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Autore: Layla    07/04/2014    1 recensioni
Da allora non ci siamo più separati, Sid è stato il primo ragazzo con cui ho dormito e il primo con cui ho fatto sesso.
Penso sia quello perfetto per me nonostante tutti i suoi difetti e spero sia un buon padre, perché sono incinta ed è esattamente il motivo per cui sono qui sdraiata sull’erba asciutta a guardare le nuvole che si inseguono in cielo.
Aspetto un figlio da lui e non so come dirglielo.
Genere: Generale, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Johnny Rotten, Nuovo personaggio, Sid Vicious
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno
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1) La gatta e il criceto.

Hyde park è sempre stato il mio posto preferito dove riflettere.
Quando le cose andavano male a casa mia – e succedeva spesso con un padre che ama la bottiglia più della famiglia – o le mie compagne mi prendevano in giro.
Loro giravano con le calze di nylon sotto i calzini prescritti dalla divisa e si accorciavano le gonne, io invece ero costretta a non indossarle e a tenermi la mia vomitosa gonna color grigio topo ben sotto il ginocchio.
All’epoca ero una ragazzina mingherlina, con le trecce e senza un filo di trucco, mia madre non mi permetteva nemmeno di farmi le sopracciglia o strapparmi i baffi.
Era una all’antica mia madre – penso lo sia tutt’ora, anche se non abbiamo più rapporti da anni – e diceva che ogni cosa andava fatta a un’età ben precisa e per lei quindici anni erano troppo pochi per baloccarsi con la depilazione. O almeno fu quello che disse a me.
Capite bene come a quindici anni stessi spesso in questo parco a pensare a come facesse schifo la mia vita e a come non avessi strumenti per cambiarla, risparmiavo su ogni cosa perché a diciot’anni me ne volevo andare, ma tre anni mi sembravano dannatamente troppo lunghi.
E poi conobbi lui e i tre anni si accorciarono decisamente.
Lui è John Simon Ritchie, mia madre lo definiva un poco di buono da cui stare alla larga, era il figlio di una tossica che non ce l’aveva fatta a tenersi nessuno dei due mariti.
Quando lo incontrai la prima volta però mi sembrava più un tizio che aveva bisogno di un abbraccio che un teppista,   perché aveva l’aria di non averne ricevuti molti in vita sua.
Chiudo gli occhi  e il ricordo del nostro primo incontro mi invade.

{È un merdoso pomeriggio di dicembre. Fa un freddo che ti toglie la pelle dal corpo e mia madre ancora non mi lascia mettere le calze di nylon perché per lei sono sconvenienti.
Immagino che non sappia che non ci sono ragazzi che fanno la fila per spiarmi sotto le gonne ed è stato inutile tentare di farglielo presente, ha chiuso frettolosamente l’argomento e ha cominciato a pulire energicamente la finestra del salotto.
Mia madre è fatta così, più le cose vanno di merda, con mio padre che beve un giorno sì e l’altro pure, più lei si mette a pulire a fondo un appartamento squallido che già scintilla più che può.
Sto facendo avanti e indietro su un’altalena cigolante – per sfogare il  mio nervosismo – guardando con aria assente le luminarie.
“Posso?”
La voce maschile che mi parla mi fa trasalire.
Johnny Ritchie che parla a me?
“Certo che puoi, non ho mica comprato l’intera merdosa struttura.”
Lui scoppia a ridere smettendo poi per evitare che si trasformi in tosse.
Indossa un vecchio giubbotto di pelle e dei jeans laceri.
“Scusa, ma la mia vecchia non perde molto tempo a sistemarmi i jeans e cose del genere.”
“E la mia preferisce avere un figlia con un principio di ipotermia piuttosto che lasciarmi mettere delle calze.”
“Come ti chiami?”
“Katherine Anderson.”
“John Ritchie.”
Io mi esibisco nel mio miglior ghigno sarcastico.
“Io ti conosco, sei famoso a scuola. Dicono che non sai seguire una lezione senza farti buttare fuori.”
“Non è colpa mia se sono fottutamente noiose.”
“Hai ragione.”
Lui mi guarda incuriosito.
“Pensavo che una come te mi avrebbe fatto la predica.”
Io scoppio a ridere divertita.
“L’unica ragione per cui mi vedi così è perché mi obbliga mia madre e se provassi a ribellarmi il mio vecchio mi spedirebbe all’ospedale conciata come un colabrodo.”
“Merdosa la vita, la mia è una tossicomane.”
Lentamente iniziamo a parlare di noi e delle nostre vite e mi accorgo che è un tipo a posto, matto come un cavallo, ma sostanzialmente a posto. È migliore di quelli che mia madre chiama buoni partiti perché lui non trasuda ipocrisia da tutti i pori.
Se deve dirti una cosa te la dice dritta in faccia e questo l’ho  capito dopo averci parlato un paio d’ore.
“Ehi, Johnnie, posso fare una cosa?”
“Uhm, certo.”
Continua a fumare tranquillo, io invece raccolgo tutto il mio coraggio e lo abbraccio. La cosa lo coglie di sorpresa perché lascia cadere la sigaretta appena iniziata nel fango.
“Perché?”
“Uhm, sembri uno che ha bisogno di un abbraccio.”
Lui mi regala un sorriso vero e poi mi scompiglia i capelli.}

