Libri > Valerio Massimo Manfredi, Varie
Ricorda la storia  |      
Autore: RedSonja    22/04/2014    5 recensioni
Salve a tutti ^^ Questa è la mia prima storia in questa sezione, ed è ispirata al libro "Lo scudo di Talos".
Immagino che tutti coloro che hanno letto il libro si siano chiesti cosa abbia spinto Brithos a sacrificarsi nella battaglia di Maratona; io ho provato a pensarci e ne è uscita questa ff.
Tratto dal testo:
"Forse stava per commettere il più grande sbaglio della sua intera esistenza, ma cosa aveva da perdere?
L'Onore? No, quelo gli era stato strappato nel momento stesso in cui l'epiteto di "Colui-che-ha-tremato" aveva iniziato a gravargli sulle spalle.
L'Orgoglio? Non si era già umiliato, lasciandosi condurre docile sull'orlo della follia?
Allora cosa lo spingeva ad esitare?
La Paura?
Scosse la testa, cercando di allontanare quel pensiero assurdo. Dopotutto era pur sempre uno Spartano, anche se la sua patria l'aveva ripudiato.
....
Aveva rinunciato alla possibilità di riscattarsi perchè aveva avuto paura.
Sì, paura...
Paura di dover affrontare una scelta che gli avrebbe spaccato il cuore, quel cuore che aveva scoperto battere solo dopo aver incontrato un servo con la dignità di un uomo libero. "
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Incest
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

                                       Seize the Day - Rimpiangi il giorno

 

 

 

Declaimer: i personaggi non mi appartengono, così come il contesto nel quale si svolgono le vicende;

              scrivo solo per divertimento, senza fini di lucro

 

 

 

 

Il guerriero sedeva all'ombra di un albero dell'ampia foresta. Sentiva in lontananza lo scalpiccio degli zoccoli di cavalli e muli, le imprecazioni dei soldati e gli ordini gridati dai comandanti.

Ora che la battaglia era imminente, ora che la sua possibilità di riscatto era ad un passo da lui, la mente tornava al passato.

Tornava a quando era solo un ragazzo, al tempo in cui portava il solenne nome di Brithos, l'intrepido, figlio del grande Aristarchos, il guerriero del dragone.

Un sorriso amaro increspò le sue labbra sottili, mentre ripensava all'orgoglio che gli gonfiava il petto quando, ancora bambino, portava a termine le missioni che gli erano affidate; il piacere provato nell'essere elogiato per la sua forza e il suo coraggio, virtù di ogni Spartiate.

Aveva creduto in quella vita fatta di obbedienza e di rigidi schemi, dove tutti agivano secondo i capricci degli Efori, per compiacerli in onore di una falsa dottrina.

Ma ora che non apparteneva più a quel mondo, poteva vedere chiaramente quanto fragili fossero le fondamenta sulle quali si reggeva Sparta. 

Una città dove la pietà  e la compassione erano considerate debolezze da estirpare dai cuori dei cittadini. Una città che viveva sulle spoglie di coloro che l'avevano difesa. Una città che uccideva i propri figli appena nati, negando loro l'amore di una famiglia ed un'identità. Un nome.

Egli stesso era stato ripudiato dai suoi compatrioti e privato del proprio nome per una colpa non sua. E si era ritrovato sull'orlo della pazzia, tanto vicino alla morte da poterne sentire il gelo... Sfuggito alle Moire grazie all'intervento di un uomo che aveva sempre disprezzato, secondo gli ideali distorti che gli erano stati insegnati, ma anche ammirato per il coraggio pari a quello di una fiera.

Pensò che, forse, aveva iniziato ad allontanarsi dalla sua identità nel momento stesso in cui aveva fermato la propria mano, risparmiando la vita a quell'Ilota zoppo che l'aveva condotto fin lì, accompagnando colui che era stato il suo peggiore nemico, combattendo al suo fianco,  in un'avventura che avrebbe avuto un tragigo epilogo.

Lo sapeva.

