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Autore: Arial    15/04/2014    2 recensioni
Seguito di Before tomorrow comes.
La battaglia fra Cielo e Inferno è giunta al termine, Lucifer è caduto sotto la spada di suo fratello. A Michael, devastato e logorato, resta solo il desiderio della dimenticanza, del silenzioso riposo dell'oblio.
Genere: Angst, Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Castiel, Michael
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Quinta stagione
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“I tried to kill the pain,
but only brought more.
I lay dying
and I’m pouring crimson regret and betrayal.
I’m dying, praying, bleeding and screaming.
Am I too lost to be saved?
Am I too lost?”
(Tourniquet – Evanescence)





Alla morte di Lucifer, Castiel sentì le ultime vestigia della sua grazia sbriciolarsi e dissolversi. Un tiepido calore alla bocca dello stomaco, un’estrema scintilla di fuoco, ed era tutto finito.

La terra tremò, ma fu niente in confronto al vuoto che ruggiva dentro di lui. Non era più un angelo. Peggio, non era proprio un bel cazzo di nulla.

Chiuse gli occhi e inspirò una profonda boccata d’ossigeno, ma l’aria non poteva colmare tutto quello spazio. Castiel sospettava che niente potesse.

«Era per questo che dovevo restare in vita, Dean?» chiese. «È questa la mia ricompensa?»

Si lasciò cadere sul letto che i ragazzi avevano spostato nello studio, quando era apparso chiaro che Bobby non avrebbe mai ripreso a camminare. Le vecchie molle cigolarono e una nuvola di polvere si sollevò tutto intorno, prima di ripiovere sulle lenzuola un tempo bianche.

L’uomo si prese la testa fra le mani, cercando di non pensare al dopo. Al corpo martoriato di Sam, alle immense ali grigie che decoravano il terreno su cui era crollato; a quella luce fredda e aliena negli occhi di Dean e alla paura che si spegnessero per sempre, quando l’infelice vincitore sarebbe tornato nei Cieli in cerca di un rifugio al proprio dolore.

Un tremito lo scosse, mentre un patetico lamento si infrangeva contro le labbra caparbiamente chiuse. Cercò nel suo cuore vuoto la forza di pregare, ma non la trovò. Non avrebbe neanche saputo per cosa pregare, in fondo. Che il fuoco di Michael spegnesse la vita che l’aveva ospitato, prima di lasciarla? Forse l’augurio più misericordioso, eppure quello che più lo atterriva.

Nulla gli importava di cosa l’arcangelo si sarebbe lasciato alle spalle, che si trattasse di un guscio svuotato o di un relitto infelice e irriconoscibile. La verità era che l’avrebbe accettato in qualsiasi forma, fintanto che Dean fosse tornato da lui.

L’amore è egoista. Era la prima delle lezioni che aveva appreso dai Winchester, la più importante.

«Castiel.»

Un sussurro e un ordine. Castiel sollevò la testa.

Michael era in ginocchio al centro della stanza, il capo chino, le dita che si muovevano senza posa sulla polvere del pavimento. L’uomo si avvicinò all’arcangelo con lentezza, nonostante l’urgenza nella voce dell’altro. Aveva occhi solo per le ali martoriate del primogenito di Dio.

Una di esse era così orribilmente dilaniata da essere ormai poco più di un’impalcatura di ossa contorte e macchiate di sangue. Le altre ricordavano spettrali stendardi lacerati da una tempesta: calato il vento, spiovevano inerti e flosce dalle spalle dell’arcangelo. Come Michael fosse arrivato fin lì era un mistero.

«Traccia questi simboli col tuo sangue e ti darò quello che vuoi» promise il Principe, una mano protettivamente stretta contro il fianco. «Ti restituirò Dean.»

Castiel si sedette accanto a lui, studiando quelle linee complicate che fluivano l’una dentro l’altra. Riusciva a decifrarle solo in parte.

Era un incantesimo di protezione. No, di esilio. Serviva a tenere fuori qualcosa, a isolare la casa da ogni influenza celeste.

«Le mie istruzioni erano forse poco chiare, malach?» chiese Michael, calcando con disprezzo l’ultima parola – angelo, messaggero, servo. Gli prese la mano sinistra e se la portò al viso. «Abbiamo un accordo?»

L’uomo annuì; la creatura celeste morse.

Solo quando il sangue gli sfiorò la punta delle dita, Castiel comprese. «Hai smarrito la spada?» domandò, mentre riproduceva il disegno. «C’erano alternative meno cruente, comunque.»

