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Autore: ragazzacolbicchieredacqua    02/05/2014    1 recensioni
Un Clan di Elfi del Connemara, in Irlanda, è stato esiliato dalle proprie terre. Riescono comunque a rimanere uniti dopo la maledizione, tutti tranne uno: Jared. E Dorothy non riesce a darsi pace per questo.
Genere: Fantasy, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Era appena passata l'alba, la mia abituale sveglia non era cambiata. Col crepuscolo arrivava il sonno e con l'aurora spariva.

Scesi in cucina, dove trovai Cynthia al tavolo, con la sua cioccolata calda in mano, intenta a leggere il giornale.

«Buongiorno..»

«Buongiorno fiorellino!» mi rispose di rimando lei. Dava le spalle alla finestra aperta e i riflessi neri dei suoi capelli splendevano al sole. Mi sedetti accanto e sbirciai nel quotidiano «Novità?»

«Nessuna, o almeno nessuna su di lui.» sapeva già a cosa mi riferivo. Jared.

L'avevamo perso, venne esiliato anche lui con noi, con tutto il nostro clan di elfi, ma la confusione di quel giorno ci fece perdere le sue tracce...

 

«Non mangi nulla Dorothy?»

«Sì...»le risposi di malavoglia.

Presi una sfoglia al cioccolato dal vassoio e mi misi alla finestra, anche i miei capelli risplendevano di più, riflessi ramati.

«Non avresti dovuto tingerli» la sentì dire dietro di me.

«Risulto troppo giovane per il mio colore naturale, non sono stata fortunata come te purtroppo»

«Bianco-argento, erano stupendi».

«No, troppo appariscenti» mi lasciai convincere dalle mie stesse parole.

«Troppo apparicenti nella tua memoria» mormorò, ma la sentii lo stesso. Feci per andarmene quando, poco prima di arrivare alla soglia della porta, mi disse «A lui piacevano, non li vuoi vedere più solo per questo» e uscendo non riuscì trattenere le lacrime.

 

Decisi di passare per il bosco per arrivare al college, avrei allungato la strada ma era quello che ci voleva per calmarmi un po'. L'erba era ancora bagnata di rugiada, mi sedetti all'ombra di un albero e cominciai ad osservare le fronde sopra di me. Presi una ciocca di capelli e cominciai ad arrotolarla tra le dita, la guardai: arancione. Cynthia aveva ragione, quell'argento mi avrebbe solo fatto pensare di più a lui, a quello che eravamo stati una volta insieme. E no, non dovevo pensarci più. Mi ero imposta di non farlo, quella nostra vita era finita, stop. Ma in quella vita c'era ancora lui, che adesso chissà dov'era...

Attraversai il sentiero con una certa fretta, volevo arrivare il prima possibile al college, se lo avessi raggiunto in tempo avrei potuto abbandonare quei pensieri senza nessuna fatica, ne ero certa.

Il cortile dell'edificio era quasi vuoto, probabilmente erano ancora tutti in caffetteria. Mi incamminai verso le aule, avevo inglese alla prima ora.

Aprii la porta e andai verso il banco della terza fila, il mio solito posto davanti la finestra.

«Buongiorno a lei, signorina Cooper».

«Ah, sei tu... Ciao Will.».

«Ehi, sono il professor Lewis!» «Sì sì, come vuoi... Professore!» gli risposi seccata.

Will lo conoscevo da tanto, le nostre origini sono le stesse, come anche quelle di Cynthia. Veniamo dalla stessa terra, il monte Connemara.

«Ok, ti lascio in pace. Pianta carnivora che non sei altro!» scherzò mentre apriva la porta.

«E... Dorothy?»

«Sì?» dissi senza guardalo.

«Ci sono delle novità nell'aria, non dovrai più attendere molto» e se ne andò. Mi alzai di scatto dalla sedia, “Cosa?!” non poteva essere, non volevo illudermi che ci potesse essere ancora una possibilità, no, no, no!

Attraversai l'aula e aprii violentemente la porta, ma Will era già andato via e i miei compagni stavano entrando in classe. Mi rassegnai e tornai al mio posto.

“Si riferiva sicuramente a qualcos'altro, non a Jared. Non a Jared.” cercai di autoconvincermi, ma non fu possibile.

 

La lezione della Smith sembrava non finire mai, o forse era la mia testa che pensava ad altro, che mi diede quell'impressione. Al trillo della campanella balzai dalla sedia come un grillo e corsi via immediatamente, dovevo ritrovare Will. Andai verso il laboratorio di biologia, doveva essere per forza lì.

«Professor Lewis!» quasi gridai, Will si girò di scatto e diede un colpo di gomito al microscopio.

«Dorothy!» mi guardò quasi allibito mentre risistemava il macchinario, «che ci fai qui? Non hai scienze naturali adesso».

«No, in effetti avrei fisica... Ma non potevi lasciarmi in tredici!» dissi.

«Io non so molto più di te, quel poco che so è che sta arrivando una novità» rimasi a fissarlo senza fiatare, «bhè? Ora puoi andare, vedrai che non mancherà molto, fidati di me».

«Ma...» provai ad obbiettare.

«Niente ma, corri in classe!» e così me ne andai.

Arrivai in classe con la testa piena di domande e pensieri, ma uno in particolare mi assillava più di tutti “Io non so come sia fatto adesso”, ma se fosse stato lui la novità, l'avrei riconosciuto. In qualche modo, in qualsiasi modo, ci sarei riuscita.

 

Prima di andare verso la mensa per pranzare, cercai Tabitha. Non l'avevo vista per tutta la mattinata e solo lei forse poteva sapere a cosa si riferisse Will. La trovai davanti l'aula d'informatica.