Lo aveva sempre saputo, fin da quando aveva indossato l'armatura di suo padre, accettando il richiamo della morte che sentiva provenire  da essa.

Un brivido gli percorse la schiena, comprendendo quanto la guerra l'avesse cambiato.

In meglio o in peggio?

Non avrebbe saputo dirlo e non aveva poi molta importanza.

L'indomani avrebbe ricominciato ad esistere, altrove, sperando di trovare un po'di pace nella sua vita, lui che era un guerriero.

Non era più tempo di cambiare idea, di cambiare strada.

Una cosa, una sola cosa, aveva sempre invidiato a quel servo: la tenacia.

Sì, egli non era mai stato tenace.

Prima d'allora non aveva mai sperimentato il gusto amaro della delusione, della sconfitta; abituato a vincere, ad essere sempre il migliore in tutto, appena la vita l'aveva fatto cadere non era stato in grado di rialzarsi, troppo intento a leccare le ferite del suo orgoglio.

Ma che senso aveva pensare prima di compiere l'Inevitabile?

Forse stava per commettere il più grande sbaglio della sua intera esistenza, ma cosa aveva da perdere?

L'Onore? No, quelo gli era stato strappato nel momento stesso in cui l'epiteto di "Colui-che-ha-tremato" aveva iniziato a gravargli sulle spalle.

L'Orgoglio? Non si era già umiliato, lasciandosi condurre docile sull'orlo della follia?

Allora cosa lo spingeva ad esitare?

La Paura?

Scosse la testa, cercando di allontanare quel pensiero assurdo. Dopotutto era pur sempre uno Spartano, anche se la sua patria l'aveva ripudiato.

Un pallido raggio di sole gli ferì gli occhi.

L'Aurora aveva portato un nuovo giorno...

Vide venirgli incontro l'Ilota, silenzioso come un lupo a caccia.

Sorrise nel pensare ad un simile paragone.

- Sei pronto? -

Che domanda scomoda...  Come si poteva essere pronti quando si stava per gettarsi in una battaglia impossibile da vincere?

- Devo esserlo. -

Concentrò lo sguardo sulla figura del ragazzo che gli stava di fronte: spalle ampie e forti, ma prive delle cicatrici che solcavano la propria, ricordo dell'Agoghé; capelli scuri, come la notte, che apparivano ancora più neri, a confronto con la pelle diafana.

Cos'era quello strano sentimento che sentiva crescere nel cuore?

Non voleva ammetterlo con se stesso... Era mai esistito uno Spartano che ammirasse uno schiavo?

Si scoprì a pensare che forse non era solo ammirazione quello che provava nei confronti del giovane, ma tentò di convincersi che fosse soltanto una distrazione dalla sorte che lo attendeva, eppure... Quante notti aveva passato diviso tra il desiderio di uccidere quel servo che aveva osato sfidarlo, e confrontarsi con lui apertamente, da pari a pari?

Alzò lo sguardo, specchiandosi negli occhi del giovane che lo guardava con sentimenti contrastanti.

Gli stessi di quella notte nel bosco, mentre ritornavano a Sparta. Quegli stessi occhi che erano riusciti a penetrare la sua armatura... Già, perchè aveva compreso infine che c'era qualcosa sotto quella corazza.

E l'aveva odiato, tanto quanto aveva odiato se stesso; lo maledisse, mentre il cuore sembrava volergli uscire dal petto.

Avanzò, trovandosi di fronte all'Ilota.

- Talos...-

Gli occhi del più giovane assunsero un'espressione meravigliata, che divenne sconvolta quando le labbra del guerriero si poggiarono sulle sue.

Lo Spartano si compiacque quando riuscì ad assaporare la bocca dell'altro, facendogliela schiudere leccandogliene sensualmente il contorno.

I corni da guerra risuonarono in lontananza, ma arrivavano attutiti alle sue orecchie.

Non voleva credere di essere così vicino all'epilogo di quell'avventura così assurda, che gli aveva dato un motivo per vivere.

Un altro squillo dei terribili strumenti lo richiamò al presente e così, a malincuore, si separò da lui, che ora sembrava ancor più sconvolto.