Da allora non ci siamo mai lasciati, se così si può dire.
Abbiamo iniziato a legare parecchio e circolavamo tranquillamente insieme anche a scuola, non c’è nemmeno bisogno di dire che da allora nessuno ha più osato disturbarmi.
Johnnie è sempre stato magro, ma nelle risse ci sa fare e poi aveva una reputazione da teppista che lo precedeva come un’ombra lunga.
In realtà ha un cuore d’oro ed è forse per questo che siamo diventati amici e poi qualcosa di più.
È stato due anni fa quando aveva appena incontrato John Lydon ed era appena diventato Sid Vicious. Sid come il suo criceto, Vicious perché Johnny credeva che quel criceto fosse maligno.
Non ho ancora capito chi dei due si sia scelto il nome peggiore, se Sid Vicious o Johnny Rotten.
Non ha importanza, so solo che due anni fa mia madre venne a sapere che avevo fatto amicizia con un poco di buono e sollevò un polverone.
Io però quella volta non me ne ero stata buona a sentire le sue sfuriate, il giorno dopo mi ero comprata una tinta rosso sangue e avevo tinto i miei capelli.
Quando mamma la vide svenne quasi e mio padre urlò che o mi toglievo quel colore da puttanella entro il giorno dopo o potevo considerarmi fuori casa.
Ho scelto il colore da puttanella e ho riempito una borsa e uno zaino con le cose che più mi servivano.

