Prologo
Chiamatemi pazza, indovina, stana,
asociale, anormale.
Chiamatemi come volete, preferisco farmi chiamare Coralie.
Non so perché, saranno
gli anni passati a leggere e a
osservare in disparte il mondo, ma quando vedo una persona, al 90%
delle volte
capisco com’è fatta, solo a vedere il suo sguardo,
i suoi movimenti e le sue
espressioni. Datemi trenta secondi e già mi sono fatta
un’idea.
Mi diverto, mi piace indovinare.
Quando li ho visti per la prima
volta, erano per
strada: in quattro, che camminavano sul marciapiede opposto al mio e
parlavano
fitto fitto, scoppiando a ridere ogni tanto. “Guarda, quelli
sono Ashton, Michael,
Calum e Luke” mi aveva detto Carol, a bassa voce,
indicandomeli uno per uno.
Michael: non mi diceva tanto.
Infantile, con un
sorriso tenero e tranquillo. Probabilmente, era dell’altra
sponda, a giudicare
dai capelli rosa.
Calum: gli occhi scuri e il suo
sorriso erano sinceri,
affidabili, luminosi, ispiravano fiducia.
Ashton: già dal suo
sorriso e da come camminava, avevo
capito che si trovava perfettamente a suo agio nei suoi panni. Gli
occhi
allegri dicevano tutto: divertente, fuori di testa, sicuro,
disponibile,
affidabile. Ero quasi certa che la sua forza stesse nel voler essere
una
roccia, un’ancora, per gli altri.
E infine Luke. Lo avevo guardato
tanto a lungo che
alla fine lui si era voltato verso di me. Aveva occhi chiari magnetici,
bellissimi… ma spaesati. Occhiaie quasi accennate,
leggermente curvo,
silenzioso, rideva alle battute degli altri, aggiungendo
però poco e niente. Il
suo sguardo si spostava velocemente dappertutto, come ansioso di
immagazzinare
tutte le informazioni possibili. Sembrava che fosse rimasto troppo a
lungo in
un mondo tutto suo, per poi svegliarsi e ritrovarsi nel mondo reale.
Sì,
spaesato era il primo aggettivo che mi veniva in mente. Questo suo
atteggiamento… lo rendeva così tenero, adorabile,
che mi venne da sorridere.
Era una di quelle persone che ispiravano dolcezza. Anzi, lui stesso era
la
dolcezza. Oltre al fatto che, diciamocelo, era davvero mozzafiato.
Irresistibile.
Quando incrociò il mio
sguardo, sembrò incassare
leggermente la testa nelle spalle e sollevò un angolo della
bocca in un
minuscolo sorriso. Quanto poteva essere… cucciolo?!
Ecco, era un cucciolo. Avevo
deciso.
Mi chiamo Coralie e ho diciassette
anni. Abito con le
mie due migliori amiche: Manuela e Carol, anche loro di diciassette
anni.
Carol è alta e magra,
con i capelli chiari e gli occhi
azzurri. Spesso mi ritrovo ad invidiarla per questo, insomma, essere
così
naturalmente è una bella fortuna, anziché essere
come me. A volte può essere
acida, certo, ma sotto sotto è dolce. Protettiva. La prima
volta che l’ho vista
– se si esclude quando stavamo insieme da bambine, dato che
siamo cugine alla
lontana – ho pensato questo, e si è rivelato
esatto. Uno a zero per Coralie.
Manuela ha i capelli scuri e gli
occhi color
cioccolato, grandi e teneri. Si fida di tutti, nonostante questo spesso
l’abbia
fatta soffrire. Adesso ci siamo io e Carol, però. Guai a chi
la fa stare male,
potrebbe non vedere il suo prossimo compleanno. Manuela è
dolcissima, è
fantastica. I suoi occhi mi avevano detto subito quanto avesse bisogno
di
affetto. Due a zero per Coralie.
Io. Ho i capelli biondo scuro,
cenere, dicono alcuni.
