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Autore: LaMicheCoria    23/04/2014    2 recensioni
«Allora non era un sogno.» si limita a dire Audrey e non può impedirsi un sospiro, mentre la mano si appoggia alla fronte e polpastrelli sfiorano il bacio, il sussurro ancora impresso sulla pelle.
«No.» concorda lui, chiudendo il dossier di scatto e facendo sobbalzare la povera cameriera del
Waypost «Lo troverò.»
Audrey è sicura che lo farà, il tono convinto, disperato nella sua traballante certezza, è un
di più non necessario ai fini della storia.

[ A Gosa ]
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Altri, Sorpresa
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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Disclaimer: I personaggi non mi appartengono
La storia è scritta senza scopo di lucro.

 

 

 

 

Alla mia Coulson,
la migliore Phil dell’Universo Mondo ~

 

 

 

 

 

We’ve Got Our Aim
- But We Might Miss –

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«E’ difficile, vero?»
Domanda sbagliata, Audrey.
Forse ha tempo per ritrattare, per ingoiare tutto, riavvolgere il nastro e tentare di nuovo: il giovane dinanzi a lei la squadra ad occhi socchiusi, gelidi, e in un istante capisce che, no, non ha un altro tentativo, non può riavvolgere il nastro e l’unica cosa che le sarà permesso di ingoiare sarà il caffè appena ordinato -Sempre che non voglia ritrattare per un infuso o qualcosa del genere.
Ha sbagliato a prendere il caffè, ha sbagliato a sedersi a quel tavolo, ha sbagliato ad aprirgli la porta, ha sbagliato a farsi trarre in inganno da un sogno. Ha sbagliato a fare jogging di sera, nel parco. Ha sbagliato tutto quel giorno, a dire il vero, ha sbagliato persino ad alzarsi la mattina.
Se le risultasse del tutto impossibile, se solo il pensiero non le facesse mancare l’aria e non le togliesse di netto il respiro, Audrey azzarderebbe persino l’ipotesi di aver sbagliato a farsi coinvolgere dall’Agente Philip Coulson anni addietro -Ma, Dio, la sua entrata in scena era stata così perfetta, la sua voce era stata così perfetta, tutto il suo intero essere era stato perfetto al punto che ne era rimasta irretita, affascinata prima ancora di aver formulato il presentimento che, forse, una relazione con lui avrebbe portato più lacrime che risate. Tuttavia, una sola di quelle risate, avrebbe pianto fino allo spegnersi ultimo dei tempi.
«La parte in cui salto da un capo all’altro del mondo senza trovarlo è abbastanza fastidiosa, sì.»
Audrey si trova a proprio modo a sussultare: non si aspettava una risposta del genere, non si aspettava una risposta e basta, quindi la perplessità è lecita e più che mai giustificata.
Quando l’altro si è presentato alla porta del Teatro, gli Agenti S.H.I.E.L.D. erano appena spariti e della voce di Coulson non rimasto era più di un mormorio sulla fronte, lì dove ha creduto di avvertire le sue labbra posarsi in un gesto di commiato, perdono, promessa e speranza –Tutto insieme, tutto quanto, un girandola, una ghironda di emozioni contrastanti, di volere e dovere di cui solo e soltanto Phil poteva essere il proprietario e l’artefice.
Ritto sotto luce bianca dei lampioni, le iridi grigie, le pupille sottili, l’altro ha aspettato che lei compisse qualche timido passo sull’asfalto prima di inclinare la testa in un tacito ordine a seguirlo. Per propria fortuna, a seconda dei punti di vista, è in grado di riconoscere un collega di Phil se ne vede uno e la figura di lui, la fronte appena abbassata per squadrarla di sottecchi, il cordone scarlatto della bocca contratto per il danno e la beffa, le palpebre affossate nelle orbite stanche, cerchiate di nero, la postura e la rigidità della schiena…Audrey non avrebbe accettato il suo perentorio invito, non l’avesse riconosciuto per chi era davvero e avesse tratto la sua immagine da un dejà-vu via via sempre più nitido nella memoria.
«Mh.»
Non che Audrey sappia come continuare la conversazione, in realtà.
Di nuovo, non si aspettava di doverne intavolare una o di esserne coinvolta anche solo per un dialogo di frecciatine e non-detti a mezza bocca. Audrey sa di non essergli simpatica, così come non gli vanno sicuramente a genio gli scatti di donna di cui coglie il profilo dal dossier scartabellato con furia. Corruga appena la fronte nel vedere passare veloce una fotografia di Camilla: la identifica subito e non è gelosa.
I racconti di Phil su di lei e sul Perù erano la fine del mondo, assurdi in modo che non avrebbe mai pensato e ogni tanto, quando ci ripensa -Perché ripensa a lui, alla sua voce, alle sue dita, al suo cuore che batte violento contro il petto, e Audrey scuote la testa, cancella il ricordo, si focalizza di nuovo su Camilla- e sì, ecco, quando ci ripensa le viene spontaneo chiedersi quanto ci sia di vero e quanto di inventato per il solo gusto di farla ridere.
«Sapevo sarebbe tornato a Portland prima o poi.» è il commento atono dell’altro e Audrey deglutisce, si succhia appena le labbra, si morde la bocca «La cosa ha cominciato a puzzare quando May è tornata operativa, per non parlare di Camilla e del suo exploit…»
«Lo sapevi per Marcus Daniels» Audrey solleva gli occhi su di lui e questa volta regge il suo sguardo, la sua accusa, il tradimento e la colpa che gli sfrigolano nelle iridi metalliche e nel contrarsi secco delle nocche «O per me?»

