The night is white…
Dedicata
a tutte le Mosche Bianche.
In the wind
-di Elwerien-
Yes, ‘n’ how many times must the cannonballs fly
Before they’re forever banned?
Yes, ‘n’ how many years can some people exist
Before they’re allowed to be free?
How many times must a man look up
Before he can see the sky?
‘N’ how many death will it take till he knows
That too many people have died?
[Bob
Dylan, “Blowing in the wind”]
***
Ignora la realtà.
Disprezzala. Odiala, e non reagire.
Fallo pure, ma non potrai impedirle
di esistere.
L’uomo respirò a fondo il forte odore
dell’erba, sdraiato sereno sul prato. Una vecchia cicatrice
protestò al contatto con la terra umida, ma il jonin Nara non se ne
curò.
Si abbandonò all’abbraccio
dell’inerzia, godendosi l’inattività come non faceva da
molto, ormai. C’era stato un tempo, prima della guerra, in cui era
conosciuto come lo Svogliato Shikamaru, e quel titolo gli calzava davvero a
pennello. Quando però era diventato chuunin, con suo grande disappunto
la Godaime era rimasta piacevolmente colpita dalla sua intelligenza, e non era
passato giorno senza che quella lo chiamasse per qualche missione -riducendo
drasticamente le sue ore di dolce far nulla. Il peggio però era arrivato
dopo la Quarta Guerra Ninja: ormai uomo adulto, e per di più valido
jonin, non poteva semplicemente sottrarsi alle sue responsabilità quando
queste lo chiamavano, né, a dire il vero, lo avrebbe fatto se avesse
potuto.
Proprio quella mattina aveva partecipato ad una riunione
straordinaria indetta a causa di alcuni attacchi terroristici sventati prima
che potessero colpire Konoha, e aveva dovuto per questo annullare il suo
consueto appuntamento con la squadra composta dai tre genin che allenava. Il
sole era ancora nel punto più alto del cielo, e li avrebbe incontrati
solo nel pomeriggio; aveva giusto il tempo di rispolverare le vecchie
abitudini, e pensando con ansia a quando sarebbe finalmente andato in pensione,
sollevò lo sguardo.
Le nuvole, dopo tutti quegli anni, erano ancora lì.
Non erano cambiate, il loro lento e pigro incedere era sempre lo stesso, mosse
da quei venti d’alta quota che Shikamaru non poteva sentire. Lasciò
che il suo sguardo si perdesse fra quelle masse candide e che la mente vagasse
in quelle forme incerte ma imponenti, quasi ipnotizzato; una lieve brezza lo
accarezzò, e quando chiuse gli occhi gli parve di essere ancora
Shikamaru lo Svogliato, un genin. Quando il vento soffiò più
forte avrebbe giurato di sentire l’odore acre del fumo della sigaretta
del suo maestro, Asuma, il rumore del pacchetto delle patatine di Chouji che
veniva aperto, la voce di Ino che lo chiamava, irritata per chissà quale
assurdo motivo.
Ma l’incanto si spezzò quando avvertì
dei rumori provenire dall’altro versante della collina. Con i riflessi
ancora ben allenati dagli anni di guerra, Shikamaru si alzò a sedere di
scatto, e la sua mano volò al kunai prima che i suoi occhi potessero
vedere tre figure emergere dalla cruna della collina.
-Guardate! C’è Shikamaru-sensei!- urlò
una voce, e subito tre rumorosi ragazzini iniziarono a correre verso di lui.
“Mendekouse” pensò, “quelle pesti di
Ayame, Hikari e Kasumi! Sono riusciti a trovarmi anche qui”. Il suo
sproporzionato quoziente intellettivo gli aveva appena fatto capire che poteva
dire addio alle nuvole e al meritato riposo.
-Shikamaru-sensei!- ripeterono i tre genin quando gli
furono di fronte, palesemente felici di avere incontrato il loro maestro.
-Ehilà- biascicò annoiato quello,
rimettendosi a sedere. Che seccatura,
pensò. Per una volta che poteva stare in pace!
-Sensei, cosa stavate facendo?- gli chiese Hikari.
-Niente- rispose lui, assolutamente sincero. Poi, di
colpo, l’idea. –Voi cosa state facendo qui? Non vi dovreste stare
allenando?- il tono di voce era volutamente severo, sperando di convincerli a
levare le tende.
I tre si guardarono imbarazzati per un momento, ma
durò davvero poco perché Kasumi, l’altro genin del gruppo,
prese la parola.
-Ma in un certo senso lo stiamo facendo, maestro! Stavamo
giocando alla guerra!-.