A mio avviso, la cenere è grigia. O sono io daltonica, o
sono i parrucchieri
che sniffano cose decisamente diverse dalla cenere. Sono anni che li
schiarisco
decimando la popolazione mondiale di camomilla. I miei occhi, strani. A
volte
azzurri, a volte grigi, a volte verdi, la maggior parte del tempo un
insulso
miscuglio di tutti e tre. A volte uniformi, a volte che
dall’azzurro esterno
stingono nel verde e poi, attorno alla pupilla, in un giallo
stranissimo. Li
adoro quando sono così, peccato che vengono solo quando sono
triste. Dipende
tutto dall’umore e dal sole. Per carità, non mi
lamento, anzi mi piacciono,
solo che è frustrante non sapere mai dire di che dolore
sono. Non sono
particolarmente alta.
Per anni, sono stata chiusa in me
stessa. Timida,
direte, o solitaria. Preferisco essere definita “ragazza da
parete”. Perché io,
nonostante non ami intervenire, osservo, osservo tutto e tutti, e
capisco. Sono
anni che mi diverto a indovinare le personalità dagli
atteggiamenti. Mi hanno
tirato via dalla mia parete Manuela e Carol. Adesso, nonostante tutto,
riesco
ad essere me stessa: prima la paura mi bloccava. Ora so di non doverne
avere
più.
“Perfezione, stasera si
esce!” esclamò Manuela,
irrompendo nella mia camera e interrompendo la mia sessione di lettura.
Le feci
segno di aspettare, troppo catturata per lasciare andare quel libro.
Finii il
capitolo – fortunatamente mi mancavano cinque righe
– e chiusi il libro, prima
di poter leggere la prima parola del capitolo seguente: sapevo che mi
sarei
abbandonata alla lettura, lasciando la povera Manuela in mezzo alla
camera. “Scusa,
amo troppo questo libro” mi giustificai. Lei sorrise e si
sedette sul mio
letto. “Mhm, Hunger Games.
Sei
perdonata” mi disse con un occhiolino. Io mi misi a ridere.
“Dicevo, stasera si
esce, è il tuo compleanno e non puoi startene chiusa in casa
a leggere tutto il
tempo!” disse, con gli occhi luminosi.
“Perché no?!”
“Perché Hunger
Games te lo abbiamo regalato stamattina. E tu lo hai quasi
finito.”
“Cosa ci posso fare se mi
cattura così?!”
“Uscire con me e Carol.
Niente storie!” si impose lei.
Ci guardammo e scoppiammo a ridere. “Ok, ok. Mi preparo e
arrivo.”
“Brava” mi
disse lei compiaciuta.
Erano passati quattro mesi da
quando avevo visto quei
quattro per la prima volta. Da quando avevo visto Luke. Carol aveva
notato come
mi ero mangiata con gli occhi Luke, e da allora non aveva fatto altro
che
sommergermi di informazioni su di lui, che otteneva tramite la sua
tanto
diabolica quanto efficace rete di spie. Le aveva mobilitate tutte, le
sue
fonti. Era incredibile. In due giorni avevo scoperto mille cose,
compreso il
fatto che amava mangiare e cantava.
Le avevo detto tante volte che non
sarebbe servito a
niente, ci eravamo visti una sola volta, ma lei non mi aveva dato
ascolto.
Contenta lei, io intanto immagazzinavo informazioni senza nemmeno
esserne
cosciente.
“Dove andiamo?”
chiesi a Manuela. “Segreto.”
“Manu, è il
due gennaio. Non posso mettermi in
canottiera se siamo fuori.”
“Uff. Siamo in un locale,
farà anche caldo. Puoi
metterti il vestito nero” mi disse subito. I miei occhi si
illuminarono:
adoravo quel vestito. Me lo infilai in fretta, indossando sotto degli
stivali
dello stesso colore. Non poteva mancare il mio portafortuna: una
collana con
due draghi intrecciati fra di loro a reggere una pietra rossa. Amavo i
draghi,
erano così maestosi, fieri e liberi!!
In pochi minuti fui pronta, insieme
a Carol e Manuela.