{Ok, alla fine ce l’ho fatta.
Sono diventata come Sid, a forza di stare con lui sono diventata una mezza teppista anche io e, per Dio, la cosa non mi dispiace.
Ero stanca di stare in quella casa, ora devo solo sperare che Sid e John mi vogliano come coinquilina, non riescono a farsi durare un lavoro più di una settimana, ma in qualche modo pagano sempre l’affitto a fine mese.
Cammino tra la folla di gente che torna a casa ricevendo parecchie occhiate, i miei capelli si notano, come i jeans stracciati, il giubbotto di jeans e gli anfibi.
In ogni caso ben presto mi trovo nel quartiere squallido dove vive Sid, spero di stare simpatica a Johnny perché io lo apprezzo davvero.
Suono il campanello e mi viene detto di salire, aprono la porta e io inizio a salire le scale: puzzano di cavolo e cipolla. L’appartamento dei ragazzi è all’ultimo piano e l’ascensore non funziona, così mi tocca fare le scale a piedi con la borsa che sbatacchia sulle mie gambe e le cinghie del mio vecchio zaino di scuola che mi tagliano le spalle.
Suono il campanello e Sid mi apre, indossa una canottiera e un paio di jeans, nonostante fuori faccia freddo e il riscaldamento non mi sembri al massimo.
“Ehi, Kat! Come mai qui?”
Io abbasso gli occhi.
“I miei mi hanno sbattuto fuori casa e non so dove andare. Potrei…”
Prima ancora di finire la frase mi ritrovo avvolta dal suo abbraccio e io mi abbandono sul suo petto magro lasciandomi andare a un breve pianto isterico.
Finito quello, mi guida nell’appartamento e chiude la porta, Johnny arriva dalla cucina con i suoi capelli rossi da irlandese irti.
“Ehi, Kitty Kat. Cosa ci fai qui?”
“Vivrà da noi, i suoi l’hanno sbattuta fuori.”
Johnny scuote le spalle.
“Sì, mi sta bene. Contribuirai anche tu all’affitto, ma per stasera abbiamo solo minestra di pollo per tutti.”
Io annuisco e mangio un misero piatto di minestra senza discutere, poi mi offro di lavare i piatti, poco importa che siano quelli di una settimana, cosa di cui mi rendo conto non appena metto piede in cucina.
Finito, guardo un po’ la tele con loro e poi Johnny se ne va a letto, l’ha preso come garzone un fornaio. Sid invece mi accompagna in camera sua, cambia le lenzuola e mi cede il suo letto.
“Sei sicuro?”
Dico un po’ a disagio.
“Posso dormire sul divano.”
“No, è scomodo. Stai tranquilla.”
Io mi metto a letto, ma non riesco a dormire e a un certo punto sento dei gemiti. Scalcio via le coperte e vado in salotto, come pensavo è Sid che fa casino. Lo tocco: il corpo è gelato, ma la fronte scotta.
Quel cretino ha la febbre e non me l’ha detto, penso in un impeto di tenerezza. Gentilmente lo scuoto e lui mi guarda con i suoi occhioni scuri, liquidi e gonfi di sonno.
“Katie, cosa c’è?”
“Hai la febbre, Sid. Devi dormire nel tuo letto.”
“E tu?”
“Posso dormire con te?”
Gli chiedo rossa come un pomodoro.
Lui mi accarezza una guancia.
“Richiedimelo.”
“Posso dormire con te?”
“Mi piace questa domanda e la risposta è ovviamente sì.”
Con un po’ di fatica si trascina in camera sua e si stende a letto, io vengo attirata sul suo petto non appena tocco il letto.
È la prima volta che sono così vicina a un ragazzo, ma è piacevole: mi sento protetta tra le sue braccia.
Sorridendo, mi addormento.}

Da allora non ci siamo più separati, Sid è stato il primo ragazzo con cui ho dormito e il primo con cui ho fatto sesso.
Penso sia quello perfetto per me nonostante tutti i suoi difetti e spero sia un buon padre, perché sono incinta ed è esattamente il motivo per cui sono qui sdraiata sull’erba asciutta a guardare le nuvole che si inseguono in cielo.
Aspetto un figlio da lui e non so come dirglielo.

{Mia madre ha sempre detto che fare l’amore fuori dal matrimonio è un peccato, ma a me non sembra proprio. Anzi.
Sento le ondate di piacere che si susseguono ogni volta che Sid entra in me. Raggiungo l’orgasmo chiamando il suo nome e poco dopo lui fa lo stesso e ricade ansante su di me.
Ora la stanza è piena solo dei nostri sospiri, lui si è alzato un attimo per togliersi il preservativo e buttarlo nel cestino e poi è tornato a letto. Immediatamente sono finita sul suo petto, lui gioca distratto con i miei capelli rossi e sorride.
“Ehi, Kat.”
“Sì?”
“Ti va di essere la mia ragazza?”
“Sì, assolutamente sì!”
Rispondo sorridendo.
“Mi piaci da un sacco di tempo.”
“Anche tu, da quando ti vedevo a scuola con le tue trecce, la gonna troppo lunga e l’aria incazzata.”
Io seppellisco la faccia nel suo petto per non fargli vedere che sono arrossita.
“Sei sicuro di volermi come ragazza? Potrei distrarti dalla tua musica e Johnny mi ucciderebbe.”
“Sicurissimo e sono sicura che non ti metterai in mezzo tra me e la musica.”
“Sì, non lo farò. Mi divertono i vostri concerti.”
“Allora, vieni a quello di sabato. Sembra che ci sarà qualcuno di importante, forse il tempo delle minestrine è finito e finalmente direi. Iniziavano a starmi sul cazzo.”
Io rido.
“Anche a me, comunque verrò.”
Fuori nevica, è sera e Johnny è fuori, scommetto in qualche pub ad ubriacarsi. Io mi abbandono lentamente al suo tocco, al suo giochinare con i miei capelli e mi addormento.}

