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Autore: virgily    04/05/2014    2 recensioni
[being human UK]
(NB. tratto dal Cap. 3 )
-Come puoi garantirmi che con me dentro casa non perderai nuovamente il controllo come stanotte?- domandò cinica mentre il vampiro si cucciava ai suoi piedi, così che potesse più comodamente guardarla negli occhi. Mitchell si morse il labbro inferiore, accorciando appena le distanze fra i loro corpi. Anche se era letteralmente in ginocchio, il vampiro era sempre più grande rispetto alla giovane strega, che in un istante si sentì braccata e disarmata.
-Non posso- rispose lui. Secco, serissimo. Serena odiava quel suo sguardo, puntato come un’arma letale contro di lei. Odiava quei suoi occhi così profondi ed enigmatici. Poteva tuffarsi al suo interno senza sapere dove sarebbe finita, annegando in una distesa di tenebre. Eppure non poteva farne a meno; proprio ciò che doveva disgustarla di più al mondo, l’attirava, la incuriosiva.
-Ma stai pur certa, che restando qui non dovrai temere nessuno…- con un tocco leggero e improvviso, le dita del vampiro si erano allungate sulla gamba, nuda e liscia della strega.
Genere: Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Annie Sawyer, George Sands, John Mitchell, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Lime, OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno
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Scream
 

Erano le tre di notte quando alle porte dell’ospedale, un’infermiera nella sala d’ingresso vide una giovane ragazza: il trucco colato dagli occhi lucidi e sfranti, i capelli sconvolti e le labbra tremanti, batteva le mani sporche di sangue sullo spesso vetro dell’entrata, macchiandolo inevitabilmente, chiedendo convulsamente aiuto. Soltanto quando l’andarono a soccorrere, le infermiere si accorsero della seconda giovane priva di sensi, in una maschera di sangue, che sostava a peso morto sulla schiena dell’altra. Immediatamente sopraggiunsero con una barella, spostando il corpo della seconda giovane donna su di essa: l’abitino scuro era strappato in più parti, e con disgusto perfino le più abili e anziane dello staff infermieristico erano rimaste inorridite dai molteplici segni che brutalmente erano stati lasciati su quell’esile corpo.
-V-Vi prego, salvatela. Vi scongiuro…- piangeva l’altra, quella che per un lungo tragitto l’aveva trasportata sulle sue spalle, con la costante paura che non riuscisse ad arrivare in tempo. E allungando le mani ancora macchiate di liquido cremisi, tentò di avvicinarsi il più possibile alla sua amica, che nel frattempo stavano già portando via. Ma una signora, forse una volontaria, l’aveva afferrata per i fianchi stretti e asciutti, bloccandola.
-Deve restare qui signorina…- ma la giovane cominciò a mostrare i primi segni di resistenza.
-No, no!-
In quell’esatto istante, tramite un corridoio adiacente, un giovane uomo sbucò all’improvviso, bloccato dall’imminente passaggio di quella candida barella che lentamente cominciava a tinteggiarsi di quel colore così familiare, e purtroppo così caro a quell’uomo. Era distratto, scocciato dal fatto che gli fosse toccato il turno di notte, quando tutti sapevano che di notte non c’era poi tutto questo gran da fare, soprattutto per un inserviente. Ma appena riconobbe quel rosso vivo, languido e denso che macchiava le bianche fodere della barella, tornò in meno di un istante con i piedi per terra, patendo un veemente brivido che lo percosse tutto. Non riuscì a dire nulla, poiché non appena i suoi colleghi gli passarono accanto trasportando la povera malcapitata, il ragazzo dagli occhi scuri ed enigmatici osservò, con rapida e minuziosa cura, i segni che la vittima presentava sul corpo. Non dovette neanche pensarci, quelli erano morsi… e dubitava seriamente che la poveretta sarebbe sopravvissuta.
