28/04/2014
3 recensioniSaving our world
Break lanciò un’occhiata fuori dalla finestra. Oh. Aveva cominciato a piovere. Inclinò la testa, mentre le sue orecchie attente cercavano di sopperire alla vista ormai fin troppo sbiadita. Si ritrovò a pensare che in fondo non era male, rilassarsi per qualche istante nella luce soffusa delle candele della sera. Erano calde, nel loro giallorosso crepitante, e gli permettevano di ingannarsi, di fingere di non riuscire a scorgere i dettagli di ciò che lo circondava non tanto perché il buio aveva avvolto il suo unico occhio, ma piuttosto perché le tenebre avevano ridipinto le pareti della stanza.Non molto lontano da lui, Reim e Sharon si stavano scambiando bisbigli concitati. Avvertì più di una volta la parola “illegale”, seguita spesso, nei veloci sussurri cadenzati, dalla parola “omicidio”. Reim sembrava il più sconvolto, a giudicare dal tono della voce. Lasciava fluire le parole dalla bocca all’etere senza permettere loro di sostare per qualche istante, impercettibili e levitanti, nell’aria. Al contrario, Sharon sembrava affrontare la situazione con più grazia e autocontrollo, sorseggiando un caldo infuso della sera, lasciando che Reim sfogasse le sue preoccupazioni e intervenendo solo di tanto in tanto utilizzando parole precise, ben definite, che correvano dritte al punto e riportavano le riflessioni del giovane sulla giusta carreggiata, impedendo loro di gonfiarsi e arricchirsi di dettagli di fantasia.
Break non comprendeva il senso di tanta agitazione. Aveva rinunciato da tempo a capire perché Reim si animasse in quel modo, quasi sul punto di farsi prendere dal panico, quando giungevano notizie come quella, con il messo del pomeriggio. Forse era una questione di gioventù. Ricordava di essere stato altrettanto impaziente, altrettanto fremente, quando la vita non aveva ancora iniziato a rivelargli il suo vero peso, un fardello che non si sarebbe mai potuto togliere dalle spalle, e che gravava sempre di più, opprimente sul petto e sul cuore, giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. Essere cresciuto, essere invecchiato, aveva forse contribuito a renderlo più saggio – o forse solo più stolto, incurante delle conseguenze del favorire l’oggi al domani. Aveva imparato, in fondo, l’inestimabile valore di un secondo, e il gusto fatuo e transitorio di momenti che non avrebbe mai più avuto l’occasione di afferrare e bere di nuovo a grandi sorsi.
D’un tratto, il proprio nome, pronunciato dalla voce armoniosa e allo stesso tempo irrequieta di Sharon, lo riportò alla realtà. Si voltò verso di loro, puntando lo sguardo nella direzione del suono cristallino prodotto dalla tazzina che veniva posata sul piattino, in maniera tale da creare l’illusione di riuscire a vederli, così da non svelare quella debolezza che, intimamente, lo mortificava enormemente.
“Break… Che cosa dovremmo fare…?”
Che cosa dovremmo fare?
La situazione era grave, pensò. Forse era senza controllo. Forse non sarebbero mai riusciti a trovare una soluzione che ponesse fine al problema una volta per tutte.
Che cosa dovremmo fare?
Ci pensò su. Ci pensò seriamente.
Ci pensò seriamente e ci pensò a lungo.
Poi decise che in fondo non gli interessava.
Perché Xerxes Break…
Era un coniglio.
Dedicata a mia sorella, Arte, per tutti i coniglini nudi nudini che quotidianamente importuniamo.