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Autore: Maty66    12/04/2014    3 recensioni
L’amore che ciascuno di noi può dare agli altri, per quanto ci si sforzi, è sempre e comunque un amore imperfetto.
Questa è l’ultima storia della serie “Storie di amore e di amicizia”.
Ben e Laura si amano più che mai e sono genitori, Ben e Semir sono sempre migliori amici e sono tornati ad essere colleghi di lavoro.
Tutto sembra essere tornato al suo posto nel puzzle della vita.
Ma le cose possono cambiare da un momento all’altro.
Genere: Avventura, Introspettivo, Thriller | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Storie d'amore e di amicizia'
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Notti insonni e tristi notizie
 
Sei mesi dopo
 
L’urlo disumano squarciò il silenzio della casa addormentata.
“Oh noooo” mormorò Ben rigirandosi nel letto. “Lo ripeto… ha un futuro assicurato come cantante lirica…” borbottò, mentre Laura iniziava anche lei a rigirarsi e le urla non accennavano a scemare.
“Per favore vai, se sveglia anche Thomas stavolta i vicini firmano  davvero tutti la petizione per  cacciarci dal palazzo” mormorò la donna con voce assonnata.
“Forse ha fame…” fece Ben buttando le gambe fuori dal letto.
“Non ha fame… vuole solo che il padre la prenda in braccio come al solito. Ti avevo avvertito di  non  viziarla”
Ben si avviò con passo strascicato, stropicciandosi gli occhi, verso la camera dei bambini.
Scansò  abilmente tutti i giocattoli, le carrozzine  e le altre cianfrusaglie che avevano invaso la casa ed accese la luce della stanza tutta decorata di uccellini, farfalle e api  sulle pareti.
Venne accolto da un entusiasta “papapa” di Miriam che, in piedi nella culla, gli tendeva le braccine per essere presa.
“Niente papapa, sei una bimba monella” disse Ben prendendo in braccio la bambina.
“Papapa” fece ancora la piccina aggrappandosi al collo con le braccine, sorridendo felice.
Solo per quel momento Ben si sarebbe alzato cento volte in una notte.
“Shhh non svegliamo tuo fratello” Ben controllò l’altra culla dove dormiva pacifico Thomas e gli rimboccò la copertina azzurra.
I due gemelli  non potevano essere più diversi, sia fisicamente che come carattere.
Thomas, fisicamente identico a suo padre, era un bimbo pacifico e socievole; non piangeva quasi mai, aveva sempre il sorriso sulle labbra ed era  praticamente succube della sorellina.
Miriam, grandi occhi azzurri e sorriso come quelli di Laura, aveva invece ereditato il carattere ribelle e scanzonato del padre. A sei mesi era già un’artista della fuga dal box  ed era già in grado di arrampicarsi sulle sbarre del lettino per cercare di buttarsi oltre. E soprattutto era in grado di trascinarsi dietro nelle sue avventure il pacifico fratello,  dando origine così ad una accoppiata fatale.
Miriam  era morbosamente attaccata a Ben, praticamente appena il giovane tornava dal lavoro pretendeva di rimanergli appiccicata come una cozza allo scoglio. Ben se ne rendeva conto e cercava di non viziarla troppo, ma la cosa non gli riusciva bene.
In realtà non riusciva ad avere un minimo di severità né con lei né con il fratellino; la considerava una compensazione  per la freddezza che aveva ricevuto dal padre da piccolo.
 “Sei proprio una monella…” fece Ben accarezzando capelli castano chiari della bimba.
“Hai fame?  Vuoi il latte?” chiese ancora il padre, ma era evidente che la bambina non aveva né fame nè sete, ma solo voglia di giocare alle tre della notte.
Dopo averle rapidamente cambiato il pannolino, Ben cercò di  far  riaddormentare la  bambina, senza risultato.
“Ok… vogliamo suonare un po’?” fece alla fine del tutto sfinito; di solito suonare il piano la calmava e divertiva e dopo un po’ la faceva finalmente cedere al sonno.
“Guarda qui, ora suoniamo Fra’ Martino…” disse  il padre sedendosi al piano e iniziando a suonare le note della canzoncina.
“Fra’ Martino campanaro…” iniziò  a cantare, sentendo gli occhi che gli si chiudevano.
Miriam lo guardò con i suoi grandi occhi azzurri.
“Fa Matino” fece con la sua vocina.
Ben sentì il cuore che gli scoppiava di gioia. Una parola nuova, la sua bimba aveva imparato una parola nuova. E l’indomani l’avrebbe imparata anche il  fratellino, perché quello che imparava l’una imparava l’altro.
 