Non mi sono mai messa tra lui e la band, tranne forse adesso con questa gravidanza indesiderata. Sono sempre andata ai loro concerti, li ho sostenuti  e ho festeggiato con loro quando finalmente qualcuno si è accorto di loro.
Non sono il massimo come tecnica, ma incarnano benissimo la voglia di ribellione, John e Sid soprattutto, benché lui suoni con il basso non attaccato all’amplificatore. Poco importa, è l’energia che mette sul palco che coinvolge e fa venire voglia di saltare.
Questo è quello che gli viene meglio e che li rende speciali: tutti i ragazzi a cui la vita gira storta si riconoscono in quei quattro.

{Il concerto è finito e io sono saltata in braccio a Sid, Johnny ride, dice che sembro un koala.
Stiamo ancora battibeccando allegramente quando un uomo in giacca e cravatta si avvicina a noi, sorridendo.
“Siete voi i Sex Pistols?”
“In persona”
Gli risponde Johnny con il suo solito ghigno impertinente.
“Bene, perché potrei darvi la possibilità di diventare molto famosi.”
Lui e Johnny si mettono a discutere sui dettagli dell’incontro e un fremito di elettricità percorre l’aria: forse ce l’hanno fatta.
Quando l’uomo se ne va del ghigno di Johnny non c’è più traccia, c’è il sorriso di un bambino a cui hanno detto che il Natale arriverà una settimana prima.
“Forse potremo incidere un disco ragazzi!”
Immediatamente si scatena una selva di ululati di gioia, Sid mi bacia.
“Che carini!”
Commenta la voce di una ragazza, mi volto e mi trovo davanti una bionda. I suoi occhi dicono che non è affatto contenta di vedere Sid con una ragazza.
“Chi sei?”
Le chiedo poco gentile.
“Nancy Spungen, eroinomane e zoccola di professione.
Sparisci, bellezza. Qui non c’è bisogno di te.”
Lei se ne va furiosa, chiaramente umiliata dalle parole di Johnny.
Io sento le vibrazioni del pericolo continuare a mandare segnali. Temo che questa non sarà l’ultima volta che la vedrò.}