- Cosa...? -

- Talos il Lupo... Torna dalla tua gente e dimentica tutto questo. -

Ma i suoi occhi non accennavano a liberare i propri, in una supplice richiesta di spiegazione che egli non poteva dargli.

Si allontanò, indossando l'elmo, prendendo la lunga lancia e l'ampio scudo con l'effige del dragone.

Salì a cavallo e si portò all'altopiano a destra del campo di battaglia.

Sapeva che le truppe non avrebbero obbedito all'ordine del re e sarebbe stata la fine dell'Ellade...

Impugnò l'asta, preparandosi ad abbandonare quella vita che avrebbe potuto riconquistarsi; non si volse a guardare verso la rupe, temendo di incontrare quegli occhi che avevano smosso qualcosa in lui, facendo vacillare ogni sua certezza.

Aveva deciso e non poteva, non doveva, tornare indietro, tradendo così la sua nazione, abbandonandola alla distruzione.

Questo si disse, prima di lanciare il grido di guerra, che risuonò nella piana, amplificato e simile al ruggito di un leone.

Si convinse di stare rinunciando alla sua vita per il bene della sua gente, mentre correva incontro a quell'immensa schiera di lance, che gli avrebbe dato la morte. Celando nel proprio cuore la verità.

Sentì alle sue spalle i passi dell'armata, ma ormai era troppo tardi per rientrare tra le fila dei soldati.

Troppo tardi per cercare il coraggio di vivere.

Fu sollevato quando una lancia raggiunse il petto, ferendolo mortalmente. Donandogli l'oblio.

Aveva rinunciato alla possibilità di riscattarsi perchè aveva avuto paura.

Sì, paura...

Paura di dover affrontare una scelta che gli avrebbe spaccato il cuore, quel cuore che aveva scoperto battere solo dopo aver incontrato un servo con la dignità di un uomo libero.

E ancora batteva mentre rispondeva alla domanda postagli da Talos, da quel ragazzo che aveva molto più onore di quanto non ne avesse qualsiasi altro uomo in quel campo da battaglia, lui compreso.

Chiuse gli occhi, mentre abbandonava questo mondo.

Non meritava la gloria di un eroe... Gli eroi non avevano paura di scegliere, lui sì.

Sì, perchè in fondo Brithos era solo un codardo. 

 

 

 

Angolo dell'Autrice

 

Ciao a tutti ^^

Mi presento: il mio nome è RedSonja .

E' la prima volta che provo a scrivere una ff su un libro storico, o meglio, è la prima volta in generale che leggo un libro storico.

Devo ammettere che all'inizio ero piuttosto scettica, ma alla fine me ne sono innamorata, letteralmente XD

Brithos è stato il mio personaggio preferito e ci sono rimasta di pietra quando ho letto della sua morte, ma poi ho iniziato a ragionare su quali fossero stati i suoi pensieri prima di quel gesto tanto sconsiderato e... ne è venuto fuori questo ^^

Spero che la mia piccola ff non sia troppo rivoltante a confronto con il libro e che, sopratutto, nessuno mi linci per il bacio tra Brithos e Talos. So che è strano, ma secondo me lo spartano nutriva un certo interesse per l'altro.

Non ho altro da dire se non ringraziare tutti coloro che leggeranno questo mio piccolo delirio e quelle anime pie che recensiranno ( accetto tutte le critiche che volete, tutto tranne il silenzio ;) ).

Un bacio a tutti .