Finalmente dopo un’ora di canzoncine e lusinghe la bimba crollò addormentata.
Ben  si diresse rapidamente verso la sua stanza da letto, nella speranza di  riuscire a fare almeno un paio d’ore di sonno.
Entrò silenziosamente, nel tentativo di non svegliare Laura; la moglie gli sembrava sempre più stanca e stressata e iniziava a preoccuparlo. Fra un po’ doveva anche rientrare al lavoro in ospedale dopo la maternità e sembrava sempre più nervosa, anche se aveva rifiutato al momento qualsiasi aiuto. L’unica cosa che aveva accettato era che Helga, la storica governante di casa Jager, stesse con i bambini quando lei sarebbe tornata al suo lavoro.
 Ben trasalì nel  vedere il letto vuoto.
Cercò nel bagno, ma la porta era spalancata e non c’era nessuno.
Poi vide il balcone della camera aperto, con le tende che ondeggiavano al vento freddo.
Uscì e scorse la figura di Laura  vicino alla balaustra. Era in camicia da notte e sembrava guardare fisso davanti a sé.
“Laura…” chiamò ma la ragazza non rispose.
“Laura amore…” chiamò ancora Ben iniziando a preoccuparsi.
E finalmente Laura si voltò.
“Ma che stai facendo qui, fa freddo, prenderai un malanno” disse Ben abbracciandola nel tentativo di scaldarla.
Laura si abbandonò all’abbraccio del marito e si lasciò condurre di nuovo  in stanza.
Quando furono di nuovo a letto Ben abbracciò di nuovo la moglie tenendola fra le braccia da dietro.
“Laura… va tutto bene?” chiese piano
“Sì sì certo…” rispose la moglie, ma Ben  non si accorse della lacrima che silenziosa scivolava sulla guancia della donna.
 
 