Domanda sbagliata, Audrey, ma subito zittisce la vocina molesta con un Sh! calibrato in anni e anni di esibizioni, quando le bastava un’occhiata e quel soffio tra i denti e tra le guance incavate, le sopracciglia a disegnare un arco preciso e lineare sulla fronte, perché ogni disturbatore della quiete s’ammutolisse all’istante. Phil non le ha mai nascosto quanto trovasse terrificante quell’espressione in particolare e lei, per canzonarlo e prenderlo in giro, gli baciava il sorriso irridente e raccoglieva a punta di dita il divertimento che lento gli scioglieva i tratti professionali del volto.
È la domanda sbagliata, va bene, Audrey non dice di no, però non ritratta. Vuole sentire la risposta, adesso. Vuole sentirla da lui, da lui che fin dalla prima volta la considera un di troppo, un avversario, una seccatura scomoda, una scocciatura da sopprimere -Forse è convinto lei l’abbia dimenticato, ma no, Audrey lo ricorda, ricorda minuziosamente il profilo incastonato dal palazzo di fronte, l’arco abbassato, il mento sollevato, le palpebre socchiuse e la mandibola serrata, livida. Non aveva frecce più incoccate, non dopo aver scagliato un’intera faretra contro Daniels, eppure lei ha sentito distintamente il suo sguardo conficcarsi entro le costole, dritto nel cuore. Bersaglio colpito, una soddisfacente, seppur piccola, vittoria, un trionfo che Audrey avrebbe afferrato nel ritrovarsi talmente immersa nel mondo e nella compagnia di Coulson da non poterne più fare a meno.
Il suo comportamento è chiaro e ambiguo all’insieme, pericoloso e guardingo, un’opposizione di desiderio personale e affetto leale. Audrey lo capisce, lo capisce benissimo, giacché l’unica cosa che li divide è la sola che li unisce, il punto di convergenza in grado di metterli entrambi su un piano di paritaria competizione.
Phil Coulson è perno della loro esistenza, è il centro che li attrae l’uno verso l’altra e fa sì che si scansino a vicenda, che si confortino con la loro sola presenza e per questo si girino alla larga: se lei ha, lui perde, ma ciò che lei ha perso è ciò che lui ottiene.
Audrey sente l’animo piegarsi commosso alla devozione dell’altro e sa che, se i ruoli fossero invertiti, agirebbe allo stesso modo. Passo dopo passo, speranza dopo illusione, voci di corridoio, indizi, sogni e teorie, seguirebbe ogni pista, non tralascerebbe alcuna curva, nessuna diceria. Con l’unico scopo di trovarlo, di stringerlo, di averlo –O anche sfiorarlo e serrarsi nel petto, chiudersi in un abbraccio solitario, un sentimento unilaterale che un po’ irride, un po’ consola e un po’ strazia, mantiene vivo e uccide, compone e dilania.
«Allora non era un sogno.» si limita a dire Audrey e non può impedirsi un sospiro, mentre la mano si appoggia alla fronte e polpastrelli sfiorano il bacio, il sussurro ancora impresso sulla pelle.
«No.» concorda lui, chiudendo il dossier di scatto e facendo sobbalzare la povera cameriera del Waypost «Lo troverò.»