RedSonja


 

Il guerriero sedeva all'ombra di un albero dell'ampia foresta. Sentiva in lontananza lo scalpiccio degli zoccoli di cavalli e muli, le imprecazioni dei soldati e gli ordini gridati dai comandanti.
Ora che la battaglia era imminente, ora che la sua possibilità di riscatto era ad un passo da lui, la mente tornava al passato.
Tornava a quando era solo un ragazzo, al tempo in cui portava il solenne nome di Brithos, l'intrepido, figlio del grande Aristarchos, il guerriero del dragone.
Un sorriso amaro increspò le sue labbra sottili, mentre ripensava all'orgoglio che gli gonfiava il petto quando, ancora bambino, portava a termine le missioni che gli erano affidate; il piacere provato nell'essere elogiato per la sua forza e il suo coraggio, virtù di ogni Spartiate.
Aveva creduto in quella vita fatta di obbedienza e di rigidi schemi, dove tutti agivano secondo i capricci degli Efori, per compiacerli in onore di una falsa dottrina.
Ma ora che non apparteneva più a quel mondo, poteva vedere chiaramente quanto fragili fossero le fondamenta sulle quali si reggeva Sparta. 
Una città dove la pietà  e la compassione erano considerate debolezze da estirpare dai cuori dei cittadini. Una città che viveva sulle spoglie di coloro che l'avevano difesa. Una città che uccideva i propri figli appena nati, negando loro l'amore di una famiglia ed un'identità. Un nome.
Egli stesso era stato ripudiato dai suoi compatrioti e privato del proprio nome per una colpa non sua. E si era ritrovato sull'orlo della pazzia, tanto vicino alla morte da poterne sentire il gelo... Sfuggito alle Moire grazie all'intervento di un uomo che aveva sempre disprezzato, secondo gli ideali distorti che gli erano stati insegnati, ma anche ammirato per il coraggio pari a quello di una fiera.
Pensò che, forse, aveva iniziato ad allontanarsi dalla sua identità nel momento stesso in cui aveva fermato la propria mano, risparmiando la vita a quell'Ilota zoppo che l'aveva condotto fin lì, accompagnando colui che era stato il suo peggiore nemico, combattendo al suo fianco,  in un'avventura che avrebbe avuto un tragigo epilogo.
Lo sapeva.
Lo aveva sempre saputo, fin da quando aveva indossato l'armatura di suo padre, accettando il richiamo della morte che sentiva provenire  da essa.
Un brivido gli percorse la schiena, comprendendo quanto la guerra l'avesse cambiato.
In meglio o in peggio?
Non avrebbe saputo dirlo e non aveva poi molta importanza.
L'indomani avrebbe ricominciato ad esistere, altrove, sperando di trovare un po'di pace nella sua vita, lui che era un guerriero.
Non era più tempo di cambiare idea, di cambiare strada.
Una cosa, una sola cosa, aveva sempre invidiato a quel servo: la tenacia.
Sì, egli non era mai stato tenace.
Prima d'allora non aveva mai sperimentato il gusto amaro della delusione, della sconfitta; abituato a vincere, ad essere sempre il migliore in tutto, appena la vita l'aveva fatto cadere non era stato in grado di rialzarsi, troppo intento a leccare le ferite del suo orgoglio.
Ma che senso aveva pensare prima di compiere l'Inevitabile?
Forse stava per commettere il più grande sbaglio della sua intera esistenza, ma cosa aveva da perdere?
L'Onore? No, quelo gli era stato strappato nel momento stesso in cui l'epiteto di "Colui-che-ha-tremato" aveva iniziato a gravargli sulle spalle.
L'Orgoglio? Non si era già umiliato, lasciandosi condurre docile sull'orlo della follia?
Allora cosa lo spingeva ad esitare?
La Paura?
Scosse la testa, cercando di allontanare quel pensiero assurdo. Dopotutto era pur sempre uno Spartano, anche se la sua patria l'aveva ripudiato.
Un pallido raggio di sole gli ferì gli occhi.
L'Aurora aveva portato un nuovo giorno...
Vide venirgli incontro l'Ilota, silenzioso come un lupo a caccia.
Sorrise nel pensare ad un simile paragone.