 “Ehi sveglia!!!”  ridacchiò Semir guardando l’amico mezzo stravaccato sul sedile passeggero della BMW
“Scusa… ma stanotte Miriam non ne voleva proprio sapere di dormire” rispose Ben stiracchiandosi e sbadigliando.
“Mal di pancia?”
“Ma no… è che vuole scherzare e cantare alle tre di notte. E meno male che non si è svegliato anche Thomas, altrimenti stavolta i  vicini ci cacciavano davvero dal palazzo.  I decibel che riescono a raggiungere quando urlano insieme sono capaci di spaccare i bicchieri. E poi non si fermano mai, soprattutto Miriam, sembrano che abbiano le pile all’uranio…”
“L’avevo detto io che la principessina era sveglia…”
“Già… ma Laura mi preoccupa un po’”
Semir guardò l’amico perplesso
“Laura? Perché?”
“Non lo so, mi sembra triste, pensierosa; è nervosissima e ieri sera l’ho trovata  in piena notte sul balcone, in camicia da notte a fissare il vuoto”
“Non è facile badare  a due gemelli, è solo stanca”
“Le ho chiesto cento volte di prendere un aiuto sin da subito; Helga scalpita  perché vuole badare ai gemelli, mi tormenta un giorno sì ed un giorno no per sapere quando inizia…ma Laura è testarda, dice che sino a che lo può fare, vuole occuparsi lei dei suoi figli”
“Sai a volte le donne dopo il parto passano  momenti difficili; è successo anche ad Andrea dopo la nascita di  Lily”
 “Intendi depressione post partum o cose del genere? Laura è un medico dovrebbe sapere come affrontare questi momenti”
“Una cosa è fare il medico per gli altri ed una cosa è fare la mamma…”
“Non lo so Semir, sento che c’è qualcosa altro… ma se le chiedo cosa c’è che non va, lei si chiude a riccio”
“Vedrai che quando torna al lavoro si distrae e le cose migliorano” concluse Semir guardando l’amico.
Era incredibile quanto era maturato in quegli anni; ormai del carattere burlone ed infantile restavano pochi momenti, quando  faceva qualche battuta, o quando rideva, ma per il resto il giovane si era trasformato in un perfetto padre di famiglia. E Semir ogni tanto aveva nostalgia dell’esuberanza incontenibile di quando l’aveva conosciuto.
“Ti ricordi che oggi stacco prima? Devo passare in ospedale per i controlli” disse il ragazzo  sbuffando alla vista del traffico praticamente bloccato davanti a loro.
La frase aveva sempre il potere di  stringere lo stomaco di Semir in una morsa di paura.
Sapeva bene che erano solo controlli che Ben faceva periodicamente  a scopo preventivo ed erano necessari perché mesi prima era stato esposto ad una forte dose di radiazioni, ma non poteva fare a meno di provare un brivido ogni volta che arrivava il tempo e quando poi  l’amico riceveva i risultati.
Anche in questa occasione Semir notò la nuova maturità di Ben; prima bisognava letteralmente trascinarlo dai medici  e ci si riusciva solo se era assolutamente indispensabile, ma ora anche lui si rendeva conto di essere un padre di famiglia con tutte le responsabilità conseguenti e quindi non solo si sottoponeva volontariamente,  ma era anche precisissimo sul punto.
“Uffaaaa” sbuffò ancora Ben vedendo che la colonna d’auto non accennava a muoversi.
Prese il giornale dal sedile di dietro dove lo metteva sempre Semir dopo averlo comprato.
“Quasi quasi chiamo Helga  per tenere i gemelli e porto Laura al cinema domani sera. Uno di quei film strappalacrime che piacciono tanto alle donne…” disse sfogliando le pagine alla ricerca della pagina degli spettacoli.
“Li possiamo tenere noi, Aida e Lily li considerano le loro bambole viventi…”
“Davvero?? Grazie socio” Ben continuava a sfogliare il giornale sino a che non rimase bloccato su di una pagina.
“Oh mio Dio… no…” disse con voce quasi rotta dall’emozione
“Che c’è?” chiese preoccupato Semir, ma Ben per un po’ non rispose.
“Ben…” chiamò ancora l’amico.
“Sì… è solo che è morta una mia amica del liceo…”
“Cavolo mi spiace… ma come è successo?”
“Qui dice che si è suicidata…” fece Ben leggendo l’articolo quasi con  le lacrime agli occhi.
Semir non parlò più per un po’; aveva capito che forse  quella non era stata solo un’amica per Ben.
“I funerali sono oggi pomeriggio…” fece alla fine Ben richiudendo il giornale. Era evidente che era sconvolto.
“Ci vuoi andare? Se vuoi vengo con te….” propose Semir.
 “Grazie sei un amico. Chiamo l’ospedale per vedere se possono spostare i controlli a domani”
 
 

“No amore, penso  di  tornare comunque massimo per le otto… sicura che non ti serve nulla? Ok bacio ai topini” Ben chiuse la chiamata subito prima di mettere in moto.
“Sicuro che non hai altro da fare?”  chiese all’amico seduto di fianco
“Ma no, se torno a casa Andrea mi mette a riparare la staccionata del giardino” scherzò Semir che aveva  capito quanto il giovane in quel momento avesse bisogno di non essere solo.
“Posso chiederti una cosa?” disse Semir mentre  percorrevano l’autostrada verso Dusseldorf
“Certo”
“Questa ragazza non era solo una tua amica del liceo, giusto?”
Ben lo guardò negli occhi.
“No, Anja è stata la mia ragazza al liceo. Per più di un anno” mormorò
“Mi spiace davvero Ben”    
 “Non riesco a credere che si sia suicidata. Era una ragazza bellissima, allegra, brillante, senza alcun problema economico. L’ultima volta l’ho vista meno di un anno fa e mi ha detto che anche lei stava per sposarsi, che era felice…”
“L’animo umano  è imperscrutabile”
“Sì ma in questa storia c’è qualcosa che non mi convince. L’hanno  trovata impiccata nel garage della sua villa…  sai bene che le donne  per suicidarsi usano altri mezzi, come sonniferi o pistole”
“Non è detto Ben… forse tu vuoi solo credere che lei non abbia rinunciato volontariamente alla vita… forse era diversa da quando l’hai conosciuta” 
Ben non rispose e rimase in assoluto silenzio sino a che non arrivarono alla piccola chiesetta alla periferia di Dusseldorf.