Audrey è sicura che lo farà, il tono convinto, disperato nella sua traballante certezza, è un di più non necessario ai fini della storia. Lo guarda e si aspetta dica qualcos’altro, che spieghi, magari, o chiarisca qualcosa sul rapporto che lega lui e Coulson.
«Sono in debito con lui.»
«Cosa ha fatto?»
E prima che l’altro parli, lei conosce già la risposta. Perché Phil entra nell’esistenza di qualcuno in un solo modo, è il suo marchio di fabbrica, il suo biglietto da visita. Arriva, s’aggrappa, ti sostiene, si rende indispensabile, si fa ossigeno e sangue e lo aneli, lo aneli, lo aneli ogni giorno di più. Non pare esistere giorno, altrimenti, che valga la pena di vivere senza Phil Coulson al proprio fianco.
«…Mi ha salvato la vita.»
E Audrey vorrebbe quasi allungare una mano e posare le dita sulle nocche dell’altro. Dargli un po’ di conforto, come a dirgli, assicurargli, che di lei si può fidare: sono anime affini, se non proprio alleati, e di certo non sono nemici. Hanno il cuore votato ad una sola persona e quella sola persona è l’unica cosa conti in una situazione di frammenti e pezzi difficili da ricomporre, di segreti sbandierati in pubblica piazza, di voltafaccia e aiuti inattesi, ritorni e partenze. Due come loro, due individui differenti dalle diverse storie, ma accumunati dalla solida, fondamentale necessità di Phil Coulson non dovrebbero farsi la guerra: dovrebbero unire invece le forze e agire insieme come una squadra.
Basterebbe solo allungare la mano e posare le dita sulle nocche dell’altro, perchè sia così.
Però Audrey non lo fa. Non le riesce. Non può.
Duetto di opposti, armonia di repulsione e vicinanza, Clint Barton vede tutto, vede ogni cosa e Audrey non può mentirgli: l’Agente continuerà a cercare, combattere andare a caccia, scendere in picchiata e stanare la preda, pur essendo dolorosamente consapevole che non l’avrà mai veramente, mai totalmente e il bottino tanto ambito andrà al falconiere e non al falco.
Lui lo troverà. Non può fare altro. Non farà altro. Darà mostra di sé, l’ultimo volo d’amore, l’apice, la discesa e come il rapace di cui si vanta di possedere lo sguardo o avrà successo o morirà nel tentativo.
Nel momento esatto, tuttavia, in cui Clint si alza e la lascia in compagnia di una tazza di caffè freddo e un redivivo fantasma a bisbigliare parole senza voce all’orecchio, il cuore di Audrey perde un battito e lei deve premere una mano contro il petto e poi alla bocca per impedire ad un grido di sfuggirle.
Perché ciò che lei possiede, lui non lo può avere.
Ma ciò che lui otterrà, lei l’avrà perso per sempre.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

What if we ruin it all, and we love like fools?
And all we have we lose?
I don't want you to go but I want you so
So tell me what we choose

{ Fools }

   
 
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