di guanti da boxe.

“È soltanto la pura verità.” Dissi alzando le spalle.

Mi tolsi il giacchetto e mi infilai i guanti da boxe, salii sul ring e cominciai a menare a destra e sinistra.

“Troppo lenta!” mi urlava Clint divertito, mentre io mi spingevo al massimo, cercando di dare il meglio di me.

“Dai, puoi fare di meglio! Non sto neanche dando il meglio di me! Avanti Eve!” urlava.

“Avanti Eve! Ma seriamente?!”

“Ehi, mi sto annoiando!”

Il mio orgoglio si sentiva preso in causa, così menavo sempre più forte, più veloce e più letale, finchè non accadde qualcosa di imprevisto. Ricordai l’accaduto, ricordai le fognature, il camice bianco del pazzo: è come se avessi rivisto tutto davanti ai miei occhi. Fu così che scoprii un nuovo stadio del mio potere.

“Mi hai stufato Clint.” Dissi a denti stretti e qualcosa si azionò in me.

Sentii i muscoli fremere sotto l’adrenalina, sentii il mio fiato più freddo e i miei capelli furono come scossi da una folata di vento. Sentii il piacevole freddo del ghiaccio accarezzarmi la pelle e sprigionarsi da me: ero diventata una fiamma bianca.

“Wow!” disse Clint, poco prima che gli assestai un destro dritto sul petto.

Lo scaraventai dall’altra parte della stanza e cadde rovinosamente a terra. Scosse la testa e mi guardò a metà tra la meraviglia e lo sgomento. Quando mi voltai, vidi il mio riflesso sullo specchio di fronte alle panche con i pesi: ero qualcosa di spaventosamente bello e minaccioso. Ero avvolta da questa specie di fiamme blu di ghiaccio e il mio corpo non ne subiva conseguenze.

Emisi un ghigno di compiacimento, così potevo diventare una macchina della morte.

Mi girai di scatto, rilassai i muscoli e le fiamme blu svanirono. Mi avvicinai a Clint e gli chiesi se stesse bene.

“Si, più o meno.” aveva la maglietta bruciata sul punto che avevo colpito e la pelle che si intravedeva era arrossata.

“Ti conviene andare in infermeria, giusto per stare sicuri...” dissi, poi mi allontanai e mi rintanai nella mia camera.


 

Ghiaccio. Ghiaccio che purifica, è questo ciò che sei. Distruggere per redimere, la vendetta è vicina.”

Quelle parole mi rimbombavano in testa, una lenta litania che faceva da sottofondo alla mia giornata, che mi teneva concentrata sul mio obiettivo: silenziosa come la notte, feroce come un tigre, avrei preso ciò che mi apparteneva.

Mi assegnarono piccole missioni quali pedinare persone informate su fatti, raccogliere informazioni, catturare spacciatori e trafficanti d'armi, per poi arrestare un componente della mafia cinese. Fui affidata alla squadra diretta da Clint con la mansione di suo “braccio destro”.

“Voi tre sorveglierete il perimetro, se notate qualcosa di sospettoso comunicatelo. I cecchini si posizioneranno sul palazzo opposto, pronti a sparare ad ogni mio segnale. Noi cinque invece entreremo all'interno dell'hotel, abbiamo una mappa ma nessuna idea di come saranno disposte le guardie all'interno. Perciò massima cautela, silenziosi ed esecutivi.” disse Barton.

“E' una missione di elevata importanza, le soluzioni finali saranno due: o prendiamo questo bastardo o ce lo lasciamo sfuggire, non ci sono mezze vie. Ci sono voluti mesi di indagini per arrivare ad oggi, non facciamo cazzate.” concluse.

Ci equipaggiammo tutti ed infine scendemmo dal furgone. Ci saremmo introdotti attraverso le fogne, passando così per le cantine per arrivare all'ultimo piano dell'edificio. Andò tutto liscio, finché non mi accorsi che qualcosa non quadrava: il piano dove avrebbe dovuto alloggiare il boss, era completamente scoperto. Clint mi obbligava a proseguire senza cambiare i piani, ma non gli diedi retta: perlustrai le stanze che davano sul corridoio opposto e scoprii che erano completamente vuote e fu allora che sentii dei spari provenire dall'auricolare. La stanza predisposta per il boss era una trappola.

