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Autore: Hesper    16/04/2014    2 recensioni
I sensi di colpa sono molto difficili da togliere di mezzo, e davvero devastanti se portati da troppo tempo dentro di noi.
Oerba Dia Vanille ne sa qualcosa...
Genere: Angst | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Vanille
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La giovane si guardò intorno con fare investigativo. Si ritrovò persa in un ambiente indistinto, il quale sembrava non avere né un principio, né una fine. Non vi era nessuno se non lei: nessuna persona, nessun animale, nessuna pianta… Nemmeno un piccolo ciottolo.
Tutta quella luce causata dal colore bianco che, di fatto, invadeva tutta la zona, tutto quello spazio senza alcun ostacolo o limite, tutto quel silenzio che le avrebbe permesso di concedersi un momento di pace, non la faceva per nulla sentire a suo agio, anzi: la terrorizzava.
L’eccessiva presenza del bianco, invece che rassicurarla, la accecava e la inquietava. La sola idea che non ci fossero limiti le rendeva difficile anche solo respirare. Il silenzio assoluto la disturbava ancor più di quanto lo avrebbe fatto il rumore di un aereo che decolla. Ma, cosa ben più inquietante, a suo parere, il solo pensiero di non essere in compagnia di qualcuno le faceva venire l’ansia.
La prima cosa che le venne in mente di fare fu di errare in quella distesa bianca, nella speranza di trovare qualcuno che le facesse compagnia, che parlasse con lei, ma che, soprattutto, la aiutasse ad uscire da lì.
Nonostante lei fosse consapevole del fatto che, molto probabilmente, fosse l’unico essere presente in quel luogo, decise comunque di appoggiare l’ipotesi appena formulata.
Cominciò quindi a correre il più velocemente possibile, tracciando un percorso dritto, e guardandosi ogni tanto intorno come per vedere se il paesaggio cambiava ad ogni suo passo. Ma, ovviamente, ciò non accadde.
Fece metri, metri e metri di strada, ma niente era cambiato, come se, per tutto quel tempo, avesse corso sul posto: stessa distesa bianca, stesso silenzio interrotto solamente dai respiri affannosi della ragazza, e nessuna anima viva.
Presa dalla stanchezza, si arrestò, sedendosi in seguito sul liscio pavimento bianco, il quale, paradossalmente, aveva la stessa consistenza del marmo.
“Ragazzi? Dove siete? Non voglio rimanere qui da sola! Se potete sentirmi, venite ad aiutarmi! Vi prego…” gridò invano la giovane, raccogliendo poi le ginocchia al petto e mettendovi la fronte, come per non mostrare l’accenno di disperazione che il suo volto e i suoi grandi occhi color smeraldo presentavano palesemente.
In quel momento avrebbe voluto lasciarsi andare in un pianto destinato a non finire mai, fino a quando un rumore di passi raggiunse le sue orecchie, facendola alzare di scatto. Quei passi lenti ma decisi, i quali sembravano provenire non da una, ma da più persone, illuminarono di speranza il buio che, nella sua mente, era sul punto di instaurarsi, se non di regnarvi. 
Rivolse il suo sguardo in avanti, per poi vedere i suoi compagni di viaggio: Lightning, Sazh, Snow, e Hope. Tutti e quattro si presentarono proprio davanti a lei.
Nonostante li conoscesse da poco, era davvero felice di vederli, e non poté fare a meno di sorridere loro e di salutarli con grande entusiasmo.
Purtroppo, però, quelli non provarono, in quel momento, gli stessi pensieri che la giovane stava mostrando loro. Infatti, i loro volti non presentavano, al contrario di quello della loro compagna, segni di felicità o di soddisfazione per aver trovato qualcuno che da tempo cercavano, anzi: le sole cose che trasparivano dai loro occhi furono rabbia, frustrazione… persino odio.
La ragazza, accorgendosi di tutto ciò, chiese ai compagni di viaggio:
“Ragazzi… Cosa vi prende?”
“Cosa ci prende?” rispose Lightning, facendo qualche passo avanti “Tu ci chiedi cosa ci prende?”
“Perché dici così? Non… capisco…”
“Non fare la finta tonta, Vanille. Lo sai benissimo di cosa parlo.”
“Non lo so… davvero…”
“Vuoi proprio saperlo? Noi sappiamo di chi è la colpa di tutto ciò che è successo. Sappiamo che è colpa tua se siamo tutti coinvolti in questa orrenda storia!”
“Giusto.” Aggiunse Snow “È tutta colpa tua se Serah è diventata una l’Cie. È tutta colpa tua se anche noi siamo diventati l’Cie!”
“È tutta colpa tua se mio figlio Dajh è stato portato via dal Sanctum, e se io devo fuggire ogni giorno dai soldati che mi vogliono giustiziare solo perché sono stato marchiato da un Fal’Cie di Pulse!” si accodò poi Sazh.
“Se non ci fossi stata tu, a quest’ora non sarei un l’Cie.” Disse poi Hope “Al posto di coinvolgerci, non potevi risolvere da sola i tuoi problemi?”
“Lo… so…” balbettò Vanille, colpita profondamente dalle parole dei compagni, tanto da essere sull’orlo del pianto. Poi, inginocchiandosi a terra, disse, con un filo di voce:
“Scusatemi! Vi prego, scusatemi!”
“E tu hai il coraggio di chiederci scusa dopo tutto questo?” ricominciò Hope “Non l’hai ancora capito? Anche se chiedi scusa, non sistemi le cose. Scusandoti non ribalterai la situazione in cui ci troviamo!”
“Pensi veramente che, allontanando i problemi, questi si risolvano da soli?” aggiunse Lightning “Come sei ingenua… Così facendo dimostri soltanto una cosa: in quanto immatura, tu, da sola, non sai fare proprio niente. Sei inutile. Se tu fossi morta prima, saremmo stati tutti meglio.”
Sentendo ciò, Vanille si sentì crollare il mondo addosso. Il solo pensiero di aver rovinato altre vite e di aver ucciso dentro altra gente, la disgustava. La faceva sentire un mostro. I sensi di colpa la assalirono ancor più di prima, inducendola a spargere lacrime di tristezza e di frustrazione, le quali scesero per le sue guance, fino a cadere sul freddo pavimento. Accorgendosi di ciò, si coprì gli occhi, come per non mostrarsi in quello stato dai suoi compagni, i quali, vedendola, se ne andarono, senza degnarla di un minimo sguardo.
 