«È ancora nel suo cor… Non ti riguarda.» L’altro strinse i pugni, lo sguardo che errava nervosamente per la stanza, mentre col dorso della mano si ripuliva le labbra. «E non avevo alternativa alcuna, fra poco sarà qui.»

Castiel chiuse i simboli in un cerchio. Le assi del pavimento si creparono, la casa intorno a loro sembrò ondeggiare un istante e gli apparecchi elettronici nel raggio di cinque metri entrarono in funzione. La TV era congelata da due anni sul canale d’emergenza, a campeggiare su uno sfondo beige sei beffarde parole: “Che Dio ascolti le vostre preghiere.”

Rientrò in funzione anche lo stereo e Hotel California risuonò in quel nuovo silenzio. L’ultima canzone che Dean aveva ascoltato.

Castiel si rimise in piedi. Accostatosi allo scrittoio di Bobby, versò un vecchio bicchiere di scotch sulla ferita, affondando le unghie nel mogano finché il dolore non si fu trasformato in qualcosa di sopportabile. Solo allora avvolse il polso in uno straccio logoro e macchiato di grasso, uno di quelli con cui Dean ripuliva le proprie pistole.

Ogni cosa in quell’edificio in rovina gli ricordava il cacciatore, eppure non poteva lasciarlo. Non c’era al mondo altro posto per lui.

Con un sospiro, allungò una mano verso lo stereo.

«Lasciala» disse Michael, la voce poco più di un sussurro. «Avrei piacere di ascoltarla.»

L’uomo riportò lo sguardo su di lui. L’arcangelo si era addossato alla parete, una pozza di sangue che si allargava ai suoi piedi, le membra scosse da un tremito visibile.

«Dean ha scelto di fuggire da una realtà che non riusciva più a tollerare» commentò, portando una bottiglia alle labbra. «Tu da cosa stai scappando, Principe?»

«Raphael.»

Una risposta laconica, che lasciava aperti più interrogativi di quanti ne risolvesse. Castiel si massaggiò la fronte, considerando la situazione un momento. «Vuole approfittare della tua attuale debolezza per reclamare il potere? È la tua testa che vuole?»

Michael scoppiò a ridere. «È questo che pensi di quelli che erano i tuoi simili?» domandò, scuotendo la testa. Poi mosse verso di lui.

Trascinava la gamba destra, il suo colorito era cereo, la voce quasi atona, eppure Castiel sentì la paura attanagliargli le viscere. Un istinto ancestrale e ferino che gli urlava di scappare. Si costrinse a sostenere lo sguardo dell’arcangelo.

«Non vuoi davvero sapere cosa penso di voi» lo sfidò.

«Hai ragione, non mi interessa,» concesse l’altro incolore, bloccandolo contro lo scrittoio con quel corpo a un tempo familiare ed estraneo, «ma insinua ancora una volta che mi stia nascondendo dietro le sottane di un vigliacco quale sei tu e il nostro patto perderà valore, intesi?»

L’uomo annuì, ma il Principe non accennò ad allontanarsi. A quella distanza, l’odore del sangue si faceva disgustosamente dolce, il suo pallore malsano.

A dispetto di ogni minaccia, Michael non sarebbe rimasto in piedi ancora a lungo.

«Vogliamo brindare alla tua vittoria?» propose Castiel, prendendo un bicchiere e spostandosi verso il letto.

Si sedette in un angolo e fece cenno all’altro di imitarlo. In questo modo, l’orgoglio di quell’idiota sarebbe rimasto al sicuro e il suo sacro sedere lontano dal pavimento.

Un sorriso amaro gli scoprì le labbra. Dean e Michael erano davvero fatti l’uno per l’altro.

Il Principe si sistemò all’estremità opposta, la fronte poggiata contro la spalliera finemente intagliata, la schiena contro la parete. Castiel sapeva che le sue ali non erano su quel piano, eppure la mascella dell’arcangelo si contrasse dolorosamente mentre queste sfioravano il muro e si piegavano contro il legno.

«Credevo che i brindisi contemplassero la presenza d’alcol,» commentò Michael, sfidando la sua solidarietà con uno sguardo glaciale, «ma sei tu l’esperto, fra noi.»

Castiel allungò la mano verso una bottiglia già aperta. Una volta, Dean gli aveva detto che tre cose non erano mai mancate in casa Singer: più libri impolverati di quanti fosse possibile leggere in una vita sola, una scorta apparentemente illimitata di liquore scalda-budella e intossica-fegato, e un letto per lui e Sam. Dei primi non gli importava ormai granché, la seconda l’aveva messa a dura prova negli ultimi giorni. Della terza, nessuno avrebbe probabilmente più avuto bisogno…

«Credi che non manterrò la parola data?» domandò l’arcangelo.

