Insanity
Tornata dal viaggio fatto con i miei amici, sto seduta non totalmente cosciente sul divano di pelle bianca panna e guardo i miei cuginetti giocare e disegnare per il salotto. I miei zii parlano con i miei genitori, a volte pongono domande anche a me riguardo il viaggio, ma do delle banali risposte, tipo “sì, molto bello”, “è stato interessante”.
Finché la piccola marmocchia non mi si siede sulle gambe e mi guarda sorridente, come chi nasconde qualcosa e sta facendo di tutto per dissimulare il pasticcio. Cambio espressione.
- Mi devi raccontare qualcosa, Anne?
- Mi sono fidanzata!
- Ah – è l’unica cosa che mi esce dalla bocca.
- Si chiama Jack e ha la mia età. Qualche giorno fa mi ha lasciata, ma poi sono tornata da lui.
- E avete risolto? – Ancora non ci posso credere.
- Gli ho chiesto di fare la pace e di tornare ad essere il mio fidanzato. E ha detto di sì.
Erano le cinque di sera, quando, fatta la doccia ed indossato il pigiama, sono uscita dalla mia camera d’albergo e sono andata in quella dei ragazzi. Ad aprire la porta è stato Simon con l’asciugamano intorno alla vita. Sono entrata, indifferente al suo aspetto in quel momento, e ho aspettato si mettesse un paio di boxer.
- Scommetto che mi hai spiato mentre mi mettevo qualcosa addosso!
Tra un bacio ed un altro, mi ha stretto forte contro il suo petto, l’ho sentito respirare sul mio viso, sulle mie labbra, sentivo che la vita si rimpossessava di me e del mio corpo. Poi la magia è stata interrotta dal rumore della porta del bagno che si apriva e da cui stava uscendo Christopher, ignaro di trovare noi due in quello stato.
- Michael, ma per caso hai visto il mio..? – Quando ci ha visti, è rimasto fermo, a pochi metri dal letto. E noi lo guardavamo rossi in volto.
Simon si è alzato di colpo, facendomi quasi cadere. – Direi. Non te ne potresti andare di là?
Intanto si stava mettendo un paio di pantaloncini bianchi. Per lo meno non mi sarei dovuta sentire tanto vestita difronte a lui.
- Hai fretta di cacciarmi, eh? Ok, ok, me ne torno in bagno, che non ho nulla da fare.
- Uffa, a me piaceva di più la posizione di prima – mi sono lamentata, sbuffando.
- Non ti piace avere il controllo della situazione? – Mi guarda con quell’aria da finto ingenuo che praticamente detesto. Gli ho sorriso furbamente, per poi gettarmi sulle sue labbra e continuare a baciarlo. Rispondeva ad ogni mio bacio, lo sentivo sempre più vicino a me. Sentivo calore, vita, amore, gioia, estasi, passione.
- A volte, - forse è stata questa mia frase a metterlo sotto pressione, - vorrei sentirti mio. Cioè, più vicino, vorrei stare con te e fare ciò che sento.
Ho preso un respiro profondo, ma non riuscivo a dire una sola parola. Ho preferito guardare le coperte del letto. – Non lo so, dovrei trovarmi nella situazione. Insomma: vorrei solo sapere se, qualora ne abbia voglia, posso fare tutto ciò che sento e non limitarmi. Voglio capire ciò che vuoi tu.
Mi ha guardata per interi secondi, sentivo i suoi occhi marroni su di me. Quando sono riuscita a ricambiare lo sguardo, ha parlato. – Anch’io non voglio limitarmi e ridurre tutto ciò che vorrei fare con te. Solo che…
- Solo che?
- Solo che non voglio sentirmi oppresso. Preferisco sempre essere convinto di ciò che sto per fare e non voglio nemmeno che gli altri mi spingano a fare determinate cose. Se voglio, lo faccio. E fidati: io voglio. Ma se poi le persone cominciassero a dirmi ciò che loro pretendono che io faccia, allora mi farebbero davvero irritare. Sai che odio quando gli altri si impicciano delle mie cose.
Si è accorto probabilmente del mio disagio e mi ha preso per le mani.
- Ma già sapevi queste cose, vero Bess?
Improvvisamente si è fermato, allontanandosi con una certa freddezza da me. L’ho guardato spaventata, credendo che il discorso di un minuto prima avesse mutato ciò che provava.
- Il tuo cuore sta esplodendo.
Pensavo ce l’avesse con me, ma ho rialzato lo sguardo e l’ho visto pian piano sorridere.
- Non è l’unico, sai? – Ha terminato quella frase con un’espressione a dir poca meravigliosa. I suoi occhi erano diversi, sembravano felici. E il suo sorriso stava per farmi sentire male.
- Ah…
- Senti: battono insieme, vanno insieme. Stanno esplodendo.
Mi ha preso la mano e l’ha poggiata sul suo cuore, poi la sua l’ha messa sul mio. – Li senti meglio?
- Assolutamente sì.
Il sole stava per tramontare alle sette circa, quando Simon si è alzato con me ancora sopra. Mi sussurrava cose dolci, mi diceva che voleva sentirmi accanto a lui ed io gli rispondevo dicendogli che avevo bisogno di lui, che volevo che quei momenti non finissero mai. Gli stavo seduta sopra e mi continuava a baciare come se fosse l’ultima cosa che potesse fare prima di andarsi a preparare per uscire con tutti gli altri e fingere che quei sorrisi, quegli sguardi, quel calore non ci fossero mai stati.
Purtroppo qualcuno se n’è accorto, perché sul suo collo è rimasto il marchio che forse in un momento di pura “follia” gli ho lasciato.
Bhe’, chiamatela pure follia. Io lo chiamo amore.