“Per caso dovete fare conquiste?” chiesi con occhi
sgranati. Manuela era
vestita di bianco, con un vestito senza maniche e lungo fino alle
ginocchia,
con una gonna a fiore. Il polso era occupato da tanti bracciali, di cui
uno a
forma di fiocco, che richiamava quello sulla borsa. Gli orecchini erano
semplici sfere bianche e le scarpe erano dello stesso colore, con i
tacchi
alti. Fra i capelli era appuntata una spilla di fiori, molto raffinata,
che la
rendeva ancora più dolce.
Carol aveva un vestito blu con una
sola manica, con
decori argentati stupendi che sembravano gocce d’acqua. Le
scarpe, sempre blu,
sembravano fatte di foglie, che si avvolgevano attorno alle caviglie.
In testa
aveva un cerchietto con piccole pietre scure. La pochette era semplice,
blu con
la chiusura di argento che richiamava l’anello e il
bracciale.
“Su, su, andiamo!
Facciamo tardi!” esclamò Carol,
prendendoci per mano e trascinandoci verso la porta. Arrivammo in un
edificio
enorme, che capii essere un bar, o qualcosa del genere. Entrammo e
sentii
subito che effettivamente faceva davvero caldo, e che avevamo fatto
bene a
metterci quei vestiti. Vidi che l’edificio era strutturato a
larghi gradoni,
ognuno occupato da tavoli rotondi e lucenti, in modo da poter dare una
chiara
visuale del palco al centro. C’erano tre
“livelli”, escluso quello del palco,
leggermente sopraelevato e occupato da una batteria, quattro microfoni
e decine
di amplificatori. Ci sedemmo ad un tavolo molto vicino al palco, che
Carol e
Manuela avevano prenotato prima. Le vedevo ridacchiare sotto i baffi ed
ero
curiosa di sapere il perché, curiosità che si
amplificò quando presi in mano un
foglio plastificato dal tavolo. C'era scritta quella che doveva essere
la
scaletta del concerto:
Try hard
Unpredictable
Disconnected
Wherever you
are
Out of my
limit
Beside you
Heartache on
the big screen
Heartbreak
girl
She looks so perfect
"Perché avete la faccia
da cospiratrici?"
chiesi alla fine. Loro si misero a ridere e indicarono un punto dietro
di me,
sul palco. Io mi voltai e vidi Michael, Calum e Ashton. Sgranai gli
occhi. Se
c'erano loro, c'era anche... "Dato che non ti decidevi a organizzare
qualcosa con Luke, ci abbiamo pensato noi!" disse Carol sorridendo
sorniona.
"Carol. L'ho visto una volta sola.
Pretendi che ci organizzi qualcosa quando ci siamo solo guardati?!"
chiesi
esasperata. Lei fece spallucce. Io alzai gli occhi al cielo, ma dentro
di me
ero felice che Carol avesse preso l'iniziativa. Eppure mancava Luke. Mi
guardai
intorno, cercando una chioma bionda, fino a quando Manuela non mi
indicò un
tavolo poco lontano dal nostro. Mi voltai e lo vidi: di spalle a me,
era
chinato su una pizza e ne stava divorando velocemente uno spicchio. Mi
venne da
sorridere quando vidi Calum che lo andava a prendere per il colletto
della
maglietta, ridendo. Luke fece appena in tempo a prendere il suo
strumento e a
finire la pizza, che salì sul palco, ancora dandomi le
spalle. Volevo vederlo
in faccia, accidenti! Volevo rivedere il suo sguardo da cucciolo ad
ogni costo.
Vidi Ashton, dietro la batteria, chiamare Luke e indicarci con una
bacchetta.
Luke si voltò, finalmente, verso di me. Lo vidi rimanere
immobile mentre
incrociava il mio sguardo. Ashton si alzò e venne verso di
noi, seguito dagli
altri della band, ultimo Luke. Si avvicinò a Carol con un
gran sorriso, mentre
lei si alzava e gli correva incontro. "Ciao, piccola!"
esclamò quando
lei gli saltò addosso, dandole un bacio a stampo. Io e
Manuela li guardammo a
bocca aperta, mentre Carol si metteva a ridere. Manuela prese Carol per
le
spalle e io sentii a malapena il suo: "Dopo ci spieghi tutto,
chiaro?" Sorrisi divertita, prima di rivolgere il mio sguardo verso
Luke.
