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Autore: RoseGONEwild    17/04/2014    2 recensioni
Una lunga nottata per Eric Young.
Eric riteneva che London avrebbe anche potuto accertarsi dello spessore della parete fra le due stanze prima di intraprendere una tanto infuocata performance, soprattutto se era convinto di portare avanti quella farsa della sua presunta eterosessualità.
Martin/Peter/Simon e un lievissimo accenno di Martin/Eric.
Genere: Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: Triangolo
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Eric era sdraiato su uno dei letti della sua stanza d’albergo, con la testa poggiata sul cuscino. Aveva gli occhi chiusi e stava cercando di prendere sonno, ma l’impresa risultava piuttosto difficile, visto il rumore martellante che proveniva dalla camera accanto.
Quello che doveva essere un letto stava infatti sbattendo ripetutamente contro la parete dietro di lui: Peter London si stava evidentemente dando da fare.
La situazione era inequivocabile, dato che i colpetti erano conditi dai gridolini femminili che arrivavano atuttiti alle orecchie del batterista. E no, non era la voce di una ragazza, era proprio la voce di Peter.  
Eric riteneva che London avrebbe anche potuto accertarsi dello spessore della parete fra le due stanze prima di intraprendere una tanto infuocata performance, soprattutto se era convinto di portare avanti quella farsa della sua presunta eterosessualità. Non mi piacciono gli uomini, continuava a ripetere quando Eric era nei paraggi, come se lui non avesse molteplici prove che assicuravano il contrario.
Il batterista sorrise al pensiero di quanto Peter fosse ingenuo nel credere che lui se la fosse bevuta per tutti quegli anni e che non lo avesse mai sentito mentre faceva sesso, o l’amore, o qualsiasi altra cosa con Martin.
Eric sapeva, vedeva, sentiva. Ma fare finta di niente lo divertiva, era diventato quasi interessante ascoltare le scuse che Peter ogni volta si sentiva in dovere di inventare per giustificare rumori molesti, stanze chiuse a chiave, tubetti di lubrificante…
Chissà cosa si sarebbe inventato il mattino seguente per spiegare quella confusione.

Erano quasi le tre del mattino quando, per la prima volta da quando si era sdraiato su quel materasso, Eric sentì distintamente anche la voce del partner di London, che parlò chiaramente dopo quasi un’ora di sospiri e sussurri. Il batterista si rese improvvisamente conto che la cosa peggiore non era che Peter stesse scopando con Martin nella stanza accanto. Perché quella non era la voce di Martin.
Era la voce di Simon.
Eric spalancò gli occhi. Nel giro di un istante tutto si incastrò alla perfezione: l’assenza della cronologia dei messaggi di Simon sul telefono di Peter, che era sempre stato troppo pigro per cancellare le conversazioni; le battute allusive da parte di entrambi; e, soprattutto, i risvegli occasionali in hotel accanto ad un chitarrista annegato nell’alcol e psicologicamente distrutto.
Fino a qualche mese prima, lui e Simon avevano sempre condiviso una delle due stanze, lasciando spazio a Martin e Peter di fare i propri porci comodi nell’altra, nonostante loro cercassero di mascherare la cosa come meglio gli riusciva.
Ma ora Peter se la faceva con Simon. Anche con Simon.
L’illuminazione colse Eric come un fulmine a ciel sereno.  Evidentemente  Martin lo sapeva ed era per questo che stava così male, perché Martin era uno a cui i sentimenti interessavano molto più del rapporto fisico. Questo Eric lo sapeva anche se non glielo aveva mai detto nessuno, lo vedeva nei suoi occhi ogni volta che lo scorgeva intento ad osservare Peter con sguardo perso.
E Peter stava clamorosamente tradendo la sua fiducia.

Mentre il suo cervello riordinava le informazioni che aveva appena immagazzinato, Eric sentì i passi di Martin che percorrevano il corridoio verso le loro stanze. Si mise in ascolto, intuendo già come sarebbe andata a finire.
I passi superarono porta della sua camera e si fermarono davanti a quella seguente.
Il chtiarrista bussò ed Eric lo sentì.
Gli altri due invece non lo sentirono, troppo coinvolti dall’estasi del piacere che proprio in quel momento doveva aver raggiunto Peter, facendolo gridare come una ragazzina.
Allora anche Martin capì, e non fece nemmeno un altro tentativo di entrare nella stanza.
Tornò indietro ed abbassò la maniglia della camera da cui Eric stava ascoltando silenziosamente il susseguirsi degli eventi. Il batterista accese la lampada che stava sul suo comodino ed osservò in silenzio l’espressione distrutta di Martin, mentre i gemiti dell’orgasmo di Peter, seppure attutiti dalla parete, sembravano assordanti alle orecchie di entrambi.
Il chitarrista richiuse la porta dietro di sé, tolse il gilet di pelle e si sdraiò sull’altro letto. Ad Eric parve che i suoi occhi fossero lucidi.
La performance dei loro compagni di band era culminata giusto in tempo per dare ancora una volta la prova a Martin di quanto fosse stato stupido ad innamorarsi di uno come London. Ne ebbe l’ennesima dimostrazione quando Simon rese partecipi anche lui ed Eric del fatto che “Dio Peter, sei proprio una troietta con i fiocchi”, ricevendo in risposta una risatina maliziosa da parte dell’interessato.
E allora Martin cominciò a piangere silenziosamente, ma abbastanza forte perché Eric potesse accorgersene, alzarsi ed andarsi a sedere accanto a lui.
“Non ti merita” mormorò il batterista, spostandogli i capelli dal viso. Martin non si oppose a quel contatto e lasciò che l’amico gli asciugasse le lacrime. Sapeva che non c’era bisogno di ulteriori spiegazioni, la situazione era già abbastanza chiara.
Il resto della nottata passò silenziosa, dopo che anche Simon e Peter ebbero deciso di dare un taglio ai loro giochetti, e Martin si addormentò fra le braccia di Eric, che rimase sveglio a chiedersi quando i suoi compagni di band avrebbero smesso di farsi del male.

  
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