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Autore: QueenVLondon    26/04/2014    4 recensioni
Storia ambientata all'interno di "Città della anime perdute".
Dopo essere stato per settimane sotto l'influenza di Sebastian, Jace si risveglia vicino al corpo privo di vita di una delle Sorelle di Ferro con un pugnale in una mano e la Coppa nell'altra.
Cos'avrà provato nel prendere coscienza dei propri delitti?
E come si sarà sentito nell'essere consegnato di nuovo da Clary nelle mani di Sebastian?
Dal testo:
"Avrebbe dovuto proteggere le persone, difenderle dal male e, invece, era diventato il braccio di tutto ciò che detestava".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Clarissa, Jace Lightwood, Jonathan, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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La donna di fronte a lui lo fissò con espressione ferita. Chiaramente non si aspettava che la situazione prendesse quella piega.

Jace balzò in avanti con un salto felino, ma lei riuscì a scansarsi. La Sorella di Ferro indietreggiò fino a scontrarsi contro il tavolo da lavoro. Afferrò una manciata di quella che a un primo sguardo gli sembrò semplice polvere e gliela scagliò contro.
Lo shadowhunter si sentì bruciare gli occhi e quella piccola distrazione fu sufficiente alla sua avversaria per colpirlo.

Jace sentì il dolore causato dalla lama dell’aegis dilaniargli il torace. Qualunque altro combattente si sarebbe contorto per gli spasmi, ma non lui. Prontamente, con un gesto tanto veloce da risultare quasi invisibile, le strappò l’arma di mano e la usò contro di lei, lasciandola priva di vita.

Aveva vinto. Sebastian sarebbe stato contento.

All’improvviso però quel pensiero non gli parve più naturale, ma… demoniaco. Sbagliato. Contro natura.

E, per la prima volta dopo settimane, si sentì scosso dai brividi per le sue stesse azioni.

Il suo sguardo passò in rassegna il corpo ormai privo di vita della Sorella di Ferro, stesa a pochi passi da lui, per poi posarsi sulle proprie mani. La destra stringeva la Coppa Mortale, mentre la sinistra teneva ancora saldamente il pugnale con impregnato il sangue di quella che fino a un attimo prima era stata la sua nemica, la sua missione.

Lui, Jace Lightwood, aveva appena ucciso un essere innocente.

Le ginocchia gli si piegarono e si trovò sul pavimento del negozio accanto a colei che aveva appena assassinato. Lasciando andare la coppa, ma non il pugnale, si sbottonò la camicia quel tanto che bastava per controllarsi le ferite. La maggior parte erano solo graffi superficiali che sarebbero guariti con un semplice iratze, ma ce n’era uno che sovrastava tutti gli altri e che Jace guardò sconvolto: il marchio di Lilith era sfregiato.

Il suo legame con Sebastian era momentaneamente interrotto. Non era più sotto la sua influenza e, invece, di esserne felice si sentì morire.

Tutto quello che aveva fatto, quello che l’altro sé aveva compiuto sotto gli ordini di Sebastian gli piombò di nuovo di fronte agli occhi, ma stavolta fu diverso.

Fu come vedere un altro agire, uccidere, distruggere. Si trattava di vittime ignare, innocenti, oltre che di demoni. Persone che avevano avuto la semplice colpa di trovarsi nel posto sbagliato al momento sbagliato, o di essere un piccolo intoppo nella smania di potere di Sebastian.

Aveva agito sotto suo ordine e poco importava che non avesse più diritto al libero arbitrio: erano state le sue mani a commettere tutto ciò.

Avrebbe dovuto proteggere le persone, difenderle dal male e, invece, era diventato il braccio di tutto ciò che detestava.

Si sentì disgustato da se stesso.

Per tutta la vita aveva creduto, temuto, di aver ereditato la crudeltà di Valentine, ma forse aveva ereditato anche la sua debolezza.

Clary.

Sussurrò il suo nome con dolcezza, quasi con timore.

Fin dal primo momento in cui l’aveva vista, fin da quando si era reso conto di essersi innamorato di lei non si era mai ritenuto la persona giusta per starle accanto. Aveva troppa paura che il peso che si portava dentro potesse divorare anche lei, ma quella ragazza dall’aspetto così gentile e fragile si era dimostrata sempre più forte di lui.

