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Autore: Nischino    17/07/2008    7 recensioni
"...E’ quasi ridicolo, se ci penso. E’ quasi ridicolo che sia io a dirti questo, ma ho voglia di farlo e credo che tu abbia bisogno di sentirlo. Ti trovo estremamente bello, sconvolgentemente attraente e assurdamente meraviglioso".
Genere: Romantico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Sabaku no Gaara , Rock Lee
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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ciao

Maledetto, che tu sia maledetto.

Che la sabbia ti protegga, che sia il tuo fardello.

Che penda, questa spada di Democle, dritta sopra al tuo cuore.

Che tu venga rifiutato, che tu venga deriso, che tu venga maltrattato, isolato

Che tu venga dimenticato, temuto, fatto schiavo di te stesso,

La tua maledizione ti proteggerà

Ti terrà lontano da quei sentimenti

Effimeri quanto mutabili

Ti terrà lontano dall’affetto fraterno

Che indebolisce il cuore

Dall’amicizia

Che fa soffrire

 E dall’amore

 Che ti dilania e ti distrugge,

Ma non ti risparmia.

Mai


Gaara sta per divenire quello che, per molti, è il sogno di una vita. Essere kazekage non è esattamente cosa da tutti i giorni. Un titolo così importante, una responsabilità così grande, affidata ad un ragazzo di età così giovane, per i normali standard del villaggio della sabbia, è un evento memorabile.

Eppure Gaara sembra non avvertire la pressione che, normalmente, avrebbe afflitto chicchessia nella sua situazione.

Non dice una parola, non fiata. Perfino i suoi occhi rimangono muti, ed il suo corpo non è scosso da un fremito. Si è quasi portati a pensare che il ragazzo non sia fatto di carne e sangue, ma di marmo, e che tutto quello che gli accade attorno sia solo, per lui, un leggero fastidio, un pizzicotto quasi inavvertibile che non increspa i suoi equilibri interiori.

In effetti, è così. Lo è da molti, forse troppi, punti di vista.

Gaara ritiene se stesso esattamente quello che lo ritengono gli altri. E questo è molto più doloroso di tante altre cose.

Si crede inquietante, strano, anormale. Troppo spesso ha paura perfino di sé, di quello che era costretto ad essere, quando il demone tasso era rinchiuso nel suo corpo. A volte, si sentiva parassita del suo stesso corpo, costretto a convivere con quello spirito che non era il suo.

Ed anche ora, quando dovrebbe essere tutto passato, perché quel demone l’ha lasciato, perché sta per divenire kazekage, perché i suoi fratelli non lo guardano più con quel timore negli occhi che lo faceva rabbrividire, Gaara si sente diverso.

Si sente inadeguato, un po’ abbandonato. Sa di non essere onnipotente, di dover combattere, da ora in avanti, contando solo sulle proprie forze. Ed è spaventato.

Seduto sulla riva dell’angusto lago che orna le vicinanze del villaggio, uno dei più limpidi in tutto il Paese del Vento, Gaara fissa il suo riflesso. E non riesce a comprendersi.

Aspetta che, dagli altri villaggi, arrivino i ninja che, insieme agli altri, festeggeranno il suo nuovo incarico. Naruto, Sasuke, Neji, TenTen, Rock Lee, Sakura, Kiba, Shino...

E’ strano rendersi conto di come, per lui, quei nomi non siano altro che parole, messe infila una dietro l’altra, che non rievocano nessuna emozione, se non sfocata e quasi del tutto consunta.

Ad un tratto, qualcuno prende posto accanto a lui. E’ una presenza innocua, si dice Gaara, e non perde nemmeno tempo a voltare il capo per vedere di chi si tratta.

-Sentirsi soli è un po’ come sentirsi persi- dice il nuovo venuto, con una voce sottile ma prepotente, che si insinua nelle orecchie di Gaara nonostante lui cerchi di non ascoltarla.

Le nuvole hanno coperto il sole, ed ora un leggera brezza spira da Nord. E’ calda, avvolgente, come la voce di colui che ora gli parla.

-Sentirsi soli, soprattutto in mezzo alla gente, è così soffocante che non riesci a smettere di torturarti. Lo senti anche tu, vero, quel grido che ti lacera da dentro, ogni volta che gli altri non ti comprendono-.

Amareggiato, Gaara si volta verso il ciarlatore di menzogne. Si accorge solo allora che si tratta di Lee, quell’idiota che ha quasi rischiato la vita, pur di batterlo alla selezione. Non l’ha ammirato per questo, anzi. L’ha trovato estremamente sciocco, un gesto disperato per dimostrare qualcosa che evidentemente era troppo grande di lui.

Ed ora, lui, con quel sorriso strampalato e quei modi esageratamente goffi, si permette di fargli un’inutile predica su argomenti da cui lui non è nemmeno sfiorato.

Odia le persone come lui.

-Che vuoi da me, si può sapere?- dice, ma non lo guarda. Non perché ha paura di un confronto, semplicemente perché non gli va.

-Ti trovo sempre uguale, Gaara- gli dice, invece, Rock Lee -Con quel broncio, quell’espressione e quegli occhi freddi. Gli stessi con cui mi hai guardato prima di finirmi-

-E’ questo che vuoi, delle scuse?- chiede Gaara. Certo, è pateticamente logico e molto ovvio. Vuole delle scuse, così poi potrà andare a vantarsi dai suoi amici. Si accontentano di poco, i ragazzini -Mi dispiace, ma non le avrai-.

-Non voglio delle scuse- sussurra Rock Lee -Voglio parlare con te. Perché da quando mi hai quasi ucciso -mi sono quasi ucciso- non ho avuto altro da fare, chiuso in quella gabbia che era l’ospedale, oltre a pensare a te. E l’ho fatto per molto, molto tempo.

