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Autore: Kara_Slayer    28/04/2014    7 recensioni
Una finestra nella mente di Jonathan. Ambientato dopo il libro "Città delle anime perdute". "Pensavo che incontrandoti sarei diventato più forte, insieme a te e al tuo potere, ma mi sento solo più perso. E per questo ti odio e ti voglio allo stesso tempo."
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Jonathan, Sebastian / Jonathan Christopher Morgenstern
Note: Lime | Avvertimenti: Contenuti forti
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by Kara_Slayer

 

"Touch me, yeah
I want you to touch me there
Make me feel like I am breathing
Feel like I am human"*

 

 

Una soffice e fresca brezza che scorre sulla mia pelle, sfiora la punta del naso e gli zigomi squadrati, scompiglia i miei capelli quasi bianchi lasciandomi la fronte scoperta, libera da ogni fastidio, vulnerabile come le mie palpebre chiuse. Carezze senza pretese, come non ne ho mai avute. Il cuore batte regolare, sento il suo pulsare nelle orecchie, l'aria pura s'insinua nei polmoni alzando ed abbassando il mio petto stretto nelle cinghie di pelle della mia giacca. Apro lentamente gli occhi che bruciano leggermente a causa del vento, ma non importa, anzi li sgrano di più lasciando che il freddo li colpisca, li faccia lacrimare. Una risata priva di divertimento mi scuote.
Ci vuole del vento di una città sconosciuta per provare tutto ciò? Per essere toccato con dolcezza e far scendere delle lacrime lungo il mio viso?
Il problema non è il mio corpo, non sono le risposte automatiche agli stimoli esterni, qualcosa non torna dentro di me, quando il gelo si aggrappa ad ogni mio pensiero, ad ogni mio sentimento, danneggiandolo. Da quando l'ho intravista ed ho posato i miei occhi per la prima volta su quel viso candido tempestato di lentiggini, quella chioma morbida e rossa, quegli occhi verdi pieni di vita, ho capito che ero incompleto, che dovrebbe esserci qualcosa lì, ma sento solo vuoto nel mio petto, un muro nella mia mente.

Guardo in alto, il cielo è di un azzurro carico, quasi blu, le nuvole scorrono veloci sovrastando una distesa di case e palazzi dai tetti arancioni e marroni, ammassati gli uni agli altri, il loro ritmo regolare viene interrotto sporadicamente da guglie di diverse forme che si stagliano tra di loro, uno strato di luce calda, quasi gialla investe ogni cosa, a breve il sole calerà . L'orizzonte è limpido, riesco a vedere così lontano che per un attimo penso quasi di essermi inciso una runa della vista ed essermene dimenticato.

Stringo le dita intorno alla pietra sui cui sono seduto, un cornicione impregnato del gelo di quella città d'inverno. Lo sento tramite i miei jeans neri, l'umidità penetra nelle ossa delle gambe abbandonate nel vuoto, sotto di loro il nulla. Sono solo, come sono sempre stato.

Se si accorgessero di me, qui sopra, scatenerei il panico, ma questi mondani non sanno che trovarmi su una torre a metri e metri di altezza non è un così grande pericolo per me, non ho paura. Non ho paura di niente.
Sarà questo mi fa sentire incompleto? Non vivere nella paura?


Alzo leggermente un angolo della mia bocca, sposto lentamente il mio peso sulle braccia, sollevo il bacino, tanto da rimanere in bilico solo sulle mani che rimangono salde senza neanche un tremito. Mi slancio in avanti e sto cadendo.

