Ringrazio in anticipo chi leggerà questa fic çwç <3
Contemplazione
Inverno. Freddo. Pioggia. Niente piscina ovviamente.
Compiti per casa? Terminati da un pezzo. Dopo aver giocato insieme all’ennesimo videogioco, Makoto e Haruka concordarono sul fatto che forse era meglio lasciar riposare gli occhi spegnendo consolle e tv. I due rimasero così seduti a terra, la schiena poggiata sul letto, ad osservare il soffitto in silenzio. Il moro provò a distrarsi prendendo una rivista a caso dalla piccola torre che l’amico aveva ‘costruito’ di fianco al comodino, ma l’atmosfera silenziosa e il calore che il termosifone emanava all’interno della stanza rese le sue palpebre pesanti.
‘Haru?’
Il delfino riaprì gli occhi per un istante, muovendo la testa all’indietro con un piccolo scatto come se volesse dire: ‘Ci sono, ci sono, non sto dormendo!’. Ma il torpore, che aveva iniziato ad avvolgere il suo corpo e la sua mente leggermente annoiati, decise di non abbandonarlo, anzi, si impossessò di lui con maggiore forza.
‘Haru? Ehi, Haru?’
Il dorsista provò a scuotere l’altro nella speranza che riprendesse conoscenza o che almeno avesse l’accortezza di salire sul letto per riposarsi su un qualcosa di più comodo ma nulla, Haruka era oramai già partito con destinazione ‘il Mondo dei Sogni’ e per un po’ di tempo sarebbe stato lontano da casa Tachibana.
Makoto sbuffò sorridendo e decise di avvicinare, delicatamente per non svegliare l’amico, la testa di Haru sulla propria spalla, almeno così era in grado di offrire all’altro un surrogato di cuscino vagamente confortevole.
I minuti passavano e il ragazzo dai capelli castani si era concentrato a fissare lo spettacolo del muro di fronte a lui, come se non avesse mai osservato quei poster e l’armadio dei suoi vestiti, come se quella stanza non fosse la sua. Gli occhi, quindi, si spostarono verso il viso dell’amico, seminascosto dalla frangia pesante, e Makoto, per constatare che l’altro stesse davvero dormento, avvicinò le due dita verso la fronte di Haru; usando tutta la delicatezza in suo possesso, scansò da un lato i capelli scuri dalla sua fronte. Le palpebre di Haruka chiuse ed immobili mettevano in mostra, in primo piano, le ciglia lunghe e nerissime, come quelle di una ragazza, che erano solite contornare i suoi occhi chiari e dal taglio allungato i quali, però, in quel momento, erano totalmente nascosti.
Poco più sotto facevano capolino le sue labbra sottili, appena dischiuse, dalle quali fuggiva il suo respiro regolare. E Makoto si soffermò ad osservarle come se si fosse accorto solo in quel momento che l’amico ne possedeva un paio anche lui come tutti gli esseri viventi, e sensuali per giunta. Non riuscì a resistere alla tentazione di seguire la loro sporgenza con il proprio dito. Senza accorgersi minimamente di nulla, il dorsista mosse il collo verso il basso per avvicinare il proprio viso al suo e, una volta realizzato cosa era in procinto di fare, si bloccò di colpo. Haru non si era accorto di nulla, continuava a dormire beato e ignaro di tutto. Makoto decise allora di annullare la distanza tra loro due andando prima a posare le proprie labbra su quelle dell’amico, poi prese a succhiarle con delicatezza poggiando appena i denti su di esse. Infine tentò di insinuarsi nella bocca di Haruka con la voglia di assaporare qualcosa di più del contenitore esterno dell’amico.
Ma proprio in quel momento il moro decise di aprire gli occhi mormorando il nome dell’altro sulle labbra di entrambi. Makoto si allontanò di scatto rosso in volto, aveva decisamente osato troppo e non sapeva come giustificare quel suo gesto improvviso. Contrariamente alle aspettative, Haru prese parola quasi subito, strano da parte sua, e disse: ‘Se vuoi puoi continuare’ portandosi l’indice al di sotto delle proprie labbra, arrossendo leggermente. Il timbro della sua voce, diverso dal suo solito tono distaccato, non lasciava dubbi sul fatto che forse, nonostante la sorpresa, o forse grazie ad essa, avesse gradito quel contatto morbido e fortuito. Ma Makoto rimase fermo, con l’espressione da stoccafisso, osservando impietrito l’amico, e prese a scusarsi con quanto più fiato aveva in corpo. Solo quando Haruka gli rivolse uno di quei suoi sguardi eloquenti, di quelli che esprimevano mille parole senza emettere alcun suono, il dorsista si placò per un istante: osservò una seconda volta le ciglia scure del moro e, come aveva fatto in precedenza, quando l’amico aveva gli occhi chiusi, avvicinò la mano al suo viso, ricalcò con l’indice il profilo delle labbra di lui e si accostò di nuovo ad esse con però la consapevolezza di venire, questa volta, ricambiato.