L’uomo trasalì. «Non farlo» disse. «Non leggere i miei pensieri.»

«Pensa meno rumorosamente, allora» ribatté Michael, gli occhi chiusi, la mano che premeva la ferita sul fianco. «Ti assicuro che preferirei trascorrere in tutt’altro modo le mie ultime ore.»

Castiel bevve dalla bottiglia, prima di versare lo scotch nel bicchiere e di porgerlo all’altro. «Spero tu non sia schizzinoso.»

L’arcangelo sorrise e accettò l’offerta con dita macchiate di sangue. «Raphael non è quello che credi» disse, portando il bicchiere alle labbra. «Non è il potere che cerca.»

«Lo conosci di certo meglio di me» ribatté Castiel, indifferente. «Io sono solo quello che una volta ha fatto esplodere, in fondo.»

«Si lascia facilmente trasportare, non ho intenzione di negarlo.» Il Principe scosse la testa, un sorriso che ancora indugiava sul volto. «Le mie ali ne sono la prova.»

«Quindi è stato lui ad attaccarti.»

Prima di rispondere, Michael gli porse il bicchiere vuoto e l’uomo lo riempì ancora. «Sono sempre stato un paziente difficile,» confessò infine, «non mi sento di fargliene una colpa.»

Nel silenzio che seguì le sue parole, Hotel California sfumò nelle prime note di New Kid In Town. Castiel andò a spegnere lo stereo. Quei versi malinconici e la voce quietamente mesta del vocalist erano più di quanto potesse sopportare, al momento.

«Hai scelto di morire. Perché?» chiese a quello che era stato il suo generale, senza però incontrarne il viso. «Ti sei forse pentito delle tue azioni? O vuoi punirti perché, avendone la possibilità, imboccheresti di nuovo lo stesso cammino?»

L’altro non rispose subito. Solo quando Castiel si era ormai convinto che non l’avrebbe più fatto, l’arcangelo si schiarì la voce. «Non sono pentito» disse. «Ho fatto ciò che dovevo, ciò che era giusto. Ho difeso il mondo creato da nostro Padre.»

L’uomo tornò a sedersi. Si sentiva esausto, stremato. «E credi che lui ti amerà di più, per questo?»

Non c’era acredine nella sua domanda, solo genuina curiosità.

Michael scosse la testa, un sorriso triste che scopriva denti sporchi di rosso. «Non è per nostro Padre che l’ho fatto, Castiel.» Bevve e il liquido ambrato nel suo bicchiere si tinse di sangue. «È molto che non faccio più niente per lui.» Sospirò, prima di tirare le gambe al petto e poggiare stancamente la testa alla parete. «Credi che abbia pianto la sua morte?»

«Credo che avrebbe dovuto» rispose Castiel, con dolcezza. «Un padre piange i propri figli, ognuno di essi.»

Il Principe annuì, e per lungo tempo non aggiunse altro. Il silenzio fra loro era leggero, quasi confortevole. Fu l’uomo a romperlo.

«Non li senti più, vero?» domandò. «I nostri fratelli, intendo. Per via del sigillo.»

L’arcangelo scrollò lievemente le spalle. «È il tuo sangue a renderlo possibile. Ed è questo l’unico motivo per cui sono qui.» I suoi occhi erano gelidi, le labbra una linea sottile. «Se Raphael non si fosse immischiato, avrei mostrato misericordia nei confronti del mio tramite.»

Un colpevole rossore infiammò le guance di Castiel, mentre le gelide dita della paura gli stringevano delicatamente le viscere. «Che vuoi dire?» si costrinse a chiedere.

«Credo tu lo sappia già» ribatté Michael, il pollice che tracciava con cura il bordo del bicchiere, l’aria assorta e lontana. «Non sono riuscito a salvare suo fratello, l’anima di Sam è bruciata con Lucifer.»

Castiel chiuse gli occhi e prese un respiro profondo, ma la voce vacillò suo malgrado. «Dean può sopravvivere a questo» sussurrò, nascondendo il viso dietro le lunghe dita. «Andrà avanti anche senza suo fratello, non è solo.»

«Come dici tu» fu la pacata risposta dell’altro. Lasciò cadere sulle lenzuola la mano che comprimeva la ferita e scivolò piano lungo la parete.

