Storie originali > Introspettivo
Ricorda la storia  |      
Autore: Sheylen    11/04/2014    2 recensioni
Ecco la breve storia di un cane, nato e morto sotto la pioggia e amante del rognone. Questo cane è un qualsiasi randagio dell'800, eppure la sua vita si arricchirà di certezze proprio un attimo prima di finire...
Prima classificata al "Randagi contest!" di Manufury
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Storia di un cane, di pioggia e di rognone
 
 
La pioggia ha un buon odore. Non capisco perché quelli alti facciano sempre di tutto per non toccarla. Sentire le gocce che scorrono sulla pelliccia è la cosa più bella del mondo. A parte il rognone di vitello.
Certo, l’acqua negli occhi pizzica e brucia, ma basta tenerli chiusi e girare le orecchie all’indietro. Però se si tengono gli occhi chiusi non si può correre. E correre sotto la pioggia è di sicuro la cosa più bella del mondo. A parte il rognone di vitello.
La pioggia mi ricorda quando sono nato. È la prima cosa che ho sentito, oltre all’odore di mia mamma e dei miei fratelli. Eravamo in cinque, tre maschi e due femmine. Una bella cucciolata, tutti bianchi con le macchie rossiccio. Tranne il sottoscritto, nero con una macchia grigia sul muso, degno erede di un cane lupo.
Non ho mai capito in base a quale concetto quelli alti scegliessero quali colori erano belli e quali brutti. So solo che non dovevano andare matti per il nero, e forse nemmeno per la mia bellissima macchia grigia, perché io fui gettato in un catino di legno pieno d’acqua. Mi lasciarono lì, senza neanche avere il coraggio di vedermi annegare, mentre i miei fratelli venivano portati al caldo, per essere un giorno addestrati ad andare a caccia di volpi. È una delle cose preferite di quelli alti, oltre ad una puzzolente bevanda che sa di erbe.
La mia mamma mi cercò a lungo, riconobbi il suo ululato mentre perdevo pian piano la forza di tenermi a galla. Ero un cucciolo di appena un giorno, e in quel giorno doveva finire la mia esistenza. Eppure, per qualche strano motivo, l’acqua che c’era intorno a me iniziò pian piano a diminuire. Nei miei polmoni tornò di nuovo l’aria e nei miei muscoli la forza di reagire. Saltai fuori dal catino, che era circondato da una grande pozza d’acqua.
Da allora ho imparato che il legno è fragile, e che non sempre riesce a contenere bene dell’acqua. Non dimenticherò mai le feste che mi ha fatto la mia mamma, quando mi ha visto tornare zuppo e spelacchiato. Mi ha cresciuto come non ha potuto fare con i miei fratelli, come un cane randagio. Mi ha insegnato a cacciare, a nascondermi, a elemosinare qualche striscia di carne essiccata dai viandanti, a sopravvivere.
Quando la pioggia scende troppo forte, anche un cane come me cerca rifugio. Non rimango mai nello stesso posto, a volte cerco riparo sotto i tetti sporgenti, altre sotto le grandi cucce con le ruote che alcuni di quelli alti usano per spostarsi, altre ancora nei tunnel della periferia.
Non so quanto tempo passai a vagabondare prima di raggiungere la città dove vivo ora, devo aver camminato molto in mezzo alle campagne. Quello dei campi era un ambiente meraviglioso, ricco di cibo e di ripari, con un'infinità di animali in libertà.
Si sentivano gli odori di altri cani, le tracce di piccole prede, il puzzo di quelle erbe strane che piacevano a quelli alti. E poi in primavera si riempiva tutto di polline, e dovevo passare i pomeriggi a leccarmi il pelo per pulirmelo. Forse non era poi così meravigliosa la campagna.
Ma se non fossi vissuto lì, non avrei mai incontrato la mia compagna. Nessuno al mondo ha un odore più buono di quello della mia compagna. A parte il rognone di vitello.
Lei aveva il pelo grigio, tranne che sulla coda, dove aveva una macchia nera. Il suo grigio era come quello della mia macchia, e il mio nero come quello della sua. Insomma, sembrava che la natura ci avesse creato apposta per stare insieme.