Non chiudo le palpebre, guardo intorno a me, le immagini sfocate dei palazzi che mi circondano mi scorrono velocissime accanto, sto cadendo in picchiata, il corpo viene sferzato senza pietà dall'aria. Ciocche di capelli mi volano davanti al viso, sbattono frenetiche sulla mia pelle. Il cuore sale automaticamente in gola, il mio spirito di autoconservazione fa aumentare i miei battiti, il mio corpo vuole allertarmi con una scarica di adrenalina, per svegliare la mia mente, farmi ragionare, ma io sono lucidissimo. Ora più che mai, come se questo vento spurgasse ogni mio dubbio. Penso al suo sorriso e sento quella voragine allargarsi. Prima di te, sorella non conoscevo queste sensazioni. Pensavo che incontrandoti sarei diventato più forte, insieme a te e al tuo potere, ma mi sento solo più perso. E per questo ti odio e ti voglio allo stesso tempo.
Mi godo ancora per qualche secondo quest'abbandono totale, questa generosa libertà che mi viene offerta.

Poi afferro la frusta nella mia cintura, la srotolo e con un gesto secco del polso la faccio agganciare ad una colonna di marmo di una balconata ad archi che avevo notato dalla torre, mi preparo all'imminente strattone che riceverò al braccio. Il colpo netto arriva come previsto, ma lo attutisco slanciandomi in avanti e afferrando l'arma con tutte e due le mani. Il mio corpo segue con irruenza la linea di quel movimento tornando verso l'alto, davanti a me un tetto rosso, lascio la frusta, i miei muscoli sono tesi, le mie braccia slanciate in avanti pronte a proteggermi dall'impatto. Ammorbidisco gli arti per poter rotolare e non farmi male, come previsto le mani si scontrano con le tegole, mi lancio di lato e dopo una capriola mi rialzo con maestria. Sono in piedi su quel tetto, scrollo un po' le spalle, muovo il collo a destra e sinistra, percepisco giusto qualche contusione, ma nulla di grave, il sangue demoniaco come sempre mi rende più resistente.

Il rumore della città sotto di me ora arriva più forte alle mie orecchie, sento delle urla e delle imprecazioni, sento qualcuno dire ad alta voce:
- Ma è pazzo?-
- Sarà vivo?-
- Qualcuno chiami l'ambulanza, la polizia, qualcosa!!!-

Mondani fastidiosi, mi hanno visto, ma non importa, sarò sparito così velocemente che crederanno di avere avuto un'allucinazione di massa.
Ah! Già la frusta, è rimasta lì... pazienza.

Comincio a correre su quel tetto, nel mentre mi incido una runa della velocità con il mio stilo e i muscoli si alleggeriscono, mi sembra quasi di non poggiare i piedi a terra. Il vento questa volta è a mio favore, mi accompagna nella mia corsa frenetica, schivo antenne, evito tegole rotte, salto per i terrazzi, tra un tetto ed un altro.

La luce sulle case diventa sempre più arancione, il sole reclama riposo e anche il mio fisico, così decido di scendere. Scelgo un vicolo deserto, mi calo lungo il palazzo, salto da un balcone ad un altro, un ragazzino è affacciato alla finestra, mi guarda con gli occhi sbarrati, l'espressione sorpresa, lo ignoro. Continuo verso la strada, faccio un ultimo balzo, atterro piegando le ginocchia, la mano aperta a terra, mi guardo intorno, non c'è nessuno.
Rialzandomi do' qualche botta sui miei vestiti per togliere delle macchie di fuliggine e polvere che ho alzato nella corsa, mi avvio disinvolto fuori dal vicolo. Il freddo aumenta con il calar del sole, alzo il colletto del mio giubbotto per proteggermi dal mio compagno di quella sera. Vengo improvvisamente investito da un via vai di persone, gruppi di turisti, ragazze bionde e pallide come lei che mi guardano, mi volto dall'altra parte, una vecchietta mi viene addosso, arriva all'altezza dei miei addominali, la squadro, lei alza il viso, fa per scusarsi, ma poi si pietrifica guardandomi negli occhi, si scansa impaurita e si fa il segno della croce, le sorrido e le do' una spallata scostandola definitivamente dal mio cammino.