“Al diavolo!” urlai.

Fury mi aveva intimato di usare i miei poteri, da lui definiti “instabili”, solo in caso d'emergenza e forse questo era il caso di usarli. Le fiamme azzurre circondarono il mio corpo con un sublime turbinio, sfondai una parete che dava nella stanza opposta a quella predefinita, e successivamente sfondai l'ultimo muro irrompendo nella stanza presa d'assalto. Alcuni dei nostri erano a terra, anche se continuavano a sparare contro il nemico: erano all'incirca il doppio di noi. Avevano tutti un ghigno stampato sul volto, pensavano che avrebbero vinto con il solo numero di vantaggio dalla loro parte. Ma il divertimento cominciò quando mi videro: dapprima un sussulto nei loro occhi, per poi trasformarsi in paura incontrollata di fronte ai miei attacchi.

Buttai letteralmente giù la stanza a colpi di fiamme, lacerando e dilaniando la carne dei nemici, fino a farli fuori tutti.

“State bene?” chiesi ai miei compagni.

Per la prima volta ascoltai la mia voce, risuonava come una minaccia ma con un tono di voce... voluttuoso ma distaccato.

Mi risposero un po' intontiti dal suono della mia “nuova” voce poi uno di loro si fece avanti.

“Dov'è l'agente Barton?” chiese turbato.

Ci guardammo attorno e fu allora che sentii un sibilo quasi impercettibile, che si dirigeva verso di noi. Feci appena in tempo a girarmi e a creare una sorta di barriera di ghiaccio, che purtroppo il lanciarazzi sfondò inesorabilmente. Riuscii a parare solo parte dei danni, poi venni spazzata a terra con violenza. Quando mi rialzai, intorno a me non c'era più vita.

“Non è possibile...” sussurrai. Mi rialzai a tentoni, raggiunsi il primo agente vicino a me, le sue gambe erano state praticamente mozzate e il ribrezzo mi fece venire conati di vomito.

“Qualcuno... Ehi! Rispondete, vi prego...” sussurrai.

Ma nessuno era sopravvissuto.

Sentii dei rumori di lotta provenire dal piano inferiore, poi alcuni spari e infine il silenzio.

Quel silenzio assordante che segue la sconfitta.

Mi tastai la tempia e sentii un rivolo di sangue scendermi fin sulle labbra, assaggiando il mio stesso sapore metallico. Mi rialzai, tenendomi a ciò che rimaneva delle mura, aggrappandomi a brandelli di cartapesta... Non riuscivo a tenere la testa alta, perciò ero costretta a guardare i corpi inermi di quelli che erano stati i miei compagni di missione.

Scesi le scale a tentoni, alcuni gradini erano ceduti per l'urto di prima. Quando raggiunsi il piano inferiore, raccolsi tutte le forze e mi diedi coraggio: sfondai la porta con un calcio ed entrai, ma nella stanza c'erano solo alcuni scagnozzi morti.

Sulla mia destra, parte del muro era sfondato e la stanza affianco aveva cominciato a bruciare. Con un piccolo sforzo in più, riuscii a riaccendere le mie fiamme blu ed varcai il buco nella parete. Riconobbi il corpo del Boss che stavamo cercando, riversato a terra esanime. Almeno non lo avevo ucciso io, Fury non mi avrebbe fatto un'altra lavata di capo. Il fumo nella stanza era tale da non permettermi di vedere a un palmo dal mio naso. Infatti non avvertii la freccia fendere l'aria e conficcarsi sulla mia spalla. Barcollai all'indietro urlando di rabbia.

“Clint!” imprecai, inciampando sui detriti e cadendo all'indietro.

“Evelyn!” rispose, accorrendo dall'altra parte della stanza.

“Se spegni queste fiame magari posso avvicinarmi.” disse lui.