Non è stata l’ultima volta, Nancy ha provato con costanza a togliermi Sid e non ci è mai riuscita. Non sono una che molla facilmente, soprattutto quando ci sono in gioco le cose a cui tengo come Sid.
Non voglio che lui cada nel gorgo dell’eroina per colpa sua, soprattutto ora che sono incinta, anche se non ho idea se vorrà occuparsi o meno del bambino.
Forse siamo tutti e due troppo giovani e incasinati per averne uno, ma tant’è, ormai il piccolo o piccola sta crescendo nella mia pancia.
Mia madre sarebbe stata favorevole all’aborto, io no: non avrei mai il coraggio di liberarmi del frutto del mio amore per Sid.
“Tutto bene?”
Una voce maschile si fa sentire e il suo proprietario si siede accanto a me.
“Sid! Come hai fatto a trovarmi?”
“So dove vai quando hai bisogno di pensare e credo che tu abbia bisogno di pensare e molto.”
Il mio corpo si copre di sudore freddo improvvisamente.
“Cosa vuoi dire?”
“Che ho trovato un test di gravidanza in bagno e dubito che appartenga a Johnny.”
Io sospiro.
“Sì, hai ragione. Ho bisogno di pensare e molto perché… io…. Sono …. Incinta.”
Le parole mi escono a stento, ho una paura folle che se ne vada e mi lasci da sola, con i miei problemi  e casini, per seguire la band.
Mi aspetto della collera sul suo bel viso, inaspettatamente sorride.
“È mio, vero?”
“Ovviamente.”
Rispondo piatta.
“Ti capirei se non volessi prendertene cura, siamo giovani e tu hai la band…”
“Sh! Non dire cazzate!
Kat, è bellissimo!”
“Davvero?”
Per tutta risposta mi fa alzare e mi prende in braccio facendomi fare una giravolta.
“Sarò padre!”
“Sei sicuro? Non è una responsabilità da poco!”
Lui sorride di nuovo.
“Lo so!”
Poi mi rimette a terra e abbassa gli occhi.
“L’unica cosa per cui sono dispiaciuto è che non potrò esserci per tutta la gravidanza, solo per il parto.”
Lo guardo senza capire.
“Ci hanno organizzato un tour negli Stati Uniti, volevo chiederti di venire con noi, ma dato le tue condizioni  è meglio che tu rimanga a casa.”
Io annuisco.
“Sì, ma Nancy ci sarà.”
“Ma chi se ne frega di quella vacca,non mi piace per niente.
Io ho te e il bambino e non so di che farmene di lei e della sua eroina.”
Mi prende per mano.
“Andiamo a casa? Così daremo la notizia a zio Johnny.”
Io scoppio a ridere, John Lydon è l’ultima persona che chiameresti zio, rischieresti di prenderti un pugno in faccia e i suoi pugni fanno dannatamente male. Se Sid è stato coinvolto in poche risse, Johnny è il campione mondiale delle beghe del quartiere, nessuno sano di mente lo disturberebbe.
Prima dell’uscita del parco c’è una bancarella che vende crepes, io afferrò il polso di Sid e lo faccio fermare.
“Me ne prenderesti una?”
Gli chiedo gentilmente, lui annuisce.
La tizia che ce le vende ci guarda con sospetto, non credo le piacciano un ragazzo con i jeans stracciati e una vecchia canottiera bianca e una ragazza dai capelli rossi con una gonna troppo corta e una maglietta troppo strappata.
Mangiamo la crepes mentre torniamo a casa, il traffico è sostenuto come al solito e si è alzato un vento freddo. Io alzo lo sguardo al cielo e – come al solito – minaccia pioggia.
“La prossima volta che devi riflettere su qualcosa ti conviene scegliere un posto all’asciutto,  l’estate è finita.”
Io annuisco.
“Non riesco mai a rendermi conto di quanto passi alla svelta, ormai siamo già a settembre.”
Arriviamo alla villa in cui adesso abita il buon vecchio Johnny Rotten infreddoliti e stanchi, a tutti e due piace macinarsi Londra, ma oggi abbiamo sbagliato completamente abbigliamento.
Lui viene ad aprirci, indossa una maglia nera e ha in mano una bottiglia di Jack Daniels, i suoi capelli sono un casino come al solito.
“Spero abbiate una buona ragione per essere venuti a disturbarmi mentre mi stavo rilassando.”
Io lancio un’occhiata alla sua bottiglia.
“Oh, il tuo fegato ci ringrazierà.”
Ci sediamo tutti al tavolo del salotto, Johnny ci guarda interrogativo.
“Allora, piccioncini?”
“Kat è incinta.”
Lui trasalisce violentemente, poi si alza dalla sedia e si piazza davanti alla mia, le braccia aperte.
Io lo abbraccio.
“Per la Madonna, che notizia! Cristo, se sono felice per te, Sid.
Questo vuol dire che non ci seguirai nella terra dello zio Sam.”
Io sorrido.
“No purtroppo, rimarrò qui nella cara vecchia Inghilterra a lievitare come una torta mal riuscita.”
"Vado a prendere dello champagne e dei bicchieri.”
“Vengo anche io.”
Lo seguo in cucina e chiudo la porta, facendo attenzione a che Sid non se ne accorga.
“Cosa vuoi dirmi Kat?”
“Devo chiederti un favore, Johnny.”
“Spara.”
“Io non ci sarò e non potrò tenere d’occhio Sid, per favore tienilo lontano dall’eroina e da Nancy Spungen.”
“Eroina e Nancy sono sinonimi.”
“Lo so, per questo te lo chiedo e non ti chiedo di farlo per me, ma per il bambino che porto in grembo, non voglio che nasca orfano di padre.”
“Non voglio nemmeno io, perché è una vera merda.
D’accordo, terrò d’occhio Sid. Nella band non circola ero e cercherò di tenere lontana quella vacca di Nancy. Quanto cazzo la odio!”
“Non dirlo a me.”
Prendiamo lo champagne e torniamo di là, dove brindiamo al nuovo Ritchie in arrivo.
Io sorrido, ma dentro di me ho paura.
Riuscirà mio figlio ad avere un padre?

   
 
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