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Autore: Elwerien    13/07/2008    13 recensioni
Ignora la realtà. Disprezzala. Odiala, e non reagire.
Fallo pure, ma non potrai impedirle di esistere.
[…]
-E i Dodici Eroi, Shikamaru?- a quelle parole, parve risvegliarsi.
-I Dodici Eroi!- sbraitò all’improvviso, facendoli sussultare. –Bel nome che ci hanno dato! Eravamo partiti in dodici, sì… ma di quei dodici siamo rimasti solo quattro. Tutti gli altri, morti, finiti. Caduti in battaglia, capito?- li guardò male, come se fosse stata colpa loro.
[ShikaIno’s Day –The night is white].
Genere: Romantico, Triste, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Ino Yamanaka, Shikamaru Nara
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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The night is white…

The night is white…

 

Dedicata a tutte le Mosche Bianche.

 

In the wind

-di Elwerien-

 

 

Yes, ‘n’ how many times must the cannonballs fly

Before they’re forever banned?

Yes, ‘n’ how many years can some people exist

Before they’re allowed to be free?

How many times must a man look up

Before he can see the sky?

‘N’ how many death will it take till he knows

That too many people have died?

[Bob Dylan, “Blowing in the wind”]

 

 

***

 

Ignora la realtà. Disprezzala. Odiala, e non reagire.

Fallo pure, ma non potrai impedirle di esistere.

 

 

L’uomo respirò a fondo il forte odore dell’erba, sdraiato sereno sul prato. Una vecchia cicatrice protestò al contatto con la terra umida, ma il jonin Nara non se ne curò.

Si abbandonò all’abbraccio dell’inerzia, godendosi l’inattività come non faceva da molto, ormai. C’era stato un tempo, prima della guerra, in cui era conosciuto come lo Svogliato Shikamaru, e quel titolo gli calzava davvero a pennello. Quando però era diventato chuunin, con suo grande disappunto la Godaime era rimasta piacevolmente colpita dalla sua intelligenza, e non era passato giorno senza che quella lo chiamasse per qualche missione -riducendo drasticamente le sue ore di dolce far nulla. Il peggio però era arrivato dopo la Quarta Guerra Ninja: ormai uomo adulto, e per di più valido jonin, non poteva semplicemente sottrarsi alle sue responsabilità quando queste lo chiamavano, né, a dire il vero, lo avrebbe fatto se avesse potuto.

Proprio quella mattina aveva partecipato ad una riunione straordinaria indetta a causa di alcuni attacchi terroristici sventati prima che potessero colpire Konoha, e aveva dovuto per questo annullare il suo consueto appuntamento con la squadra composta dai tre genin che allenava. Il sole era ancora nel punto più alto del cielo, e li avrebbe incontrati solo nel pomeriggio; aveva giusto il tempo di rispolverare le vecchie abitudini, e pensando con ansia a quando sarebbe finalmente andato in pensione, sollevò lo sguardo.

Le nuvole, dopo tutti quegli anni, erano ancora lì. Non erano cambiate, il loro lento e pigro incedere era sempre lo stesso, mosse da quei venti d’alta quota che Shikamaru non poteva sentire. Lasciò che il suo sguardo si perdesse fra quelle masse candide e che la mente vagasse in quelle forme incerte ma imponenti, quasi ipnotizzato; una lieve brezza lo accarezzò, e quando chiuse gli occhi gli parve di essere ancora Shikamaru lo Svogliato, un genin. Quando il vento soffiò più forte avrebbe giurato di sentire l’odore acre del fumo della sigaretta del suo maestro, Asuma, il rumore del pacchetto delle patatine di Chouji che veniva aperto, la voce di Ino che lo chiamava, irritata per chissà quale assurdo motivo.

Ma l’incanto si spezzò quando avvertì dei rumori provenire dall’altro versante della collina. Con i riflessi ancora ben allenati dagli anni di guerra, Shikamaru si alzò a sedere di scatto, e la sua mano volò al kunai prima che i suoi occhi potessero vedere tre figure emergere dalla cruna della collina.

-Guardate! C’è Shikamaru-sensei!- urlò una voce, e subito tre rumorosi ragazzini iniziarono a correre verso di lui.

“Mendekouse”  pensò, “quelle pesti di Ayame, Hikari e Kasumi! Sono riusciti a trovarmi anche qui”. Il suo sproporzionato quoziente intellettivo gli aveva appena fatto capire che poteva dire addio alle nuvole e al meritato riposo.

-Shikamaru-sensei!- ripeterono i tre genin quando gli furono di fronte, palesemente felici di avere incontrato il loro maestro.