Evidentemente però il destino non era d'accordo. Il giorno che doveva essere il più importante della mia vita, quello in cui avrei visto nascere i cuccioli con il mio stesso pelo, la mia compagna scomparve. Non ho mai saputo cosa le successe, forse era stata catturata da uno di quelli alti con la rete, forse era morta, forse aveva trovato un altro compagno.
Fu allora che decisi di raggiungere la città. Tenevo nel mio cuore l'odore della mia compagna e sul muso il colore del suo pelo, ma sapevo che la mia strada non poteva fermarsi. Avrei smesso di essere un randagio, se fossi diventato capo di un branco.
La città mi ha insegnato nuove cose, e allo stesso tempo me ne ha regalate altrettante. Come il rognone di vitello. In realtà non è stata proprio la città a regalarmelo, ma un suo abitante. Era un cucciolo di quelli alti, dall'odore che aveva credo che fosse una femmina.
L'ho incontrata una sera d'autunno, o meglio lei ha incontrato me. Ero sdraiato davanti alla sua cuccia, con lo stomaco che ruggiva, e lei ha rubato del rognone del suo branco per regalarmelo. Non che questo abbia migliorato i miei rapporti con quelli alti.
Di solito, quando viene la pioggia, quelli alti si chiudono nelle loro cucce di mattoni, accendono un grande fuoco e stanno fermi. Lo so perché li ho visti una volta, quando il membro di un branco ha aperto la porta.
A me non piacciono quelli alti. Non mi piace nemmeno il loro odore. E quando l’odore di uno alto si mischia all’odore dell’acqua, nessuno può fermarmi. O almeno è quello che pensavo quando ho azzannato una di quelle gambe puzzolenti. Era lo stesso giorno in cui avevo visto l’interno di una loro cuccia, e pensandoci bene era anche lo stesso alto puzzolente che aveva aperto la porta. Ricordo ancora il sapore della carne che mi pervadeva la bocca. Sapeva di coniglio, pecora e tacchino. Il gusto più eccitante del mondo. A parte quello del rognone di vitello.
Credevo che il mio pelo nero e la mia macchia grigia avrebbero spaventato a morte tutti gli altri membri del branco. Ed effettivamente così è stato. Solo che quelli alti quando si spaventano non si mettono a guaire come noi cani, ma prendono in mano gli oggetti che luccicano. Fino a quel giorno ne avevo visti solo un paio, ma sempre da lontano, perché brillavano in uno strano modo. Quella fu la prima volta che sentii che suono facevano. Era un rumore tremendo, così forte da intontire per qualche secondo. Ricordo solo che provai un dolore indescrivibile alla pancia. E mi resi conto che ero diventato come un catino di legno che perdeva acqua rossa.
Ora che ci penso, quella sera non è stata tanto tempo fa. Non è passata più di mezz'ora da quando ho azzannato quello alto vicino alla porta. Che strano, guardando la pioggia ho perso la concezione del dolore e del tempo. Forse perché torno a sentirmi cucciolo, quando ero ancora tra le zampe di mia madre con il pelo tutto spettinato.
L'acqua rossa mi sta sporcando tutto il pelo. Vorrei pulirmelo, ma se contraggo i muscoli della pancia sento delle fitte di dolore.
Sono sdraiato per terra a lato della strada, sotto la pioggia che mi bagna. Sta pulendo l'acqua rossa al posto mio. Forse è stata la pioggia la mia vera compagna. Anche lei va e viene quando vuole, come un vero randagio.
Sento i versi di quelli alti, rintanati nella cuccia dietro di me. Forse li ho odiati così tanto solo perché sapevo che loro avevano odiato me. In fondo, quel cucciolo femmina era stato gentile con me. Magari quelli alti non erano tutti uguali, magari a lei era piaciuta la mia macchia grigia.
Pensandoci bene, quel gesto di attenzione era stato il più bello di tutta la mia vita, come la pioggia che mi accarezzava nei miei ultimi momenti era stata la compagna migliore del mondo.
E il rognone di vitello era stato così buono perché non sapeva solo di rognone, ma anche di affetto.
  
Leggi le 2 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Introspettivo / Vai alla pagina dell'autore: Sheylen