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Autore: MaryMatrix    12/07/2008    3 recensioni
Lei è una ragazza scontrosa e sicura di sé.
Lui è un ragazzo bello, dolce e gentile.
L'altro è un killer professionista.
Per una coincidenza per nulla casuale le loro 3 vite si incontreranno e quella di Anna cambierà...
E Maga Taisha diede il suo responso in tono mistico. - Mia cara bambina, la risposta che cerchi è dietro di te. -.
Anna interpretò la risposta in senso metaforico. - Dietro di me... che mai vorrà dire? - si domandò lei.
- Anna... - provò a chiamarla Sveva.
- Forse vuol dire che è nel mio passato... -.
- Anna... -.
- Zitta Sveva, sto pensando. -.
- Anna... - questa volta la voce non era di Sveva.
Il titolo è preso dall'omonimo carmen dei Carmina Burana.
Genere: Romantico, Azione, Avventura | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo 10

L'angolo della Matrix (da leggere prima del capitolo!!!)

Buongiorno bella gente, come va?

Spero che questo capitolo vi piaccia. In questo capitolo ho messo abbastanza azione, soprattutto verso la fine. Ci saranno nuovi personaggi, di cui uno solo però ci accompagnerà fino al prossimo capitolo.

Ho voluto mettere questa sezione del mio capitolo prima in quanto devo specificare alcune cose: non so come sono fatti i jet (sfortunatamente non ci sono mai salita sopra xD) quindi il jet di cui leggerete di seguito è opera solamente della mia fantasia. E' inutile dire che anche la tribù di indiani e descrizione dei loro usi e costumi è solamente pura invenzione.
Mi sembrava giusto dirvelo.

Inoltre volevo specificare che le parti scritte a carattere normale sono momenti che si svolgono nella taverna dell'oste; quelli scritti in corsivo rappresentano la fuga di Geremia, avvenuta in precedenza, e quindi i suoi ricordi, anche se ho preferito scriverli in terza persona.

Spero che questo capitolo sia abbastanza lungo e abbastanza entusiasmante da farmi "perdonare" quello scorso che io per prima ho trovato noioso... quanto a questo... beh, io a scriverlo mi sono divertita, spero dunque che anche voi vi divertiate a leggerlo.

Passo adesso ai ringraziamenti:

  • Lallix: non sai che piacere ha fatto a me scriverla quella mail!! Comunque sì, come puoi ben vedere se avessi unito questo allo scorso sarebbe diventato un capitolo eccessivamente lungo. Addirittura un mito? Mi onori!! Bacione! PS: ho reso giustizia a Geremia con questo capitolo secondo te?
  • BabyzQueeny: spero davvero che gradirai questo capitolo e che mi perdonerai lo scorso capitolo corto ^^'. Fammi sapere che ne pensi!!! Bacione!
  • DamaArwen88: sono felice di aver letto la tua recensione... ed ecco a te le mirabolanti imprese di Geremia... più che mirabolanti sono... oserei dire... esplosive XD... fammi sapere che ne pensi!!! Bacione!

@matrix@

 

 

 

 

Capitolo 10:

Wedding with Surprise

Quando riprese i sensi Geremia si ritrovò legato e imbavagliato in quello che riconobbe essere un jet. Aveva un gran mal di testa e impiegò qualche minuto prima di ricordarsi che era stato rapito. Non sapeva dove stava andando. La sua unica certezza era che scappare era fuori discussione: attualmente si trovava su un jet in volo, e ammesso che fosse riuscito a liberarsi dalle corde che lo facevano tanto assomigliare a un salame, che cosa avrebbe fatto dopo? Aggredire il pilota? E chi lo sapeva guidare un jet? Prendere un paracadute e lanciarsi di sotto? Per morire più velocemente... e comunque per prendere il paracadute probabilmente avrebbe dovuto lo stesso aggredire il pilota.