La strada antistante la  chiesa era invasa da auto in sosta, fra cui subito Ben riconobbe la Jaguar del padre.
“Ben c’è anche tuo padre” fece Semir notando anche lui l’auto.
“Sì, lui ed il padre di Anja sono soci in qualche affare credo”
La cerimonia era già iniziata e Ben e Semir   si intrattennero sul fondo della chiesa. Fra le centinaia di persone Ben riconobbe vari compagni del liceo. Erano tutti così cambiati, per alcuni ci mise vari minuti a ricollegare il nome alla persona.
Alla fine del rito, mentre tutti uscivano mesti Ben, si ritrovò davanti Konrad.
“Ben… sei venuto anche tu” disse il vecchio imprenditore.
“Ciao papà. Potevi avvertimi…”
“L’ho fatto, ho lasciato il messaggio ieri sera a Laura, visto che non eri ancora tornato. Forse l’ha dimenticato, i gemelli  strillavano come matti” fece sorpreso Konrad.
Ben lasciò cadere il discorso vedendo la madre di Anja avvicinarsi.
“Ben… caro…” singhiozzò la donna abbracciandolo.
“Mi spiace davvero molto signora” A Ben la madre di Anja era sempre stata simpatica
“Io… io non riesco a spiegarmelo, doveva sposarsi fra tre mesi. Era felice, mi ha chiamato la sera prima e sembrava tutto a posto, aveva in programma di andare a provare il vestito da sposa proprio oggi. Io non riesco a crederci”
Ben non si trattenne.
“Signora, lei è sicura che Anja abbia davvero deciso di farla finita?”
“Cosa vuoi dire?” chiese  con sguardo smarrito
“E’ stata fatta l’autopsia?”
“Ben!!” lo rimproverò il padre.
“No no Konrad, so che Ben ora è in polizia…” rispose subito la donna.
“E’ stata fatta ma non è emerso niente, almeno a quanto ci hanno detto” intervenne un giovane dietro la madre di Anja
“Ben, lui è Jonas, il fidanzato di Anja”
 I due si scambiarono un rapido cenno di saluto.
“Magari potremo inviarti il file con i risultati…” chiese Jonas. Si vedeva che era sconvolto e cercava anche lui una spiegazione.
Ben subito gli diede il suo biglietto da visita, evitando di incrociare lo sguardo di muto rimprovero che gli lanciava Semir, rimasto in disparte.
Ma non riuscì ad evitare la ramanzina sulla strada di ritorno.
“Dì un po’, ma che ti piglia? Non puoi dare false speranze alla famiglia, se i colleghi di Dusseldorf non hanno rilevato nulla…”
“Sì lo so Semir, ma io sento che è una storia strana . Devo fare qualcosa. Lo devo ad Anja” rispose seccato il giovane
“Guarda che tu non c’entri nulla con questa storia… non ricadere nella solita sindrome “Tutto quello che succede al mondo è colpa mia”
La frase sfuggì dalla bocca di Semir che se ne pentì appena pronunciata.
Ben lo guardò quasi furibondo per l’accenno a quanto era successo l’anno prima.
“Scusa non volevo, ma ragiona Ben, se non fosse stata un tempo la tua ragazza avresti mai indagato sulla sua morte solo perché le donne di solito non si suicidano impiccandosi?”
“Non lo so Semir, è tutto così strano. Ti pare normale prendere un appuntamento per provare il vestito da sposa proprio il giorno in cui ti suicidi? Sento che io devo andare a fondo a questa cosa. Non  so perché, ma lo devo fare”