Davanti a me il cartello Karlův most , non ho bisogno di leggerlo per capire dove mi trovo, passo accanto ad una mandria di giapponesi intenti a fare foto ad ogni centimetro che li circonda, una signora mi indica e punta la macchinetta verso di me.. esseri inutili...
Un forte odore di carne di maiale entra prepotente nelle mie narici, è decisamente inebriante, mi volto e alla mia destra c'è un chiosco, sulla brace ruota un enorme massa di prosciutto infilato in una stecca d'acciaio che con movimenti circolari viene cotto, quasi bruciato. Un uomo con i capelli e gli enormi baffi brizzolati è intento a tagliare pezzi di carne per i passanti, intorno a lui una nuvola di fumo e piccole scintille che si alzano dal fuoco, il viso è sudato e paonazzo dal caldo e forse anche da qualche birra, mi rigiro disgustato e mi avvio verso il ponte che si staglia davanti a me imponente e mozzafiato.

Il tramonto è iniziato da un pò ormai, il celeste del cielo è diventato di un intenso blu cobalto, tagliato orizzontalmente da scie rosa e gialle. Il panorama si è tinto di una leggera sfumatura viola e le luci dei lampioni si sono accese evidenziando il percorso del ponte.

L'ultima volta che sono stato qui è stato con te sorella, mentre ti stringevi al mio fratellastro, nonostante fosse privo di forza volontà.
Non ho mai avuto modo di chiedertelo, chissà se ti è piaciuta Praga.
Non abbiamo mai avuto tempo per noi.

Cammino, lo scroscio dell'acqua del fiume che si abbatte contro il ponte è quasi ipnotizzante, vorrei che non ci fosse nessuno, nessun suono fastidioso, vorrei essere solo io e questo ponte e magari te.
Dirigendomi verso il centro mi avvicino al parapetto su cui campeggiano enormi statue in pietra ormai scure a causa degli anni e dell'inquinamento. Faccio scorrere i polpastrelli lungo la pietra sempre fredda, poi mi fermo e poggio i gomiti guardandomi in giro. So che quando metterò in atto il mio piano queste meraviglie scompariranno, i demoni distruggeranno ogni cosa lungo il loro cammino, la loro ignoranza non salverà nulla, ma per quanto sia tutto così sublime, tutto ciò non mi appartiene, la bellezza non fa parte di me, solo la distruzione, solo quando vedrò le fiamme e la sofferenza probabilmente questo vuoto si colmerà, la morte di ogni cosa non permetterà più a nulla di farmi sentire sbagliato, difettato.

Una scia rossa reclama la mia attenzione e mi fa perdere il filo dei pensieri, mi muovo di scatto cercando la fonte di quel colore, a qualche metro da me vedo una cascata di ricci rossi scomposti dalla brezza serale su un corpo minuto, la ragazza è girata di spalle, trattengo il fiato, in mano tiene delle matite colorate e un blocco. Il cuore comincia ad accelerare, mi muovo senza pensarci verso di lei, la squadro da capo a piedi,indossa dei stivali neri, dei fuson viola, un vestito corto di lana verde smeraldo e sopra una giacchetta di pelle nera, con la mano libera scosta i capelli, il mio cuore sta impazzendo.
Cosa diavolo mi succede.

 Sto per dire -Clar... - che la ragazza si gira , il viso è tondo, gli zigomi gonfi e morbidi, le pupille azzurre.
No. Non è lei. Non sei tu sorella.
Nonostante l'ondata di delusione attanagli le mie viscere continuo a camminare verso di lei, i suoi occhi si girano verso di me, prima ansiosi, poi si addolciscono, mi sorride, metto la maschera e le sorrido a mia volta. Le dico qualcosa, ride, le porgo la mano, ci presentiamo. Parliamo, non so di cosa, non m'interessa. Lei languida comincia a toccarmi il braccio ripetutamente, la imito, ne è contenta, non ne avevo dubbi. Le metto un braccio dietro la schiena, poggio la mano sulla curva della sua schiena e ci avviamo.

