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Autore: Vala    19/07/2008    1 recensioni
-Quella non era una giornata qualunque nella scuola. Non era periodo d’esami e nemmeno di festival culturali o sportivi, quella era la giornata preferita da tutti gli esibizionisti: la giornata delle dimostrazioni scolastiche.-
una volta all'anno, giunge il momento in cui ogni studente è tenuto a presentarsi a scuola con un oggetto che per lui ha particolare significato, con lo scopo di relazionarsi ed inserirsi nel delicato meccanismo della società.
non so da dove è uscita, probabilmente da una serata passata a guardare le puntate della Tenipuri Family. è una sorta di presa in giro delle tante feste/eventi scolastici giapponesi. se esiste davvero una cosa del genere, ringrazio vivamente la sorte che mi ha fatto nascere italiana...
dettaglio interessante: è la prima volta che compare la pallina Camilla. in seguito è diventata uno dei miei soggetti preferiti.
essendoci alcuni doppi sensi e riferimenti shonen-ai, meglio premunirsi secondo regolamento per cui è indicata come "gialla".
Genere: Demenziale, Comico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella non era una giornata qualunque nella scuola. Non era periodo d’esami e nemmeno di festival culturali o sportivi, quella era la giornata preferita da tutti gli esibizionisti: la giornata delle dimostrazioni scolastiche. Cadeva inevitabilmente all’inizio di ogni anno scolastico e rappresentava un vero tormento per tutti gli studenti timidi poiché prevedeva il parlare in pubblico. Funzionava più o meno così: ogni studente, a turno, si alzava dal suo banco, andava alla cattedra, mostrava ciò che aveva portato, e parlava per cinque minuti circa del motivo per il quale aveva scelto quell’oggetto. Era una sorta di presa in giro delle dimostrazioni di scienze ove si portava un animale domestico e lo si mostrava alla classe spiegandone le varie funzioni.
Dopo tanto tempo e troppi preparativi, la giornata arrivò colpendo gli ignari studenti come un fulmine a ciel sereno.
 
“Ochibi!!”
Eiji salutò Echizen correndogli incontro mentre il ragazzo del primo anno saltava con agilità dal portapacchi della bicicletta di Momo. Aveva l’aria assonnata e portava tra le braccia un cestino capiente. Eiji lo guardò incuriosito punzecchiandolo con un dito. Dal cesto provenne un sonoro “miao” di protesta.
“Ehi!! Ma è Kerupin!!”
Eiji tutto contento prese il cestino dalle mani del proprietario e lo aprì permettendo al grosso gatto di uscire allo scoperto. Non appena il micio ebbe posato gli occhi su Eiji riconobbe un suo simile, gli saltò in braccio e prese a fargli le fusa…no, era Eiji che faceva le fusa al gatto.
“Eiji! Hai trovato un nuovo fratello da adottare…?”
Oishi sopraggiunse ridendo vedendo il suo ragazzo alle prese con un gatto in carne e ossa e si ricordò della sera prima quando in effetti anche Eiji aveva indossato orecchie e coda da gatto, ma per tutt’altri motivi. La faccia di Oishi si colorò di un vivo rosso mentre passava un braccio attorno alle spalle dell’amante.
“Ma guarda quanto è carino! Chi è il micetto di Eiji…? Eh? Chi è il micetto…?”
Il gatto tirò fuori la lingua ruvida e leccò il ragazzo sul naso. Eiji strillò felice. Oishi prese il gatto in fretta e lo restituì al legittimo proprietario con l’aria di chi ha appena trovato un nuovo nemico mortale.
“Ochibi, allora porti il tuo gatto alla dimostrazione?”
“No…è mio padre che ha insistito perché lo portassi con me, Kerupin è depresso in questi giorni…”
I quattro guardarono il gatto Kerupin come se da un momento all’altro potesse tagliarsi le vene con gli artigli. Un gatto depresso? Solo la famiglia Echizen poteva produrre una cosa simile.
Momo prese il gatto per la collottola e lo ributtò di malagrazia nel suo cestino. Quel gatto aveva molti nemici mortali.
“Ehi! Che ci fate tutti lì? Vengo anche io!!”