L'unica cosa che poteva fare in quel momento era strisciare, quindi si trascinò fino ad un finestrino, giusto per sapere su che stato stavano volando: dubitava di essere ancora in Italia. Certo però non si aspettava la grande foresta che ricopriva tutta la superficie sotto di lui. Era praticamente inutile quella informazione.

- Risparmiaci il viaggio. - Masky interruppe il suo racconto. - Voglio sapere come diamine hai fatto a scappare. -.

- Masky! - esclamò Stub. - Sii più educato. Non è nostro nemico. -.

- Ma ha ragione. - lo appoggiò Thomas. - Se racconta tutto domattina saremo ancora qui, e sai io dove vorrei essere domattina? Nel quartier generale, a occuparmi degli affari miei. -.

Stub stava già per ribattere ma Antonella lo fece tacere con un cenno della mano. Quindi si voltò verso Geremia e lo invitò a continuare...

Di nuovo legato: Geremia cominciava a pensare che la sua sorte consistesse nell'essere perennemente legato, almeno fino ad altri ordini. Questa volta però perlomeno aveva la bocca libera. Era seduto e le braccia erano legate ad un palo, lo stesso che sorreggeva la tenda in cui si trovava. Era in quelle condizioni da giorni e nessuno, né gli indigeni, né il pilota del jet rimasto con lui gli rivolgevano la parola. Era pressoché un fantasma.
Tuttavia doveva ammettere che la cosa giocava anche abbastanza a suo favore: la tenda non era consistente come un muro, quindi poteva sentire tutti i discorsi che si svolgevano in prossimità di essa. Ed erano molti, in quanto nessuno faceva caso a lui.

La cosa che gli interessava era che di lì a pochi giorni la figlia del grande capo, Pantera-che-Corre, sarebbe convolata a nozze insieme ad un importante membro della tribù, da quello che aveva capito, era colui che catturava la selvaggina che Geremia mangiava.

A quelle informazioni nella mente di Geremia si creò un piano e quando un indiano entrò per portargli la cena, chiese di avere l'onore di parlare con i due promessi sposi. L'indiano prima lo guardò incredulo, con quei suoi due occhi di nero cerchiati. Era quello che Geremia aveva chiamato "il suo carceriere" perché era sempre lui che gli portava la cena. Era un indiano piuttosto deboluccio, dagli occhi che segnalavano una salute cagionevole, i capelli rasati. Per questo Geremia gli aveva dato il nomignolo di Salute-che-Va-Via.
Salute-che-Va-Via lo guardò, poi uscì senza dire nulla. Non diceva mai nulla e a Geremia era venuto il dubbio che potesse non comprendere la lingua inglese. Era certo però che il capo-villaggio la comprendesse.

Infatti fu proprio lui a fare irruzione nella tenda dopo pochi minuti. Era tarchiato, con i capelli corti neri, che uniti alla faccia ricordavano un fungo. Insomma sembrava che del grande capo avesse solamente il titolo e null'altro. Eccetto gli occhi, che incutevano un certo timore riverenziale.
Appena entrato si posizionò davanti a Geremia, insieme a Salute-che-Va-Via.

Fu quest'ultimo a parlare. - Grande capo dire me di chiederti come mai tu volere vedere sua figlia e suo futuro sposo. - pronunciò in un inglese stentato.

- Nella mia società il matrimonio è molto importante, ed è sempre un bell'evento. Voglio augurare le mie felicitazioni agli sposi. -.

I due indiani si scambiarono qualche parola e poi Salute-che-Va-Via tornò a parlare in inglese. - Grande capo non fidarsi di te. Grande capo dire che tu cercherai di fare male principe e principessa indiani. -.

- Dì al tuo capo che non ho intenzione di far loro del male. Che mi leghi di più se non si fida. - sbottò Geremia.

- Avrei dato ordine di legarti in ogni modo, prigioniero. - replicò il grande capo con un inglese veramente invidiabile. Geremia non si aspettava che "grande capo" sapesse parlare in quel modo l'inglese. - Non vedo il motivo per cui tu dovresti fare i tuoi auguri a mia figlia e al suo sposo. -.