-Ehilà- biascicò annoiato quello, rimettendosi a sedere. Che seccatura, pensò. Per una volta che poteva stare in pace!

-Sensei, cosa stavate facendo?- gli chiese Hikari.

-Niente- rispose lui, assolutamente sincero. Poi, di colpo, l’idea. –Voi cosa state facendo qui? Non vi dovreste stare allenando?- il tono di voce era volutamente severo, sperando di convincerli a levare le tende.

I tre si guardarono imbarazzati per un momento, ma durò davvero poco perché Kasumi, l’altro genin del gruppo, prese la parola.

-Ma in un certo senso lo stiamo facendo, maestro! Stavamo giocando alla guerra!-.

Gli occhi del Nara si strinsero impercettibilmente mentre ascoltava la risposta di Kasumi.

-Giocavate alla guerra.- mormorò. –E vi divertivate?-.

Quelli ammutolirono, stupiti dal cambio di tono del loro sensei. Certo che si divertivano, erano domande da fare? Cosa c’era di più bello della guerra? Loro non vedevano l’ora che ne scoppiasse una per poter partecipare! Probabilmente il maestro era di pessimo umore quella mattina, altrimenti li avrebbe senza dubbio lodati per il loro audace spirito bellico.

-Ragazzini…- sussurrò Shikamaru non abbastanza piano da non farsi sentire, accendendosi una sigaretta. Il fumo continuava a farlo lacrimare, e anche se aveva smesso da tempo di fumare nei momenti di massimo nervosismo la mano correva automatica al pacchetto.

-Maestro- disse timidamente Ayame, la kunoichi del gruppo –voi avete partecipato alla Quarta Guerra Ninja, vero?-.

Shikamaru aspirò violentemente una boccata di fumo, desiderando solo che quei tre se ne andassero. Lo stavano irritando con quel parlare della guerra.

-Cosa te lo fa pensare?- le chiese in tono piatto.

-La vostra cicatrice...- rispose Ayame, accennando al volto di Shikamaru. La prima volta che si era visto allo specchio con quel taglio, aveva pensato che la somiglianza con suo padre si era ancora di più accentuata.

-Sì, ho partecipato alla Guerra- ammise, notando che i tre genin lo fissavano in attesa di una risposta. A quelle parole, lo guardarono con tanto d’occhi, palesemente ammirati. Hikari fischiò, Kasumi disse: “Forte!” e Ayame gli rivolse uno sguardo sognante.

-Ehi, ehi, piano- si affrettò a dire, infastidito. Cosa volevano saperne quei tre?

Venne però ignorato.

-Ma allora avete combattuto contro gli eserciti del Grande Nemico! È vero che i loro ninja non morivano mai?-.

-Com’è stata la Guerra? Facevate parte della Squadra dei Dodici Eroi?-.

-Avete combattuto nella Battaglia Finale? Avete visto la distruzione dell’esercito del Grande Nemico?-.

Questa era proprio bella! Tre mocciosi che facevano i saputelli con lui!

-I loro ninja morivano eccome. Solo che poi li resuscitavano- precisò. –E sì, durante la Battaglia Finale c’ero… ma l’esercito dei nemici non è stato distrutto, ha battuto in ritirata-.

I tre adesso erano comodamente seduti sull’erba, in attesa di sentire qualche racconto di guerra da uno che –che colpaccio!- vi aveva addirittura partecipato.

Ma gli occhi di Shikamaru Nara erano fissi su un punto impreciso dell’orizzonte, e il loro sensei non sembrava intenzionato a iniziare a parlare. C’era qualcosa di indefinito che traspariva dal suo aspetto: lo sguardo si era fatto serio e sembrava vedere cose molto lontane, che la vista non poteva cogliere. Forse assaporava di nuovo gli attimi, ormai perduti anni prima, di quella devastante Quarta Guerra? La sigaretta continuava a bruciare senza che lui se ne accorgesse, e la cenere era sul punto di frantumarsi e cadere, mentre i ghirigori di fumo si liberavano nell’aria e svanivano.

-Che ci dite dei Dodici Eroi, Shikamaru-sensei?- a quelle parole, parve risvegliarsi.

-I Dodici Eroi!- sbraitò all’improvviso, facendo sussultare i suoi tre allievi. –Bel nome che ci hanno dato! L’idea dev’essere stata della stessa persona che ha pensato bene di dedicarci quell’inutile lastra commemorativa con i nostri nomi sopra, immagino. Quel baka-. Adesso si era davvero infiammato.