«Ehi Tabi!»

«Dorothy! Non vai a pranzo?»

«Sì, ma avevo bisogno di parlarti prima. Si tratta di Will e di...» non riuscii a finire la frase.

«Oh, sì... Purtroppo Will non fiata nemmeno con me. Mi dispiace, Do...»

«Ah, va bene... Grazie.»

«Dài, andiamo» e prendendomi sottobraccio mi portò in mensa.

Mangiai senza nessun entusiasmo, vidi Will all'altro lato del lungo tavolo, rideva come una iena. Sapeva qualcosa, qualunque cosa fosse mi era di vitale importanza, eppure non voleva parlare. Brutto traditore.

Tabitha se ne accorse e mi diede una gomitata «Se anche lo fissi così non gli escono i pensieri dal cervello, sai?» ridacchiò.

«Peccato!» tentai una risata.

Lasciai Tabitha al tavolo e andai verso il cortile, avevo bisogno di rinfrescarmi un po' la mente. Mi misi seduta sulla ringhiera e cercai di non pensare a nulla: impossibile.

La campanella mi salvò per l'ennesima volta dal vortice della mia mente, così mi incamminai verso l'aula di musica.


Il professor Jackson era già in aula, come quasi tutto il resto della classe, probabilmente erano arrivati prima per suonare insieme. Presi il mio flauto dolce e mi sedetti al primo posto libero che vidi. Mentre il professore distribuiva gli spartiti del giorno, la porta si aprì.

Un ragazzo alto dalla carnagione chiara entrò in aula. Aveva i capelli biondo scuro, corti e lisci, con un ciuffo che gli ricadeva sugli occhi. «Ehm... Mi scusi per il ritardo professore, non trovavo la classe.»

«Tu devi essere Wright, giusto?» gli chiese il professore, controllando il nome sul registro.

«Sì, Jared Wright.»

All'udire quel nome lasciaii lo strumento che cadde rumorosamente sul pavimento dividendosi in tre pezzi.

«Cooper, stia più attenta, per la miseria!».

«Mi... Mi perdoni professore!» cercai di scusarmi senza togliere gli occhi dal ragazzo appena entrato.

Non poteva essere, probabilmente avevo sentito male. Sì, avevo sicuramente sentito male.

Prese anche lui un flauto e si mise dietro di me.

«Ehi...» sentii da dietro, mi girai e trovai un paio di occhi verde chiaro, quel viso non proprio sconosciuto, a pochi centimetri da me «ehm, dimmi!».

«Potresti dirmi come si leggono queste?» e indicò le note sullo spartito.

«Non hai mai fatto solfeggio?» parlare con lui sembrava così naturale, come se già lo conoscessi. No, pura coincidenza. Non era Jared.

«Direi di no, proprio no. Vado ad orecchio» mi spiegò lui.

«Aaah, capisco. Ok, mettiti accanto a me e segui le mie mani, ti insegnerò qualcosa prima della prossima lezione. Ti va bene?» cercai di mostrarmi tranquilla mentre nella mia testa continuavo a ripetermi come un mantra “Non è Jared. Non è Jared. Non è Jared.”.

«Certo, sì! Grazie mille!» e si avvicinò con la sedia al mio fianco.

Frequentava insieme a me anche le lezioni di matematica e scienze naturali, così passammo il resto della giornata insieme.

Appena vidi Will però, corsi da lui. Avevamo un conto in sospeso e durante la sua lezione non faceva altro che sorridermi sornione.

«TU!» urlai in mezzo al corridoio.

«Lei, al massimo!» rise lui.

«Sì, quel che è... Piuttosto, come facevi a saperlo? E' davvero lui?» gli chiesi speranzosa.

«Forse, i tratti ci sono, l'avrai notato anche tu. E il nome è quello. Comunque, signorina Cooper, le ricordo che sono un professore, l'elenco degli alunni mi arriva in anticipo, se lo ricordi!» e mi strizzò l'occhio. Altro che professore, mi ha vista crescere, figurarsi se non era come un fratello per me. «Bhè, allora, PROFESSOR Lewis, grazie.» e sorridendo me ne andai.

 

Jared mi aveva aspettata al portone, mi sorprese.

«Scusa, bhè... Volevo accompagnarti al campus, se non ti dispiace ovviamente» mi disse imbarazzato.

«Non c'è problema!» gli sorrisi.

Lungo la strada cercai di capire meglio chi fosse e da dove venisse, mi disse che era orfano e non ricordava nulla di nulla del suo passato.

«Non ricordi proprio nulla?».

«No, ricordo solo una gita su un monte...».

«Anch'io sono orfana» gli rivelai. «E tutto il mio passato si trova custodito sul Connemara» magari raccontandogli il mio, si sarebbe ricordato il suo, di passato.

«Anche tu da quelle parti allora!» mi disse entusiasta. Sorrisi di rimando, con gli occhi pieni di emozione.

 

Arrivati al campus, andai verso la mia casetta. Cynthia doveva già essere ritornata dal lavoro, dovevo raccontarle tutto.

«Sono tornata» dissi aprendo la porta.

«Ciao fiorellino!» mi sentii rispondere dal bagno.

«E' arrivato, Cynthia. E' arrivato!» gridai a perdifiato per tutto il corridoio, fino a quando arrivai da lei.

«Ehi ehi, calma! Di chi parli?».

«Di chi potrei parlare? Di lui! LUI!» e urlando la abbracciai.

«Davvero?! Perchè non è qui con te, allora?!» chiese stupita.

«Ha... Ecco, lui... Lui ha dimenticato tutto...» risposi io timidamente.

«COSA?!».

  
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