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Autore: Shirokuro    10/04/2014    1 recensioni
{ tsukaza; azami centric | one-shot di 620 parole circa | fluff; angst | what if? per la grave incoerenza con la trama originale | attendendo sabato }
E la sua dolce creatura crebbe. Divenuta una donna dallo sguardo malinconico, non poteva far altro che sorridere alla nipote di Azami e dirle la verità.
«Per quanto possa essere un mostro, una medusa proverà sempre emozioni e amerà i suoi cari, Mary. Quindi sorridi, perché la nonna ti avrebbe voluto bene».
Genere: Angst, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Azami
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Fuyu torna con la sua quarta composizione per questo fandom, incentrandosi su Azami che attualmente è la sua ossessione peggiore, che si contende il posto con Hibiya, con Shintaro e con Momo. Perché io amo Azami e mi piace farle tanto tanto male. Anche se non tanto, in fondo.
Sto fremendo per il Mekaku City Actors e non riesco a far altro che rileggere i capitoli finora usciti su Batoto.net in italiano, riascoltare le canzoni e piangere tante lacrime su Shinigami Record e Souzou Forest ed amare tanto tanto tanto le Kozakura, tutte quante. 
Ma sopratutto, la mia amata Tsukihiko/Azami, capite? Sono meravigliosi almeno quanto Shintaro ed Ayano (no, mento: loro sono fantastici e nessuno li batte ♥). Ho voluto provare a raccontare in qualche riga Azami stessa, affinché possa avere il suo momento di gloria in questa meravigliosa sezione. Solo questo, desidero forse troppo? Sì, perché il mio renderle onore fa schifo, ma devo almeno provarci! Perché tutto il dolore di Azami, è colpa sua. Oh! Beting di Class Of 13. Buona lettura.
Voleva di più, ma ha perso tutto quello che aveva guadagnato
   Adorava tutto del suo amato, Azami.
   Non la lasciava mai sola, non l’avrebbe mai fatto a meno che non fosse stato costretto e, anche se così fosse stato, lei era certa che l’avrebbe raggiunta appena possibile, abbandonando qualsiasi cosa che gli altri ritenevano più rilevante. Erano il tesoro più prezioso l’uno dell’altra.
   Il leggero sfiorarsi a vicenda le falangi, come intimoriti da quel tenero contatto, faceva andare in visibilio la medusa. Le dava un senso di calore, le faceva intendere come il loro affetto reciproco fosse innocente e casto, come lo sarebbe restato fino in fondo. Era il più piccolo ed il più bello degli spettacoli, venti minuscole spade che si accarezzavano, con avversità inesistente e dolcezza unica. E lei arrossiva, incerta e felice.
   Gli improvvisi abbracci che Tsukihiko le riservava, quasi a tradimento, la facevano impazzire. Agguati imprevedibili nel cuore della giornata, teneri attentati al piccolo cuore della donna, calde catene attorno al suo torace – che raggiungeva a malapena l’altezza dei gomiti dell’uomo –; tutto questo l’amava. Erano l’unica cosa che la rassicurava e confermava che l’avrebbe sempre protetta dall'orrore della solitudine, fin da sempre vissuta, e da sguardi o azioni malevole. 
   I piccoli baci, che l’albino si lasciava rubare durante le silenziose notti in cui l’unico suono udibile era il loro respiro e nel buio, gli unici riflessi erano quelli della luce che filtrava dalle tende accostate e faceva splendere le squame di Azami. Erano bellissime, lasciavano che il suo meraviglioso sorriso fosse il protagonista indiscusso dei loro piccoli momenti romantici ed intimi.
   E lei era serena. Tsukihiko tornava sempre da lei, solo per poter continuare a vederla così, in modo che le sue labbra non si curvassero mai più all’ingiù, che le sue guance non si rovinassero, solcate da odiose lacrime cristalline. La medusa lo sentiva, anzi, sapeva che quando i suoi occhi cremisi incrociavano quelli dell’amante pensavano ambedue che quell'incidente fosse una delle poche gioie della vita.
   Quando finalmente, senza preavviso alcuno, arrivò a rompere quella tranquilla quotidianità la piccola Shion, la felicità s’innalzò. Le giornate, come nelle afose estati vissute assieme, si allungarono e non dispiacque a nessuno dei due. Sì, quella benedizione che era stata concessa al minuto mostro dei serpenti color pece, non aveva recato nessun danno, solo donato ulteriore allegria.
   Eppure fu quando Azami fece l’errore di volerne per sempre, quella felicità quasi idilliaca, tutto finì come una favola crudele.
   E lei pianse, rimpiangendo gli abbracci, il calore del piccolo corpicino della figlia e voleva poter tornare addietro, a quando avrebbe potuto accontentarsi e non rovinare quella vita spensierata ed apparentemente perfetta. Ed era tornata sola. Tsukuhiko l’aveva abbandonata ed allontanata dalla dolce albina, limitandola in solitudine nel Daze.
   E le lacrime scorrevano ancora prepotenti. Non sorrideva più, ogni bel ricordo diveniva dolore e sofferenza atroce. Se solo fosse stato lì, le avrebbe detto di calmarsi, tanto era lì, al suo fianco. Ma l’amato non c’era, stava crescendo Shion. Da solo. Si chiedeva se ancora la pensava o se raccontava di lei alla persona che gli stava vicino. 
   E la sua dolce creatura crebbe. Divenuta una donna dallo sguardo malinconico, non poteva far altro che sorridere alla nipote di Azami e dirle la verità.
   «Per quanto possa essere un mostro, una medusa proverà sempre emozioni e amerà i suoi cari, Mary. Quindi sorridi, perché la nonna ti avrebbe voluto bene».
   
Ma Azami non lo sapeva, in cuor suo temeva che, avendole provocato sofferenze certe, la odiasse. Ed in solitudine, cercava la mano rassicurante di Tsukihiko, illudendosi che ancora un volta sarebbe stata raccolta e che il timore, la fitta che provava nel suo petto, sparissero; il fiume scorre impetuoso, come andavano e non tornavano addietro le lacrime copiose: solo quelle le facevano compagnia. Perché aveva desiderato l’infinito e quello stesso l’aveva rovinata.
   
 
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