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Autore: Nika L Majere    05/05/2014    6 recensioni
Sherlolly ambientata nel finale della 3x03 (strappami il cuore e gettalo via), prima che Sherlock se ne vada da Londra. Semplicemente non può partire senza salutarla.
"Concedimi un giorno"
"Non mi è possibile"
"È importante"
"Avresti dovuto pensarci prima"
"Mycroft, ti prego"
... "Solo 24 ore. Cosa devi fare di così essenziale?"
"Devo onorare un vecchio accordo"
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Molly Hooper, Sherlock Holmes
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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You may now kiss the Bride
 
Il primo bacio fu per chiederle scusa.
Il secondo per dirle grazie.
Il terzo rimane sospeso tra di loro.
Una promessa silenziosa e quieta che non si può ignorare.
 
"Concedimi un giorno"
"Non mi è possibile"
"È importante"
"Avresti dovuto pensarci prima"
"Mycroft, ti prego"
... "Solo 24 ore. Cosa devi fare di così essenziale?"
"Devo onorare un vecchio accordo"
 
***
 
"Devo lasciare Londra"
La luce pallida di quel freddo mattino invernale filtrava tra le persiane ancora chiuse, proiettando sulle pareti lame tanto acute da temere ci si potesse ferire solo guardandole. Le luci intermittenti dell'albero di Natale sbiadivano in quella violenta opalescenza.
Molly era ferma in piedi davanti a lui: lo sguardo spiritato di chi confidava in qualche altra ora di sonno e i capelli arruffati di chi ha avuto sogni agitati. Si stringeva nella vestaglia stropicciata, tentando di conservare almeno il ricordo del calore delle coperte.
Sherlock si stagliava imponente sulla soglia di casa sua. Una montagna nera e greve, con tutti i suoi massi di dolore al seguito.
Lei fece un passo indietro per lasciarlo entrare e come in una danza lui la assecondò. Nessuno dei due osò abbassare lo sguardo, nemmeno mentre la donna si richiudeva la porta alle spalle. Rimasero occhi negli occhi come se il rompere quell'esile contatto li avrebbe condannati a qualcosa di orribile. Come se tagliare quel cordone avrebbe provocato in loro un profondo dolore fisico.
"Ho ucciso un uomo"
Lo disse lentamente, prolungando le parole. Lo disse e per la prima volta si rese pienamente conto che per lui quello era il capolinea. Doveva essere lui a dirlo a Molly; non poteva essere altrimenti. C'era sempre stata una schietta sincerità tra di loro, di quelle che a volte fanno anche male. Quindi nessun altro poteva avere il privilegio di ferirla. Di nuovo. Inesorabilmente. Senza ritegno.
Si aspettò lacrime. Si aspettò urla. Scenate sul valore della vita, sull'irreprensibilità della giustizia. Si preparò a ricevere altre sberle. E pugni. E ingiurie.
L'espressione della donna divenne tanto dura da trasfigurare il suo bel viso infantile nella grottesca maschera di un gargoyle. Il detective non riusciva a comprendere cosa le si agitasse dentro. Per la prima volta in vita sua non riusciva a leggerla. O forse non voleva. E questa cosa lo spaventava come mai gli era capitato prima di quel momento.
Molly fece un passo avanti, barcollando. Si muoveva con una lentezza estenuante. Non erano mai stati così lontani. Irraggiungibili. Tra di loro si apriva un varco che si allargava ad ogni passo della donna.
Poi lei prese lo slancio, allargò le braccia e spiccó il volo, osando varcare l'abisso.
Sherlock chiuse gli occhi, preparandosi a incassare il colpo che sarebbe sicuramente arrivato. Sentì le dita bruciargli sulle guance mentre lo schiocco risuonava secco nel silenzio della stanza. Avvertì se stesso ripiegarsi nella costernazione mentre prendeva atto che questa volta Molly non lo avrebbe perdonato. O almeno questo era quello che avrebbe preferito che accadesse.
Invece lei lo abbracciò alla vita, stringendolo forte per non lasciarlo scappare.
E questo fece mille volte più male di qualsiasi altro schiaffo. Il detective sentì una miriade di aghi conficcarglisi nella pelle sotto il cappotto là dove le braccia di lei lo stavano cingendo. Rimase pietrificato: aveva confidato nella sua comprensione; di certo non si aspettava l'amnistia. Una piccola parte del suo inconscio voleva stringerla a sua volta, accarezzarle i capelli e sussurrarle che tutto sarebbe andato per il meglio, una bugia tra le tante che già l'aveva costretta a sopportare. Voleva ringraziare per ogni singolo momento in cui Molly si rendeva martire insieme a lui. Ancora e ancora e ancora. Invece non osò: rimase con le braccia morte lungo i fianchi mentre lei scioglieva lentamente la presa. Scappò più per paura di ciò che lui stesso provava che per rispetto dei sentimenti di lei. Egoista di nuovo. Un bambino che arraffava tutto il possibile senza chiedere il permesso e nemmeno se ne pentiva. Eppure Molly lo guardava con tenerezza: nei suoi occhi si rifletteva tutto ciò che avrebbero potuto essere e che invece lui stesso aveva deciso non sarebbero stati mai. Anche se lei non aveva mai smesso di sperare.
Sherlock non sapeva come comportarsi davanti a quello sguardo: in un altro contesto ne sarebbe stato infastidito; in quel momento sentiva solo la graffiante necessità di urlare. Urlare a squarciagola e vomitare ogni sentimento o emozione che aveva osato e osava provare fino a rimanere un sacco vuoto privo di anima. Voleva diventare solo la pallida ombra di se stesso.
La patologa lo comprese. Non voleva un giudizio, ne un consiglio, ne una scusa. Sherlock Holmes aveva solo bisogno di un rifugio. E lui aveva scelto lei. Lo prese per mano e con la stessa tenerezza che si riserva ai bambini spaventati lo condusse verso il divano. Lo fece sedere senza mai slacciare le proprie dita dalle sue.