-P-Per favore fatemi stare con lei… Veronica!- una seconda voce, anch’essa femminile, gridava straziata e agonizzante, attirando così l’attenzione dell’inserviente. Il corvino posò allora gli occhi sulla seconda ragazza che a stento l’infermiera riusciva a trattenere: scuoteva i folti capelli mogano facendoli vorticare sempre più, a ritmo con il suo stesso corpo che come un animale in trappola si dimenava. Riuscì infatti a liberarsi, cominciando a sfrecciare velocissima, ma il giovane uomo fu altrettanto abile nell’acchiapparla, bloccandola saldamente al petto non appena l’infermiera lo chiamò in suo aiuto. Quel ragazzo era molto forte, troppo. La bruna si sentì tutta un fremito
-Mitchell, scusami puoi pensarci tu?- domandò la sua collega con aria frettolosa e impaziente di raggiungere gli altri in sala di rianimazione.
-Tranquilla- affermò lui, congedandola prima di rivolgere lo sguardo verso l’esile figura, agitata e tremante, che teneva fra le sue braccia:
-Faranno tutto il possibile. Ora calmati, signorinella…- Per un certo senso, Mitchell rimase quasi affascinato dalla grinta, dalla forza d’animo che la spingeva a non arrendersi; tuttavia, vedendo quelle grandi iridi chiare contornate da pesanti lacrime, la bocca spaccata dal freddo e le dita ancora grondanti del sangue della sua amica, per lui fu veramente difficile non sentirsi in colpa. Erano stati quelli come lui, dopotutto, ad aver ridotto in quello stato la sua compagna. E pur essendo una sconosciuta, aveva intuito il suo profondo sconforto, e l’aveva accolta al suo petto: ampio, statuario… freddo. La sua voce era calda, per un certo senso gentile. Ma c’era qualcosa in lui. Lei lo sentiva, non poteva far a meno percepire qualcosa di anomalo. La mano grande del ragazzo le carezzò appena il capo, rassicurante. E quando i suoi giovani occhi, di una tenue tinta verde, incontrarono quelli di lui, così profondi, scuri ed eloquenti, per lei fu come sprofondare. 
-Come ti chiami?- le domandò, sollevando lentamente l’angolo destro delle labbra. Silenzio, e per qualche istante il corvino non comprese il motivo per cui la ragazza esitava a rispondergli.
-T-Tu…- quest’ultima bofonchiò appena, lasciando che le parole morissero nel profondo della sua gola. Di rimando, Mitchell la osservò incuriosito. Forse era ancora turbata, ma allora perché vedeva i suoi occhi sgranarsi sempre più? Perché il suo respiro, piuttosto che tornare regolare, accresceva con passare del tempo e con il prolungarsi dei loro sguardi?
-Ehi? Tutto bene?- John fu obbligato a rafforzare un pelino la presa, perché non appena aprì bocca, la bruna tornò a dimenarsi. Tuttavia, questa volta lui vedeva della paura nell’occhiata di lei. Terrore, ma al contempo coraggio, lo stesso che vedeva negli occhi dei suoi commilitoni quando era ancora un soldato. Quando era vivo.
-Toglimi le mani di dosso!- sussurrò in preda al panico, mentre le mani di Mitchell la tenevano stretta per i fianchi:
-Sei uno di loro! Bastardo!- allora con un scatto repentino, il corvino bloccò per i polsi le mani della ragazza, immobilizzandola con il corpo compresso tra il suo petto e il muro del silenzioso corridoio. I suoi occhi si erano infervorati:
-Ti consiglio vivamente di togliermi le tue luride mani di dosso, vampiro del cazzo…- sibilò la bruna a denti stretti, accentuando ancora di più l’ardore e la curiosità nel petto e nella mente del corvino che quasi ringhiandole contro disse:
-Come lo hai capito?- il vampiro accorciò le loro distanze fin tanto che sentì il lieve profumo della donna farsi più intenso, quasi percettibile sulle sue papille gustative. Era un odore particolare, diverso. Sentendosi quasi il fiato mozzarsi in gola, Mitchell accorciò ulteriormente lo spazio fra i loro volti, annusandola a pieni polmoni, per poi fissarla intensamente nei suoi grandi occhi verdi, che in un istante parevano ardere come fiamme roventi per la rabbia. Il suo era un aroma talmente incisivo, sebbene tenue e dolce, totalmente diverso dall’acre odore di un semplice lupo mannaro. E questo stuzzicò la sua più infima e oscura natura, facendo una breccia nel ferreo autocontrollo di John, portandolo a mostrare i denti,
-Che c-cosa sei tu?- bofonchiò mentre le fauci aguzze si facevano largo tra le labbra carnose dell’uomo.
