― Guardami, Uriah! Sono più in alto di te!
Sei anni, gambe corte ma veloci. Scarpe nere con stringhe pesanti, annodate strette.
Trecce di bambina e dentini un po’ storti.
Asfalto rovente sotto i piedi di un ragazzino che corre, intrepido. Asfalto rovente sotto la ringhiera dello Strapiombo.
― Tranquilla, ti raggiungo!
Mani piccole, mani tozze che si impegnano nella scalata delle travi di ferro. Risata di bambino che scivola all’indietro, cadendo a gambe all’aria.
Asfalto bollente sotto la sua schiena, sotto la giacchetta di pelle nera.
Sei anni, gambe corte ma veloci. Scarpe nere con stringhe pesanti, annodate strette.
Trecce di bambina e dentini un po’ storti.
Asfalto rovente sotto i piedi di un ragazzino che corre, intrepido. Asfalto rovente sotto la ringhiera dello Strapiombo.
― Tranquilla, ti raggiungo!
Mani piccole, mani tozze che si impegnano nella scalata delle travi di ferro. Risata di bambino che scivola all’indietro, cadendo a gambe all’aria.
Asfalto bollente sotto la sua schiena, sotto la giacchetta di pelle nera.
E poi, il vuoto.
E i suoi occhi non sono più quelli allegri che ricordavi. E le tue mani sono agili, svelte, impegnate a torturare il lembo della giacca un po’ consumata che indossi.
L’asfalto è ancora sotto di te, a reggerti. Non regge più la tua schiena, ma tutto il tuo corpo, corpo di sedicenne dagli occhi rossi e dalle labbra tremanti.
E non puoi più raggiungerla, ormai.
Asfalto gelido di un giorno grigio. Il sole non batte più sullo Strapiombo.
I suoi capelli sono sparsi in maniera scomposta, la sua nuca adagiata su un lembo di lenzuolo bianco. Non sorride più, Marlene.
Sedici anni, scarpe nere con le stringhe allacciate strette.
Non ce la fai a raggiungerla, adesso.