"Raccontami"
E lui lo fece.
Riversò su di lei una cascata di parole.
Cominciò dal principio, dal falò dell'anno precedente di cui John stava per diventare una vittima, passando poi al telegramma per Mary che aveva letto al matrimonio che recava in calce la singolare firma C.A.M.. Le raccontò della droga, delle siringhe usa e getta, della sensazione di sonnolenza e contemporanea esaltazione che lo coglievano e delle ragazze che in quel tugurio gli offrivano sesso in cambio di una dose. E le raccontò di Janine. Non le risparmiò nemmeno un bacio e le confessò quanto fu difficile costringersi a credere in quelle due parole, sussurrate senza decenza una sera di fine maggio. Le parlò della paura di morire, mentre precipitava al suolo con un foro di proiettile nell'addome. Tentennò solo riguardo al Mind Palace e al fatto che fosse stata lei in primis a salvarlo. Lei o la sua visione, ma questo era un tecnicismo del tutto irrilevante. Alla fine questo non ebbe il coraggio di dirglielo.
E poi proseguì illustrandole il piano che aveva architettato, così chiaro e preciso nella sua testa da risultare infallibile.
E poi l'errore madornale che aveva commesso.
Si era trovato davanti a una scelta.
L'amore per tutto ciò che John gli aveva insegnato era stato più forte della paura di fallire.
Quindi aveva scelto.
Non la guardò mai mentre le parlava. Teneva gli occhi fissi su un punto lontano davanti a sé. Non voleva vedere le sue espressioni. Non voleva sapere cosa Molly stesse provando. Non voleva vedere la sua incrollabile lealtà infine cedere sotto il peso della propria colpa.
Quando terminò di parlare abbassò lo sguardo rendendosi conto che la donna teneva ancora la sua mano tra le proprie. Quelle dita affusolate che sempre lo avevano protetto.
Non lasciarmi andare mai
In quel preciso istante Sherlock capì di desiderare che quelle mani non lo abbandonassero per nessuna ragione al mondo. Ma la consapevolezza di averla tradita così nel profondo gli riempì gli occhi di dolore.
"Ho gettato via tutto quello che hai fatto per me"
Alzò lo sguardo su di lei mentre lo diceva.
La vide spezzarsi. Contrarre i muscoli della gola nel tentativo di frenare le lacrime, ma queste presero a scorrere comunque. I suoi occhi si rabbuiarono e Sherlock poté scorgevi con chiarezza l'eco di tutte quelle immortali speranze che crollavano miseramente.
Molly si alzò repentinamente dal divano e prese a camminare avanti e indietro, le braccia strette al petto mentre si muoveva a scatti convulsi. Guardò sotto l'albero adorno di palline colorate: il suo regalo confezionato con cura nella sua carta scura e il vaporoso fiocco blu notte. Non glielo avrebbe mai dato, di questo era certa. Una fitta di dolore le squarciò il cuore. Si voltò verso di lui: sembrava un bimbo sperduto e spaventato che aveva appena perso il benestare della madre.
"Molly, io..."
"Non dire niente" lo fulminò con uno sguardo affilato.
Ti prego, non fare più danni di quanti tu non ne abbia già fatti
"Non dire niente, per favore"
Non ferirmi più di così
"Io non.. Non ce la faccio, Sherlock.. Non ce la faccio più"
Lui si alzò dal divano e la raggiunse con urgenza. La prese tra le braccia giusto in tempo per sentire i primi singhiozzi rimbombarle nella cassa toracica. Le circondò la schiena e le strinse la testa al petto, costringendola a rimanere lì nonostante lei tentasse di divincolarsi. La donna si aggrappò senza forza alle sue braccia, arrendendosi a quell'abbraccio da così tanto tempo desiderato e infinitamente amaro, macchiando la sua sciarpa con tutte le sue lacrime.
Rimasero così tutto il tempo necessario perché lei si calmasse e anche oltre, quando i loro respiri lenti avevano ormai preso lo stesso ritmo e Sherlock aveva preso distrattamente a scorrere le dita tra i suoi capelli. Dondolavano al suono di una danza che solo loro potevano udire.
Poi lui le prese il viso tra le mani e appoggiò la propria fronte alla sua, guardandola da sotto le palpebre socchiuse. Attese. I nasi che si sfioravano in un gesto tanto intimo. Sarebbe bastato così poco.
Non lasciarmi andare via.
Le accarezzò le guance bagnate finché Molly non aprì gli occhi e lo guardò a sua volta. Lui sentì il cuore accelerare. Inspirò a fondo. Il suo profumo leggero. Il calore del suo respiro. Quegli occhi che da sempre lo guardavano con assoluta devozione. Le sue labbra così vicine, eppure ancora non sue.
Desidero ogni centimetro di te
Sherlock si allontanò da lei quel tanto che bastava per lasciarla respirare, ma non sufficiente a disperdere il calore tra di loro. Con un gesto lento prese la sua mano sinistra tra le proprie e la sollevò davanti a se. La guardò intensamente negli occhi, come se la scoprisse per la prima volta. Poi chinandosi un poco posò un bacio delicato là dove un tempo si trovava un semplice anello di fidanzamento.
E Molly seppe che non ne avrebbe mai più portati altri.
Con questo bacio ti chiedo di essere mia
Le sue labbra erano morbide contro le nocche screpolate.
La donna non disse niente, si limitò solo a guardarlo. Quando lui rialzò la testa, lei gli sorrise. E Sherlock comprese che quello che era appena iniziato sarebbe stato più forte e più inaffondabile di qualsiasi cosa sarebbe accaduta da quel momento in avanti. Anche se per lui sarebbe durato il breve palpito di poche ore.
Le accarezzò il palmo della mano con le labbra e sorrise contro la sua linea della vita. Gli angeli appesi all'albero furono i loro silenziosi testimoni.
Ora poteva baciare la sposa.
 