-Ritira i canini, bestia-  sussurrò sulla bocca dischiusa del vampiro –Non ho la minima intenzione di essere la tua cena!- quasi con un attimo di distrazione, gli occhi scuri di Mitchell osservarono la mano della fanciulla, che lui teneva ben pressata per il polso lungo la rigida parete alla quale si erano addossati: l’indice e il medio della sua manina piccola e sottile si mossero con uno scatto breve e rapido in un’altra direzione, e con esse una forza inspiegabile lo colse come una pugnalata in pieno petto, e senza neanche rendersene conto era stato scaraventato contro l’altro versante del corridoio, battendo la schiena e la testa, per poi accasciarsi pesantemente a terra. Incredulo, sollevò il capo, lasciando che i boccoli corvini gli incorniciassero il ghigno malevolo e gli occhi che oramai si erano tinti del colore dell’oblio, osservando la ragazza avanzare velocemente verso l’uscita, scappando.
 
Coperta solamente da quel misero abito che le raggiungeva a malapena le ginocchia e le scopriva le spalle, la giovane correva per i vicoli bui adiacenti al grande ospedale, con il respiro pesante e il suo fiato che si condensava nell’aria. Il suo cuore batteva all’impazzata. Come se non ne avesse avuto abbastanza di vampiri nella sua vita, ecco che proprio nel momento peggiore ne sbucava un altro… ed era spaventosamente forte. Sapeva che non sarebbe mai riuscita a seminarlo, ma sperò con tutte le sue forze che affidandosi alle sue capacità sarebbe riuscita ad eliminarlo. I suoi passi ridondanti e affannosi risuonavano per strada, e svoltando l’angolo con un ennesimo muro di mattoni scuri e calcinaccio, la ragazza si ritrovò davanti a un vicolo cieco.
-Merda…- imprecò a bassa voce voltandosi di scatto, pronta a ripartire per la sua folle corsa. Ma non appena voltò le spalle, una furia si avventò su di lei trascinandola per i fianchi e sbattendola contro il solido muro che chiudeva quella strada solitaria e buia. Per il forte impatto che ebbe il suo corpo contro la parete, la ragazza inarcò involontariamente la schiena contro di lui, accorciando le distanze con il suo assalitore. Mitchell, a canini pienamente scoperti, ma non ancora del tutto in balia dei suoi istinti primordiali, guardò intensamente la giovane donna che aveva in pugno, esponendo un risolino beffardo e canzonatorio…
-Allora…- sogghignò assaporando nuovamente quel delicato profumo che stava letteralmente allettando la sua sete di sangue.
-Cosa ci fa una strega così giovane da queste parti? Pare che sia quasi un secolo che quelle come te non si fanno vedere più in giro-
-Abbiamo imparato a nasconderci meglio da quelli come voi…-
-Da quel che vedo, non vi sta riuscendo molto bene…- soffiò divertito sulle sue labbra, facendola fremere tra le sue braccia. Questa volta, Mitchell teneva le mani legate saldamente a quelle dalla giovane strega, perché sapeva che quello era uno dei punti di forza dai quali potevano esternare il loro potere. Aveva sentito parlare delle streghe dai racconti di vampiri più vecchi di lui, Herrick in particolare : donne dotate sin dalla nascita di grandi capacità magiche, e grande sapienza. Esisteva un tempo, in cui streghe e vampiri sembravano essere stati creati l’uno per l’altra. Proprio grazie alla loro natura, diversa da quelle delle comuni donne umane, e alla loro innata predisposizione per le tenebre, le streghe sapevano come affascinare i vampiri; sapevano come fargli raggiungere il grado più alto del piacere anche solo sussurrandogli. Tuttavia, sebbene queste fanciulle donassero spontaneamente il proprio corpo e il proprio sangue ai loro compagni non morti, poiché l’essenza che scorreva nelle loro vene poteva dissetare l’appetito insaziabile di un vampiro anche per settimane; uno sfortunato evento ruppe quel fatale legame che sembrava essersi consolidato nel peccato: molti secoli addietro, una strega morì per mano del suo compagno il quale, non riuscendo a placare la sua pulsione omicida, la prosciugò.  