-Eravamo partiti in Dodici, sì… c’eravamo io, il caposquadra, con i miei compagni Chouji Akimichi e Ino Yamanaka; poi Kiba Inuzuka, insieme a Shino Aburame e Hinata Hyuuga; suo cugino Neji, con Rock Lee  e Tenten, e Naruto Uzumaki, Sakura Haruno e Sai. Dodici compagni, tutti valorosi e forti… ah! Ne lasciammo più della metà nelle Sabbie di Suna. Un’altra la perdemmo nella Foresta Nera.- si interruppe, la voce tremante. -Di quei Dodici non siamo rimasti che io, l’Uzumaki, Sakura e Neji. Tutti gli altri, morti, finiti. Caduti in battaglia, capito?- li guardò male, come se fosse stata colpa loro.

-Ma… un momento!- esclamò Ayame. –Naruto Uzumaki è quel Naruto? Il nostro Sesto Hokage?-. Shikamaru annuì.

-Io li ho già sentiti- si intromise Kasumi. –I Dodici, intendo… ho letto di loro! Rock Lee è il Valoroso, quello che usava solo le arti marziali… poi i due cugini Hyuuga sapevano usare il Byakuugan! E Sai era quell’Anbu che aveva sostituito il Traditore Uchiha nel Team 10! E la Yamanaka non era quella che…-

-Sì, sì- lo interruppe brusco Shikamaru. Non desiderava altro che quei tre scocciatori se ne andassero e lo lasciassero in pace, e stava per intimarli a farlo quando la voce flebile di Ayame lo anticipò.

-Ma perché sono morti?-.

Perché erano morti! Che ragazzina ingenua. Cosa si aspettava?

-In guerra si muore, ragazzi. Non è un gioco come quello che fate voi. Si rischia la vita, e se vi va bene venite chiamati “eroi”-. Pronunciò l’ultima parola come se la stesse sputando.

I ragazzi rabbrividirono. Non avevano mai visto il loro sensei in quello stato.

-Quando la nostra squadra venne devastata, da Konoha ci era arrivato l’ordine di andare a Suna. Una missione come tante altre… che doveva rimanere top secret, naturalmente. Ma- qui Shikamaru si interruppe –ma un idiota ha rivelato il contenuto del messaggio a un suo compagno, che era anche una spia. Ed è stato facile poi tenderci quell’imboscata. Hanno anche il coraggio di chiamarci “eroi”! Siamo stati carne da macello, ecco cosa. Ci hanno circondati, fra quelle sabbie maledette, e non potevamo reagire. Quando ho ordinato la ritirata, eravamo rimasti in cinque; sette di noi erano caduti. Li ho visti morire davanti ai miei occhi, e non ho potuto fare nulla…- la voce del jonin Nara si spezzò. Poi continuò, più che altro rivolto a se stesso: -E quando ci siamo ritirati, ci hanno inseguiti. Fino alla Foresta Nera. E lì, lì hanno ucciso pure lei…-

-Lei chi?- sussurrò Hikari a Kasumi. Il compagno scosse il capo.

Shikamaru posò lo sguardo su di loro, accorgendosi che erano ancora lì. Irritato, si accese un’altra sigaretta.

-Nessuno- disse. –Non era nessuno. Ora fareste meglio ad andare-.

 

 

Era rimasto solo.

Fece un tiro, e quando la sigaretta finì ne prese un’altra dal pacchetto.

-Ragazzini…- borbottò mentre cercava invano di accenderla. –Giocano alla guerra, loro… per tutti i diavoli….- fece scattare ancora l’accendino, poi, esasperato, gettò via sia quello che la sigaretta.

-Che seccatura!- decretò.

Neanche le nuvole potevano calmarlo in quel momento. Era da tempo che si sforzava di non ripensare a quanto era accaduto quel giorno, ma prima non era proprio riuscito ad evitarlo.

-Ah, Ino- sospirò, costringendosi a sdraiarsi. –Se solo tu non fossi morta…- .

E pensare che neanche tre giorni dopo quell’attacco infame la Guerra era finita. Se lassù c’era davvero qualcuno che decideva le sorti degli uomini, doveva essersi divertito davvero un mondo.

Chiuse gli occhi, lasciando che il sole lo colpisse. Un filo d’erba gli solleticò la cicatrice. Non aveva voglia di spostarlo. Aveva la mano pesante. Peccato, perché non gli piaceva ricordarsi di avere quella cicatrice. Anche suo padre ce le aveva, però a lui non davano fastidio… si era sempre chiesto perché suo padre avesse sposato sua madre. Shikamaru però non si sarebbe mai sposato… troppo faticoso… troppo doloroso… e quel filo d’erba, che fastidio…

Una mano leggera gli sfiorò il viso, liberandolo da quell’impaccio. Shikamaru gliene fu grato. Poi si ricordò di essere solo; fece per aprire gli occhi, ma una voce dolce gli sussurrò qualcosa all’orecchio.