- Sei pronto? -
Che domanda scomoda...  Come si poteva essere pronti quando si stava per gettarsi in una battaglia impossibile da vincere?
- Devo esserlo. -
Concentrò lo sguardo sulla figura del ragazzo che gli stava di fronte: spalle ampie e forti, ma prive delle cicatrici che solcavano la propria, ricordo dell'Agoghé; capelli scuri, come la notte, che apparivano ancora più neri, a confronto con la pelle diafana.
Cos'era quello strano sentimento che sentiva crescere nel cuore?
Non voleva ammetterlo con se stesso... Era mai esistito uno Spartano che ammirasse uno schiavo?
Si scoprì a pensare che forse non era solo ammirazione quello che provava nei confronti del giovane, ma tentò di convincersi che fosse soltanto una distrazione dalla sorte che lo attendeva, eppure... Quante notti aveva passato diviso tra il desiderio di uccidere quel servo che aveva osato sfidarlo, e confrontarsi con lui apertamente, da pari a pari?
Alzò lo sguardo, specchiandosi negli occhi del giovane che lo guardava con sentimenti contrastanti.
Gli stessi di quella notte nel bosco, mentre ritornavano a Sparta. Quegli stessi occhi che erano riusciti a penetrare la sua armatura... Già, perchè aveva compreso infine che c'era qualcosa sotto quella corazza.
E l'aveva odiato, tanto quanto aveva odiato se stesso; lo maledisse, mentre il cuore sembrava volergli uscire dal petto.
Avanzò, trovandosi di fronte all'Ilota.
- Talos...-
Gli occhi del più giovane assunsero un'espressione meravigliata, che divenne sconvolta quando le labbra del guerriero si poggiarono sulle sue.
Lo Spartano si compiacque quando riuscì ad assaporare la bocca dell'altro, facendogliela schiudere leccandogliene sensualmente il contorno.
I corni da guerra risuonarono in lontananza, ma arrivavano attutiti alle sue orecchie.
Non voleva credere di essere così vicino all'epilogo di quell'avventura così assurda, che gli aveva dato un motivo per vivere.
Un altro squillo dei terribili strumenti lo richiamò al presente e così, a malincuore, si separò da lui, che ora sembrava ancor più sconvolto.
- Cosa...? -
- Talos il Lupo... Torna dalla tua gente e dimentica tutto questo. -
Ma i suoi occhi non accennavano a liberare i propri, in una supplice richiesta di spiegazione che egli non poteva dargli.
Si allontanò, indossando l'elmo, prendendo la lunga lancia e l'ampio scudo con l'effige del dragone.
Salì a cavallo e si portò all'altopiano a destra del campo di battaglia.
Sapeva che le truppe non avrebbero obbedito all'ordine del re e sarebbe stata la fine dell'Ellade...
Impugnò l'asta, preparandosi ad abbandonare quella vita che avrebbe potuto riconquistarsi; non si volse a guardare verso la rupe, temendo di incontrare quegli occhi che avevano smosso qualcosa in lui, facendo vacillare ogni sua certezza.
Aveva deciso e non poteva, non doveva, tornare indietro, tradendo così la sua nazione, abbandonandola alla distruzione.
Questo si disse, prima di lanciare il grido di guerra, che risuonò nella piana, amplificato e simile al ruggito di un leone.
Si convinse di stare rinunciando alla sua vita per il bene della sua gente, mentre correva incontro a quell'immensa schiera di lance, che gli avrebbe dato la morte. Celando nel proprio cuore la verità.
Sentì alle sue spalle i passi dell'armata, ma ormai era troppo tardi per rientrare tra le fila dei soldati.
Troppo tardi per cercare il coraggio di vivere.
Fu sollevato quando una lancia raggiunse il petto, ferendolo mortalmente. Donandogli l'oblio.
Aveva rinunciato alla possibilità di riscattarsi perchè aveva avuto paura.
Sì, paura...
Paura di dover affrontare una scelta che gli avrebbe spaccato il cuore, quel cuore che aveva scoperto battere solo dopo aver incontrato un servo con la dignità di un uomo libero.