E’ quasi ridicolo, se ci penso. E’ quasi ridicolo che sia io a dirti questo, ma ho voglia di farlo e credo che tu abbia bisogno di sentirlo. Ti trovo estremamente bello, sconvolgentemente attraente e assurdamente meraviglioso-.

Gaara scuote il capo, e tace. Tanto lo sa che tutto quello che Rock Lee dice è uno scherzo, magari di quel buffone di Naruto. Non è da lui essere tanto crudele, ma quello che dice Lee non è assolutamente possibile. Vorrebbe crederci, ma non può farlo.

-Va via- gli intima, sottovoce -Va via, e non ti torcerò un capello-.

Ma Rock Lee non si muove, ma lo guarda, con quelle sue allucinanti sopracciglia contratte e la bocca piccola serrata. E’ proprio brutto, si trova a pensare Gaara, sfortunato ed impulsivo.

-Non me ne vado- dice Lee -Finché non mi crederai-

-Ti credo- mente Gaara

-Vuoi che te lo dimostri?-.

La mano di Lee scatta in avanti, per catturare quella di Gaara tra le sue dita. La solleva, la guarda con espressione reverenziale, e ci poggia un bacio. Le sue labbra sono secche, un po’ ruvide e toccano la pelle efebica di Gaara solo per un istante.

Ma è abbastanza.

Abbastanza per così tante cose che elencarle sarebbe pretendere troppo. Nel momento stesso in cui Gaara capisce quelle che è accaduto, si sente avvampare ed avvolgere da una sensazione totalmente estranea a quelle provate fin’ora. Una sensazione calda, adrenalinica ma rilassante, che si tramuta in scariche elettriche di varia entità, che partono dalla punta delle dita e che raggiungono dritte il cuore. Come una freccia scoccata, centrano il bersaglio esattamente al centro.

-Ah- si lascia sfuggire Gaara, per lo stupore.

Lee gli sfiora una guancia con i polpastrelli ruvidi e Gaara si ritrova a chinare il capo, per assecondare quel gesto, con un movimento languido ed un gemito di coinvolgimento. La bocca dell’altro si è fatta vicino al suo orecchio ed ora gli sta sussurrando così piano che le sue parole gli vibrano direttamente nelle ossa.

-Trovo eccitante ogni singolo dettaglio del tuo corpo. La tua pelle, le tue labbra, le tue mani. Ho sognato ogni notte cose così sporche che a raccontartele non ci crederesti- ride, e Gaara rabbrividisce -Vorrei curarti, lo sai? Liberarti da tutte quelle paure, le stesse che provo io. Vorrei stringerti, baciarti, amarti, possederti e stringerti ancora…ehy, non sto scherzando. Credo di amarti- sorride, e le sue labbra sfiorano il lobo -Sono certo di amarti…-.

Ad un tratto, senza alcun apparente preavviso, Gaara si volta di scatto, afferra Lee per il bavero della sua ridicola tutina verde e gli schiaffa un bacio sulla bocca.

Entrambi, chi per la sorpresa chi per l’inesperienza, non chiudono gli occhi. E si guardano, per tutto il tempo che dura quello strano, violento e dolce bacio. Gli occhi di Gaara si spalancano nel sentire il sapore di Lee invadergli la bocca, insieme alla sua lingua e alla sua saliva e, deve ammettere, che all’inizio gli fa anche un po’ schifo. Poi Lee gli passa una mano nei capelli, lo rassicura con una carezza sulla nuca, e gli fa capire che niente è sbagliato.

Va tutto bene, e non deve avere paura.

Pian piano, Gaara abbassa le palpebre. Gli piace quello che trasmettono le labbra di Lee, qualsiasi cosa sia.

Le nuvole scoprono il sole e le acque del lago si increspano. Un grido in lontananza rompe il silenzio. E’ ora di tornare indietro, è ora di fare il grande passo. Tra poche ore Gaara non sarà più solo un ragazzino, sarò colui che, nel bene o nel male, segnerà le sorti del villaggio della sabbia.

Lee poggia un bacio sulla fronte del kazekage e gli mormora qualcosa all’orecchio che solo loro possono sentire. Poi si alza, e gli porge la mano.

Ma Gaara non l’afferra. Si rialza da solo e si spolvera i vestiti, sotto lo sguardo incerto del ninja della foglia.

Quando ha finito gli lancia uno sguardo curioso, che Lee non riesce a decifrare. Finché Gaara gli fa cenno con la testa di avvinarsi, e lui obbedisce.

-Scemo- gli mormora sulle labbra, prima di sfiorarle.

Mentre Gaara si avvia verso il villaggio, Lee spicca un salto verso il cielo.

E’ felice, forse troppo, ma chi se ne frega.


eHm…

 

Innanzitutto vorrei precisare che, essendo la mia prima fic su Naruto, mi dispiace moltissimo per aver fatto i personaggi un po’(tanto) OOC… ad una prima idea di cestinarla, però, è subentrata un’altra più pratica: la storia non mi dispiaceva e nemmeno la scrittura, così ho deciso di pubblicarla comunque, sperando nella clemenza di voi lettori.

Poi vorrei ringraziare il mio peluche di Gaara, che mi è stato di grande ispirazione mentre mi fissava dal mio letto con aria truce (ma è così bellino!).

E, infine, vorrei ringraziare tutti voi che avete letto questa storia. Se mi lasciate un commento vi adorerò, promesso, anche perché non ho parametri di misura per valutare questa fic.

Baciotto

Ni-chan

   
 
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