Vanille aprì gli occhi, ritrovandosi sdraiata in un tappetino per nulla pulito accuratamente sistemato sul terreno roccioso in una zona delle Cime Abiette.
Si sedette sui talloni e fece respiri profondi, come per mantenere la calma, mentre realizzò di aver fatto l’ennesimo sogno in cui qualcuno le faceva pesare ancor più sulla coscienza gli atti che in passato aveva compiuto.
Voltò poi il capo verso sinistra, vedendo l’unico compagno di viaggio che, al momento, si trovava con lei, ovvero Sazh Katzroy, dormire pacificamente con il fianco destro a contatto con il freddo terreno.
Camminò a gattoni verso di lui, e, arrivata a destinazione, si sdraiò sul fianco sinistro, quasi appoggiando la sua schiena contro quella del compagno.
“Almeno tu, fammi compagnia…” sussurrò Vanille “Non voglio tornare ad essere sola…”
Detto ciò, chiuse nuovamente gli occhi, tornando a dormire.
 
 
 
 
 

Angolo dell’autrice
Salve, miei carissimi lettori/lettrici!
Stavolta ho deciso di dedicare una oneshot ad Oerba Dia Vanille, personaggio da me molto stimato e che, a mio parere, si meriterebbe più attenzione da parte di tutti i fan di Final Fantasy XIII.
Come avete potuto notare, io non considero Vanille come una ragazza allegra e spensierata (come sono soliti fare parecchi fans), ma come una persona tormentata dal suo passato e costante preda dei sensi di colpa.
E sì, nella oneshot ho “usato” gli altri personaggi come personificazione delle colpe della ragazza.
Spero che questa mia storia sia stata di vostro gradimento, e mi farebbe molto piacere sapere l’opinione di qualcuno di voi.
A presto…!
-Hesper
 
 
  
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