E ancora batteva mentre rispondeva alla domanda postagli da Talos, da quel ragazzo che aveva molto più onore di quanto non ne avesse qualsiasi altro uomo in quel campo da battaglia, lui compreso.
Chiuse gli occhi, mentre abbandonava questo mondo.
Non meritava la gloria di un eroe... Gli eroi non avevano paura di scegliere, lui sì.
Sì, perchè in fondo Brithos era solo un codardo.il suo coraggio, virtù di ogni Spartiate.Aveva creduto in quella vita fatta di obbedienza e di rigidi schemi, dove tutti agivano secondo i capricci degli Efori, per compiacerli in onore di una falsa dottrina.Ma ora che non apparteneva più a quel mondo, poteva vedere chiaramente quanto fragili fossero le fondamenta sulle quali si reggeva Sparta. Una città dove la pietà  e la compassione erano considerate debolezze da estirpare dai cuori dei cittadini. Una città che viveva sulle spoglie di coloro che l'avevano difesa. Una città che uccideva i propri figli appena nati, negando loro l'amore di una famiglia ed un'identità. Un nome.Egli stesso era stato ripudiato dai suoi compatrioti e privato del proprio nome per una colpa non sua. E si era ritrovato sull'orlo della pazzia, tanto vicino alla morte da poterne sentire il gelo... Sfuggito alle Moire grazie all'intervento di un uomo che aveva sempre disprezzato, secondo gli ideali distorti che gli erano stati insegnati, ma anche ammirato per il coraggio pari a quello di una fiera.Pensò che, forse, aveva iniziato ad allontanarsi dalla sua identità nel momento stesso in cui aveva fermato la propria mano, risparmiando la vita a quell'Ilota zoppo che l'aveva condotto fin lì, accompagnando colui che era stato il suo peggiore nemico, combattendo al suo fianco,  in un'avventura che avrebbe avuto un tragigo epilogo.Lo sapeva.Lo aveva sempre saputo, fin da quando aveva indossato l'armatura di suo padre, accettando il richiamo della morte che sentiva provenire  da essa.Un brivido gli percorse la schiena, comprendendo quanto la guerra l'avesse cambiato.In meglio o in peggio?Non avrebbe saputo dirlo e non aveva poi molta importanza.L'indomani avrebbe ricominciato ad esistere, altrove, sperando di trovare un po'di pace nella sua vita, lui che era un guerriero.Non era più tempo di cambiare idea, di cambiare strada.Una cosa, una sola cosa, aveva sempre invidiato a quel servo: la tenacia.Sì, egli non era mai stato tenace.Prima d'allora non aveva mai sperimentato il gusto amaro della delusione, della sconfitta; abituato a vincere, ad essere sempre il migliore in tutto, appena la vita l'aveva fatto cadere non era stato in grado di rialzarsi, troppo intento a leccare le ferite del suo orgoglio.Ma che senso aveva pensare prima di compiere l'Inevitabile?Forse stava per commettere il più grande sbaglio della sua intera esistenza, ma cosa aveva da perdere?L'Onore? No, quelo gli era stato strappato nel momento stesso in cui l'epiteto di "Colui-che-ha-tremato" aveva iniziato a gravargli sulle spalle.L'Orgoglio? Non si era già umiliato, lasciandosi condurre docile sull'orlo della follia?Allora cosa lo spingeva ad esitare?La Paura?Scosse la testa, cercando di allontanare quel pensiero assurdo. Dopotutto era pur sempre uno Spartano, anche se la sua patria l'aveva ripudiato.Un pallido raggio di sole gli ferì gli occhi.L'Aurora aveva portato un nuovo giorno...Vide venirgli incontro l'Ilota, silenzioso come un lupo a caccia.Sorrise nel pensare ad un simile paragone.- Sei pronto? -Che domanda scomoda...  Come si poteva essere pronti quando si stava per gettarsi in una battaglia impossibile da vincere?