Fuji arrivò saltellando tutto contento portandosi dietro un Tezuka per nulla entusiasta della cosa. D’altra parte non sapeva dire di no a Fuji.
“Ciao Eiji!”
“Uah, Fuji!!”
Eiji saltò in braccio a Fuji, probabilmente ancora sotto l’effetto del gatto vero la cui testa spuntava dal cestino aperto. Non era giornata per Oishi che incurvò le spalle tristemente, subito consolato con una pacca da Tezuka che faceva di tutto per non guardare lo scambio di affettuosità tra i due amici del cuore.
“Eiji, cos’hai portato per la dimostrazione?” domandò Oishi per interrompere l’idillio
“Questo!!”
Dalla tasca dei pantaloni Eiji estrasse un tubetto dall’aria familiare ad Oishi. Lo aveva già visto da qualche parte, ma dove…
“Sembra…”
“Ma no…”
“Forse…”
“Ho capito!” esclamò finalmente Oishi dandosi una manata sulla testa per non esserci arrivato subito “Quello è il dentifricio che hai preso su internet la scorsa settimana! Quello con il sapore di aringa!”
“Già!!“
Vedendo l’espressione sorniona sul volto del suo ragazzo, Oishi rabbrividì. Ogni volta che prendeva un nuovo dentifricio glielo faceva immancabilmente provare. L’ultima volta era stato quello alla lattuga. Non aveva nessuna voglia di avere in bocca il sapore di scatolette di cibo per gatti, ma per Eiji questo e altro.
“Tu Fuji?” chiese Eiji notando l’espressione frustrata del suo amico che non vedeva l’ora che qualcuno glielo chiedesse
“Eheh…ho portato la mia stellina!”
Fuji si infilò una mano in tasca e cominciò a palpare alla ricerca di qualcosa, di un qualcosa che non si trovava. Perplesso e vagamente impensierito, si voltò verso Tezuka e prese a cercare nelle sue tasche come se nulla fosse. Il capitano della squadra di tennis si accigliò ma non cercò di fermarlo anche perché mentre cercava Fuji non perdeva tempo per palparlo gratuitamente. Infine, non trovando nulla, Fuji alzò gli occhi lacrimosi.
“Tezuka-kun…hai visto Camilla?”
“Chi?!” domandò l’altro sinceramente preoccupato per la salute mentale dell’amante “La tua pallina? Perché dovrebbe essere nelle mie tasche?!”
Fuji si voltò verso gli altri, gli occhioni mai così grandi come in quel momento. Pareva un altro.
“Camilla…? Dov’è la mia adorata Camilla…?!”
Fuji si voltò di scatto e prese a correre come un indemoniato in direzione della scuola, alla ricerca della sua pallina da tennis. Ogni volta la stessa storia, Camilla aveva il brutto vizio di sparire nei momenti meno opportuni. Tezuka, che non poteva lasciare solo l’amico, si voltò e partì all’inseguimento per aiutarlo nella difficile operazione di recupero…anche perché aveva molta più probabilità di trovarla lui che il legittimo padrone della palla golosa.
“Beh, a quanto pare Fuji ha portato la sua pallina da tennis preferita…ma Tezuka?”
“Oh, mi pare che abbia portato qualcosa come un cactus…chissà poi perché… “ rispose Oishi
“Te ne sei dimenticato? È il regalo che gli ha fatto Fuji per il suo compleanno!”
“Ah si…che strano ragazzo…un cactus…con quella forma poi…”
“Tu Oishi cos’hai portato?” domandò Momo per sviare dalla forma del cactus che ricordava vagamente oscena
“Io…? Beh…veramente…”
“Non dirmi che ti sei dimenticato!”
“No, non mi sono dimenticato…beh, ho portato questo!”
Tutti si avvicinarono incuriositi a guardare: era una foto del loro gruppo di tennis. Oishi aveva portato la loro squadra come oggetto da mostrare ai compagni.
“Oishi, quanto sei carino!” esclamò Inui che si era avvicinato silenziosamente al gruppetto “Non credevo fossi davvero così dolce…!”
Eiji lo guardò in cagnesco rizzando il pelo. Da quando in qua Inui aveva quel genere di rapporto con il suo Oishi! Ma non fu necessario il suo intervento poiché qualcosa di curvato e preciso colpì Inui sulla testa con una forza micidiale.