E da quel momento, i vampiri cominciarono a provare non più sete di quelle che erano sempre state le loro prede d’eccellenza, gli umani, ma misero gli occhi su di loro. Così le streghe erano sparite, si erano nascoste. Mai più si sarebbero mostrare al mondo dei non morti, mai più si sarebbero fidate di loro. E Mitchell poteva solo immaginare come fosse bere un sangue così ricercato. Ma adesso, proprio ad un passo da lui, che fremeva come una gracile foglia tra le sue dita possenti, che la lavoravano come creta, il vampiro aveva la sua occasione. Oltretutto, era passato molto tempo dall’ultima volta che si era cibato di sangue. Nel suo petto, al solo pensiero di poterla assaggiare, era arso un fuoco talmente devastante da logorargli le membra. Senza pensarci ulteriormente, allora, si avventò come un ossesso sul pallido e diafano collo della ragazza, che immediatamente urlò per lo spavento. La giovane serrò gli occhi, attendendo che il dolore sopraggiungesse su di lei, togliendole la vita. Una lacrima sgusciò silenziosa dalle sue palpebre, rigandole il viso. Sentiva le labbra ruvide del vampiro sulla sua pelle, il pizzicore della barba sottile. Ma non provò alcun dolore. Non provò nulla, se non un brivido caldo che le percosse tutta la spina dorsale quando sentì il suo fiato caldo carezzarle l’incavo del collo. Socchiuse piano gli occhi, quasi con timore, per poi aprirli del tutto, incredula. Il vampiro la teneva stretta a sé, e sentiva il suo stesso cuore agitato rimbombargli contro il petto ampio. John aveva le sue mani avvinghiate a quelle di lei, e il suo viso ancora chino, nascosto fra i suoi capelli. Respirava profondamente, cercando di calmarsi sebbene fosse proprio quel tenero tepore, e quel soffice odore a tentarlo. Ma proprio in quel momento cruciale, la vera anima di John Mitchell era riemersa dalle tenebre, e lo aveva fermato prima che potesse commettere una pazzia. Chi era lui per ucciderla? Era così giovane, così spaventata. Stava già perdendo una persona molto cara, non poteva… non voleva togliergli la vita.
-P-Potresti uccidermi… riesco a percepire che non ti nutri da molto- sussurrò piano la ragazza, sentendo la presa salda e veemente del vampiro farsi più gentile, restandone pietrificata. Aveva paura, sapeva che avrebbe potuto farla a pezzi se solo lo avesse desiderato. Ma non lo stava facendo, tutt’altro la stava stringendo al suo corpo, ma non con ostilità. Quel vampiro stava lottando contro la sua stessa indole, e questo lasciò la giovane letteralmente disarmata.
-È vero. Ma non lo farò…- rispose con un soffice sibilo al suo orecchio, scostandosi quel tanto che gli bastava per poterla guardare in viso: gli occhi lucidi, incuriositi, le labbra rosee e sottili leggermente dischiuse per la sorpresa. Sentì nuovamente quella fiamma nel petto, ma fu più delicata, quasi una carezza che al contempo lo seduceva e lo affascinava. Per la prima volta, Mitchell provò un brivido, e si chiese se non fosse un qualche strano effetto che quella giovane strega, che teneva fra le braccia, aveva su di lui:
-Perché?- gli domandò lei, guardandolo negli occhi. Era confusa. Sapeva che i vampiri erano creature pericolose, spietate. Ma allora, perché lui la stava risparmiando?
-Perché posso essere migliore di così…- dal canto suo, Mitchell finalmente le lasciò le mani, rendendole la libertà. Le diede le spalle, riprendendo la via verso l’ospedale, ma ben presto, il vampiro sentì dei passi leggeri seguirlo. Non ci volle molto per riconoscerla, in quel breve attimo in cui l’aveva desiderata così ardentemente, il vampiro aveva memorizzato quasi tutto di lei; della sua fisicità succulenta, della sua gestualità elegante.