- Perché il suo sposo è quello che procura il cibo che mi nutre ogni giorno. - rispose Geremia, partendo che quel dato di fatto per tessere un'abile adulazione. - Il minimo che possa fare è augurargli una vita felice accanto alla donna che ama. E' un bravo cacciatore, il migliore di tutti a quanto ho potuto capire dai miei pasti. E se ognuno di voi caccia in quel modo, che i vostri dei mi fulminino se non siete i migliori cacciatori che questa terra ha conosciuto. -.

Terminò in quel modo il suo discorso e aspettò che le lodi al suo popolo facessero effetto. E questo non tardò ad arrivare. - Ebbene sia, prigioniero! - esclamò il grande capo all'improvviso. - Il matrimonio è una cerimonia della massima importanza anche presso la nostra tribù. Ti concediamo di partecipare. Ma sempre ben legato. E ti avverto che sarai sorvegliato. Almeno finché non avrai dato i tuoi auguri. Poi sarai ricacciato qui. -.

Geremia chinò la testa in segno di riconoscenza. - Mi onori grande capo. Non speravo in tanto. - ancora adulazione.

- Buono a sapersi. - il racconto fu interrotto ancora una volta da Masky. - Quello scimunito del grande capo mi sentirà. Altro che adulazione! -.

- Proprio non ce la fai a non interromperlo, eh? - domandò Stub.

- Come faccio a non interromperlo?! Quel grande capo mi ha rovinato il rapimento! E ci ha fatto perdere tempo! Quasi quasi chiedo a te di vendicarmi, fratellino. -.

Stub scosse la testa. - Non farci caso. - disse a Geremia. - Continua. -.

- Forse Thomas... - provò ancora Masky.

- Ma proprio no. - replicò Thomas. - E adesso, zitto, pulce! -.

Arrivò quindi il giorno del matrimonio e Geremia era riuscito a formulare perlomeno nella sua mente un piano di fuga. Certo lasciava un bel po' di cose in mano alla casualità, ma era l'unico momento che poteva sfruttare per fuggire e lo avrebbe fatto, conscio del fatto che aveva solo quella possibilità. Il grande capo non gli avrebbe più offerto condizioni adatte alla fuga. Appena prima del matrimonio vide entrare la sposa, in un vestito decorato di perline dai colori sgargianti. Geremia la guardò incuriosito. Soprattutto per quel suo sguardo triste.

- Ciao straniero. - lo salutò parlando inglese.

Geremia non fu stupito di quello quanto del suo aspetto: la pelle cioccolato faceva uno strano contrasto con i suoi lunghi capelli biondo grano, lisci. Lei si rese conto del motivo della curiosità che traboccava dagli occhi del prigioniero. Ma prima di spiegare il perché di quei suoi strani tratti somatici doveva dirgli che lui era la sua unica speranza. Si era lambiccata a lungo la testa per trovare il modo adatto per dirglielo; alla fine era arrivata ad una conclusione.

- Sei la mia unica speranza. -.

Lo sguardo di lui dovette farla ricredere: forse quello non era affatto il modo più adatto per dirglielo. Allora decise di spiegarsi meglio. - Io mi chiamo Pantera-che-Corre. Sono la figlia del capo indiano. -.

- Lo so. - la interruppe Geremia. - Stai per sposarti principessa. Come mai quello sguardo triste? -.

Lei sospirò. - Ho solamente 16 anni. - rispose lei. - E il mio amore è lontano. Giaguaro-che-Ruggisce è un grande guerriero e il suo nome esprime forza e potenza, sia fisica sia interiore... voi nel mondo occidentale direste che è un figo della Madonna ed è anche intelligente. - fece una pausa durante la quale Geremia sorrise, la ragazza invece arrossì fino alle ossa, ma proseguì. - ... Mia madre è inglese. Lo avrai capito dal mio colore di capelli e da come parlo inglese. Il fatto è che l'estate scorsa mia madre mi ha portata in Inghilterra e lì... ho conosciuto John. - disse con tutta la semplicità capace di spiegare qualsiasi cosa. - Quando sono dovuta andar via gli ho promesso che gli avrei scritto, e così è stato, e lui ha scritto a me. Solo che mio padre ha scoperto la corrispondenza... e mi ha imposto di non scrivergli più... e di sposarmi. -.