-Tienili chiusi, Shikamaru-.

Quella voce. La sua voce. Da quanto tempo non la sentiva, da quanti anni non aveva il conforto di quel suono, tante volte desiderato e sognato…

-Questo è un sogno- disse, sicuro di quel che diceva.

-Può darsi- rispose la voce. –Ma questo non vuol dire che non sia vero, non credi?-.

Impiegò un po’ a capire cosa significasse quella frase. Poi disse l’unica cosa sensata che gli veniva in mente:

-Ma tu sei morta, Ino-. Aprì gli occhi, sicuro che non avrebbe visto nessuno.

-Oh, sì, questo è vero- gli sorrise Ino Yamanaka. Shikamaru sbatté le palpebre. Lei era davvero lì. I suoi occhi stupefatti vagarono su quel corpo che lui stesso aveva sotterrato. Eppure, non c’era ombra di dubbio: glielo dicevano gli occhi di lei.

-Ma…- esordì, quando venne interrotto.

-Non fare tante storie, Nara! Sono qui, non c’è bisogno di chiedersi altro- non era proprio cambiata di una virgola, pensò. La guardò meglio, e il suo sguardo si soffermò sul suo petto.

Insanguinato.

-Io… io mi ricordo di quella ferita- boccheggiò Shikamaru. -È quella che ti ha uccisa. Non ricordavo che fosse così profonda-.

Lei non rispose; si limitò a fissarlo in silenzio.

-È stato il kunai di uno di quei maledetti- proseguì lui. –Ma tu non dovevi essere lì. Quello non era il tuo posto, era il mio… avevo rotto lo schema senza accorgermene durante la ritirata. Un errore da dilettanti. Quel kunai…-

-Non era destinato a te. Ha colpito me-. Lo interruppe Ino. -Non è stata colpa tua, Shikamaru-.

Lui non ne era tanto sicuro.

Non è stata colpa tua, Shikamaru. Beh, non era facile pensarlo dopo aver visto morire fra le proprie braccia una persona che conoscevi da tutta la vita.

Difficilissimo, poi, quando quella era anche la persona amata.

Rimase in silenzio, senza sapere cosa dire.

Neanche lei disse nulla. Si limitò a stringersi a lui, come tante volte aveva fatto anni prima.

-Perché sei morta?- le chiese stupidamente.

Ino rise.

-Non ne ho idea! È successo, questo è tutto quello che so-.

-Non sarebbe dovuto accadere- protestò lui.

-Sei diventato un fatalista- decretò solennemente la Yamanaka.

-Forse. Ma allora, perché sei qui?-.

-E io come posso saperlo? Questo è il tuo sogno, dopotutto-. Ino si gettò indietro i capelli.

Che seccatura! Pensò Shikamaru. Ma la strinse più forte. Sogno o no, era bello riaverla fra le braccia dopo tanto tempo. L’ultima volta che l’aveva stretta, lei stava morendo, e ricordava ancora con orrore il sangue che le scorreva, assassino, dalla ferita.

-Non te l’ho detto, quella volta- mormorò, più a se stesso che a lei.

-Che cosa?-.

-Beh, che per me sei importante-.

Ino sorrise. Poi lo guardò con occhi tristi, e Shikamaru seppe che quella era davvero la fine.

-Addio, Shikamaru- gli mormorò a mezza voce, mentre il sogno cominciava a svanire. Lui tentò di trattenerla, ma una forza misteriosa la stava portando via da lui, proprio come quando gli era morta fra le braccia.

-Ti amo- sussurrò disperato, ma ormai lei era sparita, e lui era sveglio.

La sua confessione l’accolse il vento.

 

 

The answer, my friend,

Is blowing in the wind,

The answer is blowing in the wind.

[Bob Dylan]

 

Ma sapeva che lei lo aveva sentito ugualmente.

 

***Fine***

 

 

 

 

 

 

 

____________________________

Note dell’autrice:

 

Fanfiction scritta per lo ShikaIno Day! Volevo dare il mio contributo, ed eccomi qui.

I nomi dei tre genin li ho presi da un sito di nomi giapponesi, spero di non aver dato ad una ragazza il nome di un ragazzo e viceversa (cosa possibilissima, conoscendomi).

Purtroppo l’ho dovuta scrivere un po’ di fretta e il risultato non è stato proprio quello che volevo, ma mi ci sono affezionata. Ah, ehm, volevo precisare che Ino non è OOC: essendo morta, ed essendo per di più quello un sogno, l’ho voluta tratteggiare un po’ evanescente.

Spero che la storia vi sia piaciuta!

Un bacio,

El*

 

 

 

   
 
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