Gli occhi del Nara si strinsero impercettibilmente mentre
ascoltava la risposta di Kasumi.
-Giocavate alla guerra.- mormorò. –E vi
divertivate?-.
Quelli ammutolirono, stupiti dal cambio di tono del loro
sensei. Certo che si divertivano, erano domande da fare? Cosa c’era di
più bello della guerra? Loro non vedevano l’ora che ne scoppiasse
una per poter partecipare! Probabilmente il maestro era di pessimo umore quella
mattina, altrimenti li avrebbe senza dubbio lodati per il loro audace spirito
bellico.
-Ragazzini…- sussurrò Shikamaru non abbastanza
piano da non farsi sentire, accendendosi una sigaretta. Il fumo continuava a
farlo lacrimare, e anche se aveva smesso da tempo di fumare nei momenti di
massimo nervosismo la mano correva automatica al pacchetto.
-Maestro- disse timidamente Ayame, la kunoichi del gruppo
–voi avete partecipato alla Quarta Guerra Ninja, vero?-.
Shikamaru aspirò violentemente una boccata di fumo,
desiderando solo che quei tre se ne andassero. Lo stavano irritando con quel
parlare della guerra.
-Cosa te lo fa pensare?- le chiese in tono piatto.
-La vostra cicatrice...- rispose Ayame, accennando al
volto di Shikamaru. La prima volta che si era visto allo specchio con quel
taglio, aveva pensato che la somiglianza con suo padre si era ancora di
più accentuata.
-Sì, ho partecipato alla Guerra- ammise, notando
che i tre genin lo fissavano in attesa di una risposta. A quelle parole, lo
guardarono con tanto d’occhi, palesemente ammirati. Hikari
fischiò, Kasumi disse: “Forte!” e Ayame gli rivolse uno
sguardo sognante.
-Ehi, ehi, piano- si affrettò a dire, infastidito.
Cosa volevano saperne quei tre?
Venne però ignorato.
-Ma allora avete combattuto contro gli eserciti del Grande
Nemico! È vero che i loro ninja non morivano mai?-.
-Com’è stata la Guerra? Facevate parte della
Squadra dei Dodici Eroi?-.
-Avete combattuto nella Battaglia Finale? Avete visto la
distruzione dell’esercito del Grande Nemico?-.
Questa era proprio bella! Tre mocciosi che facevano i
saputelli con lui!
-I loro ninja morivano eccome. Solo che poi li resuscitavano-
precisò. –E sì, durante la Battaglia Finale
c’ero… ma l’esercito dei nemici non è stato distrutto,
ha battuto in ritirata-.
I tre adesso erano comodamente seduti sull’erba, in
attesa di sentire qualche racconto di guerra da uno che –che colpaccio!-
vi aveva addirittura partecipato.
Ma gli occhi di Shikamaru Nara erano fissi su un punto
impreciso dell’orizzonte, e il loro sensei non sembrava intenzionato a
iniziare a parlare. C’era qualcosa di indefinito che traspariva dal suo
aspetto: lo sguardo si era fatto serio e sembrava vedere cose molto lontane,
che la vista non poteva cogliere. Forse assaporava di nuovo gli attimi, ormai
perduti anni prima, di quella devastante Quarta Guerra? La sigaretta continuava
a bruciare senza che lui se ne accorgesse, e la cenere era sul punto di
frantumarsi e cadere, mentre i ghirigori di fumo si liberavano nell’aria
e svanivano.
-Che ci dite dei Dodici Eroi, Shikamaru-sensei?- a quelle
parole, parve risvegliarsi.
-I Dodici Eroi!- sbraitò all’improvviso,
facendo sussultare i suoi tre allievi. –Bel nome che ci hanno dato!
L’idea dev’essere stata della stessa persona che ha pensato bene di
dedicarci quell’inutile lastra commemorativa con i nostri nomi sopra,
immagino. Quel baka-. Adesso si era
davvero infiammato.
-Eravamo partiti in Dodici, sì…
c’eravamo io, il caposquadra, con i miei compagni Chouji Akimichi e Ino
Yamanaka; poi Kiba Inuzuka, insieme a Shino Aburame e Hinata Hyuuga; suo cugino
Neji, con Rock Lee e Tenten, e
Naruto Uzumaki, Sakura Haruno e Sai. Dodici compagni, tutti valorosi e
forti… ah! Ne lasciammo più della metà nelle Sabbie di
Suna. Un’altra la perdemmo nella Foresta Nera.- si interruppe, la voce
tremante. -Di quei Dodici non siamo rimasti che io, l’Uzumaki, Sakura e
Neji. Tutti gli altri, morti, finiti. Caduti in battaglia, capito?- li
guardò male, come se fosse stata colpa loro.