Spazientita feci come mi aveva detto, poi si avvicinò e con un gesto secco estrasse la freccia dalla mia spalla.

“Ahia! Dio, potevi almeno dirmelo!” dissi, massaggiandomi la parte indolenzita.

“A quanto pare hai anche la rigenerazione tra i tuoi poteri.” disse, constando che la ferita si stava già rimarginando.

“Dove sono gli altri?” mi chiese, rimettendosi in piedi e aiutandomi ad alzare.

Non risposi e lui capii.

“Merda.” sussurrò.

“L'avevamo presa sotto gamba questa missione, vero Clint?” dissi affaticata “Dannazione... Fury non ne sarà contento, tanto meno i familiari degli agenti.”

“La maggior parte di noi non ha famiglia, almeno quelli che lavorano sul campo... troppo rischioso ed inoltre dovremmo mentire per metà della nostra vita alle persone che amiamo.” rispose Barton.

“Chiamiamo rinforzi o la squadra di pulizia?” chiesi.

“Entrambi.” disse Clint mentre uscivamo dal palazzo.


 

Tornammo verso le prime luci del mattino sull'elivelivolo, dove ci aspettò una lavata di capo da Fury di circa due ore. Fummo liquidati con un semplice “Più attenzione la prossima volta”. Barton l'aveva presa male, non era abituato a non seguire gli ordini di Nick e in più fallire in una missione con totale perdita della squadra, quindi si rifugiò in palestra a menare qualche sacco da boxe per la frustrazione.

Io invece non avevo ne voglia di dormire, ne di fare qualcosa su quel maledetto aeroplano gigante. Presi la mia moto e uscii. Non pensai alla strada, al viaggio, tanto che mi ritrovai nei pressi della mia vecchia casa. La guardai da lontano e mi decisi ad avvicinarmi dopo un po', senza entrare però. Troppi ricordi sarebbero scaturiti nella mia mente al solo pensiero di varcare la soglia.

Ricorda la tua missione.”

Misi in moto e mi insinuai nuovamente nelle strade di Manhattan. La mia mente era totalmente altrove, seguivo il traffico senza badare a dove andare. Chissà dov'era in quel momento Johnny...

Scossi la testa e scacciai quel pensiero, non dovevo pensarci affatto.

Ero ferma ad un semaforo quando un tombino esplose letteralmente, scaraventandomi addosso un palazzo. Vidi un'auto schiantarsi di pochi centimetri alla mia sinistra.

Quel colpo mi provocò dolori lancinanti alla schiena ed alcuni spasmi di tosse. Alzai la testa, sentii grida, sirene, fumo e polvere ovunque così come macchine incendiate. Un cumulo d'auto stava andando in fiamme, feci appena in tempo ad accorgermene e a trasformarmi per intervenire. Di lì a pochi metri c'erano due persone che tentavano di mettersi in piedi per scappare. Con un turbinio di gelo, pietrificai le auto e soppressi l'incendio.

Poi dal fumo apparve una figura altissima, imponente. Tutto tacque quando emise un grido stridulo.

Poi il panico.
 

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Esattamente dopo un anno... eccomi di nuovo qui! Lo so, sono crudele, pessima, ritardataria >.<
Ma ovviamente non è tutta colpa mia, perdonatemi! Il mio cervellino non voleva proprio aiutarmi nel buttare giù la parte finale della storia e quindi sono rimasta bloccata. Perdonatemi (lo dirò 'til the end of time ç_ç)!
Ora però, la storia ha raggiunto un filo conclusivo e quindi posso scrivere tutti i capitoli che voglio! 
Non saranno molti, perchè per me è più un parto che uno scrivere per passione riguardo a questa FF e ad altre xD
Comunque, bando alle ciance! Spero vi sia piaciuto :)
La citazione è tratta dalla canzone nuovissima dei Tonight Alive - The Edge.
Lasciate una recensione se vi va e se trovate bella questa storia! (Fatemi sentire un pò come sto andando :S)
See you soon,
Artemis Black

  
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