- Tu non vuoi sposarti? -.

- No, straniero, no. - rispose lei, scotendo la testa. - Voglio proporti un accordo: io libero te e tu mi porti via da qui. -.

- Lo sai che al momento probabilmente sono sulla lista di un assassino, vero? Che tuo padre ci cercherà e che non raggiungeremo l'Inghilterra nel giro di parecchi giorni, vero? -.

Lei annuì, guardandolo con i suoi occhi grigi. - Lo so. -.

- Allora... - commentò lui, senza entusiasmo.

- Bene! - esclamò lei. - Ascoltami attentamente e cerca di capire ogni parola che dico, anche se la tua lingua madre è il francese. Tra meno di un'ora tutto il villaggio si sposterà nella foresta. Passeranno a prenderti e ti condurranno lì... -.

...

Geremia stava per essere condotto nella foresta ma a prenderlo era uno degli indiani amici di Pantera-che-Corre. Aspettarono che tutti fossero andati via prima di raggiungerli. Poi lo slegò e gli offrì la faccia. Geremia sapeva quello che doveva fare. Doveva assestargli un bel pugno, per provare che si era liberato da solo e che l'indiano non aveva collaborato. Piccola astuzia escogitata da lui.

- Pardon. - si scusò e lo stese.

Quindi andò diretto verso la grotta dove Pantera-che-Corre gli aveva detto che era tenuto il jet. Quello che lui non aveva detto era che non sapeva guidare un jet. Ma doveva fare veloce, quindi la raggiunse e come lei aveva previsto il giorno del suo matrimonio nessuno era di guardia.
Salì velocemente sul jet e la prima cosa che fece fu di mettere il pilota automatico. Si accorse che era guasto.

- Complimenti Masky. - questa volta fu Stub ad interrompere il racconto. - Non ti assicuri nemmeno di avere un jet col pilota automatico funzionante! -.

- Chi è che non sa guidare un jet? -.

- Tu sai farlo? -.

- Io ho solo 8 anni. - replicò quello. - Antonella per esempio sa farlo. -.

Antonella lo guardò incredula, quasi offesa. - Certo che so guidare un jet! Per chi mi avete presa? Per un'assassina di seconda categoria? - scosse la testa. - Continua col racconto, perché finora per me è stato noioso. -.

Geremia non poteva farsi prendere dal panico adesso che era a metà del piano di fuga. Cominciò a premere tasti a caso, sedendosi sulla postazione da pilota. Le porte si chiusero con un tonfo. Il jet cominciò a sollevarsi fino ad arrivare sopra gli alberi. Per il resto non avrebbe dovuto essere difficile... come guidare un auto, col volante, pensava in quel momento. Ma dovette ricredersi presto.
Era evidente che nelle sue mani più che essere un jet quel velivolo era un montagna russa: ora andava su, poi ricadeva giù, sradicando qualche albero. Ma almeno la direzione era giusta.
Dopo quello che gli parve un tempo interminabile, col giramento di testa, Geremia raggiunse la cerimonia che fu interrotta. Adesso avrebbe dovuto solamente premere il pulsante che serviva a far scendere una scala, in modo che scendesse vicino a Pantera-che-Corre.
Tutto facile fino alla teoria: ma qual'era il pulsante? Provò a premerne un paio: il primo fece comparire una specie di alettoni laterali che mandavano fiamme; il secondo invece fece spuntare un'elica.
Che ci faceva un'elica su un jet? Non era quello il momento di porsi domande sceme.
Provò con un altro, e partì il massaggio rilassante alla sua sedia, che servì solamente a farlo balzare e colpire 5 pulsanti: uno fece partire una musica assordante, un altro serviva per preparargli un succo di frutta fresco, il terzo per aprire una specie di ripiano nella parte di sotto, il quarto attivò delle mani robotiche che lo avvolsero in una bella sciarpa calda... che perlomeno gli servì per asciugare il succo di frutta cadutogli addosso. Il quinto invece mandò la scala. Panter-che-Corre si afferrò e cominciò a salire.