L’uomo osservò quell’impronta scarlatta su sfondo grigio e i suoi occhi volarono alla spalla di Dean. Il respiro di Michael si era fatto elaborato, pesante. Gocce di sudore imperlavano il viso pallido, una luce ambrata risplendeva nelle iridi verdi. «Puoi ancora essere salvato,» mormorò Castiel, «non è così che deve finire. Non necessariamente.»

«L’anima di Dean è rimasta danneggiata nello scontro» disse l’arcangelo, battendo più volte le palpebre. «Non posso guarirla, mi dispiace.» Cercò di tirarsi a sedere e ricadde all’indietro.

Castiel si chinò su di lui. «Posso fare qualcosa?»

«Quando perderò conoscenza, recita l’incantesimo impresso sul pavimento.» Chiuse le dita sul collo dell’uomo e avvicinò i loro visi. «Il tempismo è essenziale, Castiel. Se quando la mia grazia brucerà sarò ancora nel suo corpo, Dean mi seguirà.» Tossì e un velo di sangue gli bagnò le labbra, le sue mani tremavano. «Se sarò abbastanza debole, il potere cui farai appello dilanierà la mia essenza; in caso contrario, riuscirai solo a rispedirmi in Paradiso.» Michael sorrise, dolce e letale. «Non farti prendere dalla fretta, te ne pentiresti.»

«Non rendermi il lavoro più facile di quanto già non sia, Principe» ringhiò Castiel, liberandosi dalla stretta dell’altro. Si allontanò dal letto coi pugni lividi di rabbia, incapace d’accettare l’impazienza con cui chiunque intorno a lui sembrava correre incontro a una morte insensata.

«Io bramo il buio» confessò l’arcangelo. «Bramo l’oscurità di cui parlavi. L’oblio. Desidero soltanto chiudere gli occhi e che ogni cosa abbia fine.» Scosse la testa, le labbra che si arricciavano in una smorfia divertita. «Pensi ancora troppo forte» si scusò.

Castiel andò su tutte le furie. «E se non fosse così?» gridò, sopra di lui in due rapide falcate. «Se non fosse così?» ripeté, le unghie che affondavano nelle spalle dell’altro. «Se dovessi convivere per tutta l’eternità con quello che hai fatto? Se dall’altra parte ci fosse tuo fratello a urlarti tutta la sua rabbia, tutto il suo odio?» Fu il cieco terrore che lesse negli occhi di Michael a fermarlo. Lo stesso che aveva divorato Dean la notte in cui avevano perso Sam. «Mi dispiace» aggiunse, in un sussurro. «Non avrei dovuto.»

Il Principe scosse la testa. Le sue labbra erano divenute cianotiche, dalle iridi era scomparsa ogni traccia di verde. Provò a dire qualcosa, ma dalla bocca venne fuori solo sangue.

Castiel lo prese fra le braccia. Riavviatigli i capelli, gli sollevò la testa. Cercò il suo sguardo e si accorse che era ormai lontano da lui. «Cosa?» domandò, le dita che sfioravano le tiepide gocce scure sul viso del primo dei suoi fratelli.

«He-Helel» mormorò Michael. Un sospiro, una preghiera.

E l’uomo comprese.

«HOXMARCH GE, ESIASCH. ZIR KURES AC. ZIR DLVGAR RIT NONCA» disse, posando le labbra sulla fronte dell’altro.

Non avere paura, fratello. Sono al tuo fianco. Ti perdono.

Michael chiuse gli occhi e Castiel seppe che non li avrebbe più riaperti. Osservò a lungo l’espressione serena sul volto dell’arcangelo, poi posò una mano sul suo petto e recitò l’incantesimo.

Il corpo di Dean ebbe un sussulto. Le ali sulla sua schiena si distesero, le ossa scarnificate si curvarono un’ultima volta verso il cielo, prima di imprimersi come ombre roventi nella carne di Castiel.

La grazia di Michael gli sfiorò allora il viso, simile alla gelida brina che ogni mattina velava ostinatamente le finestre del pianterreno. Quando il fuoco del Principe si estinse, gli occhi di Dean si spalancarono.

 

 

 

Note: Sempre dedicata a Claudia, sempre betata dalla mia dolce bitch. Sì, con la “b” rigorosamente minuscola, lei sa il perché ♥

Per la traduzione in enochiano si ringrazia thussaithcastiel, una donna che ne sa ♥

Aspettatevi un altro sequel. Il sequel del sequel che penso avrà un altro sequel. Insomma, si spera. Chi vivrà vedrà.

Approfitto di questo spazietto anche per farvi gli auguri di buona Pasqua. A presto ♥

   
 
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