 

È notte fonda, entriamo nella mia stanza, ho bevuto non so quanto, ma credo parecchio perché le mie gambe di solito agili e salde ora barcollano leggermente, nonostante tutto riesco a tenerla, anche lei è ubriaca, mi stringe come se avesse paura di cadere, fa per accendere la luce.
-No. Non farlo. -
I suoi ricci alla luce fredda della luna assumono una sfumatura vinaccio, un lampione fuori dalla finestra illumina di arancione alcune ciocche in controluce. L'afferro per i capelli, monta la mia eccitazione, la sbatto contro il muro, lei sussulta e nello stesso istante inizia a respirare affannosamente, le tolgo con violenza il giacchetto. Stringo le mie mani su i suoi fianchi, affondo il naso nei suoi ricci, mi accosto al suo corpo e comincio a baciarle il collo, senza guardarla in viso, mugolii di piacere escono dalle sue labbra. Faccio scorrere le mani sotto al vestito, ha la pelle d'oca, percorro il torace, la vita, riesco quasi a chiuderla nelle mie mani per quanto sottile, scendo sulle sue curve ed incontrando le calze le strappo con violenza, lei geme nel mio orecchio, mi slaccia i pantaloni , la prendo in braccio e senza esitare la faccio mia.

La notte passa veloce e noi non facciamo altro, sempre a luce spenta, la tenda si muove scomposta per il vento che entra dalla finestra aperta, coprendo a tratti la luce del lampione che illumina la sua pelle candida e i suoi boccoli rossi, immagino te. Pensarti mi accende senza sosta.
Il vuoto è meno opprimente. Mi lascio trasportare da quelle sensazioni, mi sento più leggero finché esausto mi addormento.

 

Una luce colpisce gli occhi, li apro con riluttanza abituandomi con difficoltà, mi rendo conto di un fastidioso cerchio alla testa che mi fa di nuovo strizzare le palpebre. Mi muovo e sento qualcosa vicino a me, un peso sulla mia spalla, guardo e una folta chioma rossa copre metà del mio braccio, per un attimo trasalisco, poi ricordo. Ora la luce del mattino illumina il suo viso così sbagliato, così diverso da quello che voglio, strattono via il braccio, lei spalanca gli occhi, fa uno scatto e si mette seduta spaventata, cerca chiaramente di capire dove si trova, poi i suoi occhi azzurri, sbagliati anche quelli, si posano su di me, sono nudo in piedi ed ho in mano i boxer che sto infilando. Lei inebriata dalla mia visione si ammorbidisce, si alza sinuosa, lasciando le lenzuola dietro di sé, mi viene vicino cercando di cingermi con le braccia, ma io le scanso malamente. Un fulmine attraversa i suoi occhi.
L'ho ferita, bene.
-Prendi le tue cose e vattene- le dico svogliato.
-Ma Seb... - la sua bocca ancora impastata dal mattino mi da' ribrezzo.
-...sono stata così bene, te no? - La voce le trema, l'insicurezza la sta attanagliando.
La guardo gelido :
-Hai capito cosa ho detto? - Le dico a denti stretti, sprecare altra energia per rivolgerle qualche parola è uno sforzo enorme. Le diventano gli occhi lucidi, protende le sue mani verso di me, sono bianche, qualche lentiggine spruzzata qua e là, il braccio destro è macchiato d'azzurro, sicuramente è dovuto ad una pennellata distratta. Il disprezzo per quella copia indegna monta ancora di più .
-Ma cosa ti ho fatto? - La sua debolezza, la sua paura mi danno al voltastomaco. Non è la mia Clary combattiva e bellissima.

Non sei te, non sei mai te.
La voragine si allarga, l'incompletezza piomba di nuovo su di me, quasi schernendomi.

La mia mano scatta, le afferro la gola così esile, lei sbarra gli occhi, le sue mani si stringono intorno alle mie cercando di liberarsi, le mie dita cominciano a bagnarsi delle lacrime impure di questa mondana. La mollo asciugando il palmo sulle mie gambe.
-Vattene!!!! -
-Te sei fuori di testa!! - Urla piangendo.

Sta raccogliendo i suoi vestiti, si sta vestendo, corre via.