“Ciao Kaidoh! Tu cos’hai portato?” domandò Eiji tutto contento vedendo nel ragazzo che stava arrivando un valido alleato contro le strane avance di Inui per il suo compagno.
“Io? Questa!”
Kaidoh mostrò la sua bandana preferita, quella che si era messo quando aveva vinto il suo primo incontro in doppio con Inui. Non l’aveva nemmeno lavata, puzzava ancora del suo sudore. Gli occhiali di Inui si appannarono. Afferrò Kaidoh per un braccio e lo trascinò via in direzione degli spogliatoi del club. Gli altri li guardarono allontanarsi perplessi mentre tentavano di capire chi avesse la meglio, se Inui che trascinava, o Kaidoh che graffiava e scalciava per essere lasciato.
“Chissà” commentò Momo “magari voleva lavargliela…”
“Tu Momo-sempai cos’hai portato?” domandò Echizen curioso non avendo notato nulla di particolare
“Ovvio! Questa!”
Momo portò avanti la sua bicicletta con la quale era arrivato a scuola. Eiji si mise a ridere come un matto alla vista della vecchia bici tirata a lucido per l’occasione. In fondo era logico che portasse la bici, era la cosa alla quale teneva di più, l’ultima volta che era caduta la catena per poco non l’aveva portata dal meccanico. Echizen sorrise nascondendosi dietro il cappelletto.
“E tu Ochibi?”
“Che razza di domande! La sua racchetta!” rispose per lui Momo indicando la racchetta da tennis che Echizen teneva stretta tra le mani
Il gruppetto si diresse tranquillo all’entrata della scuola, Echizen che portava il cesto di Kerupin con due mani tenendo la racchetta in equilibrio sulla testa. A quella vista Kawamura, giunto in quel momento con un coltellaccio da sushi in mano, decise di provare anche lui e si mise a fare il giocoliere rischiando di lasciarci un orecchio. Venne automaticamente sgridato da Oishi in qualità di vicecapitano. Il capitano era impegnato a correre dietro a Fuji, il quale a sua volta continuava imperterrito a correre su e giù per i corridoi alla ricerca di Camilla. Che bella cosa la giornata delle dimostrazioni!

“Allora Ryoma, com’è andata la dimostrazione?”
“Bene, pa’…ma gli altri erano tutti nervosi all’uscita. Pare che qualcuno abbia loro rubato quello che avevano portato…”
“Rubato? A te non hanno preso nulla?”
“…no…non mi sembra…”
Nanjiro prese dalle mani del figlio il cestino di Kerupin e se lo posò in grembo con aria pensosa. Un ladro a scuola? Echizen salì le scale e richiuse la porta della sua camera dietro di sé, non osando confessare al padre che in effetti il misterioso ladro gli aveva rubato il polsino che teneva come un tesoro perché dono di anniversario di Momo.
Nanjiro scosse la testa e riprese a leggere il suo giornale come se nulla fosse.
“Allora Kerupin, ti sei divertito oggi a scuola?”
“Miao!”
Kerupin balzò fuori dalla cesta tenendo tra i denti il tubetto di dentifricio all’aringa di Eiji. All’interno del cestino c’era di tutto: la pallina Camilla di Fuji che il gatto aveva preso per giocare come passatempo, il cactus di Tezuka che aveva preso per decorare l’interno del cestino, la foto di Oishi che aveva usato come tappetino, il coltello di Kawamura per affilarsi gli artigli, il campanello della bici di Momo per giocare, il polsino di Echizen per avere qualcosa di morbido, il terribile juice di Inui per quando aveva sete e la bandana di Kaidoh come coperta. Non mancava nulla.
“Ehi, cleptomane! Non ci provare!”
“Miao…”
Kerupin posò accanto a Nanjiro il giornale che aveva preso come lettiera. La depressione di quel gatto era solo mania di protagonismo. Il giorno dopo i componenti della squadra di tennis del Seigaku gliela fecero passare per tutta la vita, Fuji in testa il quale aveva passato tutta la notte a cercare la sua adorata Camilla tra la biancheria di Tezuka.
  
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