-Ma… un momento!- esclamò Ayame.
–Naruto Uzumaki è quel
Naruto? Il nostro Sesto Hokage?-. Shikamaru annuì.
-Io li ho già sentiti- si intromise Kasumi.
–I Dodici, intendo… ho letto di loro! Rock Lee è il
Valoroso, quello che usava solo le arti marziali… poi i due cugini Hyuuga
sapevano usare il Byakuugan! E Sai era quell’Anbu che aveva sostituito il
Traditore Uchiha nel Team 10! E la Yamanaka non era quella che…-
-Sì, sì- lo interruppe brusco Shikamaru. Non
desiderava altro che quei tre scocciatori se ne andassero e lo lasciassero in
pace, e stava per intimarli a farlo quando la voce flebile di Ayame lo
anticipò.
-Ma perché sono morti?-.
Perché erano morti! Che ragazzina ingenua. Cosa si
aspettava?
-In guerra si muore, ragazzi. Non è un gioco come
quello che fate voi. Si rischia la vita, e se vi va bene venite chiamati
“eroi”-. Pronunciò l’ultima parola come se la stesse
sputando.
I ragazzi rabbrividirono. Non avevano mai visto il loro
sensei in quello stato.
-Quando la nostra squadra venne devastata, da Konoha ci
era arrivato l’ordine di andare a Suna. Una missione come tante
altre… che doveva rimanere top secret, naturalmente. Ma- qui Shikamaru si
interruppe –ma un idiota ha rivelato il contenuto del messaggio a un suo
compagno, che era anche una spia. Ed è stato facile poi tenderci
quell’imboscata. Hanno anche il coraggio di chiamarci “eroi”!
Siamo stati carne da macello, ecco cosa. Ci hanno circondati, fra quelle sabbie
maledette, e non potevamo reagire. Quando ho ordinato la ritirata, eravamo
rimasti in cinque; sette di noi erano caduti. Li ho visti morire davanti ai
miei occhi, e non ho potuto fare nulla…- la voce del jonin Nara si
spezzò. Poi continuò, più che altro rivolto a se stesso:
-E quando ci siamo ritirati, ci hanno inseguiti. Fino alla Foresta Nera. E
lì, lì hanno ucciso pure lei…-
-Lei chi?- sussurrò Hikari a Kasumi. Il compagno
scosse il capo.
Shikamaru posò lo sguardo su di loro, accorgendosi
che erano ancora lì. Irritato, si accese un’altra sigaretta.
-Nessuno- disse. –Non era nessuno. Ora fareste
meglio ad andare-.
Era rimasto solo.
Fece un tiro, e quando la sigaretta finì ne prese
un’altra dal pacchetto.
-Ragazzini…- borbottò mentre cercava invano
di accenderla. –Giocano alla guerra, loro… per tutti i
diavoli….- fece scattare ancora l’accendino, poi, esasperato,
gettò via sia quello che la sigaretta.
-Che seccatura!- decretò.
Neanche le nuvole potevano calmarlo in quel momento. Era
da tempo che si sforzava di non ripensare a quanto era accaduto quel giorno, ma
prima non era proprio riuscito ad evitarlo.
-Ah, Ino- sospirò, costringendosi a sdraiarsi.
–Se solo tu non fossi morta…- .
E pensare che neanche tre giorni dopo quell’attacco
infame la Guerra era finita. Se lassù c’era davvero qualcuno che
decideva le sorti degli uomini, doveva essersi divertito davvero un mondo.
Chiuse gli occhi, lasciando che il sole lo colpisse. Un
filo d’erba gli solleticò la cicatrice. Non aveva voglia di spostarlo. Aveva
la mano pesante. Peccato, perché non gli piaceva ricordarsi di avere
quella cicatrice. Anche suo padre ce le aveva, però a lui non davano
fastidio… si era sempre chiesto perché suo padre avesse sposato
sua madre. Shikamaru però non si sarebbe mai sposato… troppo
faticoso… troppo doloroso… e quel filo d’erba, che
fastidio…
Una mano leggera gli sfiorò il viso, liberandolo da
quell’impaccio. Shikamaru gliene fu grato. Poi si ricordò di
essere solo; fece per aprire gli occhi, ma una voce dolce gli sussurrò
qualcosa all’orecchio.
-Tienili chiusi, Shikamaru-.
Quella voce. La sua voce.
