Lord Alistair D. Guilford aveva sempre preteso dai suoi tre figli la massima serietà negli studi e la massima abnegazione nel servire la patria, aspettandosi da loro l'eccellenza che si conviene a promettenti rampolli dell'aristocrazia più potente del mondo. Con l'esempio e le parole, si era impegnato a pieno per infondere nei figli l'orgoglio di fare parte di un'elite tanto potente, ed insieme ad un'istruzione impeccabile, gli aveva trasmesso i gesti , i valori e il codice etico di quella millenaria discendenza, una lezione che Theodore, Aidan e Gilbert avevano assimilato con un' umiltà e una dedizione senza pari.

Tuttavia, c'erano giorni in cui il minore degli eredi di Casa Guilford, ormai diventato uomo, si sorprendeva a provare un certo fastidio quando i suoi leali sottoposti si rivolgevano a lui, colmi di ammirazione, utilizzando il suo titolo nobiliare. Non si trattava di ingratitudine nei confronti di quel padre, severo ma magnanimo, verso il quale Gilbert nutriva ancora la più sincera devozione, e neanche di risentimento verso i fratelli che, spronandolo ad entrare nell’esercito, gli avevano delegato in toto l'accrescimento della gloria immortale del Casato per occuparsi da soli delle sue fortune terrene.

Ad alimentare l'irritazione del Cavaliere Gilbert Guilford non era altro se non la consapevolezza che il suo lignaggio, per quanto ineccepibile, era ben al di sotto del minimo richiesto per poter aspirare a diventare finanche il più umile dei pretendenti alla mano di Sua Altezza Imperiale Cornelia Li Britannia.