 
Quando rientrò a casa Ben fu accolto dalle grida dei bambini che si sentivano dall’androne del palazzo.
“Benvenuto a casa papà” pensò mentre saliva le scale
 Aprì la porta di casa e  trovò il caos assoluto. I giocattoli erano sparsi dappertutto e la cucina era un vero disastro.
Salì le scale con il cuore in gola e si diresse subito verso la stanza dei bambini.
Trovò Laura che cercava di calmare, cullandola, una quasi isterica Miriam, mentre anche Thomas si agitava strillando come un ossesso nel lettino.
“Laura…” chiamò Ben cercando di sovrastare lo schiamazzo.
“Ben… Ben… ma dove cavolo sei stato…” Laura quasi urlò più forte dei bambini.  Era tutta scompigliata, i vestiti in disordine e tutta spettinata
“Ma ti avevo avvertito che facevo un po’ tardi…” si giustificò il marito prendendo Thomas  dalla culla.
Il bambino magicamente si calmò, ma la cosa al posto di tranquillizzare Laura la fece diventare ancora più nervosa.
“Ecco visto che sei tanto bravo, tieni anche lei” disse mollando Miriam  sul braccio libero del padre.
E come al solito la bambina si agganciò al padre come una ventosa, facendogli un gran sorriso mentre le lacrime le scendevano ancora sul viso.
Ben ebbe un moto di paura per le condizioni del suo amore. Non l’aveva mai vista così.
“Laura, tesoro, facciamo una cosa… sei stanca, vai a riposare, qui ci penso io, li faccio mangiare e poi li metto a letto… ti chiamo per la cena ok?”
Laura annuì mentre l’ombra del bel sorriso, quello che aveva fatto innamorare Ben, le compariva per un attimo sul viso.
 
“Laura…” chiamò Ben aprendo la porta della stanza da letto semibuia “Vieni ho preparato qualcosa per cena, o meglio il cinese qui sotto ha preparato qualcosa per noi” Il silenzio era finalmente tornato in casa.
La ragazza si voltò sul letto.
“Non ho molta fame” bisbigliò con aria stanca.
Ben si stese a fianco alla moglie e la prese fra le braccia.
“Laura, amore mio… cosa c’è?” le chiese carezzandole i capelli.
“Niente, non ti preoccupare” rispose lei nascondendo il viso fra le sue braccia.
“Non è vero, ti prego parlami, dimmi cosa c’è… sei stanca? Tutto si può risolvere, badare a due bambini non è facile, possiamo prendere un aiuto, tanto lo dobbiamo comunque prendere quando  tornerai al lavoro…”
“No non è questo… oggi ero solo nervosa perché dovevi fare gli esami in ospedale, e poi li hai rimandati…”
“Ho dovuto, ma ho già appuntamento per domani”
Ben sentì distintamente la moglie tremare fra le sue braccia.
“Ehi… dovrei essere io quello che ha paura degli aghi e dei medici… anche se poi ne ho sposato una” cercò di scherzare
“Non è niente,  passerà sono solo un po’ stanca” fece Laura stringendosi al suo uomo.
E Ben la tenne stretta sino a che non la sentì  addormentarsi


 
Ritagliò con cura il pezzo di giornale e lo appese insieme  alle altre cose sulla parete.
Con le mani tremanti accarezzò  il titolo “Ricca ereditiera si suicida impiccandosi nella sua villa a Dusseldorf”.
Lo sguardo si soffermò sulla foto sotto il titolo. Anche in quella foto lei  era sorridente e sembrava felice.
Sospirò assaporando per la prima volta in tanti anni il gusto della vittoria.
Per la prima volta sentì dentro di sé un sentimento strano, un misto fra eccitazione  e felicità.
Sì, la vendetta aveva davvero un sapore dolce. E la sua era appena iniziata.



 
  
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