- Devo esserlo. -Concentrò lo sguardo sulla figura del ragazzo che gli stava di fronte: spalle ampie e forti, ma prive delle cicatrici che solcavano la propria, ricordo dell'Agoghé; capelli scuri, come la notte, che apparivano ancora più neri, a confronto con la pelle diafana.Cos'era quello strano sentimento che sentiva crescere nel cuore?Non voleva ammetterlo con se stesso... Era mai esistito uno Spartano che ammirasse uno schiavo?Si scoprì a pensare che forse non era solo ammirazione quello che provava nei confronti del giovane, ma tentò di convincersi che fosse soltanto una distrazione dalla sorte che lo attendeva, eppure... Quante notti aveva passato diviso tra il desiderio di uccidere quel servo che aveva osato sfidarlo, e confrontarsi con lui apertamente, da pari a pari?Alzò lo sguardo, specchiandosi negli occhi del giovane che lo guardava con sentimenti contrastanti.Gli stessi di quella notte nel bosco, mentre ritornavano a Sparta. Quegli stessi occhi che erano riusciti a penetrare la sua armatura... Già, perchè aveva compreso infine che c'era qualcosa sotto quella corazza.E l'aveva odiato, tanto quanto aveva odiato se stesso; lo maledisse, mentre il cuore sembrava volergli uscire dal petto.Avanzò, trovandosi di fronte all'Ilota.- Talos...-Gli occhi del più giovane assunsero un'espressione meravigliata, che divenne sconvolta quando le labbra del guerriero si poggiarono sulle sue.Lo Spartano si compiacque quando riuscì ad assaporare la bocca dell'altro, facendogliela schiudere leccandogliene sensualmente il contorno.I corni da guerra risuonarono in lontananza, ma arrivavano attutiti alle sue orecchie.Non voleva credere di essere così vicino all'epilogo di quell'avventura così assurda, che gli aveva dato un motivo per vivere.Un altro squillo dei terribili strumenti lo richiamò al presente e così, a malincuore, si separò da lui, che ora sembrava ancor più sconvolto.- Cosa...? -- Talos il Lupo... Torna dalla tua gente e dimentica tutto questo. -Ma i suoi occhi non accennavano a liberare i propri, in una supplice richiesta di spiegazione che egli non poteva dargli.Si allontanò, indossando l'elmo, prendendo la lunga lancia e l'ampio scudo con l'effige del dragone.Salì a cavallo e si portò all'altopiano a destra del campo di battaglia.Sapeva che le truppe non avrebbero obbedito all'ordine del re e sarebbe stata la fine dell'Ellade...Impugnò l'asta, preparandosi ad abbandonare quella vita che avrebbe potuto riconquistarsi; non si volse a guardare verso la rupe, temendo di incontrare quegli occhi che avevano smosso qualcosa in lui, facendo vacillare ogni sua certezza.Aveva deciso e non poteva, non doveva, tornare indietro, tradendo così la sua nazione, abbandonandola alla distruzione.Questo si disse, prima di lanciare il grido di guerra, che risuonò nella piana, amplificato e simile al ruggito di un leone.Si convinse di stare rinunciando alla sua vita per il bene della sua gente, mentre correva incontro a quell'immensa schiera di lance, che gli avrebbe dato la morte. Celando nel proprio cuore la verità.Sentì alle sue spalle i passi dell'armata, ma ormai era troppo tardi per rientrare tra le fila dei soldati.Troppo tardi per cercare il coraggio di vivere.Fu sollevato quando una lancia raggiunse il petto, ferendolo mortalmente. Donandogli l'oblio.Aveva rinunciato alla possibilità di riscattarsi perchè aveva avuto paura.Sì, paura...Paura di dover affrontare una scelta che gli avrebbe spaccato il cuore, quel cuore che aveva scoperto battere solo dopo aver incontrato un servo con la dignità di un uomo libero.E ancora batteva mentre rispondeva alla domanda postagli da Talos, da quel ragazzo che aveva molto più onore di quanto non ne avesse qualsiasi altro uomo in quel campo da battaglia, lui compreso.Chiuse gli occhi, mentre abbandonava questo mondo.Non meritava la gloria di un eroe... Gli eroi non avevano paura di scegliere, lui sì.Sì, perchè in fondo Brithos era solo un codardo. 

 

  
Leggi le 5 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Valerio Massimo Manfredi, Varie / Vai alla pagina dell'autore: RedSonja