-Qual è il tuo nome?- sentì la suo voce, questa volta più calma, provenire dalle sue spalle.
-Mitchell. John Mitchell…- disse fermandosi e voltandosi di tre quarti, osservandola che lentamente lo raggiungeva. Notava con piacere che adesso pareva più serena, ma in una piccola scintilla nel suo sguardo verdastro, vide una seria intenzione a non abbassare mai la guardia, e di certo neanche lui lo avrebbe fatto con lei. Sebbene non avesse sfoderato il meglio di sé, da quel poco che aveva potuto provare sulla sua pelle, quella ragazza sembrava potente.
-Tu?-
-Serena…-
-Beh, allora piacere mio…- rispose con un sorrisetto sghembo, grattandosi impacciatamente la testa, aggiustandosi poi la zazzera folta e incolta di boccoli corvini. La ragazza al suo fianco inizialmente rispose con un timido sorriso, continuando a passeggiare al suo fianco. Era strano, fino a qualche minuto prima, quella creatura avrebbe potuto mettere fine ai suoi giorni. Ma non lo aveva fatto. Anzi, ripensandoci era sempre stato gentile con lei. Anche quando stavano portando via Veronica, lui l’aveva abbracciata, voleva calmarla stringendola al suo petto, così freddo e silenzioso.
-Mitchell…?- lo chiamò cogliendolo alla sprovvista poco prima di rientrare nell’ospedale, annullando quel sottile silenzio che si era venuto a creare tra i due:
-Sì?- si voltò verso di lei, osservandola con un sorriso genuino che ma avrebbe pensato di ricevere da lei quella sera,
-Grazie per avermi risparmiata. E anche per quello che stai facendo con la tua… “dieta”. È molto nobile- inizialmente ne rimase colpito. Era molto dolce, e sincera, e ciò lo spiazzò alquanto. Tuttavia, un mezzo sorriso amaro e cinico storpiò quell’espressione rassicurata.
-Chissà, vedremo se questo “gesto nobile” non mi porterà al suicidio, o a una strage…- cercò di buttarla sul ridere, e sorprendentemente, anche la strega aveva colto la sua vena ironica. Lei rise, piano e sottovoce, mascherandosi le labbra con la mano.
-In tal caso, potrei provvedere a farti saltare la testa…- rispose lei, e in quel momento calò un sottile silenzio di tomba. Mitchell non riusciva a capire se stesse dicendo sul serio, o se in realtà stesse scherzando, e questo per un certo frangente lo mise piuttosto a disagio. Il suo viso pareva aver indossato una maschera totalmente inespressiva, ed era piuttosto inquietante veder quel bel viso così privo di emozioni. Oltretutto, non dubitava che con l’incantesimo giusto ci sarebbe riuscita. Poi, un risolino sottile fece increspare quella bocca sinuosa, e all’unisono, entrambi scoppiarono a ridere, varcando assieme le porte dell’ospedale. Serena sapeva tuttavia che non doveva fidarsi di lui, che se avesse perso nuovamente il controllo avrebbe dovuto essere pronta a tutto pur di salvarsi la vita, perfino ad eliminarlo se non ci fosse stata altra scelta. Eppure, una parte di lei, quella più docile, ingenua e confusa del suo essere, sperava tanto che il Mitchell; quel John Mitchell dall’aria buffa, trasandata e premurosa, non la lasciasse proprio adesso.

*Angolino di Virgy*
Tenevo questa fan fiction segregata nel mio pc da parecchio tempo. E oggi, dopo una lunga riflessione, ho pensato di sottoporvi il primo capitolo. Spero che lo svolgersi della vicenda non appaia troppo affrettato, sebbene abbia cercato di ricreare una sequenzialità degli avvenimenti il più fedele possibile a quella della serie tv. Non sono certa di essere riuscita nel mio intento, e non sono neanche sicura di essere riuscita a rendere bene i caratteri dei personaggi. Spero vivamente che vi piaccia. Mi farebbe molto piacere leggere delle recensioni, sapere se è di vostro gradimento o se devo migliorare alcune caratteristiche della storia. Ogni consiglio e ben accetto.
Grazie per la lettura.
Un bacio.
-V- 

 
  
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