Si era fatto... Un piercing?! Gli stava bene, davvero. Le sue occhiaie
erano
sparite, dandogli un'aria più sicura. Dovetti concentrarmi
per non sbavare. Lui
si voltò verso di me e mi sorrise, come la prima volta. Il
suo sorriso era
sempre lo stesso, adorabile. Carol fece le presentazioni: "Ragazze,
loro
sono Asthon, Calum, Michael e - mi fece un impercettibile occhiolino -
Luke.
Ragazzi, Manuela e Coralie." Ci stringemmo le mani. Notai subito che
Michael aveva cambiato tinta, e sembrava averlo notato anche Manuela:
se lo
stava mangiando con gli occhi. Quando strinsi la mano a Luke, mi
partì una
scossa lungo tutto il braccio. Mi costrinsi a sorridere per non
sciogliermi.
Non andava bene, mi aveva semplicemente toccato e il mio corpo aveva
reagito
così. Mi veniva male a pensare cosa sarebbe successo una
volta sentita la sua
voce. Lui mi sorrise, di nuovo, stavolta più sicuro. Lo
imitai, mentre Carol
sussurrava qualcosa ad Ashton. Lui annuì e mi venne da
chiedermi cosa si
fossero detti. Ashton richiamò tutti, indicando l'orologio e
dicendo che erano
in ritardo. "Ci vediamo dopo" mi disse Luke. Ecco, avevo fatto bene
ad avere paura del mio corpo. Non ero ben sicura di essere tutta
intera. I
quattro salirono sul palco, mentre noi tornammo verso il nostro tavolo.
Ashton
prese il suo microfono. "Scusate, c'è stata una modifica
all'ultimo
minuto. She looks so perfect
sarà
fatta per prima" disse. Gli altri lo guardarono straniti e capii che
era
stata Carol a suggerirlo. Mi voltai verso di lei e la vidi alzarmi i
pollici.
"Perché l'hai fatto?" chiesi, curiosa. "Perché
voglio vederti
ancora più sciolta, e Luke ha una voce che ti
ucciderà. Adesso sentirai!"
mi disse lei furba. "Non pensavo fosse possibile odiare e amare una
persona allo stesso tempo, sai?" commentai. "Modestamente!"
rispose lei con aria altezzosa, mentre Manuela si metteva a ridere
distrattamente. Io e Carol ci guardammo complici. "A quanto pare non
è
stato solo Luke a stregare una di noi" dissi io ad un passo da Manuela,
che non riusciva a distogliere lo sguardo da Michael. "Ti piace proprio
Michael, eh? Il colpo di fulmine, cosa fa..." disse Carol
melodrammatica.
Manuela si mise a ridere. "Sei l'ultima che deve parlare, tu. Quando
avevi
intenzione di dirci, che stai con Ashton!?" chiese poi. Lei ci fece una
linguaccia. "Manu, scusa se te lo dico, ma secondo me Michael
è
leggermente dell'altra sponda" dissi piano. Carol mi guardò
vittoriosa.
"No, tesoro! Ho indagato, completamente etero!" esclamò.
Manuela
esultò, mentre io mi scusavo. Non ero infallibile, no?
Ashton richiamò
l'attenzione generale e la sala si
fece improvvisamente silenziosa. Si sentì il suono di una
chitarra elettrica e
i quattro iniziarono a cantare. Per ora riuscivo pure a resistere, non
avevo
sentito la sua voce, mi bastava non guardare quegli occhi
così belli. Quando
iniziò a cantare, però, capii di essere veramente
finita. Aveva una voce profonda troppo perfetta.
Simmer down,
Simmer down
They say
we’re too young now to amount to anything else
But look
around
We work too
damn hard for this just to give it up now
If you
don’t
swim
You’ll
drown
But
don’t
move
Honey
She looks so
perfect standing there
In my
American Apparel underwear
And I know
now, that I’m so down
Your
lipstick stain is a work of art
I’ve
got
your name tattooed in an arrow heart
And I know
now, that I’m so down
Hey Hey!
Datemi della paranoica, ma io ero
praticamente sicura
che, mentre cantava "she looks so perfect standing there", stesse
guardando me.