Da quanto tempo non la sentiva, da quanti anni non aveva il conforto di quel
suono, tante volte desiderato e sognato…
-Questo è un sogno- disse, sicuro di quel che
diceva.
-Può darsi- rispose la voce. –Ma questo non
vuol dire che non sia vero, non credi?-.
Impiegò un po’ a capire cosa significasse
quella frase. Poi disse l’unica cosa sensata che gli veniva in mente:
-Ma tu sei morta, Ino-. Aprì gli occhi, sicuro che
non avrebbe visto nessuno.
-Oh, sì, questo è vero- gli sorrise Ino
Yamanaka. Shikamaru sbatté le palpebre. Lei era davvero lì. I suoi occhi stupefatti vagarono su quel corpo
che lui stesso aveva sotterrato. Eppure, non c’era ombra di dubbio:
glielo dicevano gli occhi di lei.
-Ma…- esordì, quando venne interrotto.
-Non fare tante storie, Nara! Sono qui, non
c’è bisogno di chiedersi altro- non era proprio cambiata di una
virgola, pensò. La guardò meglio, e il suo sguardo si
soffermò sul suo petto.
Insanguinato.
-Io… io mi ricordo di quella ferita-
boccheggiò Shikamaru. -È quella che ti ha uccisa. Non ricordavo
che fosse così profonda-.
Lei non rispose; si limitò a fissarlo in silenzio.
-È stato il kunai di uno di quei maledetti-
proseguì lui. –Ma tu non dovevi essere lì. Quello non era
il tuo posto, era il mio… avevo rotto lo schema senza accorgermene
durante la ritirata. Un errore da dilettanti. Quel kunai…-
-Non era destinato a te. Ha colpito me-. Lo interruppe Ino.
-Non è stata colpa tua, Shikamaru-.
Lui non ne era tanto sicuro.
Non è stata
colpa tua, Shikamaru. Beh, non era facile pensarlo dopo aver visto morire fra le proprie
braccia una persona che conoscevi da tutta la vita.
Difficilissimo, poi, quando quella era anche la persona
amata.
Rimase in silenzio, senza sapere cosa dire.
Neanche lei disse nulla. Si limitò a stringersi a
lui, come tante volte aveva fatto anni prima.
-Perché sei morta?- le chiese stupidamente.
Ino rise.
-Non ne ho idea! È successo, questo è tutto
quello che so-.
-Non sarebbe dovuto accadere- protestò lui.
-Sei diventato un fatalista- decretò solennemente
la Yamanaka.
-Forse. Ma allora, perché sei qui?-.
-E io come posso saperlo? Questo è il tuo sogno, dopotutto-. Ino si
gettò indietro i capelli.
Che seccatura! Pensò Shikamaru. Ma la
strinse più forte. Sogno o no, era bello riaverla fra le braccia dopo
tanto tempo. L’ultima volta che l’aveva stretta, lei stava morendo,
e ricordava ancora con orrore il sangue che le scorreva, assassino, dalla
ferita.
-Non te l’ho detto, quella volta- mormorò,
più a se stesso che a lei.
-Che cosa?-.
-Beh, che per me sei importante-.
Ino sorrise. Poi lo guardò con occhi tristi, e
Shikamaru seppe che quella era davvero la fine.
-Addio, Shikamaru- gli mormorò a mezza voce, mentre
il sogno cominciava a svanire. Lui tentò di trattenerla, ma una forza
misteriosa la stava portando via da lui, proprio come quando gli era morta fra
le braccia.
-Ti amo- sussurrò disperato, ma ormai lei era
sparita, e lui era sveglio.
La sua confessione l’accolse il vento.
The answer, my friend,
Is blowing in the wind,
The answer is blowing in the wind.
[Bob
Dylan]
Ma sapeva
che lei lo aveva sentito ugualmente.
***Fine***
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Note dell’autrice:
Fanfiction
scritta per lo ShikaIno Day! Volevo dare il mio contributo, ed eccomi qui.
I nomi
dei tre genin li ho presi da un sito di nomi giapponesi, spero di non aver dato
ad una ragazza il nome di un ragazzo e viceversa (cosa possibilissima,
conoscendomi).
Purtroppo
l’ho dovuta scrivere un po’ di fretta e il risultato non è
stato proprio quello che volevo, ma mi ci sono affezionata. Ah, ehm, volevo
precisare che Ino non è OOC: essendo morta, ed essendo per di più
quello un sogno, l’ho voluta tratteggiare un po’ evanescente.
Spero che
la storia vi sia piaciuta!
Un bacio,
El*