Era una guerriera, una shadowhunter, proprio come lui. O perlomeno come quello che era stato.

Un briciolo di ritrovata consapevolezza lo costrinse a sfuggire e a non lasciarsi andare alla voragine che lo stava portando sempre più a fondo.

Clary era ancora insieme a Sebastian. Doveva salvarla. Non doveva stare lì. Forse era ancora in tempo per avvertirla del loro piano e permetterle si scappare.

                                                                                ***

Stare di fronte a lei così, sentendosi di nuovo se stesso, era la cosa più bella in cui potesse sperare.

Avrebbe voluto restare insieme a lei per sempre, ma non era uno sciocco. Sapeva che il marchio di Lilith si sarebbe rigenerato, avrebbero potuto occorrere ore, o nell’ipotesi migliore giorni, ma però sarebbe successo e non c’era nulla che potessero fare per impedirlo.

Doveva fare la cosa giusta, perché forse sarebbe stata l’ultima decisione che avrebbe mai potuto prendere da solo.

“Ed è per questo che devo andare”, le disse. “Prima che svanisca. Prima che io torni ad essere lui”.

Pronunciare quelle parole era stata una tortura, ma sapeva di non poter agire altrimenti, anche se consegnarsi ai Fratelli Silenti quasi sicuramente significava decretare la propria morte.

“Andare dove?”, le chiese Clary con sguardo spaventato.

“Nella Città Silente. Devo costituirmi. E consegnare la Coppa”.


                                                                                ***

Tutto quello che accadde dopo successe nella frazione di un secondo.

Jonathan! Jonathan Christopher Morgenstern!, gridò Clary sotto gli occhi sbarrati di Jace.

Quell’essere mi materializzò vicino a loro rapidamente. Aveva un’espressione infastidita, come se qualcuno avesse interrotto il suo passatempo preferito, sempre che Sebastian ne avesse uno che non implicasse l’uccisione di vittime innocenti.

Tuttavia, la sua espressione mutò- fino a divenire qualcosa di simile allo sconvolto- quando Clary gli mostrò il marchio sfregiato.

Avrebbe desiderato fermarlo, ucciderlo, ma non ebbe il tempo di fare nulla, poiché utilizzò l’istante che gli era rimasto per guardare un’ultima volta il volto dell’unica persona che lo amava incondizionatamente e che lo aveva appena consegnato a un destino peggiore della morte.

Le aveva detto che avrebbe preferito essere ucciso piuttosto che essere privato del libero arbitrio, della propria volontà.

Perfino le fiamme dell’inferno sarebbero state un’alternativa migliore rispetto al vedere l’altro sé insieme a lei, però non riusciva a biasimarla per non aver fatto la cosa giusta, poiché al suo posto, se i ruoli fossero stati invertiti, neanche lui sarebbe mai stato capace di abbandonarla al suo destino.

Lei era sempre stata sia la sua debolezza che la sua forza. Non avrebbe dovuto raccontarle niente, ma solo presentarsi dai Fratelli Silenti da solo per rimediare, almeno in parte, al male che aveva fatto e che non avrebbero mai smesso di fare, se qualcuno non li avesse fermati.

Avrebbe voluto combattere, ribellarsi, disintegrare se stesso e portare Sebastian all’inferno insieme a sé, ma entrambi si trovavano già lì. E, cosa più importante, Jace Lightwood non esisteva più.
 
 

Ciao a tutti!
Mentre leggevo il romanzo, mi sono resa conto che mi sarebbe piaciuto sapere di più circa i sentimenti di Jace nel momento in cui riacquista di nuovo coscienza di sé, così ho deciso di provare a scrivere in proposito.
Personalmente credo che Jace sia uno dei personaggi più interessanti creati da Cassandra Clare e spero che il prossimo romanzo gli darà una degna conclusione.
Spero che questa insursione nei suoi pensieri vi sia piaciuta e che ritroveremo un po' il Jace spensierato e avventuroso del primo libro.
Ringrazio anticipatamente tutti coloro che sono arrivati fino alla fine di questa storia e che magari lasceranno un commentino.
Un bacio
Vale
 

 

  
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