 
 
 
 
 
Honey Moon
 
Il primo bacio fu per chiederle scusa.
Il secondo per dirle grazie.
Il terzo lo diede per prenderla in moglie.
 
Le baciò le labbra e gli occhi.
Le baciò la linea morbida della mandibola, scese sulla gola, le baciò le clavicole.
Fece scorrere delicatamente le labbra sulla pelle sensibile delle ascelle e inspirò a fondo il suo odore.
Le leccò l'addome, le accarezzò le cosce.
Lasciò scivolare le dita in un viaggio lungo le vertebre: un pellegrinaggio dalla base del collo al centro del mondo.
Lei sospirò il suo nome, con la lingua tra i denti come una preghiera.
Lui si beò del calore del suo corpo fino a sentirsene intrappolato.
Si fusero insieme e il mondo con loro.
E furono musica.
E furono poesia.
E furono luce abbagliante nella più cupa delle notti.
E furono immortali.
Ancora e ancora.
Lei gli graffiò le spalle fino a fargliele sanguinare, mordendosi le labbra per non urlare blasfemie.
Lui non le disse mai ti amo: lo dimostrò con la devozione delle sue mani.
E lei fu mare.
E lui fu tempesta.
Quando la fredda luminescenza invernale lasciò il passo alla tenue oscurità della sera, Sherlock la strinse più forte a sé e attese di sentire il suo respiro diventare regolare nel sonno.
Di lì a poche ore sarebbe dovuto fuggire come un uccello all'alba, ma per quella lunga Luna di Miele era appartenuto solo a lei. E questo era sacro.
Si allungò appena per raggiungere le coperte e coprire entrambi nei loro calori miscelati insieme. Sarebbe partito con il suo profumo ancora addosso e la consapevolezza di amarla come si amano i bucaneve.
Era la cosa migliore che potesse sperare.
 
 
 
 
 
Note
Lo so: la notte dovrei dormire.
Ma non potevo sopportare che se ne fosse andato senza dirle addio.
Non sono ancora pronta psicologicamente per scrivere una lemon, ma per Sherlock e Molly chissà… potrei anche provarci.
See you <3
  
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