Sono di nuovo solo, la stanza è vuota, illuminata da un sole ormai alto, le coperte sfatte sono sparse ovunque, il mio compagno di ieri oggi non c'è, l'aria ferma e secca fa ricadere pesanti le tende ai fianchi della finestra ancora aperta.
Non so nemmeno dove mi trovo, forse la stanza di un hotel, non lo so, non lo voglio sapere. Mentre mi vesto penso a quel bacio che ti ho rubato, quel bacio che tu non volevi e che io ho preso con la forza.
Sai, da allora non ho più avvicinato le labbra di nessuno alle mie.
Voglio lasciare intanto il tuo tocco, anche se te non hai corrisposto, ma in quel momento mi è bastato, perché per un attimo mi hai fatto intravedere un barlume, perché quando siamo insieme sento che potrei stare meglio se solo tu me lo permettessi e lo voglio, voglio sentirmi bene.
Ora solo quel bacio forzato non mi basta più. Voglio completare quel pezzo mancante che sei te. Voglio provare qualcosa. Lo voglio e lo pretendo.

Mi accorgo che sto stringendo la maglietta che dovrei indossare, la libero dalla mia presa, la infilo completamente sgualcita. Prendo la giacca di pelle e mi avvio verso la finestra, siamo al secondo piano, un gioco da ragazzi.

Salto.

 

Note autore:
1. Personaggi di proprietà di Cassandra Clare.
2. Piccolo esperiemento, avevo in mente da tempo di fare una storia in cui poter giocare con i sensi. Spero vivamente che questa one-shot non vi annoi. L'ho scritta ieri sera di getto, avevo parecchio dubbi se pubblcarla o no, ma sono convinta che s'impari solo confrontandosi con gli altri. Quindi attendo con ansia le vostre critiche e giudizi.
3. Ho provato ad entrare nella testa di Jonathan, di capire cosa pensa e il perché delle sue azioni. Che dite? Secondo voi è coerente con il personaggio? Fatemi sapere che per me le vostre recensioni sono importantissime.

*
The Neighbourhood - A Little Death

TRADUZIONE

ECCO I LINK DI ALTRE STORIE CHE HO SCRITTO:

-"Pulsioni Proibite" - La storia è ambientata dopo il libro "La città delle anime perdute". Mentre il Conclave è alla ricerca di Sebastian, Jace è rinchiuso all'Istituto prigioniero del Divino Fuoco che s'insinua nelle sue vene. Clary, nel frattempo, terrorizzata dal possibile ritorno del fratello e tormentata dal divario fisico che si è creato tra lei e Jace , cercherà di riprendere in mano le redini della sua mente messa a dura prova da pulsioni incontrollabili e sogni proibiti. Fino a quando questa lotta interiore prenderà corpo in una battaglia inattesa, chi prevarrà?

- "Pulsioni Proibite - una notte senza tempo" - Clary affetta dal sangue di demone viene catapultata con Jace nella stanza di quest'ultimo, inizierà una lotta per l'anima di Clarissa che porterà a sofferenza, lacrime e .... forse amore?
Finale alternativo dell'altra mia storia "PULSIONI PROIBITE". Si può leggere anche separatamente, giusto per contestualizzare all'inizio della one shot troverete un breve riassunto.

- "Barriere infrante" - Clary, dopo essere diventata una Nephilim oscura, ha deciso in un attimo di lucidità di esiliarsi dai suoi amici e dal suo mondo. Isolata da tutti, la sua unica compagnia sarà Tessa Gray inviata da Magnus come sostegno per aiutare la ragazza a domare il sangue di demone che scorre nelle sue vene. Una storia in cui il passato e le varie dimensioni distruggeranno le barriere che li separano dal nostro mondo. Una battaglia finale colma di imprevisti ed alleanze inattese porterà alla fine di tutto? L'amore di Clary per Jonathan o per Jace inciderà sulle sorti dei vari universi? Seguite la mia storia e lo scoprirete! - Seguito di PULSIONI PROIBITE, ma si può leggere anche separatamente.

 

  
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