Ma il jet non risaliva.

- Sai guidarlo? - gli domandò lei.

- No. - rispose lui.

- E allora perché hai accettato il piano? -.

- Era la mia unica possibilità di fuga. - urlò Geremia, voltandosi verso di lei.

E nemmeno a dirlo fece ruotare troppo tutto insieme il volante: si ritrovarono a testa in giù e gli alettoni con fuoco fecero il loro effetto: il jet partì veloce come un razzo, schiantandosi su qualsiasi albero o pianta gli capitasse a tiro.

- STAI DISTRUGGENDO LA FORESTA AMAZZONICA! - urlò Pantera-che-Corre, in preda al panico.

- NON SO COME SI FERMA! -.

Un alettone si staccò e il peso dell'altro li fece capovolgere da un lato. I comandi avevano smesso di funzionare.

- Pantera? - domandò Geremia. - Quanti dei conosci? -.

- Un po' perché? -.

- Comincia a pregare allora! -.

Entrambi notarono poi la parete rocciosa che si stagliava davanti a loro. - FA' QUALCOSA! - strepitò lei.

Lui la prese in braccio, lasciò la posizione di pilota, si mise il paracadute. Sfondò il finestrino con un calcio e si buttò di sotto prima dell'impatto.

AAAAAAAAAAAH!!!!

Questo fu l'urlo dei due ragazzi quando furono raggiunti dalle schegge del jet provocate dall'esplosione. Una di queste colpì Pantera-che-Corre in testa. Il paracadute infatti aveva sì evitato che si schiantassero, ma aveva reso la loro discesa più lenta, e non si erano potuti mettere al riparo dall'esplosione. Finalmente Geremia toccò con i piedi per terra. Si accorse che lei aveva perso i sensi e la poggiò per terra.

- Pantera! - esclamò. - Pantera sei viva? - la scosse dolcemente.

Lei riaprì lentamente gli occhi. - John? - domandò.

A quel punto l'unica cosa che poteva fare era mentire. - Sì, sono John. E adesso ci sono io. Andrà tutto bene. Hai bisogno di un medico. -.

- C'è un villaggio. - bisbigliò lei. - Da quella parte. - e con la mano debole indicò una direzione, per poi perdere i sensi.

- E così eccomi qui. - concluse Geremia.

Antonella lo guardò sospettosa. - E lei dov'è? - domandò.

- Dal medico. - rispose Geremia. - Mi ha detto che doveva riposare e che era meglio se la lasciavo da lui. -.

- Allora andremo a prenderla. - concluse Thomas, alzandosi e tendendo delle monete all'oste.

Geremia si alzò a sua volta, guardandolo malissimo. - Per portarla dove? -.

- In Italia. - fu Stub a rispondere. - Nel nostro quartier generale di Firenze. Lì sapranno curarla e riusciranno a rintracciare quel John. Il capo tribù è amico di Masky: fratellino, quando arriveremo in Italia voglio scambiarci due chiacchiere. -.

Uscirono tutti, tranne Geremia e Stub, che si guardarono in cagnesco per un po'. - Anna è a Firenze? - domandò.

- Sì. - rispose Stub, e fece per andarsene.

- Stub. - lo chiamò l'altro con voce ferma. - Non la ucciderai. -.

- E me lo impedirai tu? - poi lo guardò meglio. - Le vuoi bene, vero? -.

Geremia annuì.

- Come pensavo. - replicò Stub. - Ma fai attenzione. Qualcuno potrebbe rimanerci molto male. -.

E senza aggiungere altro uscì. Geremia rimase impietrito per qualche secondo, cercando di capire a chi Stub si stesse riferendo.

  
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