Dopo quasi un'ora, il concerto
finì. Erano stati
davvero grandi, e il pubblico aveva pure chiesto il bis di alcune
canzoni. Luke
aveva davvero una voce stupenda, se l'avessi sentito cantare di nuovo
mi
avrebbero dovuto raccogliere col cucchiaino. Non mi ero mai sentita
così, ma
era una sensazione indescrivibile.
Quando i quattro riuscirono
finalmente ad abbandonare
il palco, si diressero subito verso il nostro tavolo. "Siete stati
fantastici!" esclamai, esaltata. Carol e Manuela erano galvanizzate
come
me, e i ragazzi si misero a ridere nel vederci così. "Vi va
di mangiare
qualcosa?" propose Calum. Gli occhi di Luke si illuminarono e io
ridacchiai. "Pozzo senza fondo, ti sei spazzolato una pizza prima del
concerto!! Hai ancora fame?!" chiese Calum. Lui annuì con
veemenza,
facendoli ridere di nuovo.
Ci sedemmo al nostro tavolo,
avvicinandone un altro, e
ordinammo. Continuavo a guardare Luke di sottecchi, cercando di non
farmi
notare troppo. I suoi occhi erano allegri, ma sotto sotto riuscivo a
vedere
ancora il suo essere spaesato. Non si stava nascondendo, stava
superando il suo
sconcerto.
A volte mi spaventavo, dopo aver
dedotto tante cose
dagli occhi. Mi chiedevo spesso perché con me non
funzionasse. Mi guardavo allo
specchio e cercavo di leggere i miei, di occhi. Semplicemente, non ci
riuscivo.
“Allora, Coralie. Cosa ti
piace fare?” chiese
improvvisamente Luke, avvicinandosi di un paio di millimetri a me. Io
rimasi
qualche secondo immobile, mentre Carol e Manuela soffocavano un
risolino. Le
cercai con lo sguardo, implorando, silenziosa, aiuto. “Oh,
Coralie ha una
capacità particolare. Sa leggere gli occhi come
nessuno” disse Carol, prima di
trasalire: le avevo tirato un calcio sullo stinco. Amava mettermi nei
guai, quella
ragazza. “In che senso?” fece di nuovo Luke,
interessato. Mi mordicchiai
nervosa un’unghia. Maledetta timidezza, era la mia rovina.
“So… so capire come
sono fatte le persone solo guardandole negli occhi e osservando come si
muovono” dissi a bassa voce. “Ti psicanalizza con
uno sguardo” fece Manuela
ridacchiando. Luke mi guardò sorpreso. “Sarei
curioso di provare” disse solo,
stavolta avvicinando la sedia a me. Eravamo molto più
vicini, adesso. Stavo
andando in tilt, non andava bene. Mi guardava con occhi così
innocenti, solari
e magnetici, che era impossibile, per me, rimanere calma.
“Dopo venite a casa
nostra, allora!” Propose Calum. Gli altri annuirono, comprese
Manuela e Carol.
Manuela continuava a parlare con Michael, lui le piaceva proprio. Lo
guardai
negli occhi e capii in un istante che nemmeno lei gli era indifferente.
Sorrisi
lievemente.
“Coralie, ti piace questo
posto?” mi chiese di nuovo
Luke. Ok. Questa era una congiura. “Sì, molto.
Siete stati davvero bravi” dissi
con un sorriso sincero. Lui lo ricambiò.
Mi chiesi come avrei resistito per
tutta la serata.
*Angolo Autrice*
Eccomi quiii!
Allora, non voglio dilungarmi
troppo. Ecco il vestito di Manuela,
quello di Carol
e quello di Coralie.
Personaggi:
Ashley
Benson as Coralie
Megan
Nicole as Manuela
Teresa
Palmer as Carol
Luke
Hemmings as Luke
Michael
Clifford as Michael
Ashton
Irwin as Ashton
Calum
Hood as Calum
Se volete passare da altre mie
storie, alcune sono queste:
Ehm, grazie mille a tutti quelli
che sono arrivati fino a qui< 3< 3 <3
Ciauuu< 3 <3 <3
Ranyadel